Sarebbe necessario allora considerare Platì alla stregua dei Bronzi di Riace; una località da visitare - paradossalmente - da turisti; anzi - provocatoriamente - come terra di 'ndrangheta; organizzare una forma nuova di turismo esclusivamente non stanziale per evitare di offrire spazio ad illecite attività.
Sarebbe auspicabile un turismo di poche ore per indurre la gente del luogo ad avvicinarsi ai visitatori quasi come «oggetti» da conoscere più da vicino. Immaginare gli autobus che giungono quotidianamente a Platì con gente dall`Emilia o dalla Toscana: da un lato la curiosità di chi intenda conoscere questo luogo che la cronaca dipinge come primitivo e dall`altro la possibilità di socializzare con gente e mentalità differenti, di avere un contatto con persone cosiddette civili. Ciò creerebbe davvero scompensi psicologici a tutti gli indigeni e anche concreti problemi esistenziali. Dopo le iniziali proposte negative la gente, come con la Casella, si avvicinerebbe, cercherebbe l'approccio che deriva dalla curiosità, cercherebbe i contatti ed eliminerebbe la sua proverbiale distanza e la diffidenza che deriva dall`incomunicabilita.
Dopo alcuni anni, o forse mesi, la gente del luogo resterebbe sconcertata e capirebbe che esiste un'altra realtà ed un'altra società moderna ed evoluta. Si verificherebbe certamente un travaso fra il bene ed il male, fra il bello ed il brutto Sarebbe come un fiume con un affluente pulito e con un defluente che porta via il limo. Lo stagno diventerebbe lago ed il processo della civilizzazione inizierebbe ad insinuarsi ed allargarsi ancora. Cruda verità, ma detta con l'affetto e l'amore per questa terra calabrese.
Se oggi attraverso la paura puoi tenere sotto lo scacco un paese intero solo perché isolato al suo interno e racchiuso nelle sue case, una mobilitazione culturale e ideologica collettiva diventerebbe un fiume in piena, cosi come fiume in piena sono diventate le scene a ancora scolpite negli occhi di tutti allorché i paesi dell'est europeo si sono liberati collettivamente dalla oppressione comunista.
Nessuna istituzione può affermare che sia stata compiuta fino ad oggi una reale opera di civilizzazione e di socializzazione nelle aree più chiuse e retrograde dell'interno calabrese. Non appare che la chiesa, al di là dei suoi messaggi, delle denunce e dei suoi normali interventi pastorali abbia fatto altro. Perché non organizzare un raduno di massa in Aspromonte - anche a Platì - per cercare un contatto pubblico e collettivo con la gente e discutere con essa? La celebrazione di messe al campo, ad esempio, anche con il Papa, che offra l'avvio di una consapevolezza collettiva e pubblica, coraggiosa sui fatti tristi di questa società darebbe un segno di mobilitazione e di impegno. Sarebbe l'inizio di quella opera di contatti e di socializzazione auspicata e la dimostrazione di una reale volontà di immergersi anche nei contesti sociali difficili e problematici.
Iniziative del genere non costituiscono solo atti simbolici, ma vere e coraggiose azioni per superare quell’impasse e gli ostacoli che tengono chiusi al loro interno le famiglie del paese.
Attraverso questa opera di partecipazione e di socializzazione verrebbe fatto un tentativo di risolvere i problemi che oggi appaiono insormontabili per lo Stato. Lo Stato realizzerebbe così i suoi progetti attraverso un'opera auspicabile di acculturazione. Ma c'è ancora dell'altro.
Attraverso questa strategia, perché non riportare Platì sullo scenario mondiale con una grande riunione di uomini della cultura e personaggi dello spettacolo? Perché non pensare ad un Concerto per Platì? Venditti, De Gregori, Guccini, Dalla, De Andrè e, perché no, pure i grandi geni della musica capaci di attirare migliaia di giovani e di cittadini italiani, sarebbero ben lieti di parteciparvi. Perché non pensare ad un grande raduno? Se Venditti ha tenuto concerti in Eritrea o in Somalia per un'altra opera di socializzazione e di fratellanza collettiva, perché non pensare in grande anche per Platì?
Ma giusto per pensare ancora in grande, quasi sognando, Platì potrebbe costituire un laboratorio di idee per la sua salvezza sociale allo stesso modo con cui si interviene per salvare Venezia dal degrado fisico. Perché non pensare ad un raduno di un grande partito, delle grandi associazioni, dell`Azione cattolica, degli scout, ad un raduno sindacale fra questa gente e a contatti che continuano nel tempo e non solo lo spazio di un incontro fugace? Così vanno affrontati i problemi sociali di questa terra, con la pazienza e la perseveranza; con la costanza di tentare e ritentare. Vedrai che tutto, anche qui, si adeguerebbe: è certo e fisiologico!
Solo così sarebbe possibile superare l'impasse e lo scacco sulle singole famiglie, le quali tutte insieme reagirebbero a quella che chiamano barbarie. Le vie della socializzazione nelle aree emarginate appaiono proprio queste.
Allora un consiglio comunale che in altri luoghi appare semplice da costituire, potrebbe esserlo anche a Platì. (continua)