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mercoledì 15 aprile 2020

Provincia segreta [di Francesco Massaro, 1998]

Nella primavera del 1957 si costituì un Comitato per elevare Locri a capoluogo di una provincia con 42 Comuni che aveva i confini a nord con Monasterace ed a sud con Palizzi, il mar Jonio e l'Aspromonte i restanti limiti. Platì e la sua area rientravano di buon diritto nella vagheggiata provincia.


GAZZETTA DEL SUD 11 aprile 1957

martedì 14 aprile 2020

Insalata russa [di Yuri Mamin, 1993]


L’attru jornu a Roma

Bonprudu mu vi faci
Tuttu ju beni i Ddiu
chi l’attru jornu a Roma
nta na pansa si ndi jiu

Antipasti, nsalati
di Russia e nostrani:
jiccàttivi, fitenti!
(nui ndi jiccamu i mani)

Mbivistivu lu vinu
di Bova e Cannunà
e all’urtimu mbrindastivu
cu chiju di Frascà(ti)

Però sbagghiu facistivu,
non ndavistivu metru
quandu vui vettijastivu
nu cunigghiu pa lepri


Giuseppe Gliozzi

venerdì 10 aprile 2020

La via della gloria [di Carol Reed, 1942]



ECHI DELLE CELEBRAZIONI PASQUALI NEI COMUNI DELLA PROVINCIA REGGINA
La passione di Cristo rivive ogni anno
nella mistica tradizione dei Calabresi

A PLATI'

Platì, 14 aprile
Quando il Signore girava per il mondo seminando i paesi, i mari, i monti, presso Platì, dove aveva piazzato un immenso «serro». Gli cadde dal sacco un granello di «Monte boscoso». Il Signore non se ne accorse e continuò il suo cammino; ma dal granello sorse una tozza, impervia montagna di circa quattrocento metri d'altezza, tutta ricoperta da una fitta selva di ulivi e di rovi intrecciati.  
La montagna, che si trova all'ingresso, di Platì e si nota subito in mezzo alla macchia gialla ed uniforme del «serro» rimasta presso a poco come la lasciò Nostro Signore, date le insuperabili difficoltà che si incontrerebbero nella coltivazione del suo fondo prevalentemente granitico.
Essa si anima soltanto per un giorno dell’anno: il Venerdì di Passione, quando per le stradette scoscese e per i dirupi si snoda la lunga processione che riproduce l’ascesa di Cristo al Calvario.  
Calvario è infatti la denominazione ufficiale della montagna; e sulla sua sommità si stagliano contro il cielo tre grandi croci nere.
Il Venerdì di Passione è dunque l'unico giorno dell'anno, in cui centinaia di persone si arrampicano, per una mistica tradizione, lungo i fianchi del monte Calvario; precede la processione una fitta schiera di fotografi dilettanti, armati di macchine di ogni genere: obiettivi di ogni specie, dai semplici ai grandangolari, fissano l’immenso pittoresco corteo in centinaia di fotogrammi che verranno spediti ai platiesi disseminati nelle varie regioni del mondo come ricordo graditissimo della loro terra.
Si parte dal paese alle sette circa; un uomo vestito di bianco, curvo sotto il peso di una enorme, autentica croce di legno (che trascinerà da solo e senza esitare durante tutto il faticosissimo tragitto) rappresenta Gesù condotto al Calvario; Quest'uomo cadrà per tre volte, durante il viaggio in tre punti del «serro».
Segue la pesantissima bara che contiene una artistica statua in grandezza naturale, di Cristo Morto. Non stupisce il fatto che gli uomini sopportino l’enorme peso di questa bara, ma il fatto che la portino con disinvoltura e senza incidenti fino in cima alla montagna attraverso sentieri strettissimi e rocciosi per i quali riesce a malapena a passare una sola persona; sembrerà anche curioso il fatto che si portino al Calvario e il Cristo vivo e quello morto. Ma, la processione è solo simbolica e giustifica pertanto questa specie di «Contaminazione» tra due momenti affatto differenti.
Seguono il corteo le statue della Madonna e di San Giovanni; viene infine la folla immensa dei fedeli, dei curiosi e dei forestieri in cerca di emozioni artistiche.
Dopo circa due di cammino si arriva sulla sommità del monte. Una breve sosta e si ritorna indietro.   
La cerimonia e finita verso mezzogiorno del Venerdì di Passione, il monte Calvario è di nuovo deserto, con le sue croci nere che si tendono verso il cielo.
Michele Fera
GAZZETTA DEL SUD, 15 aprile 1955


giovedì 9 aprile 2020

Chacun son cinéma [AA. VV., 2007]

Lo zio Pepé è a pieno titolo uno dei protagonisti di queste pagine. Ecco una selezione dove lo si può trovare:

Heart of Darkness (reg. Nicolas Roeg - 1994)
La recluta (reg. Clint Eastwood - 1990)
https://iloveplati.blogspot.com/2013/10/la-recluta-reg-clint-eastwood-1990.html
Novecento (reg. Bernardo Bertolucci - 1976)
Preparate i Fazzoletti ( reg. Bertrand Blier -1978)
https://iloveplati.blogspot.com/2011/04/preparate-i-fazzoletti-reg-bertrand.html
https://iloveplati.blogspot.com/2011/04/on-road-to-freedom-alvin-lee-mylon.html





mercoledì 8 aprile 2020

Golgota [di Julien Duvivier, 1935]

Pasqua lontana

La settimana Santa era vissuta con grande partecipazione in paese e la lettura del Passio durante le funzioni religiose non mi annoiava, anzi mi introduceva in un mondo dove Gesù era una persona conosciuta.
"... prima che il gallo canti mi rinnegherai tre volte..." rivolto a Pietro, oppure il tradimento di Giuda non erano solo parole, ma vivide immagini che mi commuovevano fino al pianto.
Venerdì Santo scrutavo il cielo sin dal mattino: la metereologia lo governava che se il tempo si fosse messo al brutto il pomeriggio non ci sarebbe stata la commemorazione e la processione per me la più bella, significativa e coinvolgente dell'anno liturgico.
Il monte Calvario delimita l'orizzonte di Platì; sulla sua cima si stagliano tre croci; cosa potevo pensare, me bambina, di più vero che quello era proprio il Golgota raccontato dalle Scritture?
Niente.
E il Venerdì Santo, quando il tempo lo permetteva, si faceva la salita verso il Monte, la folla variopinta seguiva il prete in silenzio.
Il Rito era lungo perché ci si fermava a tutte le stazioni della via Crucis fino all'arrivo in cima dove il sacrificio del Cristo si compiva sotto gli occhi della Statua dell'Addolorata e di tutti i paesani commossi.
Per me era il massimo del misticismo a cui potevo partecipare e poi...rotte le fila ci si lanciava festanti nella discesa che proprio come per incanto rivelava una natura colorata di verde e giallo i fiori della ginestra che raccoglievo con le amiche perché con quelli avremmo fatto l'inchiostro.
Non ricordo se l'esperimento sia mai riuscito, di sicuro ricordo che a casa portavo un grande mazzo che serravo su un braccio, l'altro mi serviva per dare la mano a mia madre che protettiva e silenziosa asciugava le mie lacrime per la morte di Gesù e mi rassicurava: domenica sarebbe Risorto.
MARIA MITTIGA

La foto risalente agli anni '20 del XXI° secolo è dello zio Giuseppino, u mericu Mittiga figlio di Rocco e Caterina Fera di cui conservo il negativo.

martedì 7 aprile 2020

La vita davanti a sé [di Moshé Mizrahi, 1977]


Giuseppe Gliozzi
di Luigi e Bettina Mittiga
1920 - 2004

Ho bisogno di parlare con qualcuno
E di un nuovo riparo
Sto bussando alle porte del cielo
Bob Dylan




Nel momento in cui mi sono proposto di fare una breve, necessaria celebrazione dei cento anni di età dello zio Pepé non sapevo come redigerla e come dare inizio al tributo. Leggendo Corrado Alvaro mi si è aperta la mente. Ho capito che in sostanza era un tributo anche per mio padre che a suo tempo non potei fare perché queste pagine non erano ancora apparse. Mi è apparso all’istante che quella dello zio Pepé e di Papà erano due vite parallele nate sullo teso segno: La devozione al padre, l'annullamento della (propria) personalità di fronte alla legge familiare*. Perché le loro vite potessero realizzarsi dovettero aspettare dapprima l’accasamento delle sorelle e dei fratelli e di conseguenza la morte del padre che servirono annullandosi. Ciccillo, Ernesto e Fina avevano scelto di accasarsi con la Chiesa i primi, con Gesù la seconda. Mentre per Amalia si scelse di accasarla con i due fratelli preti. Lo zio Peppino, fratello sordomuto di Papà, preferì l’emigrazione verso Milano. Le sorelle restanti avevano già preso la via della Montagna, dell’America o il varco dello Stretto di Messina. Lo zio Pepè e Papà si sono così ritrovati coi capelli bianchi, e di fronte a un altro impegno per il resto dei loro anni, il matrimonio cui pervennero per nuovi sacrifici, avendo già dato la metà della loro vita alla creazione dell'opera paterna*. I due a differenza dei loro genitori dovettero però fare i conti con il tragico destino in cui stava sprofondando Platì e una nuova società che stava volando senza sosta per adattarsi al progresso/sviluppo. Non restava altra scelta che fuggire e andare anonimi in città dove i figli avrebbero potuto studiare e a loro volta sistemarsi. I due non fecero però i conti con quell’avvenire che i loro figli altrimenti intendevano realizzare, a dispetto dei loro sogni.  I dolori per lo zio Pepè e Papà ebbero la prevalsa che solo la morte placò.
*In corsivo: Corrado Alvaro, Calabria, da Itinerario italiano, ed. Bompiani 1995.

Bovalino 8 aprile 1997


Mia madre di F. M. mi diceva sempre spesso che io sono nato l'8 aprile anziché il 24_
Quindi oggi compio 77!

lunedì 6 aprile 2020

Nel corso del tempo - reup & Hit Parade

Da qualche giorno questo progetto (nato nel febbraio 2011) si è stabilizzato sulle 200.000 visualizzazioni. Buona parte di esse sono merito della collaborazione con Rosalba Perri che ha dato una virata verso nuovi orizzonti editoriali. Il blog viaggia da solo nella galassia del web, non ha agganci con altri bloggers come è restio alla pubblicità che ormai vomitano le pagine di un qualsiasi sito.

A titolo di curiosità riporto i post di maggior successo con i relativi link:

1 – Virus letale
2 – Un ragazzo di Calabria
3 – Schiavi della colpa
4 – Storia di erbe fluttuanti
5 – I magnifici sette
6 – La corsa della lepre attraverso i campi
7- Afferra il tempo
8 – Benvenuti in paradiso – Peppino Portolesi
9 – La storia
10 - L’albero della vita – The Fountain




domenica 5 aprile 2020

Un angolo di paradiso [di John S. Robertson, 1935]


ille terrarum mihi praeter omnes
angulus ridet.
per i comuni mortali:
quest'angolo di terra più d'ogni altro mi rende felice 
(Orazio, Odi)
PREMIO POESIA ANGULUS RIDET 2020
indetto 
dall'Associazione Culturale Girolamo Marafioti di PolistenaCittà del Sole
Edizioni di Reggio Calabria e con il patrocinio della Città Metropolitana

per saperne di più:
http://francoarcidiaco.blogspot.com/2020/04/dalla-parte-delleditore.html

giovedì 2 aprile 2020

Nostalgia de la luz - "Com'è tardi"


Tutto diventava faticoso, prezioso, perfino le pietre portate sulla groppa degli asini, e a ogni passo si misurava la misera condizione umana, assediata dal tempo e dallo spazio. Per questo gli uomini erano amici fra di loro. L’odore del fiume, l’odore degli orti, l’odore delle mandre, l’odore dei forni, degli agrumeti, l’odore dell'abitato come di una stanza che ha aperto le sue finestre al mattino e la nebbia del sonno non s’è ancora diradata, questa era la terra, questo era tutto in poco spazio; e poi l’improvviso odore del mare, e il variare degli alberi, pioppi, ulivi, salici, sotto la stessa corrente che faceva inclinare le onde e le piante dalla stessa parte e con un solo colore. E che cosa sono ora queste cose? Parvenze labili d'un viaggio rapido, brevi nostalgie che si cacciano l’una con l’altra, illusioni di pace e di felicità dove ci si vorrebbe fermare. Ieri erano la fatica di vivere e di camminare, un tempo lungo e pieno di meandri, e ogni cosa segnava la sua ora al sole. Allo stesso modo della vita nostra, infanzia e virilità: quella piena di giorni lunghi, questa che guarda
l’orologio e dice di soprassalto: “Com’è tardi! ”
CORRADO ALVARO, Le strade il tempo, da Itinerario italiano, ed. Bompiani 1995.

Molti hanno trovato ostico il post precedente, per fare un po' di chiarezza ho fatto ricorso ad un camino per sempre spento, al sommo Alvaro (quella di Corrado Alvaro non è solo scrittura, è un cuore che batte) e alla cartolina postale dei Beirut.


mercoledì 1 aprile 2020

Nostalgia de la luz [di Patricio Guzmàn, 2010]



Noi siamo manipolatori del passato.
Quindi, la nostra storia più recente, la abbiamo mantenuta ad un livello di occultamento, di copertura...
E' un contro senso.
Come se non volessimo avvicinarci alla nostra storia più prossima, come se questa potesse accusarci.
(…)
Io credo che la memoria abbia una forza di gravità, ci attrae sempre.
Quelli che hanno memoria sono in grado di vivere nel fragile tempo presente.
Quelli che non ce l'hanno, non vivono da nessuna parte.
Patricio Guzmàn*, Nostalgia de la luz, 2010

***

Un vento rivoluzionario ci catapultò al centro del mondo. (*idem)

A mia stessa infamia che considera il cinema morto nel maggio 1984 quando al Festival di Cannes fu presentato in anteprima il film dei film, quell’arte che si avvaleva dello scorrimento reale della pellicola con relativa proiezione sullo schermo,  è risorta con l’approssimarsi del XXI° secolo sotto specie di file (fail) e tale è la sua riproduzione, vuoi in una sala (oggi ridotta anche di dimensioni) vuoi comodamente a casa propria. Lo scorrimento ne è divenuto virtuale e serve un software per la relativa visualizzazione. Ecco ora è giusto parlare di filematica. Ed è per suo mezzo che nella ex Unione Sovietica, un autore come Tarkovskij è invecchiato di colpo sotto i colpi di Andrej Zvjagincev, o un Haneke messo in quarantena da un tal brasiliano che risponde al nome di Kleber Mendonça Filho. E così, fermo restando che il cinema, ops … il file americano la fa sempre da padrone, i contributi e le scoperte migliori vengono dalla periferia del pianeta, come quella a cui si fa riferimento oggi che proviene dal Cile. Quell’opera entra in piena sintonia con le pagine di questo blog e lo riguarda direttamente sebbene nella prima si assista alla tragedia che colpì una nazione, tragedia voluta dagli "USA e getta", mentre secondo è la storia di un paese dell’Aspromonte che cavalca il XXI° secolo e non dimentica il suo passato, le sue tragedie, la sua voglia di riscatto sanciti da un fermento che per ora è sotterraneo.

Questo post è dedicato a Marilisa, Francesco di Raimondo e Michele Poeta.


Nota: Il fotogramma in apertura può sembrare una manipolazione dell’autore del post, ma è rilevato direttamente dal file in questione.