Nella primavera del 1957 si costituì un Comitato per elevare Locri a capoluogo di una provincia con 42 Comuni che aveva i confini a nord con Monasterace ed a sud con Palizzi, il mar Jonio e l'Aspromonte i restanti limiti. Platì e la sua area rientravano di buon diritto nella vagheggiata provincia.
mercoledì 15 aprile 2020
martedì 14 aprile 2020
Insalata russa [di Yuri Mamin, 1993]
L’attru jornu a Roma
Bonprudu mu vi faci
Tuttu ju beni i Ddiu
chi l’attru jornu a Roma
nta na pansa si ndi jiu
Antipasti, nsalati
di Russia e nostrani:
jiccàttivi, fitenti!
(nui ndi jiccamu i mani)
Mbivistivu lu vinu
di Bova e Cannunà
e all’urtimu mbrindastivu
cu chiju di Frascà(ti)
Però sbagghiu facistivu,
non ndavistivu metru
quandu vui vettijastivu
nu cunigghiu pa lepri
Giuseppe Gliozzi
venerdì 10 aprile 2020
La via della gloria [di Carol Reed, 1942]
ECHI DELLE
CELEBRAZIONI PASQUALI NEI COMUNI DELLA PROVINCIA REGGINA
La passione di Cristo
rivive ogni anno
nella mistica
tradizione dei Calabresi
A PLATI'
Platì, 14 aprile
Quando il Signore girava per il mondo seminando i paesi, i mari,
i monti, presso Platì, dove aveva piazzato un immenso «serro». Gli cadde dal
sacco un granello di «Monte boscoso». Il Signore non se ne accorse e continuò
il suo cammino; ma dal granello sorse una tozza, impervia montagna di circa
quattrocento metri d'altezza, tutta ricoperta da una fitta selva di ulivi e di
rovi intrecciati.
La montagna, che si trova all'ingresso, di Platì e si nota
subito in mezzo alla macchia gialla ed uniforme del «serro» rimasta presso a
poco come la lasciò Nostro Signore, date le insuperabili difficoltà che si
incontrerebbero nella coltivazione del suo fondo prevalentemente granitico.
Essa si anima soltanto per un giorno dell’anno: il Venerdì
di Passione, quando per le stradette scoscese e per i dirupi si snoda la lunga
processione che riproduce l’ascesa di Cristo al Calvario.
Calvario è infatti la denominazione ufficiale della montagna;
e sulla sua sommità si stagliano contro il cielo tre grandi croci nere.
Il Venerdì di Passione è dunque l'unico giorno dell'anno, in
cui centinaia di persone si arrampicano, per una mistica tradizione, lungo i
fianchi del monte Calvario; precede la processione una fitta schiera di
fotografi dilettanti, armati di macchine di ogni genere: obiettivi di ogni specie,
dai semplici ai grandangolari, fissano l’immenso pittoresco corteo in centinaia
di fotogrammi che verranno spediti ai platiesi disseminati nelle varie regioni
del mondo come ricordo graditissimo della loro terra.
Si parte dal paese alle sette circa; un uomo vestito di
bianco, curvo sotto il peso di una enorme, autentica croce di legno (che
trascinerà da solo e senza esitare durante tutto il faticosissimo tragitto)
rappresenta Gesù condotto al Calvario; Quest'uomo cadrà per tre volte, durante
il viaggio in tre punti del «serro».
Segue la pesantissima bara che contiene una artistica statua
in grandezza naturale, di Cristo Morto. Non stupisce il fatto che gli uomini sopportino
l’enorme peso di questa bara, ma il fatto che la portino con disinvoltura e senza incidenti fino in cima alla montagna
attraverso sentieri strettissimi e rocciosi per i quali riesce a malapena a passare
una sola persona; sembrerà anche curioso il fatto che si portino al Calvario e
il Cristo vivo e quello morto. Ma, la processione è solo simbolica e giustifica
pertanto questa specie di «Contaminazione» tra due momenti affatto differenti.
Seguono il corteo le statue della Madonna e di San Giovanni;
viene infine la folla immensa dei fedeli, dei curiosi e dei forestieri in cerca
di emozioni artistiche.
Dopo circa due di cammino si arriva sulla sommità del monte.
Una breve sosta e si ritorna indietro.
La cerimonia e finita verso mezzogiorno del Venerdì di Passione,
il monte Calvario è di nuovo deserto, con le sue croci nere che si tendono
verso il cielo.
Michele Fera
GAZZETTA DEL SUD, 15 aprile 1955
giovedì 9 aprile 2020
Chacun son cinéma [AA. VV., 2007]
Lo zio Pepé è a pieno titolo uno dei protagonisti di queste pagine. Ecco una selezione dove lo si può trovare:
Heart of Darkness (reg. Nicolas Roeg - 1994)
La recluta (reg. Clint Eastwood - 1990)
https://iloveplati.blogspot.com/2013/10/la-recluta-reg-clint-eastwood-1990.html
Novecento (reg. Bernardo Bertolucci - 1976)
https://iloveplati.blogspot.com/2011/03/novecento-reg-bernardo-bertolucci-1976.html
La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia (reg. Lina Wertmuller - 1978)
https://iloveplati.blogspot.com/2011/10/la-fine-del-mondo-nel-nostro-solito.html
La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia (reg. Lina Wertmuller - 1978)
https://iloveplati.blogspot.com/2011/10/la-fine-del-mondo-nel-nostro-solito.html
Preparate i Fazzoletti ( reg. Bertrand Blier -1978)
https://iloveplati.blogspot.com/2011/04/preparate-i-fazzoletti-reg-bertrand.htmlhttps://iloveplati.blogspot.com/2011/04/on-road-to-freedom-alvin-lee-mylon.html
mercoledì 8 aprile 2020
Golgota [di Julien Duvivier, 1935]
Pasqua lontana
La settimana Santa era vissuta con grande partecipazione in paese
e la lettura del Passio durante le funzioni religiose non mi annoiava, anzi mi
introduceva in un mondo dove Gesù era una persona conosciuta.
"... prima che il gallo canti mi rinnegherai tre
volte..." rivolto a Pietro, oppure il tradimento di Giuda non erano solo
parole, ma vivide immagini che mi commuovevano fino al pianto.
Venerdì Santo scrutavo il cielo sin dal mattino: la metereologia
lo governava che se il tempo si fosse messo al brutto il pomeriggio non ci
sarebbe stata la commemorazione e la processione per me la più bella,
significativa e coinvolgente dell'anno liturgico.
Il monte Calvario delimita l'orizzonte di Platì; sulla sua cima si
stagliano tre croci; cosa potevo pensare, me bambina, di più vero che quello
era proprio il Golgota raccontato dalle Scritture?
Niente.
E il Venerdì Santo, quando il tempo lo permetteva, si faceva la
salita verso il Monte, la folla variopinta seguiva il prete in silenzio.
Il Rito era lungo perché ci si fermava a tutte le stazioni della
via Crucis fino all'arrivo in cima dove il sacrificio del Cristo si compiva
sotto gli occhi della Statua dell'Addolorata e di tutti i paesani commossi.
Per me era il massimo del misticismo a cui potevo partecipare e
poi...rotte le fila ci si lanciava festanti nella discesa che proprio come per
incanto rivelava una natura colorata di verde e giallo i fiori della ginestra
che raccoglievo con le amiche perché con quelli avremmo fatto l'inchiostro.
Non ricordo se l'esperimento sia mai riuscito, di sicuro ricordo
che a casa portavo un grande mazzo che serravo su un braccio, l'altro mi
serviva per dare la mano a mia madre che protettiva e silenziosa asciugava le
mie lacrime per la morte di Gesù e mi rassicurava: domenica sarebbe Risorto.
MARIA MITTIGA
La foto risalente agli anni '20 del XXI° secolo è dello zio Giuseppino, u mericu Mittiga figlio di Rocco e Caterina Fera di cui conservo il negativo.
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childhood memories,
Once upon a time in Platì
martedì 7 aprile 2020
La vita davanti a sé [di Moshé Mizrahi, 1977]
Giuseppe Gliozzi
di Luigi e Bettina Mittiga
1920 - 2004
Ho bisogno di parlare con
qualcuno
E di un nuovo riparo
Sto bussando alle porte del cielo
Nel momento in cui mi sono proposto di fare una breve,
necessaria celebrazione dei cento anni di età dello zio Pepé non sapevo come
redigerla e come dare inizio al tributo. Leggendo Corrado Alvaro mi si è aperta
la mente. Ho capito che in sostanza era un tributo anche per mio padre che a
suo tempo non potei fare perché queste pagine non erano ancora apparse. Mi è
apparso all’istante che quella dello zio Pepé e di Papà erano due vite
parallele nate sullo teso segno: La devozione al padre, l'annullamento della (propria) personalità
di fronte alla legge familiare*. Perché le loro vite potessero realizzarsi
dovettero aspettare dapprima l’accasamento delle sorelle e dei fratelli e di
conseguenza la morte del padre che servirono annullandosi. Ciccillo, Ernesto e Fina avevano scelto di
accasarsi con la Chiesa i primi, con Gesù la seconda. Mentre per Amalia si
scelse di accasarla con i due fratelli preti. Lo zio Peppino, fratello
sordomuto di Papà, preferì l’emigrazione verso Milano. Le sorelle restanti avevano
già preso la via della Montagna, dell’America o il varco dello Stretto di
Messina. Lo zio Pepè e Papà si sono così
ritrovati coi capelli bianchi, e di
fronte a un altro impegno per il resto dei loro anni, il matrimonio cui
pervennero per nuovi sacrifici, avendo già dato la metà della loro vita alla
creazione dell'opera paterna*. I due a differenza dei loro genitori
dovettero però fare i conti con il tragico destino in cui stava sprofondando
Platì e una nuova società che stava volando senza sosta per adattarsi al
progresso/sviluppo. Non restava altra scelta che fuggire e andare anonimi in
città dove i figli avrebbero potuto studiare e a loro volta sistemarsi. I due non
fecero però i conti con quell’avvenire che i loro figli altrimenti intendevano
realizzare, a dispetto dei loro sogni. I
dolori per lo zio Pepè e Papà ebbero la prevalsa che solo la morte placò.
*In corsivo: Corrado Alvaro, Calabria, da Itinerario italiano, ed. Bompiani 1995.
Bovalino 8 aprile 1997
Mia madre di F. M. mi diceva sempre spesso che io sono nato l'8 aprile anziché il 24_
Quindi oggi compio 77!
lunedì 6 aprile 2020
Nel corso del tempo - reup & Hit Parade
Da qualche giorno questo progetto (nato nel febbraio 2011) si è stabilizzato sulle 200.000 visualizzazioni. Buona parte di esse sono merito della collaborazione con Rosalba Perri che ha dato una virata verso nuovi orizzonti editoriali. Il blog viaggia da solo nella galassia del web, non ha agganci con altri bloggers come è restio alla pubblicità che ormai vomitano le pagine di un qualsiasi sito.
A titolo di curiosità riporto i post di maggior successo con i relativi link:
1 – Virus letale
2 – Un ragazzo di Calabria
3 – Schiavi della colpa
4 – Storia di erbe fluttuanti
5 – I magnifici sette
6 – La corsa della lepre attraverso i campi
7- Afferra il tempo
8 – Benvenuti in paradiso – Peppino Portolesi
9 – La storia
10 - L’albero della vita – The Fountain
domenica 5 aprile 2020
Un angolo di paradiso [di John S. Robertson, 1935]
ille terrarum mihi praeter omnes
angulus ridet.
angulus ridet.
per i comuni mortali:
quest'angolo di terra più d'ogni altro mi rende felice
(Orazio, Odi)
PREMIO POESIA ANGULUS RIDET 2020
indetto
dall'Associazione Culturale Girolamo Marafioti di Polistena, Città del Sole
Edizioni di Reggio Calabria e con il patrocinio della Città Metropolitana
http://francoarcidiaco.blogspot.com/2020/04/dalla-parte-delleditore.html
giovedì 2 aprile 2020
Nostalgia de la luz - "Com'è tardi"
Tutto
diventava faticoso, prezioso, perfino le pietre portate sulla groppa degli
asini, e a ogni passo si misurava la misera condizione umana, assediata dal
tempo e dallo spazio. Per questo gli uomini erano amici fra di loro. L’odore
del fiume, l’odore degli orti, l’odore delle mandre, l’odore dei forni, degli
agrumeti, l’odore dell'abitato come di una stanza che ha aperto le sue finestre
al mattino e la nebbia del sonno non s’è ancora diradata, questa era la terra,
questo era tutto in poco spazio; e poi l’improvviso odore del mare, e il
variare degli alberi, pioppi, ulivi, salici, sotto la stessa corrente che
faceva inclinare le onde e le piante dalla stessa parte e con un solo colore. E
che cosa sono ora queste cose? Parvenze labili d'un viaggio rapido, brevi
nostalgie che si cacciano l’una con l’altra, illusioni di pace e di felicità
dove ci si vorrebbe fermare. Ieri erano la fatica di vivere e di camminare, un
tempo lungo e pieno di meandri, e ogni cosa segnava la sua ora al sole. Allo
stesso modo della vita nostra, infanzia e virilità: quella piena di giorni
lunghi, questa che guarda
l’orologio e dice di soprassalto: “Com’è tardi! ”
CORRADO ALVARO, Le
strade il tempo, da Itinerario italiano, ed. Bompiani 1995.
Molti hanno trovato ostico il post precedente, per fare un po' di chiarezza ho fatto ricorso ad un camino per sempre spento, al sommo Alvaro (quella di Corrado Alvaro non è solo scrittura, è un cuore che batte) e alla cartolina postale dei Beirut.
Molti hanno trovato ostico il post precedente, per fare un po' di chiarezza ho fatto ricorso ad un camino per sempre spento, al sommo Alvaro (quella di Corrado Alvaro non è solo scrittura, è un cuore che batte) e alla cartolina postale dei Beirut.
mercoledì 1 aprile 2020
Nostalgia de la luz [di Patricio Guzmàn, 2010]
Noi siamo manipolatori del passato.
Quindi, la nostra storia più recente, la abbiamo mantenuta ad un
livello di occultamento, di copertura...
E' un contro senso.
Come se non volessimo avvicinarci alla nostra storia più prossima, come
se questa potesse accusarci.
(…)
Io credo che la memoria abbia una forza di gravità, ci attrae sempre.
Quelli che hanno memoria sono in grado di vivere nel fragile tempo
presente.
Quelli che non ce l'hanno, non vivono da nessuna parte.
Patricio Guzmàn*, Nostalgia de la luz, 2010
***
Un vento rivoluzionario ci
catapultò al centro del mondo. (*idem)
A mia
stessa infamia che considera il cinema morto nel maggio 1984 quando al Festival
di Cannes fu presentato in anteprima il film dei film, quell’arte che si
avvaleva dello scorrimento reale della pellicola con relativa proiezione sullo
schermo, è risorta con l’approssimarsi del XXI° secolo sotto specie di file (fail) e tale è la sua riproduzione, vuoi in una sala (oggi ridotta
anche di dimensioni) vuoi comodamente a casa propria. Lo scorrimento ne è
divenuto virtuale e serve un software per la relativa visualizzazione. Ecco ora
è giusto parlare di filematica. Ed è
per suo mezzo che nella ex Unione Sovietica, un autore come Tarkovskij è invecchiato
di colpo sotto i colpi di Andrej Zvjagincev, o un Haneke messo in quarantena da un
tal brasiliano che risponde al nome di Kleber Mendonça Filho. E così, fermo
restando che il cinema, ops … il file americano la fa sempre da padrone, i
contributi e le scoperte migliori vengono dalla periferia del pianeta, come
quella a cui si fa riferimento oggi che proviene dal Cile. Quell’opera entra in
piena sintonia con le pagine di questo blog e lo riguarda direttamente sebbene nella prima si assista alla tragedia che colpì una nazione, tragedia
voluta dagli "USA e getta", mentre secondo è la storia di un paese dell’Aspromonte
che cavalca il XXI° secolo e non dimentica il suo passato, le sue tragedie, la
sua voglia di riscatto sanciti da un fermento che per ora è sotterraneo.
Questo post è dedicato a Marilisa, Francesco di Raimondo e
Michele Poeta.
Nota: Il fotogramma in apertura può sembrare una
manipolazione dell’autore del post, ma è rilevato direttamente dal file in
questione.
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