Certifico io sottoscritto Ingegnere Civile, residente e domiciliato in
Reggio Calabria, che il fabbricato urbano del Signor Francesco Gliozzi fu
Domenico, sito nell’abitato di Platì e propriamente sulla via principale di
esso, subì tali danni per effetto del terremoto del 16 Novembre 1894 da rendere
necessaria la spesa di lire tremila circa per potergli ridare le primitive
condizioni di stabilità e abitabilità.
Tanto attesto in seguito ad ispezione locale ed a richiesta dell’interessato.
Platì 1° Novembre 1895
L’ingegnere Civile
Rodolfo Zehender
L’Ingegnere Civile Rodolfo
Zehender (in apertura), nacque a Reggio Calabria il 14.07.1862.
L’origine della sua famiglia
è svizzera. Il padre Giovanni, proveniente dalla Spagna dove era presso la
Corte del Re, fu trasferito nella Calabria Ulteriore e precisamente nel suo
Capoluogo Reggio Calabria dove assunse la direzione dell’Intendenza di Finanza,
sposò Maria Grazia Raho ed ebbero molti figli. Quindi crebbe in questa famiglia
patriarcale fino alla morte del genitore quando lui era in giovane età
assumendo parte del carico di responsabilità. Nel 1906 fondò la “Riunite di
Elettricità” e fu precursore in tutto il meridione, a seguito del terremoto del
1908 buona parte degli impianti furono distrutti ma con grande caparbietà li
ricostituì. Quindi diede vita alla “Zehender & C.” con sede a Palmi e
installazioni anche a Bagnara e Scilla fornendo a queste cittadine energia
elettrica per l’illuminazione. Il suo impegno non si fermò a Reggio Calabria ma
si espanse in provincia di Salerno precisamente a Casoletto Spartano dove
eseguì il complesso della “S.I.E.B.”, fondò in Aspromonte la “Società
Idroelettrica Vasì” per l’illuminazione di quella zona. In fine fondò la
“Società Tranvie Elettriche Reggine”, fece costruire una centrale
termoelettrica in via Possidonea e altra a carbone nella rada Giunchi. Fu
presidente della “Società Forestale delle Calabria” fino alla morte che avvenne
nel 1930 all’età di 66 anni. La foto dell'ingegnere Zehender proviene da qui: https://www.strill.it/rubriche/memorie/2015/02/memorie-rodolfo-zehender-lingegnere-reggino-che-porto-luce-e-progresso/ La breve biografia da qui: http://www.strettoweb.com/2016/10/reggio-calabria-pillole-di-storia-u-stratuni/466101/
Ho avuto la netta impressione che il mio soggiorno fosse
diventando un lento viaggio di avvicinamento al grande monolite che vedevo
quotidianamente dalla finestra della cucina a casa dei nonni. Avrei voluto raggiungerla,
ma un problema ad una caviglia mi ha impedito di camminare a lungo.
Non ero però preparata alla sorpresa che mi aveva riservato
Mimmo invitandomi ad una cerimonia religiosa in una chiesetta vicino Pietra
Cappa.
Marilisa, la sera prima, mi ha regalato alcune delle
sue collane composte da un grosso pendente-fibbia di ceramica Raku ed uno
spesso laccio di stoffa elasticizzata. Ne scelgo una da indossare sulla
camicia. Incontro Mimmo a Bovalino da dove ci inoltriamo verso Natile sulla sua
Panda 4x4 chiacchierando di amicizie comuni e di Panduri che spero diventi in
futuro un altro capitolo di questa mia scoperta della Calabria. A Natile torno
dopo 58 anni; mia madre vi aveva insegnato non so se per qualche mese o per
tutto l’anno scolastico 61-62. Ci andavamo da Platì, lasciavamo la provinciale
a Cuccumo attraversando i serri e la fiumara a dorso di mulo. Questa volta
saliamo da Natile nuovo e vi incontriamo un interessante gruppo di persone che
hanno dato vita alla Pro-Loco ed organizzato l’evento di oggi. Degli
escursionisti del CAI di Reggio stanno salendo a piedi e si uniranno a noi
sotto Petra Cappa. Riprendiamo la strada in salita verso la nostra meta: a
destra ho la vallata della fiumara e Platì, a sinistra splendidi scorci
dell’Aspromonte e di Petra Cappa. Dopo un tempo che mi è parso breve per le
bellezze dei paesaggi e lungo per lo sballottolamento in auto, ci fermiamo nei
pressi di un bosco. Percorriamo a piedi un breve tratto fra castagni, pietre ed
un torrentello a secco ed ecco apparire, fra gli alberi, circondati da una
distesa di pietre e mattoni sparsi nella boscaglia, i ruderi di un’antica
chiesa bizantina. L’emozione
è forte.
Mimmo mi indica i materiali con cui è stata costruita:
pietre dell’Aspromonte, mattoni sia del periodo della costruzione, sia di
periodo Romano poiché, come sempre è avvenuto nei secoli, i materiali di altri
ruderi venivano usati per le nuove costruzioni. A terra ci sono un paio di
colonne, una terza sembra sia a Polsi ed una quarta nel giardino di una casa
privata a Reggio. Mimmo, Anna Maria Sergi (anima della pro-loco) ed altri che
ci hanno raggiunto preparano l’altare ed una croce: due rami incrociati che non
si sa come tenere insieme ed allora offro la mia collana così anche Marilisa,
che non è potuta venire, sarà con noi. Il gruppo del CAI arriva quando l’altare
è pronto e si celebra la messa, in mezzo ad un bosco di castagni, accanto a ciò
che resta dell’antica chiesa degli eremiti, mentre Petra Cappa ci osserva
dall’alto.
Dal “Catalogo dei monasteri e dei luoghi di culto fra Reggio
e Locri (Domenico Minuto, 1977):
“Le fonti ci parlano di una cittadella e di un fiume detti
di Pietra Cucca o Pietra Cafcas, di una chiesa di stile Bizantino tra la
contrada di San Giorgio e Pietra Cappa (…) Quanto a Btrqûqah (terra) b.t.rqùqah (fiume)
e πέτρα
καύκας (…) mi sembra giusta l’opinione del Minasi che identifica questa
località con Pietra Cappa il cui territorio circostante dovette avere una vita
alquanto fervida attorno al Mille se ci presenta resti di una chiesa
probabilmente a cinque cupole (S. Giorgio) …
… I ruderi si trovano in una zona montana a 500 metri in linea
d’aria a nord ovest della caratteristica rocca di Pietra Cappa. Della chiesa
restano brandelli di muri perimetrali che tuttavia mostrano ancora chiarissimo
il disegno della pianta quadrata, orientata, triabsidata e, sparsi per terra,
monconi di colonne, numerosi frammenti di marmo bianchi e policromi (con alcuni
di questi i pastori hanno costruito un casotto) e di tegole. Come si è visto
dalle misure della pianta, essa è leggermente più grande di quella di
Stilo.”
Finché la Chiesa, il mondo contadino, la borghesia
paleoindustriale erano un
tutto unico, la Religione poteva essere riconosciuta in tutti e
tre questi momenti
di una stessa cultura. Anche – ed è tutto dire – nella Chiesa: nel
Vaticano. I
delitti contro la religione perpetrati dalla Chiesa – se non altro
per il fatto stesso
di esserci – erano giustificati dalla Religione. Era possibile
prestar credito, cioè,
al qualunquismo umanistico dei suoi prelati secondo cui, appunto,
il fine poteva
giustificare i mezzi: un’alleanza col Fascismo per esempio poteva
parere un
mezzo giustificato dal fine, consistente nel preservare, per i
secoli futuri, la
Religione. D’altra parte niente poteva far pensare che il mondo
contadino,
religioso (e la borghesia paleoindustriale di origine contadina)
sarebbe così
rapidamente
finito.
Pier Paolo Pasolini, Marzo 1974.
Ancora una volta con voce ferma e robusta ripeto: “D’Italia la gioia e
l’offesa divide la Chiesa”. Come nelle giornate tristi della Patria in cui le
bandiere si alzavano imbrunate, come abbiamo visto, dicevo, affollarsi le
chiese di moltitudini piangenti per santificare il dolore di madri e
pargoletti! così nelle giornate liete, come questa, la chiesa spalanca le sue
porte per fare entrare una moltitudine giubilante.
E cantano a Dio – Ottimo Massimo – il Te Deum del ringraziamento per la
grandezza delle grazie ricevute, che sono, per avventura, tali e tante le
grazie che non basta la parola umana a enumerarle.
Si Te Deum laudamus, ti lodiamo o Signore, perché hai voluto dare
piena, grande, completa vittoria all’Italia da trionfare sulle barbare nazioni
più o meno fraternizzate fra loro.
Insegni Ginevra.
Ti lodiamo, o Dio, perché hai voluto che un Re latino, stirpe di eroi e
di Santi cingesse la corona di quello impero di Salomone, caduto dopo lunga
teoria di anni nella barbarie e nel fango.
Ti lodiamo per il nostro condottiero e Duce che con mano ferma regge i
destini della Patria fatta da Lui più bella e più grande.
Ti lodiamo perché hai voluto darci dei generali sommi, degli scienziati
che sono l’invidia del mondo, dei soldati che sono semplicemente magnifici.
Si ti lodiamo o Dio degli eserciti Deus Iabahot che fosti presente a
Veyhelli, ad Axum, a Macallé, che fermasti il tuo sguardo su Addis Abbeba che è
nostra.
Che facesti del tuo sacerdote, il padre Giuliani, un novello martire
della Religione e della Patria.
Che nei terribili fiumi impetuosi, nelle zone infocate della Somalia,
sulle alture inaccessibili del Tigrai, fosti fortezza nel braccio e nel cuore
dei nostri fanti, che si aprivano il passo con la spada e con la zappa per il
trionfo di quella Roma, per cui il tuo Cristo è romano.
Si, ti lodiamo o Signore, per l’aiuto che ci desti in mare, in terra in
cielo, è piena la terra della tua Gloria. Tu Re gloria e Christe!
E intendo che si associano al nostro canto le innumerevoli schiere
degli angioli e dei santi tutti del cielo, come delle anime buone della terra
perché in te, Domine, speravi.
Nel Signor chi si confida col Signor risorgerà.
In te Domine speravi, non confundar in aeternum
ERNESTO GLIOZZI il vecchio, Platì 10/5/ 36
«E forse ci voleva
anche un uomo come quello che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare, un uomo
che non avesse la
preoccupazione della scuola liberale››.
[PIO XI, Discorso ai docenti e agli allievi della Università
del Sacro Cuore, 13 febbraio 1929]
L'uomo che la divina
Provvidenza fece incontrare a Pio XI, per «restituire l'Italia a Dio e Dio
all'Italia››, era un ateo integrale, un bestemmiatore abitudinario di Gesù
Cristo, della Madonna e di tutti i Santi, disposto sempre, anche dopo la
Conciliazione, a riprendere i temi del più volgare anticlericalismo, in cui
aveva battuto ogni primato, prima di passare dal sovversivismo anarchico alla
reazione, in difesa del trono, dell'altare e del portafoglio dei «pescecani››.
Ernesto Rossi, Il
manganello e l’aspersorio, Kaos edizioni, Milano 2000
Ho indugiato molto a pubblicare questo manoscritto redatto a seguito della conquista della regione del Tigrè da parte dell'esercito italiano nell'ottobre del 1935. Come
altre volte mi sono trovato ad un bivio, continuare o smettere le
pubblicazioni. Allo stesso tempo non voglio giudicare azioni e fatti passati
perché non ho la capacità di mettermi nei panni di chi quelle azioni e fatti li ha vissuti, come mi manca la lucida riflessione di Pasolini. Il senno di poi non
basta. E i tempi attuali, recenti e meno recenti, il futuro preparatoci – e su
questo lo scrittore e regista ci aveva già anticipato tutto - non sono affatto dissimili dagli anni in cui
lo zio scrisse e lesse in chiesa questa apologia. Ad onestà del vero, e non per
minimizzare quanto sopra scritto, riporto che in quegli anni lo zio non era
solo: mons. Giosofatto Mittiga fece carriera grazie alla cura fascista,
l’avvocato Rosario Fera scrisse fogli di aperto plauso a quel movimento, mons.
Minniti esibiva dei baffetti molto Führer, senza contare i vari Podestà che approfittarono,
con la gestione personale, della cosa pubblica; nonno Luigi e di seguito don
Gustinu Mittiga amministrarono con nomina del Prefetto di Reggio l’ammasso
delle olive e del grano. Tutti in men che non si dica, se non passarono a
miglior vita, al primo sentore di scricchiolio del Regime fecero un tempestivo
volta faccia con allineamento abbracciando lo scudo crociato, e l’anticomunismo
ormai di moda. Ancora, cosa strana, l’unico a non trarne nessun beneficio fu il
maresciallo Giuseppe Delfino che, rubando il Ciconte, in pieno fascismo rifiutò di iscriversi al partito e questo suo atto di
ribellione gli costò la «mancata promozione a maresciallo maggiore»,
tenendo, per giunta, nel primissimo dopoguerra, sotto l’ombra da spica, le redini del paese.
Per uscirmene vi propongo Bob Marley & The Wailers con il suo inno rastafari
A Platì ci sono molte
tradizioni, una di quelle è di accendere il fuoco la notte di Natale. La
inventarono i nostri antenati, e noi ancora oggi portiamo avanti. Gli è
piaciuto così tanto che hanno deciso di accendere il fuoco anche per la veglia
Natalizia che si svolge dall’8 al 24 dicembre. La tradizione del fuoco va
avanti anche grazie ai ragazzi che prendono la legna nelle case delle persone
“senza chiedere il permesso” ci sono persone che apprezzano e altre che si
arrabbiano molto. Nel 2015 hanno acceso un fuoco così alto che tra un poco non
bruciavano la chiesa. Questa tradizione va avanti dal 1800. Un’altra tradizione
è quella della “cardara” che si svolge nel periodo Natalizio, cioè la carne
messa nella brace a cuocere. Un’altra tradizione è quella della lavanda dei
piedi, gli uomini vanno in chiesa e il prete gli lava i piedi. Un’altra è
quella della festa di Sant’Antonio ed è che le bambine fanno “i virgineji” si
vestono di bianco, appena arrivano fanno colazione, poi prendono un giglio e
vanno in chiesa a pregare Sant’Antonio, le donne portano il pane, e il prete lo
benedice e alla fine le bambine prendono il pane e se ne vanno. Insomma Platì è
un paese pieno di tradizioni.
TROPEANO ESMERALDA 5 A
Testo presentato alla seconda edizione (2018) del premio letterario "Ernesto Gliozzi"
Ieri, in un’atmosfera di santa letizia, questa popolazione ebbe il
gradito piacere di assistere ad una celebrazione religiosa mai vista, in questa
Chiesa Matrice, del giovane, colto ed intemerato, come ebbe
a definirlo nella sua allocuzione Mons. Vescovo Chiappe, don Ernesto
Gliozzi.
Sin dalla prime ore del mattino un'insolita animazione notavasi pel
paese tutto imbandierato e pavesato di serici drappi, nell'attesa del Vescovo
della Diocesi, che alle ore 9, atteso in Piazza XXIV Maggio delle Associazioni
Cattoliche, con labari, dalla Confraternita, dal Clero, dalle Autorità civili,
politiche e militari, oltre che da una folla incontenibile di popolo, arrivava
accompagnato da Mons. Macrì Rettore del Seminario di Gerace, dal Can. Oppedisano
Cancelliere vescovile e da un numeroso clero dei paesi vicini. Salutato dallo
sparo di mortaretti e da un evviva del popolo procedette per la Chiesa Matrice
ove ebbe inizio la consacrazione del novello Sacerdote. La celebrazione del
rito solenne iniziata alle 9,30 ebbe termine, alle 12, coronata dall'omelia del
dotto Vescovo. Indi nella casa ospitale del neo Sacerdote, è stato servito un
sontuoso banchetto e alle ore 16, salutato ancora dalle salve dei mortaretti e delle
Autorità, Mons., Comm. Giovanbattista Chiappe col seguito, ritornava in sede.
Molti i telegrammi ricevuti dal novello Sacerdote che canterà la prima
Messa solenne, il giorno-
dell'Immacolata.
Al giovane don Ernesto Gliozzi, alla famiglia tutta, gli auguri di
prospero avvenire.
I testi e la foto si trovano sulla rivista curata da Mimmo Marando
PLATI’ GENNAIO
1998
A leggere queste due poesie di Pasqualino Perri la mente mi riporta alle immagini in bianco e nero di Gianni Di Venanzo (1920 - 1966) quando curava la fotografia per i film di Antonioni, Zurlini, Fellini, Rosi (memorabile la sequenza a Portella della Ginestra in Salvatore Giuliano) come per il Provenzale citato in apertura.
Am I the only one who hears the screams And the strangled cries
of lawyers in love
Jackson Brown, Lawyers in Love
Reggio Cal, 13/2/949
Gent.mo Signor
compare. Anzitutto ci vogliamo augurare che la presente troverà Voi
e famiglia ottimi – noi anche bene.
Vi chiedo scusa
anticipatamente del fastidio che vi potrà recare il favore che sto per
chiedervi, ma trattandosi di cosa delicata, nessuno meglio di Voi può
rispondere a quanto mi occorre sapere. Compare Rocco Pulitanò mi ha detto che
l’avvocato Caruso Saverio di Giuseppe e di Lentini Maria vuole sposarsi e
il compare ha proposto Mariellina Nicita mia cugina, figlia del segretario Nicita.
Quanto ci ha detto
compare Rocco riguardo il giovane avvocato ci ha soddisfatte e abbiamo piena
fiducia in lui, ma le informazioni che tanto gentilmente ci darete Voi
completeranno la nostra fiducia. Vi preghiamo quindi comunicarci quanto lo
riguarda moralmente, fisicamente e finanziariamente.
Vi
ringraziamo molto e invio rispettosi saluti anche per parte di questi miei
estensibili alla vostra famiglia.
D.nna comare Ermenegilda
Come sta comare Serafina? Aff.si
saluti
Platì, 18 Febbr. 1949
Gent.ma Sig.a Comare,
Rispondo con ritardo alla gradita Vs, del 13 c.m., dato che quel giorno
che ho ricevuto la lettera eravamo preoccupati, perché mentre mio figlio
Peppino faceva ritorno da Cirella dove era andato a riscuotere delle Imposte,
venne rapinato a mano armata da sconosciuti delle somme riscosse, per oltre
300mila lire; fu puro miracolo se gli hanno risparmiato la vita a lui ed altre
due persone che l'accompagnavano.
Rilevo con piacere nella VS. che state bene, come Vi dico di me e dei
miei.
In quanto alla Vs. richiesta di notizia sul conto del Sig. Avv. Caruso,
non trovo niente in contrario a quanto desiderate di sapere, essendo un giovane
che risponde tutto bene, serio, istruito e di buon portamento. E' anche di
famiglia facoltosa; la sorella ha sposato un Maggiore di Artiglieria, nostro
compaesano.
Per tutto quello che Vi possa occorrere sono sempre a Vs. disposizione,
lieto se Vi potrò servire.
Con tutti i miei Vi saluto distintamente.
Reggio Cal, 22/2/949
Egr. signor compare, rispondo alla
vostra soddisfacente lettera e vi ringrazio molto del Vostro sollecito
interessamento riguardo a quanto volevo sapere. Se valgo in qualche cosa non mi
risparmiate.
Tutti noi siamo dispiaciuti di
quanto è accaduto a vostro figlio, meno male ch’è andata così e che ben presto
giustizia sarà fatta. Come sta comare Serafina? Ce la salutare assai assai. Io
e questi miei ricambio cordiali saluti a Voi e la vostra gentile famiglia.
D.nna comare Ermenegilda.
MARILISA … posso aggiungere alla narrazione che il giovane
avvocato Caruso, con buona pace della signora comare, si maritò, a Roma, con
Livia e con lei visse, fino alla fine dei suoi giorni, nella casa paterna della
moglie, circondato, presumibilmente, dall'amore di lei e della figlia Emma, il
cui ritratto, dipinto dal nonno, troneggiava sulle pareti del salotto (alle
spalle del divano verde salvia che ha segnato, e non poco, la mia attività "professionale
e artistica") e anche, fisicamente, da centinaia di altri quadri appesi in
ogni spazio libero delle pareti domestiche che incombevano su di me, bambina,
in visita da loro, e che, sono certa, hanno determinato il mio successivo
totale disinteresse per la pittura figurativa di qualunque epoca precedente e
successiva, e facendo deviare il mio interesse solo verso l'astrattismo e il
dadaismo. Amen. Vedi tu dove ti fanno arrivare le visite ai parenti....
GINO. Comare Ermenegilda era una grande! Mi è parso opportuno unificare questi testi che già
hanno visto la luce tra queste pagine. Il commento di Marilisa, in attesa di
ulteriori sviluppi, mette fine alla corrispondenza aggiornandoci su come poi
l’avvocato Saverio Caruso (pulinaroto doc) abbia trovato la sua Signora più
lontano. Posso aggiungere solo che il cercare mogli o marito in quegli anni, ma
anche dopo, in Platì era un fatto ordinario. Il paese non aveva barriere, e
quelle ideologico-giudiziarie erano ancora da innalzarsi.
Ch’eseguite
le più diligenti ricerche nel casellario giudiziale col sussidio del registro
di controlleria, risulta, che sul conto di Gliozzi Francesco fu Domenico da
Platì non si rinvenne alcuna condanna.
In
fede ecc. ecc. si rilascia il presente a richiesta d’esso Gliozzi.
Gerace
15 Maggio 1877
Il
Cancelliere
L. Foti
Specifica
Carta£ 0.60
Scritto£ 1.00
N.°
1316 quietanza esatto Lire una centesimi sessanta
- Gliozzi d. Francesco (1864-15) di Carlo, marito di d.
Carolina Mittiga.
- Barletta Teresa (1864-37) di d. Bonifacio, ruris Carerii,
moglie di d. Giuseppe Oliva.
- Barbaro Francesco (1864-46) di Gius., marito di Trimboli
Francesca, cadde da un albero di castagno in località Praca.
- Musitano Rocco (1864-56) di Pasq. marito di Sità Giuseppa,
ruris Varapodii.
- Romei d. Rosa (1865-10) di d. Michele, da Oppido, vedova
di d. Arcangelo Oliva.
- Lacava d. Maria (1865-23) di d. Nunziato e di d. Fortunata
Piromalli, da S. Cristina, moglie di d. Luigi Oliva.
- Zappia d. Rosario (1865-51) del mf Pasquale, marito di d. Rosa
Lenza, doctor phisicus.
- Mittiga Rosario (14.2.1866 n°6) di Giosofatto e di Zappia
Anna, morì gladio percussus.
- Sansalone Nicodemo (2.5.1866-n°23) di Giovanni, marito di
Filippone Giuseppa, da Agnana.
- Zappia Filippo (3.6.1866 n°28) figlio del doctor Phisicus
d. Domenico.
- Mittiga d. Ferdinando (20.6.1866 n° 31) di Giuseppe e
Zirilli Rosaria, vir di d. Maria Antonia Mittiga), gladio percussus.
- Sergi Rocco (10.7.1866 n°38), di Giuseppe e di Demarco
Maria, ustus repentina flamma ignis fortuito accensi
- Cusenza Francesco (11.9.1866 n°55) di Antonio, mar. di
Perre Anna, cholico morbo adhortusloco
dicto Mannara.
- Ciampa mf Beatrice (30.10.1866/ 64) di Domenico e di
Furore Domenica, ux. di Mittiga Giuseppe.
-Fera mf Giuseppe(2.12.1866/68) di Franc. e Lentini Anna,
vir mf Marianna Mittiga, affectus hydropico morbo.
- Zappia Antonio (18.1.1867 / 4) di Domenico, cadde da una
quercia in località ciliti
- Oliva d. Teresa (28.6.1867/20) di d. Michele e di d. Gaetana
Empoli.
- Bagalà d. Oliveria (9.9.1867/24) di Tommaso e d. Elisab. Oliva-
da Palmi
- Portulesi Michele (25.8.1867/31) di Rosario, affectus
hydropico morbo.
- Portulesi Giuseppe (28.9.1867/34) di Rosario, affectus
hydropico morbo.
- Oliva d. Antonio (13.10.1867/37) dottore in s. Teololgia. Protonotario
apostolico, ex Vicario Generale dell' archidiocesi di Rossano, morì a età di 50
anni.
-Portulesi Francesco (20.3.1868/14) di Domenico e Trimboli
Maria, età 8 anni, cadde dalla propria asina e morì all' istante.
- Pangallo Rosa(14.4.1868/18) di Diego, moglie di Micò Antonioda Casignana.
- Albanesa Domenico (9.5.1868/25) di Giuseppe da Cittanova,
marito di Leonardo Maria da Bovalino.
- Lucà Vincenzo (9.7.1868/31) figlio di Lucà Rosa, marito di
Zappia Maria da S. Martino.
- Oliva d. Tommaso (1.8.1868/39) di d. Giacomo e di d. Paola
Oliva, onesto ed esperto farmacista, morì dopo una lunga malattia contratta a
Napoli. - Grillo Giovanni (19.8.1868/43) di Nicola e di Generosa
Francesca da Oppido, cadde da un fabbricato.
- Zappia Pulcheria (11.11.1868/76) di Saverio e di Fera
Caterina, morì colta da una violenta tempesta di acqua e vento, in località
Bovisano.
- Sergi Carlo (8.5.1869/19) di Francesco- marito di Barbaro
Maria, ferito da pugnale, morì all'istante.
-D' Agostino Pietro (30.6.1869/25) di Filippo, da Mammola,
marito di Albanese Caterina.
- Iermanò Paolo (3.9.1969/33) di Rosario rizzola, cadde da
una quercia in località Paladini, all' età di 20 anni.
- Oliva d. Girolama (11.12.1\869/47) di d. Stefano, vita et
moribus optimis, morì a 33 anni.
- Caruso Maria Francesca (24.1.1870/9) di Antonino e di
Marafioti Caterina da S.Eufemia.
- Bruzzaniti Rosa (19.2.1870/16) da Messignadi, figlia di
Gius., vedova di Ferraro Giosofatto.
- Sergi Domenico (20.3.1870/26) di Michele, muto dalla nascita.
- Timpano Vittoria (29.3.1870/29) di Giuseppe, da Benestare,
vedova di Sergi Domenico.
- Carbone Caterina (14.4.1870/33) di Pasquale, muta dalla
nascita.
- Georgi Rosa (14.7.1870/53) Carlotta, ruit ex arbore-età
anni 60.
- Lentini Anna (7.4.1871/18) di Domenico e Pangallo
Caterina, madre del sac. Saverio Fera, di Rosario, Domenico e altri.
Dal Volume V° dei Libri dei Morti. Gli atti sopra riportati sono a firma dell'Arciprete Filippo Oliva e trascritti dal Canonico Ernesto Gliozzi tra il 1995 e il 1997.