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martedì 5 novembre 2019

L'onorata società [di Riccardo Pazzaglia,1961]

ELEZIONI POLITICHE DEL 1948
Il voto in Provincia di Reggio Calabria



PLATI': Democrazia Cristiana 1514, Blocco Popolari, 464, Qualunquisti 23, MSI, 21

VOCE DELLA CALABRIA, Anno VI, n. 103 - sabato 1 maggio 1948

lunedì 4 novembre 2019

Il giardino delle parole [di Makoto Shinkai, 2013]



Dizionario Onomastico, Prontuario filologico-geografico di Platì
a cura di GERHARD ROHLFS

ARMACIA, gr. ermakia
BAGGIANA, vanitosa
MBUMBULA, orciuolo a collo stretto,
BRIVERA, erica, franc. bruyère
BUFFA, rospo
CALAMONA, canneto
CALIMERA, buon giorno, CALISPERA, buona sera
CARCARA, fornace di calce
CARCARAZZA, gazza
CARERI, arabo hareri, tessitore
CODESPOTI, CODISPOTI greco padrone di casa
CUCCUVELLA, civetta
CURATULU, fattore
CURCURACI, cicoria selvatica
CUSTURERI, sarto, franc, costurier
FACCIOLU, FACCIOLA, uomo falso
FERA, delfino
FERLA, ferula
FILESA, luogo scosceso, frana, franc. falaise
FOTIA, greco, fuoco
GANGALE, mascella
GARREFFA, avena selvatica
GIAMBA, punta, località sopra San Luca, ctr. S. Eufemia d’Aspr.
GURNALI, fossa acqua stagnante
GRADA, schiena
GRINGIA, smorfia
GRAMULU, melo selvatico
GURNA                , pozza d’acqua
ILICI, elce
JAZZU, stalla
JUMENTA, cavalla
LENZA, striscia di terreno largo
MARVIZZU, tordo
MAMMINA, levatrice
MANCA, destra
MANCUSU, esposto a bacio
MARRUGGIU, manico di scure
MARU, povero
MAZZAPICA, ammazza ghiandaia
MICELI, lucciole
MITADERI, mezzadro, fr. Metayer
MITTICA, monte nei pressi di Capo Spartivento, 1188 Stephanus Mitticas in un diploma di Oppido, toponimo in Epiro e nel Peloponneso
MORABITO, arabo, uomo pio, eremita
NACA, greco, culla
NATILE,  greco terreno solatio
PAIECI- PLATEROTI - PRETIOTI (di Platì), creduti stolidi, qualificati come quelli di jarretu o di retrumarina
PANDURI, greco, la fertile
PANGALLO, greco, bellissimo
PAPALIA, greco, Prete Elia, antico cognome in CZ
PERRI, cognome, Basilicos Perre 1273 Reggio
PETRA CAPPA, sec XII Petra Cauca, greco, coppa, dimora di asceti sec. IX e X
PICA, ghiandaia
PIMINORO, greco poimonarion, mandra
PIROMALLI, greco, dai capelli rossi
STAZZU, ovile, terreno a pascolo
STICCHIU, nudo
STIGGHIUSU, capriccioso
SUCAMELI, caprifoglio
TRIPEPI, greco, degno di Dio
VARACALLI, ctr. Benestare
VUCCERI, macellaio, franc, boucher
ZUMPANO, antico cognome in Cosenza

GERHARD ROHLFS, Dizionario Toponomastico e Onomastico della Calabria, Prontuario filologico-geografico della Calabria, Longo Editore, Ravenna 1974

EXTRA
PILLARI, i cafoni delle zone interne, in PINO ARLACCHI, MAFIA, CONTADINI E LATIFONDO NELLA CALABRIA TRADIZIONALE


domenica 3 novembre 2019

This Must Be the Place [di Paolo Sorrentino, 2011]



DIZIONARIO TOPONOMASTICO E PRONTUARIO FILOLOGICO-GEOGRAFICO DI PLATI’ (RC)
a cura di GERHARD ROHLFS


ACONA- ACUNI, bassura di terreno con acqua,
AGLIASTRETTI, macchie di ogliastri
AGONIA, GONIA, angolo
ARGIATA, terreno per orzo
ARIA FUNDA, aria profonda
ARZANELLA(O), ARZANEJU
BARROSA
CRAMATIA, CROMATI’, GRAMATI’, GROMATI’, ctr., fonte, promontorio, Platì
GELSINICOLA
GIOPPU
GRAPPIDARA, pero selvatico
HAMAROPUSU
ILICIUSU, pieno d’elci
JERMANO’
LACCHI
LATRIZIU
LENZA LARGA
LIGNUMUSU
LUSCRI’
LUTRI’
MARCATU
MATRUPOLITI, greco della cattedrale
MIGALI
MIFALI
MISAFUMARI, in mezzo alla fiumara, in mezzo ai monti
MISAVVRICU
NAFRARA, alloro
PANAREFURU
PANDEFORO
PARDIZZI
PERCIARE, bucare, francese percer
PIETRACASCIA,
PRACHE
RUSCULI, rusco, pungitopo
SCURZUNELLA
SENOLI
SERRO SANT’ANDREA
SERRO VENTO
SIBIO (SIVIO)
SPALASSI, ovvero Sfales, Salis
STINCARELLO
STINCO
STRACOZZA, tartaruga
STRINGARU
TOPA
TOPPA
ULIVARITU,
ZERVO’ (Piani), greco, mancino
ZILLASTRO, greco, agrifoglio
ZIMBELLI
ZOJARI

GERHARD ROHLFS, Dizionario Toponomastico e Onomastico della Calabria, Prontuario filologico-geografico della Calabria, Longo Editore, Ravenna 1974


giovedì 31 ottobre 2019

Marjorie Prime - un ologramma

a proposito di ologrammi:
è papà o è Volonté?


mercoledì 30 ottobre 2019

I morti non muoiono [di Jim Jarmusch, 2019]




Frank Zappia
3835 N° 52 st
U.S.A. 53216

Genti.ma Signorina
Amalia Gliozzi via fratelli
Sergi Platì Provincia Reggio
Calabria
Italy

Milwaukee 10-8-1970

Mia Carissima Amalia e tutti la famiglia spero che questa mia presenti vi trovera beni, mi a scritto mia sorella e mia mamma e mi diceva che vostra cara mamma è cessata di viveri e di questo siamo assai dispiaciuti tutta la mia famiglia e pure i miei parenti tutti, ma con la morti no si può fare nienti bisogna averi
Coraggio, perché voi aveti fatto tutto quello che meglio aveti potuto, perciò ora che prega essa per voi tutti,noi sempri vi pensamo e parlamo da voi, che no ci possiamo vedere più con questi lontananzi, almeno siati stati tutti i sorelli assiemi e cosi Iolandina a pure un altro coraggio che a vista anche essa alla vostra cara e desiderata mamma Serafina mi ha portato i vostre notizie no la mi aveva detto che vostra mamma no la conosciuta vi prego che fate coraggio perché no si può fare nienti e bisogna averi pacenza perché la vita è un passaggio per tutti no vado più a lungo salutamo a donna Rosina e famiglia a donna Caterinuzza e famiglia alla monaca a don Peppino e famiglia, vi salutano i miei cognati nipoti e zii, salutano a don Ciccillo, a donna Ernesto e lo salute Giovanni Mimì e Fina io e Ciccio qualche volta vieni a platì salutamo a voi e Pina vi baciamo caramenti e sono Bettina che sempri vi penza con affetto saluti da noi tutti a
                                                                          Iolandina e famiglia

Per molto tempo Milwaukee fu sinonimo di Violent Femmes:

martedì 29 ottobre 2019

Marjorie Prime [di Michael Almereyda, 2017]

Sic transit vana et brevis gloria mundi.
et qae originem suam traxit ex alto.
non fluxa sed aeternam.
et qaue sanctorum est gloria divina
semper crescit eundo

Così passa, vana e breve, la gloria del mondo;
ma quella che trae origine dall’alto,
 immutabile ed eterna,
la gloria divina dei santi
sempre va crescendo.
Antonio Vivaldi, Ostro picta, armata spina RV642


Riprendo oggi un tema lamentato recentemente su queste pagine sulla memoria e la relativa fruizione sul terreno ad essa deputato come può esserlo il cimitero, dove sempre più si privatizzano gli accessi. Il motivo è scaturito dalla visione di un lungometraggio di recente produzione: Marjorie Prime (2017) di Michael Almereyda. Vi è anche l’avvicinarsi della ricorrenza rituale della commemorazione dei defunti.

 “So che se mi permetti di visitarti, ti vedrò con i ricordi così come con gli occhi”.

Il film in un forma fantascientifica narra di un prossimo futuro nel quale una straordinaria tecnologia olografica permette ai vivi di poter (illusoriamente) conversare con coloro che ormai non ci sono più e che sopravvivono solo in forma di ricordi audiovisi. Tutti i membri della famiglia diventeranno essi stessi proiezioni di un passato perennemente immutabile. Marjorie Prime concentra il proprio intero fulcro narrativo sul tema della persistenza della memoria – e sul rischio del relativo deterioramento a causa della revisione operata dal passare del tempo. Da questo punto di vista qualcosa già era stato fatto da Stanley Kubrick e Andrej Tarkovskij. La stessa presenza di spazi chiusi ai margini dell’oceano era stato visto in Solaris del 1972 dove il protagonista ricreava l’ologramma della moglie scomparsa. Oggi qualcosa è cambiato anche perché la fruizione della memoria è ricreata virtualmente da pagine come queste e attraverso la persistente pubblicazione di volti e figure sulla rete che possono essere prese come ologrammi. Il guaio è che molti editori si limitano alla sola pubblicazione senza un corrispettivo coinvolgimento letterario se non in forma di faccina sorridente o di un mi piace di rito preconfezionati. Nel film, oops nel file, citato, un'avveniristica trenodìa da consigliare al Capossela nazionale, invece, grazie alla sua eccellente drammaturgia, si riflette compiutamente sulla memoria, sull’elaborazione del lutto, sull’assenza. Del resto continuiamo a parlare con quelli che ci mancano, i morti non muoiono, tanto per citare un file appena uscito.
In corsivo è quanto ho rubato

L'odierna pubblicazione è dedicata a Paolo, vajana, Trimboli.


lunedì 28 ottobre 2019

The Frame [Il telaio, di Jamin Winans, 2014]

In an Autumn day of mid-April, 1953, a mother and her four youngest girls arrived in Australia. Her husband had migrated in 1949 followed by their six older children, therefore the family was reunited. Her name was Francesca Perre née  Papalia, born in 1909. Her husband was Francesco Perre, born in 1906, first cousin with my grand-father. They came from a long line of shepherds in the Aspromonte mountains. Going back up to the end of 1600s in the family tree, all the men were registered as shepherds in official documents. Francesco’s father, Domenico, and my great-grandfather, Pasquale, were brothers but the latter decided to change activity and was a muleteer first, then had one of those small village shops that sold bulk wine. The families were close knitted, however, and in fact one of Francesco’s younger sisters grew up in my grandfather’s home. She encountered a tragic end in Australia and was greatly missed by my aunts and uncles.


Being men and woman who made their living on farming and stock-raising, however, the Perres had a lot of know-how in their hands and from shepherds they turned into farming. Our Francesca Perre had another know-how she missed pursuing and that was spinning and weaving. The tools for spinning were not difficult to make, but weaving required a loom and she did not have one. Undaunted, she summoned up some relatives of hers, known as “lignu duru” or “hard wood” (all families had nicknames back in the village), who were good carpenters. She told them she wanted to have a loom built, but they objected that, although they were familiar with it, they did not exactly know the proportion of the various pieces and how to assemble them. “Not to worry, I’ll tell you” and that she did, supervising the making of the loom. The clacking sound of the loom could then be heard at her home

In the 70s she sold it to the South Australian Weavers Association. Some research needs to be done to see who is holding it now.

Thanks to Mimma, Francesco with his wife Rosa, Anna with her husband and Lisa (four of Francesca and Francesco’s children) for having me for lunch in Adelaide, making me feel at home with the Perre’s and telling me this story.
Text & photo: ROSALBA

In un giorno d’autunno di metà aprile (siamo nell’altro emisfero) 1953, una madre e le sue quattro figlie minori sbarcarono in Australia. Era stata preceduta nel 1949 dal marito seguito poi dai sei figli maggiori. La famiglia quindi si riunì. I coniugi erano Francesca Papalia, classe 1909, e suo marito Francesco Perre, classe 1906, primo cugino di mio nonno. Discendevano da una lunga stirpe di pastori fra le montagne dell’Aspromonte. Risalendo sino ai documenti di fine ‘600, gli uomini della famiglia sono sempre indicati come pecorai. Il padre di Francesco, Domenico, ed il mio bisnonno Pasquale erano fratelli ma quest’ultimo decise di lasciare l’attività di famiglia e diventare prima mulattiere, poi aprì una rivendita di vino sfuso. Le famiglie erano comunque molto unite tanto che una delle sorelle minori di Francesco crebbe a casa di mio nonno. Andò incontro ad una tragica fine proprio in Australia e i miei zii e zie la piansero a lungo.
Essendo uomini e donne che vivevano di agricoltura e pastorizia, comunque, i Perre avevano più mestieri per le mani e da pastori si fecero agricoltori (o “farmisti” come dicono i nostri in Australia). La nostra Francesca possedeva la conoscenza di un altro mestiere che le mancava poter esercitare: la filatura e la tessitura. Gli attrezzi per la filatura non erano difficili da reperire, ma per la tessitura era necessario un telaio e lei non l’aveva. Senza lasciarsi scoraggiare, Francesca si rivolse a dei suoi parenti, soprannominati “lignu duru” che erano bravi falegnami. Disse loro che dovevano costruirle un telaio. Loro obiettarono dicendo che benché sapessero come, più o meno, era fatto un telaio, non erano a conoscenza delle proporzioni dei vari pezzi e dell’assemblaggio.  “Non vi preoccupate, ve lo dico io” rispose e lo fece supervisionando il loro lavoro. Il tipico “clack-clack” del telaio da quel giorno si poteva sentire nella sua casa.
Negli anni ’70 vendette il telaio ad una Associazione di Tessitori dell’Australia Meridionale. Sarebbe interessante sapere chi lo possiede adesso.

Un grazie a Mimma, Francesco con sua moglie Rosa Zappia, Anna con suo marito e Lisa (quattro dei figli di Francesca e Francesco) per avermi invitato a pranzo, avermi fatto sentire parte della grande famiglia dei Perre ed avermi raccontato questa storia.


domenica 27 ottobre 2019

La canonica [di Riccardo Freda, 1967]




Lì 17-8-I98I
A Sua Eccellenza Rev/ma
Mons. Francesco Tortora
Vescovo di
Locri
e p.c.
Al Rev.do Don Ernesto Gliozzi
Platì

Eccellenza Rev/ma,
compio il dovere di segnalare che la casa canonica, costruita da mio fratello Mons. Minniti, Arciprete di Platì, e concessami in usufrutto con atto di transazione del 15-8-1976, presenta gravi danni al tetto e al soffitto, lesioni rilevanti ad alcune pareti interne ed ai muri perimetrali.
Nel corso di questi ultimi anni ho provveduto di persona a far riparare i danni di minore entità, come previsto dal comma dell'atto di transazione sopra citato, il quale prevede anche che la manutenzione straordinaria è a carico dell'Ente proprietario.
Tanto per conoscenza e perché si disponga un sopralluogo da
parte di un tecnico al più presto.
Bacio il sacro anello
                     Giuseppina Minniti

NOTA. La foto di Rocco Brancatisano da Bovalino, appartiene agli eredi di mons. Giuseppe Minniti, ed oggi a Francesco Violi di Raimondo che l'ha gentilmente concessa per questa sola occasione.

giovedì 17 ottobre 2019

Senza scampo [di Roy Rowland, 1954]



IMPRESSIONANTI EFFETTI DELL'ALLUVIONE IN CALABRIA
Il municipio di Grotteria in bilico sopra un burrone
77 morti e 30 miliardi di danni nella sola provincia di Reggio - il Piano del Lavoro avrebbe impedito la catastrofe

DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE
REGGIO CALABRIA, 25.  Da S. Eufemia a Reggio il treno ha corso tutta la mattinata attraverso meravigliosi paesaggi illuminati da un tiepido sole. Passavamo in mezzo a verdi giardini di limoni, a vigne giallastre e ombrosi oliveti. Le montagne si stagliavano nette contro il cielo terso e laggiù, sulla spiaggia dorata o contro le scogliere grigiastre, dolcemente si infrangeva il mare. Vestite di cotonina leggera e scalze sono salite a Bagnata donne del paese con i loro pesanti cesti sul capo. Non c'era nulla che potesse ricordare la catastrofe abbattutasi negli scorsi giorni sulla Calabria.
Poi sono arrivato a Reggio dove mi hanno detto che i morti sono saliti ormai a 77. E forse ce ne sono altri ancora perché molti sono i paesi rimasti tuttora completamente isolati e da dove non si hanno notizie. Ieri sono bastate poche ore di pioggia per procurare la morte ad altre due persone. Poche ore di pioggia e qui, in Calabria, si può incontrare la morte. I due morti sono di Cardeto, piccolo paese a soli pochi chilometri da Reggio, capoluogo della regione. Cardeto è attraversato dal torrente Sant'Agata che divide il paese dalla sua frazione, Malitrò. Per unire Cardeto a Malitrò, sul torrente Sant'Agata non esiste un ponte e nemmeno una passerella. Questi due contadini ieri stavano attraversando a guado il torrente, quando improvvisamente le acque si gonfiarono travolgendo i due
disgraziati nei vortici.
Oggi non piove, c'è il sole e un’aria tiepida; ma quaggiù la tragedia della pioggia continua anche sotto il sole. Caulonia, Africo, Platì: ho chiesto stamattina di poter arrivare in automobile almeno in uno dei tre centri dei quali tanto sì è parlato negli ultimi giorni. Impossibile arrivarci. Ci sono strade completamente scomparse, come tra Cittanova e Locri. Dalle colline il terreno è slittato a valle e, dove una volta c'era la strada, ora c'è un vigneto. Presso Africo, dove c'era una collina, ora c'è una vallata.
Interi paesi come Acromartelli e Campoli sono scomparsi. Il terreno franato ha provocato fenomeni di slittamento di interi abitati. Un esempio impressionante e spettacolare è quello dell'edificio municipale di Grotteria che si è già spostato di alcune decine di metri e da un momento all'altro andrà a precipitare in un burrone. Africo non esiste più.
Dunque, è impossibile per oggi arrivare in qualcuno dei centri più provati. Tenterò domani. Così, questa mattina, dopo aver girato fin dove si poteva, siamo rientrati in serata a Reggio intrattenendoci con tecnici, esponenti politici e autorità che ci hanno fornito dati e notizie impressionanti. Secondo ì tecnici, in tutta la provincia i danni ascenderebbero alla cifra di 30 miliardi. E’ stata, tra l'altro, sconvolta la piana di Gioia Tauro, una delle più fertili e più intensamente coltivate della Calabria. Sono crollati ben 24 grandi ponti, tra cui quello ferroviario lungo 110 metri sul torrente Bonamico, tra Bovalino e Bianconovo. Venti acquedotti sono stati completamente distrutti.
Ma la documentazione piò impressionante ci è stata fornirà dal Segretario della C.d.L. di Reggio Calabia.
Egli sì è limitato a farci leggere tre documenti: una relazione sul problema delle bonifiche in provincia di Reggio preparata dalla C.d.L. nel 1949 in preparazione della Conferenza nazionale sul Piano del Lavoro della C.G.I.L.; una relazione sul problema dell'energia elettrica presentata alle Assise del Mezzogiorno a Crotone nello stesso anno e, infine, un promemoria sulla Cassa del Mezzogiorno presentato a Campilli nel novembre dello scorso anno in occasione della visita di costui in questa provincia.
Il particolare più impressionante è dato dal fatto che in queste relazioni e promemoria continuamente ricorrono in maniera quasi ossessionante gli stessi nomi di paesi (Plati, Caulonia, Africo, Carreri, Canolo, Gioiosa, Mammola, Cittanova, ecc.) e gli stessi nomi di torrenti (Bonamico, Amendolea, Careri, Laverde, Anginale, ecc.) che in questi giorni, per la prima volta, in cosi tragica occasione gli italiani hanno sentito nominare.
“Il carattere rapido dei torrenti e il disordine idrico conseguente dai disboscamenti determinano alluvioni che sottraggono all'opera dell'uomo terreni fertilissimi“; “per il carattere prevalentemente montagnoso della provincia non è possibile concepire la bonifica e la trasformazione agraria senza il rimboschimento e la sistemazione idrico-forestale. I lavori compiuti nella zona ionica sono s stati tutti distrutti dall’ alluvione. L inizio lavori a valle, prima della sistemazione montana, è un errore tecnico pericolosissimo. Abbiamo inutilmente denunziato ciò al governo”.
Queste considerazioni non sono state fatte o ben due anni addietro.
Oggi\ i danni ascendono a circa 30 miliardi. Tre anni fa, per attuare una bonifica della zona, il Piano del Lavoro della C.G.I L. prevedeva un investimento decennale appunto di 30 miliardi. Trenta miliardi che avrebbero dato lavoro e benessere alla Regione, mentre oggi si tratta di 30 miliardi di danni.
Questo per quanto riguarda la bonifica della zona: rimboschimento, imbrigliamento dei torrenti (che in questa provincia sono circa 900), arginature, viabilità. Ma come sfruttare tutte queste acque? E' economicamente conveniente il farlo? Ed ecco la relazione sul problema della energia elettrica presentata alle Assise di Crotone nel 1949. Vi citiamo il paragrafo che riguarda due fra i torrenti che hanno provocato i maggiori danni nei giorni scorsi: l'Amandolea ed il Buonamico. Nella relazione è dimostrato come, con una spesa di dieci miliardi, essi potevano fornire 8 mila ettari di terra di prima classe e 10 milioni di kw annui. Altri torrenti tra i quali l’Arginale e il Corace, potevano realizzando il Piano della C.G.I.L., dare un miliardo di kw e 10 mila litri al minuto per irrigazione. E invece? Invece questi torrenti hanno provocato solo morte e distruzione.
Il governo non era forse informato? Il governo non conosceva gli studi compatti dalla Cd L. di Reggio e dalle Assise del Mezzogiorno? No. Il governo conosceva questi piani e quegli studi; essi furono illustrati in un promemoria al ministro Campilli quando l'anno scorso egli venne in questa provincia come massimo dirigente della Cassa del Mezzogiorno. Quegli studi, quei piani, quei promemoria stanno negli archivi a documentare su chi ricade la responsabilità di tanta distruzione e dì tanti
RICCARDO LONGONE
Foto e testo: L’UNITA’ 26 ottobre 1951

Questo importantissimo, e pressoché sconosciuto, articolo, con la citata relazione presentata all’Assise di Crotone nel 1949 e il Piano del Lavoro della C.G.I.L. sul problema delle bonifiche in provincia di Reggio dello stesso anno, apparso sul quotidiano comunista due giorni dopo il disastroso nubifragio che sconvolge il reggino, getta nuova luce sulle responsabilità di chi era alle redini dello Stato Italico. Molti di essi verranno in Calabria a gettare lacrime di coccodrillo. Gli abitanti dei paesi citati nello stesso articolo aspetteranno invano gli aiuti promessi. La loro scelta finale è stata l’emigrazione con esiti, alle volte, di fuoco. Inutile ricordare che la catastrofe si ripeterà nel 1953 e così via fino ai nostri giorni, senza aver mosso un solo sasso i governi se ne laveranno le mani, ma non con l'acqua di quelle fiumare.


mercoledì 16 ottobre 2019

The River Wild [di Curtis Hanson, 1994]



22 Ottobre (1951). Per grazia di Dio siamo ancora vive e nella nostra casa! Il Signore sia sempre benedetto e ringraziato! Le vicende di questi giorni rimarranno indelebili nel nostro cuore e nella nostra memoria. Che scene terribili! veramente apocalittiche! Come descrivere la storia di questi giorni? La notte più tremenda della vita nostra e dell`intero paese fu certamente la notte tra il 17 e il 18. Il fiume poco dopo la mezzanotte ha rotto il ponte, il fortino e gli argini, verso l'una sono cominciate a crollare le prime case, invase dalla furia dell`acqua. All`una meno cinque di notte un tremendo boato, un guizzo nel cielo e fiamme sulla montagna. La fine per noi! Le montagne sono letteralmente aperte, mandando fuori colonne d'acqua e di fuoco. Alle 3 e mezza del mattino sentiamo gridare: “Disgrazia amara! Cristiani, fuggite! Il fiume viene fuori! Impazzite dalla paura scappiamo anche noi, per strada non si capiva più niente. La pioggia seguitava a cadere furiosa e insistente. Il fiume passava sopra il ponte (io sono andata a vederlo con la signora Fera), la gente scappava con materassi, masserizie, letti ... Chi correva, chi chiamava, chi piangeva. I bambini erano i più spaventati. Di corsa andammo in chiesa, dove tanta gente pregava e piangeva. L’arciprete uscì subito per celebrare la Messa, durante la quale un rumore fortissimo e un urlo ci fece capire che la gente di fuori inutilmente cercava rifugio: era crollata un’altra casa. Quella Messa ci è sembrata eterna, tanta era la paura di vedere da un momento all’altro l'acqua in chiesa. Uscite di Messa andammo dalla Sig. Fera e cominciammo a portar via qualche cosa da casa nostra, ma vedemmo che anche lì non era sicura perché il fiume minacciava tutta la strada, abbiamo chiamato l’autista Perri Antonio e abbiamo caricato il suo camion e siamo andate a casa del Sig. Mittiga, la prima casa del paese. Ci siamo fermate li cosi bagnate come eravamo e così abbiamo passato la notte, ma il pensiero era a casa dove avevamo lasciato Gesù Sacramentato. Al mattino presto Sr. M. Giovanna ed io siamo subito andate a vedere la casa, ancora era in piedi, ma tutta circondata d’acqua. Che pena! Gesù è là dentro. La sera del 19, l`Arciprete, approfittando di un momento in cui l`acqua aveva voltato dall'altra parte, venne di corsa e portò via Gesù ... Con queste pene ed ansie siamo state per 4 giorni fuori casa ed oggi 22 ottobre 1951 è ritornato Gesù nella nostra Cappellina! Che commozione! Tutte piangevano di riconoscenza! Questa sera ritorniamo anche noi a dormire nel nostro letto, dopo aver dormito per 5 notti in 4 su tre reti per terra. Due ragazze: Gina Giunta e Anna Violi dormono con noi.
Suor Saveria Verducci

Testo e foto tratto da PER PLATI’ UNA PROVVIDENZA LUNGA SESSANT’ANNI delle suore dell’asilo di Platì, curato da Antonio Callipari, Arti Grafiche Edizioni, 2008

Nota. Seppur poco letteraria questa è una rappresentazione abbastanza realista di quel tragico evento di sessant’otto anni fa’ e di questo ringraziamo oggi suor Saveria e per l’opera svolta in paese dalle sue consorelle per circa sessanta anni.