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martedì 17 settembre 2019

Una vita spezzata [Neil Coombs, 2008]

Oggi con la collaborazione di Francesco di Raimondo



L’agosto platiese edizione 2019 non ha offerto niente di particolare che possa essere messo nell’album dei ricordi: solo ronzio di mezzi a due ruote, gas di scarico, qualche ventola di condizionatore d’aria, amalgamati per bene dalla calura particolarmente fastidiosa. Una lodevole iniziativa a carattere familiare però conviene non farla tacere: il ricordare con una messa in suffragio il tragico evento che scosse il paese una mattina di sessanta anni orsono. Una disgrazia sulla montagna, le grida di allarme, la corsa verso il ponte, una vita spezzata, la morte di Trimboli Antonio di Rosario e Miceli Francesca, alias parlinu, a trentasei anni dalla nascita. Il dolore della vedova e dei figli riunì per quel giorno e i successivi il paese ed il tema musicale proposto di seguito mi pare renda bene quel luttuoso momento. Peppina Violi divenne la vedova per eccellenza e ai suoi figli il dolore per la perdita del genitore. Su quest’ultimi i giochi infantili prevalsero e davanti l’uscio di casa accorrevano Raimondo, Sarineiu, Tino, Gianni e Gino. Saro, Pasqualino e Toto non rimasero soli.
Forse se tutti i ceppi familiari platioti di tanto in tanto portassero fuori dal sarcofago un loro familiare venuto a mancare nei tempi che furono, attorno, perché no!, ad una messa in suffragio e a un bicchiere di vino, il passato di un’intera comunità non sarebbe (stato) vano.


Trimboli Antonio Loreto, mulattiere, nasce il 10 dicembre 1923, figlio di Rosario (u parlinu), 1866-1954, e di Francesca Miceli (1883-1953). Il 30 gennaio 1947 sposa Violi Giuseppa nata l’11 aprile 1925, figlia di Pasquale (u cociularu), 1887-1962 e di Ciampa Maria (1895-1984). Violi e Trimboli si sono uniti diverse volte in matrimonio: Maria, sorella di Antonio, aveva sposato Francesco Violi (sempre cocciulari). Un altro fratello di Antonio, Francesco, aveva sposato Anna Violi (stessa famiglia) e poi emigrati in Australia. Sempre in Australia, Marianna Trimboli, figlia di Giuseppe u parlinu, il più grande dei fratelli, ha sposato Pasquale Violi u cocciularu, fratello dei Violi sopra citati.
Come spesso accadeva, era il mestiere a unire le famiglie, proprio come le corporazioni medievali. Infatti Violi e Trimboli hanno condiviso le strade mulattiere a dorso di mulo per diverse generazioni.
Antonio Trimboli era una persona molto attiva a Platì. Conosciuto per la sua vivacità e gioiosità. Quando una ditta di Reggio Calabria prende l’appalto per la costruzione della strada in montagna che doveva congiungere Platì con la Piana, lui decide di proporsi come operaio insieme ad altri di Platì. A quanto pare un po’ a fatica poiché molti ritenevano non avesse bisogno di lavorare visto l’attività di mulattiere piuttosto prolifica. Ma attraverso delle referenze riesce a farsi assumere.
Antonio Trimboli muore il 27 luglio 1959. Durante il lavoro, un masso si stacca dal terreno e rotola giù a valle fino a schiacciare il giovane Antonio che lascia la moglie con 5 figli e un sesto in grembo.

P.S.  Il 30 gennaio del 1947 Antonio Loreto e Giuseppa Violi si sposano davanti all'arciprete Minniti. Il successivo matrimonio è quello di Mittiga Francesco di Rosario e Gliozzi Caterina, papà e mamma, davanti allo zio Ciccillo, il 16 febbraio 1947.



venerdì 13 settembre 2019

Una preghiera prima dell'alba [di Jean-Stéphane Sauvaire,2017]






MRS Caterina Laria 30 HILLVIEW RD
LURNEA SIDNEY N S W
AUSTRALIA 2170

Carisimo Don Ernesto
Vi mando questa moneta della Madonna Dell’oreto speriamo che arriva per il giorno della sua festa così leggete la nota nella messa cantata alla Vergine che siamo lontani ma sempre vicini nella nostra mente la pensamo tutte le momente
Tanti cordiali salute da me e
Le miei figli e famiglia

Gent.mo Reverendo Don Arnesto
Vi mando questa moneta per San Rocco il santo che me la accetto e fate una preghiera per noi che siamo lontani, quando fate il panegirico leggete la nota e così nominate le persone avete tanta bontà si date un po’ di figurine di San Rocco come pure della vergine Dell’oreto a mia sorella così quando cià la combinazione me li manda per lomo che viene, ora tanti saluti da mio figlio e famiglia mia figlia e famiglia tanti saluti da
Caterina Laria


Platì, 5 novembre 1982

Gent.ma Signora Cutri Laria Caterina, desidero ringraziarLa vivamente per le generose offerte, che, come negli anni precedenti, anche quest'anno Lei e i compaesani e devoti di codesta località avete voluto inviare per onorare la nostra Madonna di Loreto e San Rocco.
Auguro a tutti gli offerenti e in modo particolare a Lei, che è stata sempre cosi zelante, che la Madonna e S. Rocco vi benedicano tutti e vi accompagnino sempre con la loro protezione.
Il denaro che avete inviato, siccome né quest'anno né l’anno scorso si sono fatti festeggiamenti esterni, è stato speso per le riparazioni di cui la nostra Chiesa ha tanto bisogno. Quest'anno abbiamo dovuto rifare in cemento e ferro varie parti del tetto della Chiesa, e tante altre riparazioni. Negli anni precedenti avevamo rifatto in cemento e ferro il tetto della navata destra e della navata sinistra. Grazie a Dio e alla collaborazione di tutti i fedeli, i lavori sono stati eseguiti in tempo giusto, e quando sono arrivate le piogge e i temporali, non abbiamo avuto in Chiesa neanche una goccia di acqua, mentre gli altri anni, essa era sempre allagate. Ora ci resta da rifare il tetto della navata orientale e della cupola e mettere la catrame su tutte le parti; così il lavoro durerà per sempre.
Affinché tutti vi possiate rendere conto di quanto ho detto sopra, allego una copia della contabilità di quest'anno e dell'anno scorso, che Lei gentilmente farà leggere a tutti gli offerenti.
Di nuovo, tanti ringraziamenti a Lei e a tutti i devoti della Madonna di Loreto e di S. Rocco, tanti auguri di buona salute per tutti; unitamente ai miei più cordiali saluti.
(sac. Ernesto Gliozzi)
P.S. Accludo poche immaginette piccole; con Sua nipote manderò alcune immagini grandi.




giovedì 12 settembre 2019

Il santo dei santi [di Amerigo Anton, 1963]

Se agosto spetta alla Vergine settembre è per San Rocco. Lasciati alle spalle i festeggiamenti della Protettrice si avvicinano quelli in onore del santo pellegrino. Di seguito potete rendervi conto dei preparativi che avrebbero portato i devoti al solenne giorno dedicato al santo più festeggiato della provincia reggina. Di Platì si affrontano altre problematiche ma quella religiosa è poco messa in luce in ambito ecclesiastico come in quello laico eppure le tradizioni non si sono ancora affievolite. Nel 1982 lo zio Ernesto fece le cose in grande per affrontare la figura del Santo come le relative connessioni che a Lui legavano i fedeli attraverso le pratiche religiose. Da notare come le offerte alla riuscita dei preparativi che comprendevano anche i panegirici giungessero anche dalle Americhe e dall'Australia.


PARROCCHIA di S. MARIA DI LORETO - P L A T I' (RC)
FESTA IN ONORE DI S. ROCCO
ANNO 1982
Dal 10 al 19 settembre
Mons. LUIGI BLEFARI, Assistente regionale di Azione Cattolica
per la Calabria, tiene un CORSO DI PREDICAZIONE, offerto da varii
devoti, in preparazione alla festa di San ROCCO, col seguente
P R O G R A M M A

10 sett. venerdì -      ore 18: LA VERA DEVOZIONE A S. ROCCO.
                                     offerente: Marando Anna ved. Sergi
11    "     sabato -       ore 18: S. ROCCO DI FRONTE AL PECCATO.
                                     offerente: Catanzariti Maria in Catanzariti
12    "     domenica - ore 6,30 LA GRAZIA NELLA VITA DI S. ROCCO.
                                     offerente: Trimboli Rosa fu Gíus. in Ferraro
                                     ore 18:LA RISPOSTA DI S. ROCCO ALLA GRAZIA.
                                     offerente: Ferraro Rosa in Trimboli
13    "      lunedì -       ore 18: S. ROCCO, MODELLO DI FEDE.
                                     offerente: Pangallo Caterina di Giuseppe
                                     ore 19: incontro con i Giovani (Cinema)
14    "     martedì -     ore 16: incontro con la Gioventù femminile (Asilo)
                                     ore 18: LA SPERANZA IN S. ROCCO.
                                     offerente: Romeo Anna di Antonio
15    "    mercoledì -  ore 18: S. ROCCO, EROE DELLA CARITA'.
                                     offerente: Ielasi Caterina di Rosario
16    "      giovedì -     ore 15: incontro con gli Adulti (Asilo)
                                     ore 18: S. ROCCO E IL PERDONO DEI NEMICI.
                                     offerente: Trimbolì Maria Antonia
17     "     venerdì -     ore 17,3O: liturgia Penitenziale. -
                                      S. ROCCO, ESEMPIO DI PENIIENZA.
                                      offerente: Bartone Lina in Caruso
18     "      sabato -      ore 18: LA VOCAZIONE DI S. ROCCO IN CONFRONTO CON
                                      LA VOCAZIONE DEL CRISTIANO.
                                      offerente: Sergi Caterina ved. Demarco
19     "      domenica - ore 6,30: LA BEATITUDINE DI S. ROCCO SULLA TERRA.
                                       offerente: Sergi Caterina in Brigandì
                                       ore 1O: LA GLORIA DI S. ROCCO IN CIELO.
                                       offerente: Calabria Anna e Francesco - Australia
                                       ore 17: IL CRISTIANO, PELLEGRINO NEL MONDO 
                                       IN COMPAGNIA DI S. ROCCO.
                                       offerente: Demarco Angelina ved. Stancati - 
                                       South Bend-America


 GLORIA A DIO - ONORE ALLA B.V. MARIA DI LORETO - LODE A SAN ROCCO



martedì 10 settembre 2019

Rosso e nero [di Domenico Paolella,1954]



Plati 21 - (Miles Pontificis) Avrei dovuto parlare prima, ma ho voluto essere longanime.  Speravo che una volta tanto si volesse finire, dando principio ad una nuova era di lavoro e di attività. Vane speranze le mie! Le nobili imprese e le gagliarde iniziative di altri luoghi per nulla hanno scosso l’animo di chi dovrebbe muoversi. Certe idee che sono sante, non vogliono essere intese - Io non so, e proprio uno sconforto. O non si vuole (non vorrei neppure pensalo ciò) o s’immagina che almeno per ora ci sia bisogno. A mio giudizio credo non vi è al presente villaggio per quanto piccolo, dove non si senta la necessità di lavorare e lavorare sul serio. Nel nostro paese poi, massime in questi ultimi anni questo bisogno si rese più urgente. L'emigrazione, non si può negare, apportò qualche po' di bene, ma piccola, cosa a dir vero e quasi sopraffatta e spenta da mali maggiori.
Si muovano perciò i nostri cattolici, ora che il terreno è alquanto acconcio, entrino con animo coraggioso e forte ne l’ardua lotta, e spezzino il pane della santa democrazia cristiana, alle turbe che aspettano desiose.
La fiumana sale ogni di più torbida e minacciosa e non passerà, molto che invaderà uomini e cose, se non si pensa a riarginarla. Mi auguro e lo desidero ardentemente che i nostri sacerdoti - in singolar modo i giovani mettano volenterosi all’opera, ora che i rossi, si fanno sentire anche qui, e l'Asino non cessa di ragliar e.... asinescamente.

 LA SCINTILLA GIORNALE DELLA DOMENICA ANNO IV – N. 9 - 1 MARZO  1903

P. S. (Pubblica Sicurezza)
Molto verosimilmente dietro il Miles Pontificis celiandosi si celavano Ernesto Gliozzi il vecchio o il segretario Portolesi, allora corrispondenti per LA SCINTILLA; ma il quadretto di inizio secolo XX° è degno di lettura.

lunedì 9 settembre 2019

DEVI [di Satyajit Ray,1960]




L'edizione 2019 della Festa della Patrona dei platioti è di già un ricordo archiviato. Oggi è un ritorno con quella che può essere considerata l'effige (incompleta) più antica raffigurante la statua della Lauretana. Ancora le foto della statua sono di la da venire e la sopra riportata è un lavoro artistico monocromatico. L'offerta sottostante si riferisce invece al restauro (1993) dell'icona più antica adagiata sopra l'altare maggiore.

giovedì 5 settembre 2019

L'angelo del miracolo [di Piero Ballerini, 1945] - Dressed in Black



 


Platì, 2 gennaio 1952
Rev.da Madre Generale,
L'alluvione che, come è noto, ha devastato diversi paesi d'Italia, si è abbattuto e forse con più violenza che non altrove, anche nel nostro Platì, comune in Provincia di Reggio Calabria, che conta ottomila anime.
La pioggia che da diversi giorni cadeva ininterrotta, la notte del 18 ottobre si è cambiata in un vero diluvio accompagnato da un fragore terrorizzante. Verso mezzanotte si sentì il grido accorato di una persona che avvisava di abbandonare le case perché il fiume, impedito dalle frane che erano cadute lungo il suo corso, aveva cambiato direzione allagando la parte occidentale del paese e trasportando con la furia delle sue acque un'ingente quantità di materiale. Non c'era da indugiare; al buio pesto, perché la centrale elettrica fu la prima ad essere travolta dalle acque, fummo costretti a scappare per rifugiarci in casa di una mia zia. In quei momenti di ansia mi sono rivolta, come al solito, a Suor M. Teresina, che in tutte le mie necessità mi è venuta sempre in aiuto, pregandola non solo per me e per la mia famiglia, ma per tutte le persone del paese. La mia preghiera fu esaudita; infatti sebbene molte case siano crollate, allagate e piene di materiale, nessuna vittima si è verificata nell’abitato.
Sono sommamente grata alla nostra cara santina e invio la modesta offerta di Lire 1000 per la causa di Beatificazione.
 Elisa Zappia Messineo
BOLLETTINO delle Figlie di N. S. al Monte Calvario Anno XXV – N. 1  Gennaio-Marzo 1952

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She's dressed in black again
Martin L. Gore

Elisa (altrimenti Lisa o Bettina) Zappia era una della famiglia! Non fosse altro perché negli anni infantili stando, dressed in black come da foto, nella farmacia del cognato don Nicolino Spadaro, sul corso san Nicola, - locale annesso al palazzo Gliozzi e di cui il dottore aveva acquistato il possesso dal nonno Luigi; sforando il pedante, affianco la farmacia c’era l’esattoria dello zio Pepè, divenuta dagli anni ‘70 ingresso principale – preparava quell’olio di ricino, molto in voga in quel tempo, che aveva due aspetti: uno, il più difficile da mandare giù, di colore giallo e l’altro bianco, addolcito da un confetto rosso. L’effetto che potete immaginare era lo stesso.
Bettina nata il 3 ottobre 1912 discendeva dall’ultracentenario don Cicco Zappia e da Bettuzza Portolesi sorella del più famoso segretario. E’ noto anche che una sua sorella, Marietta, andò sposa al più famoso di tutti: Massaru Peppi, al secolo Giuseppe Delfino.
Ebbe un breve matrimonio con il riggitano Demetrio Messineo, di Cristoforo e Morabito Giuseppa, che sposò a Platì il 18 febbraio 1940. Quando il Demetrio, ufficiale dell'Arma dei Carabinieri la rese vedova, Bettina ritornò alla casa del padre, occupandosi quindi della farmacia del cognato.
Un’altra sorella, Maria Grazia, scambiato il nome in Maria Loreta (1915 -2000), anch’essa una della famiglia Gliozzi-Mittiga, prese a Roma i voti religiosi presso le Figlie di N. S. al Monte Calvario che editavano il Bollettino  con acclusa la cronaca di Elisa sul disastro che si abbatté su Platì.
In questi giorni Lisa Zappia, deceduta a Bovalino il 23 ottobre 2009, avrebbe avuto 107 anni come quel terribile evento su cui lei ritorna ne ha 68 e di morti ne fece diciannove.
P. S. La venerata suor Teresina che Elisa pregò corrisponde alla Serva di Dio Maria Teresina Zonfrilli.
Un grazie anche al Signor B. Callipari che attraversando la rete è giunto a queste pagine riscoprendo il padre.




martedì 3 settembre 2019

Il Distacco [di Tony Kaye, 2011]



Catanzariti:
«Ecco perché 
lascio il Pci»

Reggio Calabria – Clamorose dimissioni di Francesco Catanzariti dal partito comunista. In una lunga lettera, l’esponente della Cgil spiega i motivi che hanno determinato il gesto. «Me ne vado dal Pci non perché il partito si è ossificato nel Mezzogiorno, ma perché la voce del Mezzogiorno, la voce di comunità anelanti ancora, nel 1985, non hanno che blando ascolto nel Pci, come in tutti i partiti nazionali».
Catanzariti, già deputato dal 72 al 76, afferma di guardare da anni «con molta attenzione a quel che avviene in Sardegna ed in generale ai movimenti autonomistici». Al suo ex partito, Catanzariti rimprovera una gestione burocratica delle sezioni che «disperde un patrimonio ideale e culturale di inestimabile valore».

Con una lettera inviata alla sezione «Girasole»
Catanzariti si dimette
dal partito comunista
Secondo l'ex parlamentare occorre porsi con una nuova ottica verso
i problemi meridionali  e calabresi in particolare. Fonderà un
movimento autonomistico?
Reggio Calabria - L'ex deputato comunista Francesco Catanzariti, attuale presidente del comitato regionale dell'Inps, si è dimesso dal partito. Lo ha fatto con una lettera di quattro cartelle inviata alla segreteria della sezione «Girasole» del rione Gebbione di Reggio alla quale risulta iscritto. «Nel presentare le mie dimissioni dal partito – ha scritto Catanzarití (che è stato deputato dal 72 al 76, n.d.r.) - sento il dovere di darvene notizia, a norma dello statuto, con le motivazioni dettate dalla coscienza di chi lascia l'organizzazione in cui ha servito, ma non la classe in cui è nato ed il popolo fra cui è vissuto».
«Le mie dimissioni - prosegue Catanzariti - sono una decisione dolorosa e lungamente sofferta; sofferta perché ho la coscienza che esse non passeranno senza lasciare traccia nell’opinione pubblica; dolorosa perché mi distacco dal partito dopo aver vissuto una intera esistenza di militante e di dirigente».
«Ciccio›› Catanzariti, 52 anni, si era iscritto al PCI nel '48; nel '51 è stato dirigente della Camera gel lavoro di Platì, il centro jonico dove è nato e dove ha iniziato la sua carriera politica e sindacale.
«Ho servito con passione e dedizione - ha scritto Catanzariti nella sua lettera - ho avuto anche la fiducia del partito che ha voluto che lo rappresentassi in istanze politiche a tutti i livelli: da sindaco del mio paese natale, a consigliere comunale di Reggio, a deputato al parlamento italiano. Se qualche volta ho commesso degli errori, mai mi sono macchiato di slealtà verso il partito e verso i compagni. Ho servito e continuo a servire i lavoratori della mia terra, nel sindacato, anche qui ricoprendo incarichi di altissima fiducia e responsabilità. La mia militanza nel PCI - ha scritto ancora l'ex deputato - è stata una meravigliosa esperienza di vita. Le lotte politiche e sindacali, lo scontro sociale che sta alla base di tali lotte, mi hanno fortificato, mi hanno fatto crescere umanamente, culturalmente, civilmente.
Ma attraverso quarant'anni di esperienza e di militanza mi sono reso conto - prosegue Catanzariti - che nel PCI, come in tutto l'arco politico parlamentare, Reggio Calabria non vale Reggio Emilia, che Napoli non conta quanto Milano, che cento contadini dell’Aspromonte non valgono quanto un operaio Fiat.
Mi dimetto dal PCI - afferma Catanzariti - non perché si è ossificato nel Mezzogiorno. Ma perché la voce del Mezzogiorno, la voce di comunità anelanti ancora nel 1985, lavoro e giustizia, non hanno che blando ascolto nel PCI, come in tutti i partiti nazionali. Ho gli anni necessari per ricordare un partito che discuteva e combatteva. Le sezioni, le federazioni, mandavano avanti i più rapaci, i più combattivi. Oggi pare la logica stessa dell'agire politico sia stata ribaltata: chi non discute, chi non ha personalità, possiede un titolo di merito.
Secondo Catanzariti, lo stesso PCI, che dovrebbe conoscere la situazione sociale del Paese, criminalizza l’assistenzialismo.
Combatterlo non può e non vuole significare una condanna alla disoccupazione ed alla fame. I grandi interventi governativi sono sempre rimasti sulla carta e quando sono stati avviati, sono abortiti sul nascere. Si coglie l’aspetto criminale della mafia imperversante, ma non l’aspetto sociale. Affidando soltanto alla magistratura ed alle forze dell'ordine il pesante onere di risolvere una questione che non è solo criminale, ma anche sociale e civile, il Governo scarica le responsabilità e per di più distorce i ruoli tra i poteri dello Stato.

OGGISUD
giovedì 7 febbraio  1985


lunedì 8 luglio 2019

Jack Nitzsche - Remembering The Summer of 1959

Nella foto - cortesia degli eredi Mimì Col. Fera - Michele, Maria Concetta e Peppe, pulinaroti doc, nell'estate 1959.

 

domenica 30 giugno 2019

L'altro volto della speranza [di Aki Kaurismäki, 2017]


LETTERE – Rubini si rivolge a La Malfa
 Una lista
 nazionale
 per Platì


Caro segretario,
non condivido le preoccupazioni, dell'amico Nucara, e non comprendo né giustifico le affermazioni secondo le quali la nostra iniziativa sarebbe una sceneggiata.
Ritengo che la presa di posizione di formare una lista per Platì formata da cittadini di tutt’ Italia sia estremamente importante. Il fattore simbolico inserito in questo "Progetto Platì” ha un valore di valenza nazionale che non poteva sfuggire all'Italia democratica.
Da tutta la nazione sono arrivati attestati di solidarietà che confermano la bontà dell'iniziativa.
Gli intrecci dei vari partiti su questa questione, anche contraddittori, fanno comprendere che la "provocazione repubblicana” ha colpito nel segno. La classe politica calabrese si è risvegliata su un caso che rischiava di essere seppellito perché troppo pericoloso. Noi andiamo avanti secondo le iniziali indicazioni. La dichiarazione di Nucara sul commissariamento ulteriore mi trovano perplesso poiché significa rimandare un problema drammatico la cui soluzione può essere trovata subito. Platì ha bisogno di liste democratiche, immediatamente.
Cordialmente
Il Segretario del Pri di Teramo
Tito Rubini
IL GIORNALE DI CALABRIA  QUOTIDIANO REGIONALE D’INFORMAZIONE  - Anno XXIX – N. 208  Sabato 28 settembre 1991

Nota. FILM PER EVOLVERE lo avrebbe inserito nelle etichette Visionario, Grottesco, Fantascienza, Horror, Commedia, Fantastico ... e non era che una delle prime sceneggiate gestite altrove ancora in atto. Il Quotidiano calabrese lo aveva pubblicato in prima pagina con il commento dell'onorevole Francesco Catanzariti riportato qui :
https://iloveplati.blogspot.com/2019/04/il-vizio-della-speranza-di-edoardo-de.html

mercoledì 26 giugno 2019

E DI SHAUL E DEI SICARI SULLE VIE DI DAMASCO [di Gianni Toti, 1974]





Paolo di Tarso

Un ferale corteo percorreva un giorno – schiamazzante – le popolate vie di Gerusalemme: S’andava a lapidare un bestemmiatore fanatico. Era un giovine pallido, di nome Stefano, buono come il pane, solo reo confesso di appartenere a l’odiata setta dei cristiani – dicevano.
Non per questo, un’olimpica serenità gli risplendeva sul volto; camminava, o meglio veniva trascinato da cento braccia fuori le mura, ma egli – mite come il suo Maestro – non metteva fuori un lamento, una lacrima, una maledizione, tutt’altro.
Un giovine vigoroso – da l’ampia fronte pensosa – veniva anch’esso al luogo de la condanna, una vasta pianura di là del Cedron, arida e biancheggiante d’ossame. Ivi giunti, il Martire piegò in un istante sotto la tempesta di sassi, sanguinolento e pallido. Pareva un fior primaverile colpito da la grandine fitta.
Il giovine vigoroso che lo seguiva rispondeva al nome di Saulo.
X X X
Da lontano s’udiva la pesta d’un cavallo rampante sulla via di Damasco. Un cavaliere in fretta marciava, con pieni poteri, a la cattura dei cristiani, e questo cavaliere era Saulo.
Il Libano vicino, intanto, ammantato di sole, rispondeva a quei passi ed i cedri eterni, da le verdi chiome incurvate, stavano immoti aspettando – quasi che lo sapessero –un’istantanea mutazione di scena. Ed ecco, d’un tratto, cavallo e cavaliere precipitati per terra mentre che un’onda di luce soprannaturale l’investe. (Il sole, in quel momento, pareva avesse riconcentrato i suoi raggi tutti sul capo del caduto). Si volta, si poggia sul fianco il cavaliere ed una voce soave lo scuote, l’affascina, l’attrae: Saulo – gli dice – Saulo, perché mi perseguiti? Un momento dopo un cieco brancolava su la via di Damasco …
Dal Libano vicino, intanto, i cedri eterni – da le verdi chiome incurvate – mandavano confusi mormori ed i ruscelli limpidi dicevano: “Sorgi, o campione de la Croce, sorgi ad illuminare la terra”. Paolo di Tarso si scosse, si strinse al petto i panni insanguinati e disse: Sul Campidoglio i vecchi numi tremano vi pianteremo la Croce.
X X X
E s’incamminò per conquistare la terra col valore sicuro d’un paladino, passando su le rovine d’un mondo defunto ed aprendo le porte de la nuova Idea per cui il Biondo Nazareno era morto. I popoli d’Asia Minore e de la Magna Grecia lo videro passare, quell’ de l’Arcipelago e de la Palestina si voltarono per benedirlo, mentre Egli –l’Apostolo – continuava sereno la marcia trionfale verso il Campidoglio, sul domicilio inaccessibile di Giove Statuo.
Noi lo vediamo, infatti ne la grande metropoli della corruzione sconvolgere con la sua parola dinamica tutto un mondo invecchiato dal sozzo epicureismo regnante ed impiantarvi un nuovo ordine d’affetti ed Idee, intieramente diverse da le vecchie teorie – cancrena de l’Urbe e de l’intiero universo.
X X X
Ne cimiteri, ne l’arenaie, ne le grotte; ovunque un sentimento di pace e di raccoglimento raduna i trepidi adoratori del Nazareno, un uomo comparisce ed ha la fronte solcata dal dolore, con le vesti lacere e da la barba incolta. Esso parla. Un silenzio occupa le moltitudini, le sue parole cadono come lingue di fuoco sui devoti ascoltanti, un gemito rompe ora il silenzio, un grido poscia s’eleva, seguito tosto da un coro di voci dicente “Vogliamo presto vederlo – Cristo. Noi vogliamo vederlo”.
E l’Apostolo, commosso, esortò tutti al martirio, al sacrificio cruento d’ognuno de la propria esistenza, a la sublime testimonianza ultima di fede dinanzi al tiranno. La commozione si rende generale. Molti neofiti vengono battezzati, si distribuisce il pane dei forti e l’Apostolo esce.
Una sera invano fu atteso. Si seppe il giorno dopo che Paolo di Tarso era stato calato nel Tulliano e molti piansero.
X X X
Reduce Nerone dai ripetuti e splendidi trionfi di Grecia intese come ne l’orrida prigione di Catilina un vecchio ed ostinato cristiano oprava ancora de le conversioni ed in persona da gli stessi suoi pretoriani. - Oh vada a morir decapitato costui fuori de le mura – aveva urlato la Belva – e non sia l’ultimo … Quel giorno, infatti, un vecchietto da la lunga barba ed incolta, curvo sotto il peso de la fatica e de gli anni, veniva condotto da gli sgherri, fuori di Roma, in un campo presso una palude, detto le Acque salvie, in quei luoghi la testa del vecchietto fu spiccata dal busto e rotolò su l’erba umida che furon bagnate di sangue. Quel sangue fu lavato da tre fontane, miracolosamente spuntate.
Oggi il pellegrino ci sa dire benissimo come sul Campidoglio abbia veduto una Croce, ed accanto a quella Croce due venerande figure. L’una slanciata, calva appoggiata ad un ferrato bastone di pellegrino; e l’altra corta e robusta, con una spada nel pugno: Sono le formidabili figure de gli Apostoli Pietro di Galilea e Paolo di Tarso, veglianti per la salute de la Sposa di Cristo.
Ernesto Gliozzi Fera

Nota. E' un piacere, per me, incollare sul testo di Ernesto Gliozzi il vecchio - allora Gliozzi Fera, siamo nella prima-seconda decade del novecento, niente di che lo ammetto,un panegirico superato - il film di Gianni Toti del 1974. Film, mai più rivisto, difficile da accettare e digerire per via dello sperimentalismo estremo sebbene affascinante, che gli autori, tanto premiati oggi nei festiva, neanche ragguagliano. Paolo è oggi un nome quasi dimenticato all'anagrafe platiota, un tempo veniva esso-spesso incollato sui nuovi arrivati al mondo e l'icona che ancora si venera nel duomo di Platì faceva sognare, per via della spada, ai piccoli mirabolanti avventure da vedere nell'annesso cinema.