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giovedì 4 aprile 2019

OUR DAILY BREAD [di King Vidor, 1934]



Using your loaf
THE ADVERTISER oct., 21 1992
Nigel Hopkins goes on a quest for real bread and finds it is a rising trend around Adelaide

  I’M NOT sure if remember rightly but I think the bread I ate as a kid growing up in a country town was real bread. It came in big, square loaves with crisp crusts and, after school, it could be cut into thick slices and slathered with Vegemite or jam, or both together.           
But Something went wrong with our bread. It lost its grip on our appetites, although we kept on eating it – even though it tasted like cotton wool, even though we were told it was nutritionally sound and good for us. It became almost universally soft, fluffy and boring.
At least two things helped bring about change. One was greater nutritional awareness - the demand for increased fibre in our diet - and quickly our loaves were filled with bran and multigrain and all sorts of chook food, which at least made supermarket bread healthier and more interesting.        
Another factor was the growth of boutique bakers. The quest by more discerning bread eaters helped build the businesses of firms such as the Lyndochn Bakery and Millies at Mt Barker, just two of many. The big commercial bakers could see the potential threat this posed to their sales and moved to head it off.
But the greatest thing since sliced bread is the more recent production of breads in Adelaide by artisan bakers at a cottage industry level, the equal of any you will find in Europe. These are breads with thick crusts and chewy insides, with such flavor it seems almost a shame to smear them with spreads and jams, although I still do.
If you want to find out why Italian bakers are special you should read Carol Field’s book, The Italian Baker. If that doesn’t make you want to bake your own, nothing will. It’s not s0 difficult; colleague Paul Lloyd’s sevenyear-old daughter is experimenting with mulberry juice in her homemade bread; it’s child’s play, really.
Ms Field reports that every day in Italy some 35,000 bakers rise early to knead their dough. Ninety per cent are small-scale artisan bakers …
    Even more of a cottage industry is Guisseppina Agresta’s bread, which she bakes in a wood-fired oven in a shed in her Mile End backyard.   It’s not for sale commercially; the most she bakes a day is 40 small loaves and it all goes to the family’s restaurant, Cafe Salsa at West Beach, which specializes in her authentic
Calabrian food.
Guisseppina is terrific; wiry; tough, her face creased by a million smiles. She mixes her dough by hand, flexes her muscles in a sparrow-like imitation of Arnold Schwarzenegger; she's no less formidable.        
 Her husband, Pasquale, and her sons chop the firewood for the oven, but Signora Agresta is up by 5.30am to make the dough seven days a week when the restaurant is busy; she disdains using a “machina” to mix the dough; it wouldn’t taste the same and flavor is everything for her bread with its thin, tough crust and elastic dough.
For me, this is the best bread in town; eaten without butter, just dunked in some of the Agrestas’ own green, peppery olive oil. A simple, perfect feast. Tip Top and all the others, no matter how clever they
get, simply can't compete with bread like this.           
It's as good as Guisseppina remembers when she started baking bread before she was 10 in Platì, Calabria, where her father grew the wheat that made the flour, It may even be better bread than they make now
in Platì; immigrant Italians have tended to maintain standards which have been eroded at home.  


Usa la pagnotta (Usa il buonsenso)
The Advertiser 21 ottobre 1992
Nigel Hopkins a caccia di buon pane, trova una tendenza in ascesa in giro per Adelaide.

Non so se ricordo bene, ma penso che il pane che mangiavo da bambino, crescendo in una cittadina rurale, fosse il vero pane. Era venduto in grandi pagnotte squadrate con una crosta croccante e, dopo la scuola, si tagliava in fette spesse spalmate con la Vegemite* o la marmellata o entrambe.
Qualcosa però è andato storto: il nostro pane ha perso mordente. Abbiano continuato a consumarlo benché sappia di ovatta, benché ci abbiano informati che è valido dal punto di vista nutrizionale e quindi buono per noi. È diventato quasi dappertutto soffice, vaporoso e noioso.
Almeno due fattori hanno portato ad un cambiamento. Il primo è una più grande consapevolezza dei valori nutrizionali e quindi la richiesta di aumentare le fibre nella nostra dieta, e quindi le pagnotte sono state riempite di crusca, cereali vari e altri mangimi per polli, il che ha reso il pane dei supermercati più salutare e interessante.
Il secondo fattore è stata la crescita di piccole panetterie. La ricerca dei mangiatori di pane più esigenti ha aiutato lo sviluppo di aziende comee Lyndoch Bakery e Millies in Mt Barker, solo per nominarne due. Le panetterie della grande distribuzione hanno capito la potenziale minaccia ai loro affari ed hanno cercato di scongiurarla.
Ma, partendo dal pane a fette, la cosa migliore avvenuta è la più recente produzione di pane in Adelaide da parte di panettieri artigianali a livello domiciliare, simile a ciò che si trova in Europa. Questi tipi di pane con spesse croste e mollica morbida hanno un tale sapore che sembra peccato spalmarli di marmellata o altro, anche se io lo faccio comunque.
Se volete sapere perché i panettieri italiani siano speciali, dovreste leggere il libro di Carol Field “Il panettiere italiano”. Se il libro non vi invoglierà a fare il pane in casa, null’altro lo farà. Non è difficile, la bambina del mio collega Paul Lloyd, sette anni, sta facendo esperimenti aggiungendo succo di mora di gelso al suo pane fatto in casa; un gioco da ragazzi!
La signora Field scrive che in Italia, ogni giorno circa 35.000 panettieri si alzano presto per impastare. Il novanta percento è costituito da panettieri artigianali …

Ancora più casalinga la produzione di Giuseppina Agresta che fa il pane nel forno a legna in una rimessa dietro casa a Mile End. Non lo vende, ne produce circa 40 pagnotte al giorno per il ristorante di famiglia, Cafe Salsa a West Beach, le cui specialità sono i suoi autentici piatti calabresi.
Giuseppina è formidabile: snella, tosta, il suo volto sgualcito da mille sorrisi. Lei impasta a mano, mostra i muscoli in una imitazione da uccellino di Arnold Schwartznegger e non è da meno di lui.
Il marito, Pasquale, ed i loro figli, tagliano la legna per il forno, ma la Signora Agresta si alza alle 5 e 30 ogni giorno per preparare l’impasto, anche sette giorni a settimana quando il ristorante è in piena attività. Disprezza l’uso della “macchina” per impastare, il pane non avrebbe lo stesso sapore ad il gusto è tutto per il suo pane con la sua crosta sottile e dura mentre la mollica è elastica.
Per me questo è il miglior pane in città, da mangiare senza burro, inondato di olio d’oliva, quello degli Agresta: verde e dal gusto leggermente piccante, semplicemente una goduria. Tip Top e tutti gli altri, non importa quanto si impegnino, non possono competere con pane come questo.
È buono come quando Giuseppina iniziò a fare pane prima di compiere i dieci anni a Platì, Calabria, dove suo padre coltivava il grano con cui si faceva la farina. Probabilmente è anche migliore del pane che adesso si fa a Platì perché gli immigrati hanno mantenuto standard che invece lì si sono abbassati.
*Vegemite è una crema nera, molto densa, a base di lieviti, ricca di vitamina B. Si spalma sul pane imburrato in piccole quantità perché ha un sapore, molto intenso e salato, detto umami.


NOTA - Il testo che avete appena letto, scoperto da Rosalba nel suo recente trip in Australia e tradotto, fa parte di un più ampio articolo apparso su The Advertiser il 21 ottobre 1992 nella rubrica Taste (Sapori) firmato da Nigel Hopkins, con un titolo ambivalente: Using your loaf che vale per Usa la pagnotta, Usa il buonsenso. L’autore si è spesso occupato di cibo nei suoi scritti apparsi su varie testate australiane. In quello citato egli affronta la questione del pane e la sua trasformazione in prodotto massificato diventando così soggetto/oggetto di cultura. Nell’articolo appaiono altre due forme di panificazione ad opera di un immigrato abruzzese ed uno originario della Germania. Quello relativo a Platì si rivela, dopo ventisette anni dalla sua pubblicazione, un omaggio all’antica arte pratiota del fare il pane e il metodo usato, e sapientemente illustrato, da Giuseppina Agresta è quello tramandato nei secoli. Se per molti giornalisti Platì ha esportato piombo per altri ha tramandato cultura sotto forma di antichi mestieri. Peppina, la Schwarzenegger paesana, vive ancora in Adelaide ed il suo locale Cafe Salsa ha cambiato gestione. Sposata Agresta, è nata Barbaro alias pillari e noi siamo grati a Nigel Hopkins “for the nice to meet her”. Questo per altro è il primo di una serie di pubblicazioni sugli antichi mestieri pratioti sopravvissuti e traslocati altrove.



mercoledì 3 aprile 2019

ll terrore viene dalla pioggia [di Freddie Francis, 1972]





Era il 17/18 ottobre 1951 quando il paese di Platì fu messo in ginocchio da una violenta alluvione.
Pioveva a dirotto ormai da tre giorni, sembrava pioggia naturale fino a quando un forte rumore simile a un tuono svegliò tutti. “Le grida della gente, dice mia nonna, non le dimenticherò mai, scene terribili, è stata la notte più brutta della mia vita” dopo la mezzanotte del 17 il fiume aveva rotto il ponte e verso l’una erano iniziate a crollare le prime case. Le montagne erano letteralmente aperte la gente scappava, chi piangeva, chi gridava, chi correva. Per la strada non si capiva nulla, sembrava il diluvio universale.
“Ero piccolissima ma ricordo che scappammo in chiesa per pregare – aggiunge mia nonna – poi ci dirigemmo tutti verso l’inizio del paese dove l’alluvione non ha colpito”. Tutto ciò lascò un grande lutto per la cittadina di Platì provocando 19 morti, centinaia di feriti e cinquanta famiglie senza tetto. Passati i terribili giorni molti si accorsero che oltre ai parenti avevano perso anche la terra e la casa e tutti i sacrifici fatti in un’intera vita erano andati persi. Molte famiglie emigrarono in Australia, America e nord Italia e non fecero più ritorno il paese si spopolò: infatti prima contava quasi 11.000 mila abitanti dopo meno di 4.000. Questa fu una brutta emigrazione.
MARCO VARACALLI 2 B

Testo presentato alla seconda edizione, 2018, del Premio Letterario "Ernesto Gliozzi".




lunedì 1 aprile 2019

La corsa della lepre attraverso i campi [di René Clément,1972]

A volte un ragazzo si sente
Come uno che parte o che muore
E scopre che non conta niente
Che il mondo è più grande di un cuore
Nel cuore il ragazzo coltiva
La rosa più bella che c'è
Chico Buarque + Ennio Morricone, ROTATIVA, (tem como esperar algo menos que magnífico?).
Dedicato a Pasqualino Perri che costruì il futuro e ancora nessuno lo sa, tanto meno a Platì.



This picture belongs to Rosalba Perri,
 reproduction subject to citing the source (this blog and the owners).

“I Borboni erano venuti a sapere che sul monte Consolino si trovava in libertà la lepre della scienza ed erano convinti che chi mangiava questa lepre diventava sapiente. Arrivarono da Napoli dei signori e diedero la caccia alla lepre della scienza. La trovarono, la uccisero, l’arrostirono e la mangiarono. Tommaso, nascosto dietro un cespuglio, vide e, appena i signori se ne andarono, affamato com’era succhiò le ossa della lepre rimaste per terra. Quando tornò a scuola, tutti rimasero stupefatti perché conosceva bene ciò che il maestro aveva spiegato mentre era sul monte a fare pascolare le pecore. La scienza si trovava infatti non nella carne della lepre, come avevano creduto i signori mandati dal re ma proprio nelle ossa che il bambino aveva rosicchiato per fame”. 
Corrado Stajano, Africo, Einaudi, 1976 
A proposito di Tommaso Campanella

domenica 31 marzo 2019

Those Who Make Tomorrow [di Kajiro Yamamoto,1946]

This picture belongs to Rosalba Perri ,
 reproduction subject to citing the source (this blog and the owners).

Mio padre diceva che era nato il giorno di Pasqua mentre venivano sciolte le campane.
Era in effetti il giorno di Pasqua quel primo aprile del 1934. Lui era il terzo di quelli che sarebbero stati nove figli. Era preceduto da due femmine.
Pasquale Perri è stato un animale sociale: conosceva tutti, si confrontava con tutti. Era preda di grandi entusiasmi a cui a volte seguivano profonde delusioni, ma non si dava mai per vinto. Lo ricordo nella notte scendere di corsa dal treno a Catanzaro perché aveva intravisto il ministro Mancini e andava a salutarlo, o affacciarsi al finestrino dell’auto nel mezzo del traffico di Roma gridando “Bruno!”: aveva riconosciuto in un’auto Bruno Trimboli. Dei platioti, poi, riconosceva i volti anche nella seconda generazione. Era attaccato ai ricordi del paese ed alla famiglia: ai Miceli, ai Caruso e naturalmente ai Perre anche se noi eravamo diventati Perri. Quando andò in visita in Australia, alla fine degli anni ‘70, passò del tempo con loro a Loxton ed a Griffith. In Abruzzo, terra d’adozione per lavoro, ha promosso attività politiche e culturali sempre all’avanguardia come gli incontri a Popoli fra la sezione socialista ed un gruppo di giovani dell’SPD della Baviera. Lasciata la politica, si è dedicato alla scuola ed alla formazione degli insegnanti.


This picture belongs to Rosalba Perri,
 reproduction subject to citing the source (this blog and the owners).

Di seguito una parte estratta degli articoli che “Il Centro” gli ha dedicato per quattro giorni consecutivi dopo la sua scomparsa.

Il Centro
PESCARA CRONACA
Mercoledì 20 settembre 2000
Pasquale Perri, considerato da tutti un formidabile precursore dell’autonomia scolastica, inventore tra l’altro dei corsi per stranieri e dello sportello aperto per i genitori, era nato a Platì, in provincia di Reggio Calabria, il primo aprile del 1934. A 29 anni si era trasferito sull’Adriatico, portando con sé la famiglia e una passione per il calcio che da giovane lo aveva visto anche sui campi. In Abruzzo, in seguito, si sarebbe laureato in Filosofia, a l’Aquila.
Aveva cominciato ad insegnare a Popoli, dove era rimasto per molti anni. In seguito era stato a San Valentino e poi a Farindola, dove aveva avuto il primo incarico come direttore didattico. A Pescara era arrivato nel ’90, dirigendo per un anno il settimo circolo, quindi a partire dal ’91, il terzo. È nella elementare “Luigi Illuminati” che ieri gli insegnanti commossi si sono riuniti in un consiglio di circolo straordinario,
“Era un entusiasta del suo lavoro”, lo ha ricordato Rosalba, la maggiore dei quattro figli: oltre a lei, Giuseppe, insegnante al liceo classico, Fabio e Isabella. Perri lascia anche la moglie Anna, insegnante in pensione e la nipotina Lidia, figlia di Giuseppe, nata solo un mese fa.
“Era un grande innovatore, efficiente, capace di risolvere i problemi senza indugiare: perdiamo una persona importante” ha commentato l’assessore alla Pubblica Istruzione, Carlo Masci, che aveva spesso collaborato con lui. “Era uno dei colleghi più autorevoli”, ha commentato Antonio De Duonni, direttore del settimo circolo, “colto, competente: alla scuola ha dato moltissimo”.
ROSALBA PERRI


This picture belongs to Perre blood, unauthorised reproduction is prohibited.

My father used to say that he was born on Easter day while bells were untied.
It was, in fact, Easter day that 1st, April 1934. He was the third child of a family that was going to be of 9 children.  He was the first boy.

Pasquale Perri was a people person: he knew everybody, he would meet everybody and talk to everybody. He was subject to great enthusiasms often followed by deep disappointments, but he would never give up. I recall him in the middle of the night leaving in a hurry a train at Catanzaro’s railway station because he had glimpsed Mancini, Secretary of Health, just to say hello to him, or lean out of the car’s window, in the middle of Rome’s, traffic shouting “Bruno!” because he had recognised in another car Bruno Trimboli. Of Platì’s townsfolks he would recognize the faces even in second generations. He was devoted to his Platì’s memories and the family: the Micelis, the Carusos and, naturally, the Perres although we had changed the surname to Perri. When he visited Australia at the end of the seventies, he spent time with them in Loxton and Griffith. In Abruzzo, where he moved for work, he promoted political and cultural activities which were always progressive and radical such as the meeting between the socialists of a small town in Abruzzo, Popoli, and the young politicians of Baviera’s SPD. When he left politics, he focused on education and teacher’s training.
The following is an extract of one of the pieces that the newspaper “Il Centro” wrote in the four days after his death.

Il Centro
Pescara Section
Wed, 20th September 2000
Pasquale Perri, acknowledged by all to be a powerful forerunner of school autonomy, originator of literacy courses for foreigners and of the point of contact for parents in schools, was born in Plat’, province of Reggio Calabria, 1st April 1934. At the age of 29 he moved on the shores of the Adriatic bringing with him his family and a passion for soccer, a sport he had played in his younger years. In Abruzzo, he would also take his degree in Philosophy at L’Aquila’s University,
He started teaching in Popoli where he was a resident for many years. Then he taught also in San Valentino and Farindola where he had his first assignment as school admin and educational manager. In Pescara he arrived in 1990, managing the 7th Educational District, then the first. Yesterday in the Elementary School “Luigi Illuminati” a meeting was held by all teachers o commemorate.
“He was an enthusiast in his job”, this is how his eldest daughter, Rosalba, described him. Besides her, he had Giuseppe who teaches in the local Lycèe, Fabio and Isabella. He also leaves his wife, Anna, a retired teacher and a granddaughter, Lidia, born only a month ago.
“He was a great trendsetter, efficient, capable in problem solving without delay: we are losing an important person”, said Councillor to Education Mr Carlo Masci who had often cooperated with him. “He was one of the most influential colleagues” added Mr Antonio De Duonni, Head of the 7th Disctict, “well-read and competent, he has given so much to the Educational system”.
ROSALBA PERRI





giovedì 28 marzo 2019

LE RAGAZZE [di Mai Zetterling, 1968]

da sinistra: 
con la treccia Rina Mittiga,Pina Miceli, Caterina Caminiti (figlia di Ernestina),
 Rosella Caminiti sorella di Caterina e Tota Oliva

Tra la foto ed il film (Mai Zetterling è stata attrice e regista di talento naturale) citato ci sono circa dieci anni, con il brano musicale in seguito, trenta, con i nostri giorni il calcolo fatelo da voi per evitarmi un incidente diplomatico.

la foto appartiene a Pina Miceli che ne ha fatto anche il riconoscimento dei volti, la sua riproduzione è soggetta alla citazione della fonte.

mercoledì 27 marzo 2019

Il silenzio degli innocenti ...


Non l’ho mai fatto fino ad oggi data la sobrietà che mi sono imposto - talvolta, non lo nego, venuta meno - sulle pubblicazioni. L’accoglienza che l’omaggio a Tota, merito anche di Rosalba, ha ricevuto, d’altra parte mi forza a ritornare un momento affianco a lei e dirle che in paese e sparsi nel mondo aveva tanti amici cari e “se non ti rivedremo più, perlomeno  tra i banchi della chiesa, sappi che non ti dimenticheremo mai”.

lunedì 25 marzo 2019

Fatti corsari - diem supremum




-Catanzariti Caterina (Mo.25.1.1883/4) di Pasq. e Strangio Francesca. uxor Catanzariti Domenico, iter faciens per montes huius loci Platì, ingenti copia nivis adorta, diem clausit supremum.

-Blefari mf Santa (Mo.25.1.1883/5) di Paolo, da Casignana, iter faciens per montes huius loci Platì ingente copia nivis suffocata clausit suum diem supremum.

Per via di quella grande nevicata sul finire del gennaio 1883 Santa Blefari e Caterina Catanzariti sono entrate nella leggenda come ricordate nel libro dei defunti vol. V. C'è pure chi ha tentato di ricostruire quella vicenda, ancora ignota per le stampe  La foto su carta Ferrania ritrae una sconosciuta comunicanda. Papà nell'inviare la cartolina allo zio Peppino, chissà da quale posto, dimenticò di nominarla. Male per noi!

domenica 24 marzo 2019

L'eternità è un giorno [di Theo Angelopoulos, 1988]

Tibi, dilecto nobis ...





Signori,
Voi comprendete benissimo che colui che vi parla, in questo luogo e in questo giorno, è talmente pervaso dalla commozione da dover fare uso degli occhiali per nascondere, in qualche modo le lacrime; e della scritto per tenere a freno le idee. Sono queste belle impellenze, soavi, che si accalcano, e si spingono, si affacciano, per trovar sollecite, la via d’uscita. Si, vengano pure avanti, in disordine, ché voi saprete bene accoglierle ed apprezzarle come, come avete fatto altre volte.
Già, di per se stesso, l’avvenimento è d’una importanza e d’una bellezza tale che non ha bisogno di una carta qualunque d’accompagnamento. Esso cresce di bellezza e d’importanza quando si voglia considerare che il Novello Unto del Signore è un giovine a noi carissimo, che abbiamo visto nascere, che abbiamo educato, sorretto, incoraggiato ad ascendere l’Altare di Dio, di quel Dio, dico, che oggi e sempre, si è impegnato di fare lieta la nostra giovinezza. Ad Deum qui laetificat iuventutem meam. Ecco perché il Sacerdote non invecchia mai; ecco perché mi sento giovine anch’io, non ostante le lacrime abbiano scavato tutti questi aridi solchi ed i miei occhi si siano accerchiati di nero …Il Sacerdote! Lo stesso che Cristo, perché Unto dal Sacro Crisma com’è Lui, perché s’immola ed immola continuamente ogni mattina, perché su questo Calvario incruento dell’Altare, distende le braccia al soave amplesso dell’Amore. Ed accorrano, a lui, tutti quanti hanno bisogno d’una guida …
Platì il giorno di tutti i Santi
1934
Arcipret. Ernesto Gliozzi

Nota. Il testo riportato è parte di una lunga orazione tenuta da Ernesto Gliozzi il vecchio, il giorno della celebrazione della prima messa officiata dallo zio Ciccillo sull'altare del Duomo di Platì. L'autore del testo ebbe un ruolo decisivo nella formazione del novello sacerdote. La pubblicazione è per ricordare i quarantacinque anni dell'immatura scomparsa dello zio Ciccillo. La prima pagina della Tessera Ecclesiastica era stata redatta da Ernesto Gliozzi il giovane, nel 1957 distaccato in Curia.


mercoledì 20 marzo 2019

Turn! Turn! Turn! - The Byrds

To Everything (Turn, Turn, Turn) There is a season (Turn, Turn, Turn) And a time to every purpose, under Heaven





LA PRIMAVERA
Calabria Martina
Quarta A/elementari

È arrivata la primavera
Con le sue rondini e
Con gli alberi tutti verdi;
con farfalle gialle e colorate,
fiori di ogni colore.
Il vento trascina via
Tutto quanto,
e il sole brilla come un diamante.
È primavera tutto si sveglia.



LA PRIMAVERA
Giuseppe Virgara
Quarta B/elementari

La primavera,
così dolce, così sincera,
ha molti fiori che crescono sul prato,
primule, rose, viole, papaveri e tulipani con un fiato
respiro già aria di primavera,
questa è una nuova cera,
poi torna l’estate,
senza più pietate.




I testi fanno parte del corpus di lavori presentati alla Prima edizione 2017 del Premio Letterario "Ernesto Gliozzi" istituito dall' Ass. Santa Pulinara.

martedì 19 marzo 2019

Il silenzio degli innocenti [di Jonathan Demme, 1991]



Come in una panoramica in technicolor e techniscope alla sua sinistra c'era attaccata la casa di zia Annina, con a piano terra l'ufficio del dazio, successivamente la casa Zappia-Galatti e oltrepassando corso Umberto il bar di papà. Di fronte ad esso, sulla via XXIV maggio,  c'era l'ufficio postale e risuperando il corso la casa della signora Fera, quindi un casalino, luogo di invenzioni ludiche; dopo la scalinata che portava al municipio c'era la casa di Raimondo con affiancata quella di don Umberto Romeo e più avanti quella di mastru Cicciu u cruciatu, al secolo Schimizzi; di fronte, oltrepassando la via XXIV maggio, la casa du bumbiu e tornado verso casa mia la falegnameria di lignuduru, più oltre una discesa con il panificio carrarmatu, il bar di Dante De Maio, quindi la Casa. Questo che vi ho circoscritto era il perimetro dei giochi che non bisognava oltrepassare e incorrere nelle sanzioni paterne. (https://iloveplati.blogspot.com/2012/02/la-casa-senza-tempo-reg-andrea-forzano.html). In quel testo avevo dimenticato la casa di Serafina Mittiga che era dirimpetto la casa di don Umberto. Era in questa scenografia, oggi, nella memoria, un fondale di cartapesta, delle mattine estive dei miei anni infantili che Tota, la figlia don Umberto, usciva di casa e salendo a bordo del maggiolino Volkswagen color acqua marina si avviava al mare di Bovalino. Nel suo silenzio, rotto dai suoni cupi del fraseggiare appreso in collegio, Tota era una delle più belle signorine di Platì e la sua educazione da collegio le è rimasta per tutta la sua vita. Quel tempo ormai è un ricordo e Tota è partita per stare accanto ai genitori. Questo è il solo piccolo omaggio che le si offre.

Nella foto Tota, nata Maria Antonia il 24 febbraio 1942, è con Paola Violi.