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martedì 19 marzo 2019

Il silenzio degli innocenti [di Jonathan Demme, 1991]



Come in una panoramica in technicolor e techniscope alla sua sinistra c'era attaccata la casa di zia Annina, con a piano terra l'ufficio del dazio, successivamente la casa Zappia-Galatti e oltrepassando corso Umberto il bar di papà. Di fronte ad esso, sulla via XXIV maggio,  c'era l'ufficio postale e risuperando il corso la casa della signora Fera, quindi un casalino, luogo di invenzioni ludiche; dopo la scalinata che portava al municipio c'era la casa di Raimondo con affiancata quella di don Umberto Romeo e più avanti quella di mastru Cicciu u cruciatu, al secolo Schimizzi; di fronte, oltrepassando la via XXIV maggio, la casa du bumbiu e tornado verso casa mia la falegnameria di lignuduru, più oltre una discesa con il panificio carrarmatu, il bar di Dante De Maio, quindi la Casa. Questo che vi ho circoscritto era il perimetro dei giochi che non bisognava oltrepassare e incorrere nelle sanzioni paterne. (https://iloveplati.blogspot.com/2012/02/la-casa-senza-tempo-reg-andrea-forzano.html). In quel testo avevo dimenticato la casa di Serafina Mittiga che era dirimpetto la casa di don Umberto. Era in questa scenografia, oggi, nella memoria, un fondale di cartapesta, delle mattine estive dei miei anni infantili che Tota, la figlia don Umberto, usciva di casa e salendo a bordo del maggiolino Volkswagen color acqua marina si avviava al mare di Bovalino. Nel suo silenzio, rotto dai suoni cupi del fraseggiare appreso in collegio, Tota era una delle più belle signorine di Platì e la sua educazione da collegio le è rimasta per tutta la sua vita. Quel tempo ormai è un ricordo e Tota è partita per stare accanto ai genitori. Questo è il solo piccolo omaggio che le si offre.

Nella foto Tota, nata Maria Antonia il 24 febbraio 1942, è con Paola Violi.

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