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martedì 9 dicembre 2014

Salt of the Earth (reg Herbert J. Biberman - 1953)



Ben eloquente più di mille sermoni
E’ la sua tomba
( Byron )
Signori,
Vi ha nel mondo un titano minaccioso che passa e con le sue freddi ali, vi spazza fin le rovine!
E’ il tempo.
Passa e impetuoso torrente, sempre, travolge, trasporta seco ogni cosa; passa e ne la marcia vorticosa l’accompagna uno spettro, un lugubre basso rilievo ambulante: E’ il genio den la morte, o signori! Al suo passaggio le tiare e le corone cadono, gli scettri ed i pastorali s’infrangono ed è giocoforza ubbidire a la sua voce di comando che grida “ Seguitemi “ Voi vi sentite mancare di sotto il terreno, sentite al vostro corpo aderire le viscide bocche de la piovra che vi avvince fra i suoi tentacoli, e presentate le armi, vi date vilmente prigioni, scomparite nel corteo funebre di quel titano che passa, mentre

Il freddo oblio ricopre  I nomi i casi e l'opre   Dei piccoli viventi   
  
Ieri grandeggiava fra noi la maestosa figura di colui che più ho venerato fra i vivi!
Oggi vediamo scomparire e confondersi nel turbine degli anni questa figura di grande; vediamo Giovanni Andrea Oliva dipartirsi da noi e per sempre; mentre un vuoto enorme si fa d’intorno; una caligine densa, come d’una fiaccola che viene spenta d’un soffio, e tutto ci fa pensare con un sentimento di sconforto, in un momento di commozione profonda:  Chi colmerà questo vuoto?! …
Io lo domando a voi, suoi coetanei, lo domando a tutti quelli che lo conobbero; lo domando a me stesso e con mente deliberata e cuor fermo dico: Questo posto rimarrà vuoto per sempre!
Né vogliate giudicare la mia asserzione un po’ ardita (come quella che parte dal cuore, ed il cuore non ha misure quando ama) ma piuttosto avvicinatevi al gran morto, che da noi si commemora, e ve ne sentirete convinti.
La purità e correzione dei suoi lineamenti persuaderebbe di rassomigliarlo, sotto alcuni rispetti, a quei grandi personaggi de la Galilea, che liberarono i popoli dalla servitù secolare, agli Apostoli, se in lui l’amore pacifico de la famiglia non venisse a temprare quell’amore di condottiero di popoli; non venisse, dico, a confinarlo qui, in questa terra che lo vide nascere, a consacrare il contributo delle sue virili energie, per te, o popolo, che l’adorasti.
E noi lo ricorderemo per più anni, imbalsameremo anzi con la fantasia la sua sacra memoria, e ci parrà vederlo, ancora curvo, avviarsi in Chiesa per compiere i divini misteri, in Municipio a disbrigare gli affari inerenti il suo ufficio, in casa, oracolo infallibile, della gente che aveva bisogno di conforto, d’aiuto e di consiglio.
Oh non venite a dirmi che, senza di lui, ce la saremmo cavata lo stesso; che egli era un prete, e nulla più! Voi bestemmiereste, di certo!
Ci furono e, grazie a Dio , passarono i tempi difficili anche per noi; i tempi in cui era provvidenziale la presenza di un prete al potere comunale, perché ricordasse a coloro che ci comandavano, come non si possano conculcare le masse impunemente.
Questo prete, o popolo, l’hai visto: non fu altri se non il Reverendo vediamo Giovanni Andrea Oliva, che accompagnate alla tomba mestamente stamattina
Ma io non voglio e non intendo parlarvi di politica, dinanzi il muto e venerando cadavere d’un prete.
Sapete che il sacerdote è il sale de la terra, il sole del mondo, la speranza dei popoli?
Ebbene vediamo Giovanni Andrea Oliva non venne meno, neppure per un istante, alla sua grande missione sacerdotale. Il sacerdote dev’essere copia di G C. per lo spirito che lo anima. E come il suo Divin Maestro, dal più alto dei troni, la Croce, spirava per un ideale grandissimo, la Redenzione degli uomini, il sacerdote , quando a pieno comprende il suo dovere, deve sacrificarsi al bene dei popoli, mostrando a le generazioni che sono e che saranno, come egli sia e sappia essere, davvero, il sale della sapienza, il sole della verità, la spada de la giustizia.
Fu tale il Sac: Giovanni Andrea Oliva?
Lo credo.
Oh avvicinatevi a questo sacro cadavere ché io bramo sapere dunque da voi se posso sicuramente rispecchiarmi in lui, avvicinatevi perché io sappia se il mio morto amico meritava tutta quanta la stima che gli tributammo, per sapere, in una parola se bastano tutti i fiori che mi produce la primavera per abbellire è per sempre il suo sepolcro?
Oh no, lo ripeto, io non posso per nulla dubitare!
La vostra imponente manifestazione d’affetto chiaramente ed eloquentemente parla al cuore, io mi sento profondamente commosso dalle viscere e benedico, più che mai, in questo momento la sacra memoria dell’estinto, che passò in mezzo a noi celermente, trascinando dietro di se a brandelli i cuori lacerati.
Deh, riposa, riposa perciò in pace, amico dolcissimo ed indimenticabile! E ti sorrida in questo momento il Conseguito Ideale e ti giunga, come un’armonia celeste, la prece sommessa, calda, vera, sentita, sgorgante da l’anima di questo popolo devoto che ti ripete il saluto supremo e t’abbandona. Ti giunga anche la nota calda d’affetto, che io ti mando in nome dei miei superiori e colleghi, in nome di tua nipote che abbandonasti in un’agonia di dolore, in nome di questo popolo riconoscente  e buono.
Anima grande di cittadino e sacerdote, Addio, Addio, per sempre, Addio.
                Platì 26 Marzo 1906
                                               E Gliozzi (sen) Sacerdote

Eppure Platì paese della Calabria Ultra ha avuto un sindaco sacerdote, pochi lo sapevano.
Giovanni Andrea Oliva,1884 – 1906, era figlio di Raffaele e Pasqualina Brancatisano, fu sindaco dal gennaio 1902 all'ottobre dello stesso anno. Questo scritto dello zio Ernesto, recitato in occasione dei suoi estremi onori, lo celebra e ce lo riconsegna degnamente.

giovedì 4 dicembre 2014

Farewell, My Lovely (reg. Dick Richards - 1975)

Da Ciurrame a Bovalino





 E per di più questa Calabria è una terra di molteplici ricordi e interessi. Una terra di grandi uomini.
 Nel 1737 l'erudito Aceti riuscì a citare più di duemila celebrità calabresi: atleti, generali, musicisti, centenari, inventori, martiri, dieci pontefici, dieci re, nonché una sessantina di donne in vista. Una terra di pensatori. Il vecchio Zavarroni, nato nel 1705, ci dà un elenco di settecento scrittori calabresi; e io, per conto mio, non aggiornerei volentieri il catalogo. La sola Biblioteca Calabra, acquistata di recente a Napoli, contiene Dio sa quante voci, quasi tutte moderne.
E chi racconterà dettagliatamente le sue naturali attrattive? Dice un altro antico scrittore:
«Quivi trovansi ogni genere di Frumento, di Vini vari, e grande abbondanza di tutti i tipi di Frutti, Olio,Miele, Cera, Zafferano, Cotone, Anice e Semi di Coriandolo. Cresce la Gomma, la Pece, la Trementina, il liquido di Storace. In tempi antichi non v'erano molti Metalli, ma oggi se ne trovano in abbondanza, essendovi quasi dappertutto diverse specie di Miniere, come Oro, Argento, Ferro, Marmo, Alabastro, Cristalli, Marcassite, tre generi di Creta bianca, Vermiglio, Allume, Zolfo, e il Quarzo che, essendo di quinto grado, non scalfisce il Ferro ed è di colore nero. Qui crescono la Canapa, e il Lino di due tipi, quello chiamato maschio e quello chiamato femmina; qui cade la Manna dal Cielo, cosa assai rara in verità; e sebbene non vi si raccolga Seta in abbondanza, oserei tuttavia dire che mai non ve n'ebbe il simigliante in tutto il resto d'Italia. Vi sono anche bagni, caldi, tepidi e freddi, per curare molte malattie. Vicino al mare, come sul Mediterraneo, vi sono bei giardini di Aranci, Limoni e Cedri di diversi tipi. Il paese è bagnato da molti fiumi. Vi sono sui colli dell'Appennino, folte foreste di alti Abeti, Lecci, Platani, Querce, dove cresce il bianco fungo odoroso che splende nella notte. Qui cresce la pietra Frígia, che ogni mese dà una resina delicata e salubre e la pietra Aetites, che da noi si chiama pietra Aquilína. In questa provincia si può fare ottima caccia di creature svariate, come i Cinghiali, i Cervi, le Capre, le Lepri, le Volpi, i Porcospini, le Marmotte. Vi sono anche bestie feroci quali i Lupi, gli Orsi, le Lonze, che hanno l'0cchio pronto e le parti posteriori maculate di colori diversi. Questo tipo di animale fu portato dalla Francia a Roma per il passatempo di Pompeo il grande e i Cacciatori affermano che quest’animale ha una memoria così debole che, pur mangiando con voracità, se gli capita di guardarsi indietro non si ricorda più del proprio cibo e se ne parte alla ricerca di altro.››
 Norman Douglas, Old Calabria


mercoledì 3 dicembre 2014

Amarti è il mio peccato (reg. Sergio Grieco - 1953)





Alla celeste mensa


Alla celeste mensa
venite o care figlie
e svaghe più che gigli
col sangue vi farò.
===

Di mio divino agnello
Il corpo il sangue è questo
e sugli altari impresso,
in cibo vi darò.
===

Spargendo il sangue in croce
vi rese amici a Dio
or vo col sangue mio
divinizzarvi ancor.
===

Venite a dissetarvi
il sangue e la lavanda
sparso per vostro amor
===

In Sacramento ascoso
in terra mi lasciai
tanto desiderai
unirmi al vostro cuor.
===

Il mio convito è aperto
su liete vi apprestate
le brame de appagate
del vostro Redento.
===

Non vi ritragga il mondo
da me coi falsi beni
venite e vi farò pieni d’avere
i miei tesori.
===

O Dio che più non reggo
sul tuo si dolce invito
mi sento già ferita
del tuo divino amor
===

Vieni de presto veni
amato mio signore
donarti a questo cuore
che più non può aspettar
===

Vieni colmami tutta
del tuo prezioso sangue
vedilo come langue
vieni non più tardar.
===

O carne, o sangue o cibo
di Paradiso Dio
vivo ma non più io
sol Cristo vive in me.
===

Or si che son contenta
or si che son felice
altro il mio cuor non dicembre
 che di venir con te.

Fines
 G Gliozzi

Lo zio Pepè non era certamente S. Giovanni della Croce, di questi  forse non conosceva In una  notte oscura e così non fu un altro prete in famiglia!



 1. In una notte oscura, 
 con ansie, dal mio amor tutta infiammata, 
 oh, sorte fortunata!, 
 uscii, né fui notata, 
 stando la mia casa al sonno abbandonata. 

 2. Al buio e più sicura, 
 per la segreta scala, travestita, 
 oh, sorte fortunata!, 
 al buio e ben celata, 
 stando la mia casa al sonno abbandonata. 

 3. Nella gioiosa notte, 
 in segreto, senza esser veduta, 
 senza veder cosa, 
 né altra luce o guida avea 
 fuor quella che in cuor mi ardea. 

 4. E questa mi guidava, 
 più sicura del sole a mezzogiorno, 
 là dove mi aspettava 2 
 chi ben io conoscea, 
 in un luogo ove nessuno si vedea. 

 5. Notte che mi guidasti, 
 oh, notte più dell’alba compiacente! 
 Oh, notte che riunisti 
 l’Amato con l’amata, 
 amata nell’Amato trasformata! 

 6. Sul mio petto fiorito, 
 che intatto sol per lui tenea serbato, 
 là si posò addormentato 
 ed io lo accarezzavo, 
 e la chioma dei cedri ei ventilava. 

 7. La brezza d’alte cime, 
 allor che i suoi capelli discioglievo, 
 con la sua mano leggera 
 il collo mio feriva 
 e tutti i sensi mie in estasi rapiva. 

 8. Là giacqui, mi dimenticai, 
 il volto sull’Amato reclinai, 
 tutto finì e posai, 
 lasciando ogni pensier 
 tra i gigli perdersi obliato. 


Per chi volesse saperne di più qui sotto il link dove c'è il commento di una vera santa e bella donna: Cristina Campo 


http://www.cristinacampo.it/public/san%20giovanni%20della%20croce,%20la%20notte%20oscura%20,%20testo%20integrale..pdf



domenica 30 novembre 2014

Il volto (reg. Ingmar Bergman - 1958)




Col post odierno voglio rendere omaggio a Mimmo Marando, avvocato. Come molti di noi non vive più in paese. Ha il merito di essere stato il primo, in tempi anteriori all’esplosione del web, a cercare di raccogliere e conservare la memoria storica di Platì con la rivista omonima, voluta, fondata e diretta da lui, sebbene per pochi numeri.
Devo confessare che, tra gli altri ispiratori di questo blog, i germi si possono rintracciare in quella rivista, dove tra articoli originali, citazioni, documenti e foto Mimmo ha cercato di consegnare ai platioti un volto del proprio paese per anni deturpato e smarrito.


mercoledì 26 novembre 2014

Rivalità (reg.Giuliano Biagetti - 1953)


 

Echi  Calabresi
Plati, 25 1- 96
Non di rado sì constata lo strano fenomeno di vedere degli  asini atteggiarsi a cavalli, come dice la favola; ma quando cercano mandare fuori quel canto dolce che chiamasi nitrire, si conosce né più  e né meno il raglio del mansueto per quanto stupido animale. E cosi succede di un colto (!) seguace di Esculapio. Infatti costui nel N. 3. della cronaca di Calabria, corrente anno, pubblica un articolo sgrammaticato davvero (non come si compiacque di  notare il valente dottore) dicendo che dal terremoto in poi io divenni  pubblicista.
Non mi atteggiai mai a pubblicista o meno, come fa il dotto professore; ma ho creduto di far sapere al pubblico onesto la verità; mettendo in mostra la malignità e le pulcinellate(mi si  permette la frase volgare di certi esseri ambiziosi.
 Intanto il dottore, certo farebbe male se pensasse di studiare sempre più la medicina, perché così, essendo la scienza infinita potrebbe davvero divenire un eccellente medico, anziché un pubblicista, per il che pare non abbia alcuna probabilità di riuscita.
Dice l'egregio dottore che pei fatti da me esposti, sol perché ne avevo interesse al maggiore com. Chiare sul conto dello assistente Scaramozzino, dovevo allo stesso Chiarie presentarmi per sostenere le mie ragioni!
Si vede caro egregio Esculapio  che avete proprio perduto la bussola! ... E chi ha invitato me a dar conto di quanto ho scritto, ho firmato e son pronto sempre di dimostrare, come ho già detto altra volta? Dovevo forse io il ficcanaso, come forse fate voi; e presentarmi a chi non mi ha chiamato?....Santi Numi! ammirate voi  tante stoltezze...
Dite pure, Egregio Esculapio, che lo Scaramozzino non ha parlato di quella tale usurpazione che io so! Ci vuol coraggio  parlare il corda in casa dello impiccato, come sarebbero i beni del comune da me posseduti. O illustre Esculapio, dove avete appreso tanto coraggio, perché non dire altro?
E ditemi un poco: non siete voi che possedete terreni del Comune in contrada  Zacà, Serro di Platì,
e in contrada  Arsanelli, pure Serro di Platì? E come mai avete il coraggio di dire che io possegga beni comunali? (a).
Ed ora passiamo a fatti più concreti.
Il dottor in parola, tempo dietro aspirava al posto di medico condotto di questo comune, e lodavo spesso il signor Sindaco nelle colonne del Pungolo Parlamentare.
Ma quando si vide scurtato ed invece nominato lo egregio dottore Papalia, perché a lui creduto preferibile, cominciò a sfogare la sua ira contro tutta l'amministrazione comunale,  come un cane idrofobo, sebbene a tutti noi facesse pietà, poiché non era tale da meritarsi nemmeno il disprezzo dei gentiluomini .
Non per tanto, nascosto sotto lo pseudonimo di Ettore, non lasciò sfuggirsi nemmeno l'occasione di quel tale Scaramozino per isfogare la sua bile contro di me, che non gli davo il piacere neppure della mia indifferenza, poiché io son convinto che ha ragione quel vecchio adagio il quale dice che, chi di gattina nasce convien che razzoli!
Dunque, caro e dotto scienziato, se la rabbia vi consuma appiccatevi pure con una corda sopra qualche
ramo di albero di quei beni comunali che voi possedete, senza sfogare la vostra ambiziosa ira contro gentiluomini, che mai si sono accorti della presenza di un uomo come voi.
Inoltre vi dico che siete gran conoscitore di scatole e pierantoni, perché nel vostro sconclusionato articolo ne fate un pò abuso. Di fatti oltre le tante altre grettezze, ripetete nel vostro articolo  una quantità che a voi compete e da me riferitavi, cioè quella di Critico, che ritorcendo a me avete soggiunto, de miei pierantoni. (Povero galateo! ...)
Ora ascoltatemi un pò caro voi: Io vi consiglio di essere buono e più calmo, di lasciare la mania del ricorso, per cui pare avete una inclinazione speciale ed alta fama siete per acquistare. Curate di non voler toccare gli altri e pensate che la sola Laurea di Medico Chirurgo non potrà farvi nobile gentiluomo; per essere tale
bisogna essere buono; il che è Virtù suprema dell'animo, e che le azioni siano gentili e dimostrino animo nobile, ciò che in voi sembra che manchi addirittura.
Solo così facendo potrete vivere tranquillo e sano, senza punto turbare l'altrui quiete, che troppo cercate mettere a dure prove, e senza offendere così crudelmente il galateo che straziate tanto.   
E cosi per ora faccio punto,salvo a toccarvi ancora quando meglio lo crederete, giacché io sono sempre a vostra disposizione
 FRANCESCO OLIVA FU ROSARIO

 A conferma di ciò il sig Oliva c`invia il seguente certificato in carta da bollo, che volentieri pubblichiamo.
Il sottoscritto ff. Sindaco del comune di Platì, certifica che il suo concittadino signor Francesco Oliva fu Rosario, non possiede bene dei demani comunali nè limita con essi, si rilascia il presente a richiesta del  signor Oliva.
 Platì, 25 Gennaio 1896.
 Per il Sindaco mancante ,   l'Assessore anziano
Francesco  Oliva fu Arcangelo.       

Pubblicato su LA GAZZETTA DI MESSINA   ANNO XXXIV N. 30  5-2-1896

Questo articolo è quasi un corollario al libro del dottor Vincenzo Papalia, Lividure eteroclite, e l’Esculapio menzionato è lo stesso che ha acceso le ire del dottor Papalia.



lunedì 24 novembre 2014

Papà ma che cosa hai fatto in guerra? Pt. 10





                                                                           Platì 28 - 3 – 17            Al soldato
Sig.r  Gliozzi Luigi
3° Fanteria 13° Compn.
In distaccamento a
            Barcellona
(Messina) Pozzo di Gotto


Ringraziame
nti e cordiali sa
luti da me e da tut
                                                                            ti i nostri
Bettina



Al Soldato Gliozzi
Luigi
Barcellona
(Prov. di)  Messina


                                                     14 – 4 – 17 Fera Giuseppe
Cap.no Medico
Direttore del 16°
Ospedaletto
XX Corpo d’Armata
Zona di Guerra


       Caro Cugino

Come state? Che fate? Chi è adesso il vostro comandante, costì, a Barcellona? – Scrivetemi se avete tempo- Io ò parlato di voi a tanti amici ufficiali del 3° che andavano verso Messina e distaccamenti.
 Aff.mo
Peppe
P.S.  Mi à scritto Ernesto, in risposta a mia cartolina con cui chiedevo notizie di voi, assicuratemi che state costì discretamente.





domenica 23 novembre 2014

Heaven - The Psychedelic Furs





Con voluta lentezza, ritardando con molto sentimento, Messina non mi era mai parsa così bella.
Norman Douglas, Old Calabria

Le foto sono di Alba " http://o-cool-world.tumblr.com/post/103260892729/nel-regno-di-luigi " Gagliano


mercoledì 19 novembre 2014

La spada e la croce (reg. Carlo Ludovico Bragaglia - 1958)



Autore di questo poema incompiuto è G. Fuggiasco poeta di San Luca (l'antica Potamia) amico dello zio Ernesto il vecchio di cui ho già pubblicato Inaugurazione ( Allegoria futuristica in veste passatisteggiante )All’Amico Grantassa. Sicuramente siamo in pochi a conoscerlo, visto che nel suo paese si sono perse le tracce del poeta come dei suoi componimenti. La composizione dovrebbe risalire agli anni venti o trenta del secolo scorso.



Polsiade

_____________////___________
Argomento
____.____

  Al tempo dello storico potamese, Don Antonio Zigàla de’ Scalamoginis, visse in Potamia l’eroe di questa leggenda, Nababbo Barbasotto.
Costui aveva fatto voto, mentr’era nelle lande d’oltremare, di recarsi a Polsi e fare delle fotografie della Madonna e del Santuario. Rimpatriato, infatti, dopo tanti anni, mantenne la parola, e si recò con un aiutante e colla camera oscura, a Polsi.
La fama del suo viaggio tosto si sparse, e il Guardiano del Convento l’attendeva ansioso. Appena egli lo vide coll’aiutante e con quell’incomprensibile arnese, lo scambiò per un miliardario che fosse ivi giunto con un tesoro chiuso in quella specie di scrigno. Ma, deluse le speranze, non volle sapere di fotografie e  mise fuori fotografo e aiutante! Questi, andando via, giurò di vendicarsi; ma al primo attacco frontale, siccome le truppe del Padre Guardiano furono guidate dal famigerato Papà Candela, egli perdette la pugna; ma non disperò, ritentando, con leve di malcontenti, l rivincita.

Canto I.
____.____
1

  Canto i monti, ed il silvano
Convento che da Polsi prende il nome:
le foreste che avvolgono l’arcano
santuario nel fitto di lor chiome:
le grasse mandrie e il Padre Guardiano, (1)
e i questuanti (2) con le opime some:
l’acqua delle viole … (3) e, pian pianino,
il chiuso in botti e fusti ottimo vino! … (4)
____.____

 O Musa, o tu che assisti ogni cantore
che a Marte, o Bacco, o a Venere s’inchini,
prendi sull’ali tue questo mio core
ed issalo con te sugli Appennini ! …
Fagli gustare il gaudio del pastore
E la fede che muove i pellegrini ...
Onde, all’ombra d’un tempio cotanto,
alto rimbombi l’umile mio canto!

1)   A quel tempo, era Padre Guardiano il Rev. Franco Galàpan, uomo austero, che non amava gli
       Scherzi. Ecco, la causa delle complicazioni avvenute
(2)  Questuanti ce n’eran molti, ma chi veramente si distinse fu Fra Rosario. Il quale visse in
       Odor dio santità, pur fra le tentazioni di Zane I e Zane II tiranni di S. Luca.
(3)  Celebre fontana dall’acqua profumata, che il citato guardiano costruì pei forestieri astemii.
(4)  Si allude alle varie specie di eccellente vino, custodito dal convento. Lo storico de’ Scalamoginis, che ne era un buon intenditore, l’à
       ripetutamente gustato e decantato! V. sue opere minori.






2

  Fu già dal tempo del buon Re Ruggero
Che questi luoghi apparvero fatati:
si genuflesse il bove (1) in sul sentiero
e accosservi i pastori costernati! … (2)
Una croce era al fondo del mistero
e i monaci si son quindi adunati!
ecco perché risale a quel momento
la fondazion del celebre convento! (3)

____.____

 Da quel dì sempre fur beati e puri
questi monti; e l’Abbate don Vitale
aiutò i Potamesi in tutti i duri
travagli con la fé che non ha eguali  …
Vi stette in saio irsuto Fra Mercuri,
e vi tornò la Vergine; cui l’ale
aveano messo per portarla via
al Santo Salvator di Potamia

(1)  Si allude alla miracolosa adorazione del bove.
(2)  I pastori, come si vede, si mostrarono da meno del bove, perché si
       costernarono. I pastori attuali non tralignano dai loro antenati.
(3)  Su tale fondazione si ‘possono leggere altri storici locali, più antichi e
       accreditati dello de’ Scalamoginis.
(4)  C’è la leggenda che la Vergine era stata portata altrove, ma
       Essa è tornata, di sorpresa e nascostamente al primo posto.



3

 D’allora in poi la fè sempre più crescente
sempre più folto popolo qui aduna:
e vengon su dalla Trinacria ardente (1)
e dalla Sila giù discendon bruna! …
Questa devota e multiforme gente,
 abbia propizia o avversa la fortuna,
altro che qui prostrarsi non agogna
salmodiando in cembali e zampogna.

____.____

Ma un dì, l’alpestre pace qui, di botto,
urlava un pellegrin di foggia strana:
da strani lidi giunto, chiotto, chiotto,
s’incamminava alla sagra montana,
nol ravvisate ormai? _ gli è Barbasotto, (2)
l’ardito e prode figlio di Lucana,(3)
che dalle Pampe ancor dell’Argentina
scioglie un voto di Polsi alla Regina! (4)

(1)  Fra i celebri pellegrini giuntivi dalla Sicilia, ci fu un tal Don Luigi. Di lui Zane I
       diceva che fu sparato a Troina e cadde a Potamia.
(2)  Eroe della leggenda qui cantata. Di lui c’è larga messe d’informazioni
       nello storico de’ Scalamoginis, suo contemporaneo  che lo fa discendere da Cesare.
(3)  Qui alcuni storici dissentono dallo Zigàla: essi presumono altro paese al posto di
       Lucana _ che suona meglio dopo figlio di …
(4)  Questo voto fu la causa di tutti i guai per Barbasotto. Come vedrassi
       nel corso della narrazione


4

  Il  Padre Guardian, quando avvisando
esservi giunto un pellegrin straniero,
smise sue preci, e in men ch’io non vi parlo,
andò incontro all’illustre forestiero!
E l’assillava tormentoso un tarlo,
e il tormentava assillante un pensiero:
“ chi sa che ricco don, s’io non mi gabbo,
asconde, in suo forestier, (1) questo Nababbo! …”
____.____

 E non cessava mai d’ir contemplando
del nababbo il magnifico forziere:
( una scatola cupa e, a un lato, un blando
vetro chiudente le tenebre vere!) (2)
Il maggiordomo (3) del nababbo, quando
si vide intorno così oneste ciere, (4)
pensò: “ qui, certamente e senza affanno,
felici passerem qualche buon anno!”

(1)  Il P. Guardiano, scambiò la macchina fotografica di Barbasotto con un forziere, e da
       questo fatale errore seguirono gli altri avvenimenti.
(2)  Circonlocuzione per indicare la camera oscura O, meglio, la camera oscura
       vista da chi la scambia con un forziere.
(3)  L’aiutante del fotografo che, visto dal P. Guardiano, appare maggiordomo.
(4)  Si allude al primo entusiasmo con cui furono accolti quando furono creduti
       miliardari.

5

 Ma, mentre il Guardiano ebbe allestito
coll’alloggio un pranzetto ricco e ghiotto,
per cementare (1) il nobile appetito
all’illustre nababbo Barbasotto,
il maggiordomo, ahi duolo inaudito! …
senza volerlo, avea l’incauto rotto,
confessando (2) non essere il gitante
che un modesto fotografo ambulante! …
____.____

 E allora addio pranzetto, e alloggio addio.
Che il Padre Guardian, da furor preso, (3)
decise far pagar bentosto il fio
all’intruso che sì si fea paleso.
E giva ripetendo : _“ Santo Iddio,
guardate che solenne malinteso ! …”
… e, masticando … mirra e cinnamomo,  (4)
scacciò via Barbasotto e il maggiordomo!

(1)  Cementare =  rinforzare Alcuni malignamente sostengono che la cementazione dell’appetito
       fosse stato un metodo culinario per far mangiar poco, in seguito, gli ospiti … lunghi.
(2)  La confessione fu involontaria. Il povero aiutante non poteva aver capito ch’erano  stati
       creduti Cresi, percò parlò sinceramente, e ciò fu la loro ruina.
(3)  Ecco provato che Padre Galàpan non amava gli scherzi! …
(4)  Maniera eufemistica per indicare i moccoli che talora accendono
       Gli ecclesiastici, in maniera, però, dolce e sommessa.


6

 Barbasotto che già tanta acquolina
s’era sentito in bocca scioglier pia
è rimasto di sasso, e la dottrina
l’abbandonò nell’evenienza ria … (1)
Il maggiordomo, in vista a tal ruina,
per poco venir men non si sentia … (2)
Fu così che i due grandi pellegrini
si cangiano in due semplici tapini!
____.____

 Allor che Barbasotto “ della Luna
all’albergo” si vede esser ridotto,
volle tentare  ancor sua fortuna,
a al Padre Guardian volse tal motto:
“ O capo del Convento, in cui s’aduna
ogni ben, (3) de permetti a Barbasotto,
prima di comandarlo all’abbandono,
ch’ei possa meritarsi il tal perdono! (4)

 (1)  In un primo tempo egli ammutolì, né lo soccorse la vasta dottrina. Così gli storici antichi
        Lo Zagàla, però, afferma che Barbasotto non era dotto, e spiega questo passo così:  “ in quel frangente
        Egli si dimenticò della dottrina cristiana i cui argomenti l’avrebbero aiutato “ Ciò calza col seguito.
(2)  Perché involontaria causa del proprio male.
(3)  Secondo lo Zagàla ogni ben si riferisce al P. Guardiano. Secondo gli antichi, invece, al convento.
(4)  Ecco che la Dottrina Cristiana ripiglia possesso di Barbasotto.


7

 “ Util vedrai che al santuario anch’io,
col mio amico, rendermi tosto: (1)
divulgherò pel mondo il luogo pio,
e doppio pioverà qui l’olio e il mosto! .
Una lastra ch’io elabori nel mio
gabinetto, è ben giunta in ogni posto
Infatti, mercé l’arte, da “ tramwista “, (2)
mi fer capo d’azienda, a prima vista!
____.____

 “  E tel può dire l’” Officiale Herréro “ (3)
quanto ben visto io fossi agli alti lochi:
quand’ei mi ripuliva il pozzo nero,
e, a viver da signori, eravam pochi …
colle posate tutte argento vero …
col “ mate “ tutto il dì su cento fochi … (4)
Oh Padre Guardian, se m’eri allato
vagliavi allor la forza del mio stato! …

(1)  Qui gli antichi sostengono la interpretazione allegorica: “ egli prometteva rendersi utile subito …”
       Invece lo Zigàla propende per l’interpretazione realistica : “ egli , coll’aiutante, volevano “ mpistonarsi “!
(2)  Si allude ai trionfi, dell’altro mondo, di quello cioè argentino.
(3)  E’ il nome di battaglia di un celebre avversario di Barbasotto, detto “ Licinio di ostéra “
       Costui, prima, usufruì della protezione di B. e, poi, gli si mise contro. Secondo
       altra versione pare che B. usufruì prima, della protezione di Licinio e, poi, lo combatté.
(4)   Riscontrare le narrazioni dello Zigàla riguardo “ Le posate d’argento “  ovvero “ Sbucciando patate ..”        
        ecc. …


8

 “ Per or ti dico sol che, in tanti modi
gaia ci sapevan rendere la vita:
era quello un paese di “ Bengodi “
e passavamo il dì fra “ zita “ e “zita “! (1)
Io, una volta, così come tu m’odi,
conquistai la più nobil “ senorita “
del luogo, che fu quella donde il motto
mi venne di Nababbo Barbasotto! (2)
____.____

 “ Insomma io non ti espongo altro argomento
per provarti il mio senno e l’arte mia:
dargli un lustro saprò che mai s’oblìa …
Or  tu perché d’inedia mi vuoi spento? …
che mi neghi fin gl’infimi fagioli? … (3)
E, se non piangi, di che pianger suoli? …”(4)

(1)  Metodo argentino di far lucrar poco argento in cambio di molto svago.
(2)  L’aneddoto è alquanto piccante. Rimandiamo il lettore allo storico Zigàla, o agli altri
       antichi, che lo riferirono in modo concorde.
(3)  Nella gerarchia delle vicende del convento, i fagioli pare occupino l’ultimo
       posto. Dal giorno che li à maledetti S. Luciano, il protettore dei funghi velenosi.
(4)  Il B. per muovere gli affetti, non  isdegna le avvedutezze retorico - letterarie
       come qui può vedersi. E ne avrebbe auto frutto se avesse trovato un osso
       meno duro di P. Galapàn.


9

 Dice, e il Guardian per nulla intenerito (1)
“ Che farci non sappiam dell’arte vostra”
Risponde; e, verso le “ Tre Arie “ (2) il dito
steso, la via del paésel gli mostra!
Il Nababbo avvilito, annichilito
s’avvede che perduta è ormai la giostra …
Onde, gli ordini dati al maggiordomo,
con essolui si squaglia tomo, tomo ! …
____.____

 Squagliossi, è vero, allor; ma dentro il
cor  di trar terribile vendetta ..
E, assente il Guardian, a cielo sereno,
un bel dì vi piombò come saetta …    
Ei di lanzichenecchi tenea a fren
un’orda (3), ma il Cugino di Zuppetta, (4)
che, allor, del Guardian sedeva al posto,
decise fronteggiarlo ad ogni costo!

(1)  Ormai è una verità solare: P. Galapàn non amava gli scherzi! Figurarsi che egli non ammetteva la teoria 
       dei funghi, quando discutevano con S. Luciano intorno alla vita eterna!
(2)  Giogaia di monti a mezzodì del Santuario, nella direzione di S. Luca. Da questa cacciata ebbe origine
       il canto dei pellegrini: “ Torna al tuo paesello – ch’è tanto bello! “
(3)  Squadre di filibustieri al comando di Barbasotto.
(4)  Prelato trappista, chiamato a sostituire temporaneamente P. Galapàn. Mercé la sua avvedutezza
       e tenacia, gli sforzi militari di Barbasotto quella volta fecero fiasco.                


10

 Era già l’alba e, alle turrite mura
di Polsi, s’appressava Barbasotto,
per cingerla d’assedio e di paura,
e guastar del nemico il pianto rotto …
Ma di Zuppetta il consanguineo (1) cura
ben mise alla difesa del ridotto,
chiamando a capo di sua truppa anela
chi in pace e in guerra val, Papà Candela! … (2)

 Papà Candela, ch’à già superato
_____ le astuzie e Cacusenno,
guardò di Polsi il campo trincerato
e, coll’abitual scettro, (3) ai suoi fé cenno:
“ Sieno aperti i valichi, e sia dato
libero ingresso a quei ch’entrar qui denno! …
Fu il lor capo d’alloggio un dì qui scemo?
Or non son io se succo a lui non spremo! … (4)

(1)  Il Prelato Trappista cugino del celebre giureconsulto: Il quale scrive pure intorno agli avvenimenti
       di cui ci occupiamo. Vedere il suo trattato: “ Questi le fatte “.
(2)  Parente del precedente. Egli, come Cincinnato, era prode in pace e prode in guerra; per cui non
       rifiutava nulla, “ fussero frutti di agricoltura, o d’industria, o di guerra “.
(3) Bacchetta magica che Papà Candela portava sempre seco: Lo Ziggàla riferisce che i montanari
      del posto la credevano fatata. Sembra siagli stata regalata dall’amico Gattamelata.
(4)  Papà Candela, fra le altre vittorie, registra anche quella così detta del limone di Carnéra.
       Per maggior schiarimenti rivolgersi ai cronisti del tempo. Si vedrà chiaramente
       essere stato Papà Candela uomo d’azione, tanto ch’ei  dispregiava i libri e coloro
       che li acquistavano. Sostenne in proposito brillanti dispute col Padre Trappista.

11

 Intanto Barbasotto in luccicanti
bardature, e fra eroi dal piglio fiero,
ingresso fé, tra cembali sonanti,
nel turrito convento di Ruggero.
Papà Candela e i suoi, con gai sembianti,
fraternizzaron tosto col Guerriero …
lo quale, in sommo giubil, per più giorni
poggiava le razzìe fatte in quei torni …

____________
Manca il seguito
12

E pur che faccia, per la congrua lotta,
leve dei malcontenti più vicini:
ha già con sé il Prelato “ Mezzabotta “,
che ancora aspetta i Polisan suini,
insieme con lui che va, a quest’otta,
a la spiaggia di Motta Bovalini …
… poi ci à d’ingengneri una dozzina
dal Citarista al Santacatterina …


________________
Manca il seguito

Interruzione del manoscritto






lunedì 17 novembre 2014

Calore in provincia (reg. Roberto Bianchi Montero - 1975)



Casignagna
E’ distinta dall’altra Casignana, antica città vescovile presso Morgeto, oggi S. Giorgio, patria di S. Eusebio Sommo pontefice, martirizzato il 310.

La Chiesa si vuole sia stata edificata verso la fine del secolo VIV ed era di forma orientale-greca. In essa vi era il soccorso ed un beneficio annesso detto di S. Maria dell’Itria ( oggi contrada Iuditria ) con beni proprii e quello di S. Giuseppe.
Vi  era in essa l’altare del  AS. S. Rosario di pertinenza della Congrega omonima e da essa mantenuto. I sodali dopo morte avevano diritto a n. 20 messe. Vi era inoltre l’altare di S: Michele Arcangelo eretto dal Sac. Tomaso Borgia con l’onere di una messa settimanale per l’anima sua. Nel 744 essendo crollato il campanile venne riedificato dai fedeli. Nelle catacombe della chiesa vi era pure l’altare dell’Immacolata e di S. Giuseppe di pertinenza del Sac. Stefano Piteri, esaminatore sinodale, rettore del Seminario e poi !° Arcip. Di Casignana. Vi era in essa l’onere di una messa  settimanale. Nel 1751 in occasione della S. Visita il Vescovo Rossi ha dovuto interdire la Chiesa per lo stato indecente in cui l’avevano lasciata le piogge.
Vi era inoltre la Chiesa della S. S. Annunziata con rendite proprie amministrata da un procuratore e la Chiesa di S. Rocco nella quale dopo il terremoto del 183 per essere entrato in capriccio l’Arciprete pro tempore  vi proibì la celebrazione delle Messa nonostante la necessità impellente per il popolo, specie pei vecchi, i quali essendo la chiesa parrocchiale all’estremità del paese non potevano andare per l’improbabilità delle vie.
Nel 1852 dopo la visita dell’Intendente della provincia con volontaria sottoscrizione si son raccolti 618 ducati e con questi si ingrandì e riedificò la chiesa di S. Rocco che era posta in luogo centrale del paese esistente ancora ed in buone condizioni. In essa vi era la confraternita di S. Rocco, fondata nel 1873, il cui statuto fu approvato dal Vescovo Mangeruva nel 1894. Essa venne sciolta in seguito alle giornate rosse del 1922 ed ancora non si è riorganizzata.
In territorio di Casignana sono situati i fondi che appartengono all’Abbazia di S. Nicola di Butrano annessi poi all’Abbazia di Pugliano e che appartennero alla Cappella del Presepe di Roma. Vi sono pure i latifondi che appartennero all’Abbazia di Polsi, un tempo appartenente ai basiliani. La chiesa esisteva fino al 1750 e vi si celebrava la festa di S. Nicola. Vi era un’altra chiesa detta del S. S. Salvatore che un tempo apparteneva ai basiliani pure. Vi era inoltre una chiesetta rurale detta di S. Maria di Calamona, la cui festa si celebrava il martedì dopo  Pasqua di resurrezione. Era stata eretta nel 1622 a devozione di D. Martino De Napoli come si rileva da uno scritto; non aveva rendite, ma solo un giardinetto e di celebrava per devozione una volta la settimana. Il Sac. Giuseppe Medici aveva restaurato i muri che erano caduti, ma è crollata in seguito al terremoto del 1783.
L’Arcipr:  di Casignana per antica consuetudine gode il privilegio di stabilire il prezzo delle vendite del grano che pubblica in chiesa il giorno della festa di S. Rocco sempre il 16 Agosto.
Sac. Ernesto Gliozzi il vecchio

domenica 16 novembre 2014

Lacrime d'amore, un commento

Di solito i lettori fissi dei blog difficilmente vanno a rivedere i post pubblicati precedentemente, quindi scoprire se vi sono nuovi commenti. Quando io scopro questi commenti mi glorio (u gloriusu era un soprannome molto popolare a Platì, come molto popolare era il suo proprietario) di farli diventare post del giorno. Questo vale da incitamento all'anonimo di svelarci il suo nome, senza timore; a gloria di quanti in Platì videro la luce.

Ho trovato questo blog per caso e devo farle i miei complimenti perché è davvero interessante.. Questo articolo mi ha incuriosito poiché essendo di Platì mi sono sempre chiesta chi ci fosse in quella tomba così grande e diversa dalle altre..e da quel che ho letto in quella grande tomba c e una grande donna !

la tomba  cui si riferisce l'anonimo è questa (per dovere ripeto qui  che la foto è di Francesco di Raimondo)


ed il link del post col commento è questo: