NUMERO UNICO
Per cura degli amici
Di Giacomo Tassoni Oliva
cognato dell’estinta
LACRIME
SU LA TOMBA DI MATTIA MIGLIACCIO IN FURORE
Platì XXIII febbraio 1910
L’ESTINTA
Da la nobile casa Migliaccio, figlia del Cav. Domenico e Rosina Scaglione nasceva il 31 Dicembre 1880 la signorina Mattia, un vero angiolo che doveva allietare la famiglia.
Fu buona e pia sin dall’infanzia ed una prerogativa la distingueva fra le altre sorelle: l’assennatezza eccessiva.
Al vederla quasi sempre pensosa si sarebbe detto che quella giovinetta fosse taciturna o superba …se una bontà celestiale non risplendesse nei suoi begli occhi larghissimi:era l’umiltà personificata.
Le sorelle correvano a lei per consiglio; nella casa era d’una attività fenomenale e , nei momenti di riposo, sfogava tutta quanta l’anima sua religiosa nella penombra della piccola cappella gentilizia.
Chi sa quali e quanti consigli apprendeva dal labbro di quel Divino Martire dell’Amore!...
E crebbe nel santuario della famiglia, nascosta come una viola e spandendo intorno a se i più soavi profumi.
Senonché le sorti dovevano mutare e quell’angiolo doveva esplicare in un’altra casa la sua nobile e savia attività.
Il carissimo Giosofattino Furore da Platì, ammirando le rare virtù, nonché l’aristocratica discendenza della giovinetta, la sposava il 2 Agosto 1908 e – felice di tale conquista – la conduceva seco a reggere le sorti, con lui, del vasto patrimonio.
La felice coppia non aveva niente a desiderare; la nuova Signora Furore non durò fatica ad accattivarsi l’animo del numeroso personale a lei dipendente e quello dell’intiera cittadinanza platiese.
Queste popolane al vederla così mite, caritatevole e religiosa non sapevano nascondere la loro sincera ammirazione, la benedicevano col cuore e le auguravano la suprema gioia della maternità.
Oimé! Nella maternità trovò la tomba!...
Il cielo volle rapircela e con lei, il grazioso frutto delle sue viscere.
Gesto
L’ultima ora!
Quelle grida di “spavento” mi ferirono l’orecchio … in quell’ora d’ansia e di trepidazione, di sconforto e di speranza, l’animo nostro inquieto era schiavo dei nervi sovraeccitati … ogni minima cosa prendeva proporzioni giganti, ogni minimo rumore ci suonava sventura …
Quelle grida di “spavento” le risento ancora … Mutossi di un tratto lo scenario di casa Furore: meste ed afflitte giacevano l’un l’altra vicine tre figure e l’un l’altra si confortavano con affettuose parole. Sul loro aspetto si leggeva l’ansia per la soluzione di un problema da cui dovrebbe dipendere la loro felicità o la loro sciagura! …
Che immenso quarto d’ora!...
Non è possibile, Ettore diceva a Giacomino, guardando la sorella Carolina, non è possibile che finisca male questa bella giornata di primavera … speriamo figliuoli … speriamo! …
Non è diversa la scena della stanza vicina: due altre figure piangono e sperano …, l’istessa mestizia li avvince, l’istesso dolore le accascia e l’istessa speranza tien loro la vita: Giosofattino e la sorella si scambiano parole di conforto ed a vicenda s’incitano a sperare! …
Quelle voci di “spavento” mutano le scene: i medici perdono la speranza: gli ultimi rimedi non giovano: nulla resta alla scienza che firmare una condanna ed è condanna di morte! … La condannata è Mattia e deve morire! …
Quelle grida di “spavento” s’espandono subito nelle stanze di casa Furore … l’angoscia è di tutti … il dolore non trova lo sfogo nel pianto: son poca cosa le lagrime e la disperazione invade l’animo di quelle cinque figure! ...
E chi ha coraggio di dire una parola di conforto?! ---
Giace esanime Mattia , martire della più nobile missione di donna: quali e quante lagrime, quali e quanti dolori e quante amarezze potrebbero equilibrare la giovine vita spezzata?! …
Sono le tre pomeridiane passate! XXIII Febbraio 1910
N. Spadaro
Le foto della cappella Furore sono state scattate e concesse da Francesco, a cui farà piacere quanto pubblicato.
continua ... qui: