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venerdì 6 aprile 2012

Pranzo di Pasqua (reg. Melville Shavelson - 1962)

Quando i platioti erano immigrati nella loro patria




Buccinasco – 30 – 3 – 1964
Carissimo signore vi scrivo questi poche Righe per dirvi che noi stiamo bene inziemi a vostro figlio Giuseppino speriamo che anche voi tutti godeti di ottima saluti. Adesso vi dico per il mastro di non pensare nienti perché sta bene vi dico che il giorno di Pasqua si a fatto la Santa Comunione e per mangiare a mangiato co Rosario Murabito e oggi appunto che di pasquetto  siama al presenti che mangiamo inziemi a casa mio e stiamo tutti bene speriamo che anche voi aveti fatto una buona Pasqua adesso vi riceveti i più cari saluti da me e famiglia insiemi a vostro figlio vostro indimenticabile
Pangallo Francesco

Riceveti i più cari baci per voi tutti in famiglio e mi baciati tutti i nipoti vostro caro Giuseppe





Messina 14 – 3 – 67
Caro zio
Spero che la presente vi trovi in ottima salute, io sto bene.
Caro zio spero che la mia cartolina vi è arrivata.
Io oggi vi scrivo per Pasqua e vi auguro di passarla bene in salute. Io sabato ho ricevuto la lettera da casa che mi dicevano che stanno bene tutti, gli zii Pina, Rosina e famiglia vi salutano e vi mandano tanti baci. La nonna sta bene ora mi congedo da voi salutandovi e augurandovi una buona Pasqua vostro nipote
             Gino



giovedì 5 aprile 2012

Mater dolorosa (reg. Giacomo Gentiluomo - 1942)




Signori
L’avete visto nel vespero di sangue di ieri sera:
“Stava Maria Dolente
 Senza respiro e voce
 Mentre pendeva in croce
 Del mondo il Redentore”
Un supremo spasimo serra ora il suo cuore e scalza, coi capelli discinti sotto l’azzurro manto, appoggiata alle altre pie donne, cammina con la fissità di un dolore che non conosce più scampo.
Ella, in verità, non si lagna, non domanda, non geme, legata con le viscere, con l’anima alla spoglia del suo bellissimo Figliuolo ucciso, dominata da quell’amore infinito, reso sublime dall’adorazione della donna verso il Signore.
Madri che avete visto la morte  accanto al letto del vostri figliuoli, madri inconsolabili per la perdita del frutto delle vostre viscere, ditelo voi, se il suo dolore è veramente profondo.
O voi tutti, pare che ripete, aspettate e vedete se vi è dolore simile al mio dolore.
Non per tanto, le ferite del cuore si fasciano con le bende del conforto ed un cuore ferito tende verso un altro cuore ferito. Ed è per questo, unicamente per questo, che io mi rivolgo in questo giorno a tutti quanti conoscono l’assenzio che amareggia la vita e dico loro: Non avete dell’unguento, del nardo spicato prezioso, della mirra odorosa per imbalsamare il cuore di questa Madre Addolorata? Non l’avete? Ebbene, datemi la fede con la quale si trascinano le montagne, datemi la speranza che è palpito dei cuori, madre degli eroi, datemi la carità che la terra infiamma coi raggi suoi, ed io vi solleverò in un altro ambiente di vita che non conosce tramonto, in un’atmosfera di grazia e di verità e di pace per cui sette spade trapassarono il Corpo del Figlio e il cuore della Madre. Oh ideale grandissimo di questo primo Martire, tu solo esisti, io lo confesso e giuro -

Sac. Ernesto Gliozzi sen.


mercoledì 4 aprile 2012

Metti una sera a cena (reg. Giuseppe Patroni Griffi - 1969)



Fervorino pel Giovedì Santo 1916
Ragazzi
Dice l’Apostolo S. Paolo che Dio nel creare il mondo ci diede una prova della sua onnipotenza traendo dal nulla tutto ciò che ammiriamo, ci diede una prova della sua sapienza disponendo armonicamente le cose tutte in ordine, peso e misura, ci diede una prova della sua bontà allorché volle mandare il suo diletto Figliuolo a sollevare le sorti dell’umanità caduta.
Ma chi poteva mai pensare che Egli avesse ancora un’altra prova per dimostrare il suo infinito amore? Forse Gesù non aveva fatto abbastanza per noi? Non era bastato nascondere la sua divinità, nascere in una stalla, vivere come un giovine di bottega,  essere contrariato, maledetto, e poi morire sopra una croce? No, o ragazzi, Gesù ancora non aveva finito; perché se tutto ciò bastava alla nostra redenzione, non bastava al suo cuore che era tutto un intessuto di amore.
Guardatelo infatti eccolo là a mensa con i suoi discepoli osservate come il suo volto è raggiante di splendore, i suoi occhi brillano come due stelle; da tutta la sua persona si comprende che Egli sta meditando grandi cose, sublimi, misteriose.
Ho desiderato ardentemente di mangiare con voi l’ultima Pasqua. Adesso più che mai mi sento bruciare d’amore il petto; ancora pochi istanti ed il Figliuolo dell’Uomo sarà dato in mano dei nemici; ma non vi lascerò orfani! Sarò con voi sino alla consumazione dei secoli. E ciò dicendo prende il pane, lo benedice lo spezza, lo porge ai discepoli dicendo: Prendete e mangiate è questo il mio corpo che per voi vien dato. Non come i padri vostri che mangiarono la manna del deserto e morirono; chi mangia della mia carne avrà la vita eterna.  Fu allora che la Sapienza increata unendo la sua onnipotenza al suo amore infinito comandò che fossero sospese le leggi di natura e rimanendo le sole specie del pane, gli uomini si cibassero per la prima volta della carne di un Dio.
O portento di amore!

Sac. Ernesto Gliozzi sen.

martedì 3 aprile 2012

Harvest



Se finora non l’avete capito, ho il culto di C’era una volta il west. L’ho prenotai dalle paoline e tra le altre proiezioni, perché i film circuitavano, con me e il Fumeo, nelle varie sedi dell’E., desideroso di vederlo da solo invitai Adolfo ed Angela, un’allieva di quell’anno. Nella prima agghiacciante apparizione di Henry Fonda, lei scioccata gridò: “no, Henry Fonda fa queste cose?” Non sapendolo mi rese immensamente felice. Era proprio questo lo scopo di Sergio Leone quando scritturò l’attore di John Ford: il buono in senso assoluto, il mite Tom Joad di Furore, in quel film doveva essere più cattivo di Lee Van Cleef nel precedente. Ancora dopo circa quindici anni faceva quello strano effetto sul pubblico.
Persi l’amica ma io ero ancora per il cinema, specie quello leoniano, e non sbaglio se vi dico che a Messina ero il suo profeta. In molti erano quelli che mi prendevano in giro a causa della mia  passione per Clint Eastwood e la musica di maestro Morricone, molti erano quelli a cui non piacevano sia i primissimi piani sia la lentezza delle scene.

In quel posto di lavoro, la chiamano formazione professionale, si svolgono corsi, in particolar modo per ragazzi poco vogliosi di continuare gli studi, ma anche per diplomati e laureati che non sanno la strada da imboccare. La vera attività è quella di tenere, oggi più che mai, lontano, dalla strada, come dalla droga e dalle armi, migliaia di possibili sovvertitori di leggi malfatte,  ad uso e consumo di chi sta al potere e di chi non la pensa come loro, ed anche di chi vuol graduare tranquillamente la televisione. Ma questo non lo si è voluto capire, neanche da chi presta la sua opera come formatore. Molti pensano, specie i professionisti, chi deve essere più preoccupato di tutti, che mangiamo i soldi che loro versano all’Agenzia dell’Entrate. Noi passiamo i mesi senza il dovuto, e senza il sostegno dei sindacati che si sono lavate le mani come è loro costume, ora immaginatevi dieci squadroni di questi ragazzi, esasperati dalla mancanza di prospettive nella vita, per le vie di una città come Messina… altro che I guerrieri della notte di Walter Hill… forse arriverebbero a nutrirsi di carne umana come ne La strada di Cormac McCarthy – ma non preoccupatevi, dormite tranquilli, è solo la mia fantasia, o catastrofismo, questi ragazzi sono annorbati  dalla televisione, dal sesso precoce, e dai cibi pieni di sostanze conservanti che li mantengono quieti e inadatti a qualsiasi ribellione.

lunedì 2 aprile 2012

I compari (reg. Robert Altman - 1971)





Acquaro  2 Aprile 1898

Mio stimatissimo compare

Meglio tardi che mai, dopo tanto lungo silenzio trovasi la combinazione di scrivervi la presente  lettera onde manifestarvi lo stato perfetto di mia salute, e di mia famiglia, come spero altrettanto di voi tutti.
 Saputo dal sacerdote Sig.Fiera che siete ammalato con un romatico che vi seccò metà vita, ed è nell’impossibilità di guarirsi. Questa notizia mi ha recato un grave dispiacere che mi fece tremare della collera.  Ma del resto caro compare non vi affondate a tanto che le malattie inguaribile  le guarirà il nostro Dio  perciò fatevi coraggio e uniformatevi alla volontà sua che lui è colmo di grazie e potrà benissimo guarirvi in un momento.
 Basta non credo che la S. madre dello Reto non vi concederà tale grazia, fidatevi in lei che è madre di tutti ondi vi salverà di tale malattia.
Non più mi allungo vi acchiudo i miei saluti porgendoli alla vostra cara famiglia, come lo stesso fa mia moglie e mio figlio, io saluto con particolarità i miei compare D. Ernesto e D. Luigi, ed a voi caro compare un caldo baci ed una stretta di mano
Credetemi vostro aff.
Compare
Maugeri Girolamo

P. S. La lettera era indirizzata a Francesco Gliozzi padre di D. Ernesto e D. Luigi

mercoledì 28 marzo 2012

Milk - Kings of Leon


Ciurrame, i formaggi,

le uova

e un gatto ciecato in un occhio


martedì 27 marzo 2012

Un prete scomodo (reg. Pino Tosini - 1975)








Primo tempo

Mio veneratissimo amico sig. Arciprete
Venendo superiormente chiamato a riferire quale sia, sottogni riguardo, la condotta del Sacerdote Don Antonio Vottari Economo della chiesa di San Luca, ricorro da voi che conosco eminentemente coscienzioso ed incapace di amentire , onde vi compiacciate, con tutta riservatezza e con la maggior sollecitudine che vi è possibile, favorire dirmi della di lui condotta, e sotto tutti i riguardi. Egli viene accusato presso la S. Sede come disonesto, intrigante, usurajo ed ambizioso. Gli si da l’accusa di disonesto, perché dicesi essere di pubblica cognizione i suoi amori con una donna, che poi fece sua cognata; d’intrigante, perché non lascia via a fine d’introdursi nelle famiglie e disturbare la pace: d’usurajo perché si approfitta senza o con poca mercede la robba del misero e la negozia a suo pro, vendendola al quintuplo di più della compra, ed in fine di ambizioso, perché vole ed intende dominare in quel paese, e perché ha stimato necessaria una qualche protezione appo le autorità civili che egli è uno di quei che hanno dei sentimenti opposti alla Chiesa. In tale attenzione vi anticipo i miei ringraziamenti e pregandovi a ricambiarvi di tanto incomodo con molti pregiati comandamenti, vi stringo al cuore e pieno di  tutta venerazione, mi pregio essere sempre vostro devotissimo servo  Giuseppe Maria Bova Parroco
Gerace 23 maggio 1869

Secondo tempo

Mio veneratissimo amico sig. Arciprete
L’autorevole personaggio che mi chiedeva con pressura l’esatto informo sulla condotta del Sacerdote che fu il soggetto della riservata che vi diressi da più di otto giorni dietro, mi raccomandava di riscontrarla colla massima sollecitudine, dovendo rispondere in Roma dove il Sacerdote fu accusato di tutt’i capi che vi trascrissi nella detta mia. E’ perciò che vi prego caldamente favorirmi subito del suo desiderato riscontro onde possa senza ulteriore differimento riscontrare ancora io l’uffizio che mi ebbi riservato su l’oggetto . Scusate la mia importunità, comandatemi in che valgo a servirvi e credetemi  quale stringendovi al cuore mi preggio di essere vostro devotissimo  servo Giuseppe Maria Bova
Gerace  2 giugno 1869

Terzo tempo – Fine

Platì  7 Giugno 1869 –

 Veneratissimo Sig. Parroco – Nel ringraziarvi disinteressatamente della fiducia di cui mi onorate  colle due venerate vostre, vi prego compatirmi se non ho potuto pria di ora servirvi, attese le difficoltà che incontrai a scoprire il vero in un paese pieno di partiti, ove niente potea vedere cogli occhi propri e tutto dovea rilevarlo dalla testimonianza altrui. La missione ingiuntami era molto difficile in un tempo brevissimo, sicché io medesimo non son sicuro di aver scoverto il vero, uomo onesto ed indipendente dagli intrighi dei partitiro, e raggiuntomi lo scopo prefissomi.  Mi son da primizio diretto dal Sig. Don Domenico Stranges mio stretto congiunto, e lo stesso con sua riverita lettera mi assicura essere una nera calunnia tutto ciò che s’addebbita al Reverendo Sacerdote Don Antonio Vottari. Indi mi diressi ad altro onesto personaggio, e senza rivelargli lo scopo  mi feci segnare otto persone le più morali ed oneste del paese conoscitrici dei fatti pubblici, le quali interrogate separatamente l’una dall’altra sopra i fatti si addebitano al predetto Sac.  Vottari, previa monizione sull’importanza di dire il vero e sotto la santità del giuramento; le stesse unanimemente hanno deposto nel modo seguente cio è: 1°  inquanto alla illecita corrispondenza si dice tenuta dal suddetto Sac.  Vottari con Antonia Giampaolo che poi fece sua cognata, dissero questa diceria a loro non costare affatto, e conoscono essersi derivata e propagata da persone sue nemiche tra le quali particolarmente figura D. Bno Zappia fu D. Sebastiano il quale desiderava avere per moglie la suddetta Sig.ra  Antonia Giampaolo, sorella del fu Arciprete e non avendola potuta avere, vedendo nella persona del Sacerdote Vottari , l’ostacolo principale a conseguire il suo fine,  incominciò a sparlare contro il prelodato Sac. Vottari e disprezzando la Sig.ra Antonia Giampaolo dicendo che erano tra loro in illecita corrispondenza: certo che lo Zappia non l’avrebbe desiderata per moglie s’era convinto di tanta sua immoralità, mi fecero pure osservare che la suddetta Giampaolo conviveva con il fratello arciprete ed allora solo il Vottari frequentava la casa dell’ Arciprete, ora nonostante ch’è sua cognata abita in distinta e lontana casa e con tutta la indifferenza da non destare menomo sospetto di sua onestà. 2° In quanto al negozio s’imputa di comprarsi il genere del Sac Vottari a prezzo vile e si vende poi a carissimo prezzo: mi risposero questo mestiere non esercitarsi personalmente dal Sac Vottari, ma sibene da persone di sua famiglia cioè fratello e sorella e dippiù che si praticava in S. Luca comprassi con anticipato  impiego di denaro, un tomolo di grano per Ducati 1.20  che ora dalla famiglia di Vottari si compra per Ducati 1.80 e che le altre persone industriansi del mestiere hanno dovuto uniformarsi a  questa cifra ed invece di Ducati 1.20 ad imitazione della famiglia del Sac Vottari danno anticipati Ducati 1.80.  3°. In quanto all 3° imputazione imputatagli nella quale si dice il Vottari intrigante, che s’immischia negli affari amministrativi del Municipio del Comune, asseriscono non aver mai veduto il Sac Vottari in mezza al municipio nella Segreteria Comunale, ma si bene essendo il paese di S. Luca una terra d’ignoranti e trovandosi l’amministrazione comunale nelle mani di Massari di campagna, esclusi i Signori Stranges per la gran lite, che pende col Comune, godendo il  Sac . Vottari la fiducia del pubblico, avviene spesso che persone del municipio e dell’aministrazione Comunale accedono alla casa del Prelodato Sac. Vottari per riscuotere qualche consiglio, ed essere dirette nelle loro faccende. Conchiusero in fine essere uomo grazioso, che compie lodevolmente la sua missione e senza la menoma ingerenza nel politico. Questo è quanto ho potuto raccogliere dalle indagini sul conto del Sac. Vottari ed in onore del vero ed in esecuzione dei pregiatissimi vostri comandi dei quali vi prego onorarmi sempre donandomi il massimo piacere, mentre baciandovi la mano col vostro Cantore zio mi offro a servirvi e con segni di stima e riverenza mi dico
Vostro obbligatissimo servo ed amico Filippo arciprete Oliva

Per la cronaca, ritengo questa lettera, ritrovata nella raccolta di corrispondenze in casa del nonno Luigi, scritta dall’arciprete Filippo Gliozzi, prozio del nonno , per conto dell’altro arciprete Filippo Oliva, allora parroco di Platì, la scrittura e la mano sono indiscutibilmente  sue.

Il  Sacerdote economo Don Antonio Vottari nel 1886 fu elevato ad Arciprete di San Luca, carica che conservò fino al 1918.

lunedì 26 marzo 2012

Buone notizie (reg. Elio Petri - 1979)



Corsico  - 4 – 5 – 1961
Carissimo signore – con un anno di ritardo vi scrivo due righe per dar buone notizie da me e famiglia
Contento che stati tutte bene ora vi dico che io sto bene qui a Milano e de difficile che io vengo più a Platì ma qualche volta ci vediamo
Ora vi mando questa foto per farvi vedere come sono mi dovete scusare perché non o scritto prima perché non la prendo per punta
Ora vi dico se mi mandate una foto di Giovannino e Luigi perché li voglio vedere come si sono fatti grandi ora riceveti i miei più distinti saluti da me e famiglia. Mi salutati tutta la famiglia e ai discepoli del mio vecchio maestro tanti baci a luigi e di più a Giovannino
    e sono vostro
    Cugino
    Pangallo
       Francesco


venerdì 23 marzo 2012

Harvest




Continuai a svolgere compiti logistico-amministrativi e… ebbi una sala cinematografica tutta per me: io programmavo, io proiettavo, il pubblico era quasi tutto di giovani. La sala non aveva un nome, era all’interno dell’E.. Il direttore in questo, e fu l’unica volta, mi diede libertà assoluta, un po’ ascoltavo il povero Antonio Marzotti, docente di materie umanistiche.
I cataloghi erano quelli del cinema Loreto di Platì: l’Angelicus di Messina e la San Paolo Film di Catania, non poteva essere altrimenti. Il proiettore era un sedici mm. Fumeo, acquistato presso il negozio di foto-cine di Angelino Panzera. Lo schermo della sala, a parete, era stato predisposto involontariamente dai proprietari dell’appartamento sede dei corsi, ed incredibilmente in una cornice in gesso, in CinemaScope. Già al momento del sopralluogo per prendere in locazione l’appartamento, come entrai in quel salone e vedendo quella cornice pensai subito a quell’utilizzo finale.
E finalmente, come in una metamorfosi di Ovidio divenni Mimmo Addabbo.
Poco distante dalla sede di lavoro c’era la casa dell’avvocato Mongiardo, agente dell’Angelicum in Sicilia, in via Citarella, a monte del viale San Martino, poco più sopra l’edicola di Santino Privitera.
Mettendo piede nello stanzone dove erano depositati e catalogati sia le pellicole che i manifesti ebbi un attimo di esitazione, perché accanto alla porta c’era un lettino dove dormiva la mamma del padrone di casa. Vedendola mi spaventai, lei mi tranquillizzò e mi spiegò che pur essendo la casa grande, suo figlio aveva ritenuto opportuno adagiarla nel suo luogo di lavoro. Qualche tempo dopo la signora mi rivelò che suo figlio l’aveva posta lì per tacitare la moglie brontolona.
A parte ciò appena cominciai a guardarmi attorno ebbi una specie di seconda visione, velocissima, di tutti i film che avevo visto al cinema Loreto, un gran numero erano appesi alle pareti di quello stanzone. Chiesi all’avvocato Mongiardo se aveva noleggiato in passato i film per quel cinema, lui mi rispose: “ Si, certo, conoscevo benissimo l’arciprete Minniti e Mimmo Addabbo, di cui sono stato spesso ospite a pranzo e lui è stato qui da me.”
Ai miei spettatori potevo far vedere qualsiasi cosa, ancora dovevano fare la comparsa videoregistratori e videocassette, loro gradivano tutto pur di non fare lezione. In pratica molti venivano perché avevano al scusa di uscire da casa, in modo particolare le ragazze provenienti dalla periferia.





giovedì 22 marzo 2012

Il dolore e la pietà (reg. Max Ophuls - 1969)


Lacrimae rerum
- A la santa memoria di mia madre –

Sono qui, dove la più orribile de le sventure mi ha colpito, occupo il posto dove tu sedevi e, nell’intensità di un dolore, quanto il mare profondo, scrivo …
Scrivo e ripenso all’immane convulsione tellurica del vent’otto dicembre quando, da un cumulo di macerie t’ho scavata agonizzante, quando per scampare e comprare la tua preziosissima vita sono andato a mendicare un ricovero; e le occhiate di grata riconoscenz con cui mi ferivi l’anima.
E’ questo il letto su cui ti vidi fredda, cerea, immobile! … sono qui, attorno, le figure dei tuoi figliuoli diletti e le altissime grida d’un dolore acuto mi straziano ancora:
“ Oh mamma, oh mamma! …
E queste mura risuonarono per tre giorni de le tue lodi; vennero a dirmi tutti, tutti – senza distinzione di classe – quanto eri buona … come se non lo sapessi! Come se io non fossi ne la piena convinzione che tu eri una santa!
Ne l’intimità del dolore però ho amato, ringraziato ed abbracciato tutti; perché sentivo il tuo Nome rifiorire su le loro labbra come una Rosa, di cui portavi il nome.
Eri buona, eri bella ed eri forte.
Eravamo piccini ancora: sul nostro tetto si addensavano neri nuvoloni di tempesta e saremmo andati in rovina se tu con le tue braccia robuste, non avessi stretto, come un cerchio di ferro, la casa. Ad essa consacratsti il contributo di tutte quante le tue virili energie e ne la tensione dolorosa, alla fine le tue forze caddero e ti spezzarono il cuore. L’ideale, non appieno realizzato, ti travolse tra le sue pieghe aeree e t’involasti serenamente, come un angiolo, per vegliare non vista, a la custodia dei tuoi figliuoli diletti.
Oh madre, o santa donna de l’Evangelo sollevaci, sollevaci in alto.
Con te vorrei volare ne l’immensità del cielo, per sapere qual è il premio che ti han preparato lassù; vorrei venir con te ne la tomba, per risvegliarmi di là, ne la più bella libertà de l’anima.
So intanto, che la fede sola non basta.
Essa mi dice che tu ora vivi in un’atmosfera di luce, che siedi in una patria beata e che il premio de le tue virtù l’hai conseguito quel giorno appunto in cui noi, tuoi figli, piangevamo su la tua salma. E quelle lacrime, le lacrime de le cose, al pensiero de la felicità non terrena, s’imperlavano su le nostre gote riarse, o scendevano come strisce d’argento, sopra i nostri petti convulsi. Eri tu che mutavi quel pianto in un ambiente di luce e la rugiada benefica de le lacrime scendeva su le nostre anime affrante, unico, supremo conforto ne la sventuta.
 Piangevano con noi le cose. Tutto d’intorno era opera delle tue mani. Dai ninnoli del nipotino a quanto m’appartiene e m’apparterrà ne la vita, ogni cosa su cui io poggio lo sguardo o le mani, tutto da te ebbe principio e compimento. E le lacrime de le memorie sgorgavano da le cose “ sunt lacrimae rerum”.
Oggi le cose tacciono, Forse, chi sa, in riverenza al mio dolore! Ma dal flutto de le cose emerge l’idea de la sventura; incombe su tutto, come nero sudario e la monotonia del tempo che fugge m’incalza a la preghiera. – Prego! – Prego che tu possa assorgere ne l’etere più puro, che la luce perpetua t’avvolga come in un mare di raggi e le melopee soavi del firmamento ti allietino col loro incanto.
Pego che la pace eterna ti conceda Iddio, quel Dio che tanto amasti in terra, che fu l’oggetto de la nostra educazione, de le tue virtù più sante e del martirio immenso.
                                                                                                                    Sac:  Ernesto Gliozzi
Platì  Marzo 1909