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mercoledì 25 marzo 2020

Le scarpe al sole [di Marco Elter, 1936]

Come una continuazione a Benvenuti in paradiso
by ROSALBA PERRI



Avevo inviato una mail a Mick (Dominic) Pangallo anticipandogli che ci sarebbe stato un post sui campi di internamento e su Giuseppe Portolesi. Mick è figlio di Francesco Pangallo, classe 1921 e Peppina Romeo “a greca”, classe 1929.
Questa è stata la sua interessante risposta.

Grazie Rosalba, manda il link perché c’è mio Compare Pino (figlio di Giuseppina) che è interessato.
C’è un’altra dimensione di questi campi che è interessante: durante la guerra gli australiani hanno chiuso tutti gli imprenditori italiani in Sydney e Melbourne.  Mi ricordo in particolare la storia che mi ha raccontato un compare nostro di Sydney su un certo Giovanni Calabro. Nella sua famiglia erano tutti calzolai e loro avevano un grande negozio nel centro di Sydney in George Street.   In quel tempo con la moda e la scarsità di scarpe, ti puoi immaginare quanto guadagnavano, ma durante la Guerra il governo australiano ha chiuso il suo negozio così come altri gestiti da italiani e detenuto tutti gli uomini della famiglia e sequestrato sia macchinari che proprietà.  Donne e bambini furono lasciati soli.
Allora, quando loro sono usciti del campo dopo un po’ di anni, hanno fondato un business di autobus nei sobborghi, nella periferia in western Sydney.   Erano tre fratelli Giovanni, Beppe e Francesco.  Giovanni e Beppe hanno sposato donne di Platì (detti ‘I tinturi”) e gestivano il business. Il fratello Francesco era deputato liberale nel Parlamento di New South Wales per molti anni. Questo business di autobus ha fatto un grande successo e la famiglia Calabrò si è ripresa alla grande dopo il colpo preso durante la Guerra. Hanno venduto e diviso il business circa 15 anni fa.  Loro sono tutti defunti.
Ma una cosa interessante: Giovanni mi ha detto che lui non ha mai perdonato quello che la famiglia ha vissuto durante la Guerra. Negli anni 80, quando ero in Italia, ho incontrato a Roma un nipote di Giovanni e Beppe di Plati che era amico e stava insieme a mio cugino Pino Oliva e Dante Demaio, si chiamava Rosario ma non sono sicuro del cognome, forse era Marando, però ricordo che era il figlio “du scipione”.

Questa storia della famiglia Calabrò (con il legame con Plati) nel contesto di campi di internamento è interessante se fai più ricerca.

Prima di concludere, il cuore di tutti qui è spaccato per quello che sta succedere in Italia, non sono capace di esprimere il dispiacere. Ho letto un articolo nello New York Times ieri per la morte e sepoltura di vittime COVID in Bergamo che era troppo commovente. Tristezza a non finire. Qui siamo all’inizio e c’è paura per gli anziani in particolare quelli che già non stanno bene. Speriamo che le misure di contenimento funzionano bene e in Italia si rallenta tutto.
Qui un mondo triste di confusione con questa COVID. Pensa che domani c’è il funerale di Maria Vidmar (in Violi detto ‘cocciulara”) e forse non posso andare perché è vietato avere più di cento persone presenti.   La gente è impazzita con comprare alimentari e tutti iI supermercati sono vuoti !!..............Neanche se c’era una Guerra era così.
Uno non ci crede, ma ricordo Ie parole di mio padre che aveva previsto che un giorno arriva una crisi di fame in Australia perché non c’è più virtù e grinta in questo mondo. Spero che non succede ma negli ultimi giorni sembra che diventa cosi !!!!!

Stai bene.
A presto
Mick

E potevo io esimermi dal fare una ricerca?
Antonio Calabrò, classe 1896, un mastro calzolaio di Sant’Alessio d’Aspromonte, emigra in Australia dove arriva da Messina con la nave Caprera il primo luglio del 1927. Ha lasciato a casa la moglie Maria Romeo, classe 1894, e tre figli, l’ultimo di appena 2 anni: Giovanni (1922), Battesimo (1923) e Francesco (1925). Sette anni dopo, nel 1934, la famiglia lo raggiunge: arrivano da Napoli con la nave Viminale.
Nel 1938 arrivò in Australia da Platì Giuseppe Sergi, classe 1904, anche lui calzolaio. Giuseppe era stato mandato dai genitori a bottega a Reggio insieme a mio nonno Giuseppantonio Perri (anche lui del 1904) per imparare il mestiere di calzolaio. Partendo aveva lasciato a casa la moglie, Elisabetta Mittiga (1906) con cui si era sposato il 15 maggio del 1926, 4 figlie femmine e 1 figlio maschio.
Antonio e Giuseppe si conoscevano, secondo Mick Pangallo, anche prima di emigrare. Certamente l’amicizia si deve essere consolidata perché quando la famiglia di Giuseppe lo raggiunge nel 1949, le due figli maggiori di Giuseppe si fidanzano con i due figli maggiori di Antonio: Francesca detta Ciccina, classe 1928, e Beppe con Giovanni, Rosa detta Rosina, classe 1930, con Battesimo, detto Beppe.
Elisabetta, poco dopo l’arrivo in Australia, scrive una lettera alla sua omonima e parente Elisabetta Mittiga in Gliozzi (madre di don Ciccillo e don Ernesto) a cui aggiunge un foglio la figlia Francesca indirizzandolo a Iolanda Gliozzi. Nelle loro parole si può comprendere lo smarrimento del trovarsi in terra straniera dopo un lungo viaggio, lontano dagli affetti e dalle amicizie. Le lettere sono state pubblicate in precedenza nel blog: https://iloveplati.blogspot.com/2019/02/bella-australia-di-vivian-naefe-2012.html
Nei National Archives of Australia che mi hanno fornito tante informazioni, incluse le date di arrivo degli uomini e delle loro famiglie, non ho potuto trovare le schede di internamento dei Calabrò né di Giuseppe Sergi.
Altre informazioni che confermano quanto detto da Mick, le ho trovate sul sito del Parlamento del Nuovo Galles del Sud (NSW) dove il più giovane dei Calabrò sedette come parlamentare per quasi 18 anni, il primo parlamentare in Australia ad essere nato in Italia.
I fratelli Calabrò, malgrado avessero perso tutto durante il periodo di internamento, iniziarono un’attività di trasporti pubblici nei sobborghi di Sydney nel ’48 che, come si diceva prima, prosperò molto. Sono tutti deceduti, l’unica ancora in vita è Rosina Sergi, moglie di Beppe (Battesimo) che risiede in una RSA a Sydney.
La frase che i figli hanno dedicato alla madre, deceduta nel 1971, sulla sua lapide è una commovente descrizione del viaggio dei figli di migranti: “Tu ci hai dato la linfa della vita, poi ci trascinasti aggrappati alle tue vesti a popolare il nuovo mondo e imparare le gioie e le illusioni della vita. Giovanni, Battesimo e Francesco”.
I had sent a mail to Mick (Dominic) Pangallo anticipating the posts on internment camps and Giuseppe Portolesi. Mick is the son of Francesco Pangallo, b. 1920, and Peppina Romeo, aka “a greca”, b. 1926, both from Platì.
This was his reply.
Thanks Rosalba, can you send the link since my “compare” Pino (Giuseppina’s son) is interested.
There is another interesting dimension regarding the camps: during the War, Australian Govt closed all business of Italians in Sydney and Melbourne. I especially recall a story I heard from a “compare” of ours from Sydney about a Giovanni Calabrò guy. Men in his family were bootmakers and they had a big shop in George St in Sydney. In those days, due to both fashion and shortage of shoes, their business was very successful, but during the war the Australian Government closed the shop, like others owned by Italians, confiscated properties and equipment and captured all men leaving women and children alone.
When, after a few years, the Calabròs were released from the camps, they started a new bus company in the suburbs of western Sydney. They were three brothers: Giovanni, Beppe and Francesco. Giovanni and Beppe married two ladies form Platì (“tinturi” was the family nickname) and managed the business. Francesco was elected to the NSW Parliament for many years. The Bus Company was very successful and the Calabrò family came along doing great from the draw back endured during the War. They were very rich but divided and sold the business 15 years ago. The three brothers have all passed away.
An interesting insight: Giovanni once told me that he had never forgiven for what the family went through during the War. In the ‘80s, when I was in Italy, I met in Rome a relative of their wives who was a friend of my cousin Pino Oliva and of Dante Demaio, his name was Rosario, but I am not sure of the surname, maybe Marando, but I recall the father’s nickname “u scipione”.
This story of the Calabrò family with their connection with Platì would be interesting to investigate if you want to make some research.
Before I wrap up, our heart is broken for what is happening in Italy. I am not able to say all our pain. Yesterday I read an article on New York Times for the death and burial of COVID victims in Bergamo: it was so moving! An infinite sadness. Here we are just at the beginning and we are afraid for the old ones especially those who are not well (like our relatives!!). We hope that the containment measures will work well and the epidemic slows down.
There is a lot of confusion here. Tomorrow there will be the funeral of Maria Vidmar (married to Violi, aka “cocciulara”) and maybe I will not able to go because there is a limit of one hundred people for each event. People seem to have gone mad buying groceries and all supermarkets are empty!! Not even during a War it would be like this!
It is unbelievable, but I remember my father’s words who had foreseen one day there would be a hunger crisis in Australia because this world lacks virtue and drive. I hope it will not happen but the last days have shown this trend.

Take care,
talk soon
Mick



And could I refrain from searching the records?

Antonio Calabrò, b. 1896, a master bootmaker from Sant’Alessio d’Aspromonte, migrates to Australia where he arrives from Messina on s.s. Caprera the 1st of July, 1927. He has left, back home, his wife Maria Romeo, b. 1894, and three boys, le last only 2 years old: Giovanni (1922), Battesimo (1923), Francesco (1925). Seven years later, in 1934, his family joins him: they arrive from Naples with s.s. Viminale.

In 1938, Giuseppe Sergi, b. 1904, arrives in Australia from Platì. He also is a bootmaker having been trained in the art in Reggio Calabria together with my grandfather Giuseppantonio Perri (also b. 1904).
He left behind his wife, Elisabetta Mittiga (b. 1906) married on 15th of May, 1926, four daughters and one son.
According to Mick, Antonio and Giuseppe met before migrating. Certainly, their friendship must have tightened in Australia. When Giuseppe’s family joined him in 1949, his elder daughters get engaged to the eldest sons of Antonio’s: Francesca, aka Ciccina, b. 1928, with Giovanni and Rosa, aka Rosina, b. 1930, with Battesimo, aka Beppe.
Elisabetta Sergi neé Mittiga, just after her arrival in Australia, writes a letter to her cousin Elisabetta Gliozzi, also neé Mittiga, and mother of two priests (don Ciccillo and don Ernesto). Her daughter Francesca also adds a sheet with a message for Iolanda Gliozzi. In their works it is evident the bewilderment of being in a foreign land after a long trip, away from dear ones and friends. These letters were posted on the blog in February 1919. https://iloveplati.blogspot.com/2019/02/bella-australia-di-vivian-naefe-2012.html
In National Archives of Australia in which I have found a lot of records, including dates of arrival of the men and their families, I could not find internment records of the Calabrò men, nor that of Giuseppe Sergi.
Other information, confirming what Mick told me, was found on the site of New South Wales Parliament where the youngest of the brothers, Francesco, was an elected MP for nearly 18 years, being also the first Parliament member in Australia born in Italy.
Even though the Calabrò brothers had lost everything during their internment years, they started a bus company in Sydney suburbs at the end of 1948 which, as mentioned above, was prosperous. The Calabrò brothers are deceased and so are their wives except Rosina, wife of Beppe (Battesimo) who is still alive and resides in a nursing home in Sydney.
The sentence that the Calabrò brothers had printed on their mother’s grave (she died in 1971) is a moving description of the voyage of migrant children: “You gave us the lymph of life; then, clinging to your skirts,  you bore us to a new world and to learn the joys and the illusions of life.”


Nella foto in apertura un fotogramma da Amarcord (1973) di Federico Fellini, segue il transatlantico Viminale (1925 - 1943) in una immagine d'epoca. Al centro l'on. Francesco (Frank) Calabrò (1925 - 2011).



lunedì 23 marzo 2020

Fatti corsari - Mater Dolorosa



-Lentini Raffaele Pietro Paolo (Mo. 14.7.1872/25) di d. Pasquale e d. Marianna Brancatisano.
-Scruci Maria (Mo. 23.4.1872/14) da Cirella- ved. di Trimboli Antonio.
-Taliano Francesco (Mo. 1/134/9)(+2.9.1782) lasciò per l' anima sua ducati 10 a sua moglie tutrice delle figlie e due vacche; la roba vendè di dote; una vacca a suo figlio Nicola; come pure spiegò per sua volontà che sua moglie dimorasse in casa padrona finché vive = che tiene due pupille figlie. Testimoni d. Giulio Chirico - Domenico Trimboli.
-Antonina Romeo (Mo. 1/80/3) figlia del mf Carlo, il 22.4.1.1751 lasciò pro malis oblatis quinque Carolenos (a causa del male offrì cinque Carlini).- d. Tolentino Oliva parroco.
-Lentini d. Pasquale: sacerdote e vicario foraneo (Mo. 4.1.1824)
-Verduci mf Caterina; vedova di Lentini Candido (Mo. 24.12.1834)
-Rinaldo Dom. Antonio animam Deo reddidit  in imbrica die et gelida, in loco  dicto "petra librorum" (l’anima rese a Dio in un giorno piovoso e gelido, in luogo detto “pietra dei libri”.
-Oliva  Vincenzo  di Michele  e  Speziale Francesca- acolytus (accolito).
-Oliva Michele di Saverio e di Macrì Serafina pugione sauciati (ferito da pugnale) (Mo. 7.3.1832)
-Barbaro Domenico- vir  di Morabito Anna- pecoraro (Mo. 1.8.1834)
-Giorgi Rosa ved. di Milardi Giuseppe sarto (Mo. 8.4.1834)
-Oliva d. Giuseppe sacerdote (Mo. 4.1.1827)
LIBRO DEI MORTI VOL. V°
Faccio presente ancora una volta che quanto riportato è un regalo di Ernesto Gliozzi il giovane.

Il ricordino funebre riporta la zia Teresina Mittiga, sorella del nonno Rosario nata a Platì l'8 luglio del 1887 da Francesco e Rachele Riganò e deceduta in Pittsburg PA il 15 ottobre del 1969. A Platì il 2 dicembre del 1911 sposò Giuseppe Gliozzi di Ferdinando e Pangallo Teresa. Erano i genitori di Giuseppe Gliozzi recentemente scomparso e su queste già ricordato assieme alla sua consorte Michelina Perri.

domenica 22 marzo 2020

Un'anguilla da 300 milioni - Dal Ciancio al Careri


Pesca di anguille nel «Careri»  
Natile Nuovo, 6 luglio
 (F.C.) -- Il torrente Careri sembra voler ripagare, sia pure in piccola parte, i natilesi del male loro arrecato in ogni tempo. Ed infatti recentemente, tre cittadini di Natile Nuovo hanno abbondantemente pescato sulle sue sponde una eccezionale qualità di anguille.
Dopo aver eseguito «la stagliata» che consiste nel rendere asciutto una parte di letto del fiume, essi si sono accinti alla pesca che ha fruttato in una sola stagliata, ben 10 chilogrammi di fresche anguille. Ciò considerato, giovani del paese ed anche forestieri invadono giornalmente il greto del torrente .e si dedicano alla pesca con amore e con passione.
FRANCESCO CALLIPARI
GAZZETTA DEL SUD 7 LUGLIO 1957



sabato 21 marzo 2020

Benvenuti in paradiso - Cowra & Loveday

Un documentario in tre parti
by Rosalba Perri

"Before the outbreak of war Fascism was viewed in a not unsympathetic light by some sections of the Australian political establishment. The Australian government welcomed Mussolini’s September 1939 declaration that Italy was to maintain a position of nonbelligerence and as late as May 1940 prime minister Robert Menzies expressed the hope that Italy's position would be accompanied by support and understanding for Australia.
The internment of Italian Australians during the Second World War is to a large extent una
storia segreta".
Gitano Rando, University of Wollongong: Italo-Australians during the Second World War: Some perceptions of internment. (1)





Schede dei prigionieri di guerra ed internati nei campi australiani.

Prigionieri di guerra (POW):
Barbaro Antonio, nato a Cirella il 15/08/1917. Figlio di Antonino Barbaro e Carmela Ameduri.
Catturato a Tobruk, Libia, il 31/01/1944. Caporal Maggiore del 69° Reggimento Fanteria Divisione SIRTE.
Inviato prima in India e poi da Bombay in Australia con la nave Mariposa.
Musicista, è celibe.
Campo di Cowra, NSW. Rimpatriato l’8 agosto 1945

Catanzariti Domenico, nato a Platì il 24/08/1915. Figlio di Francesco Catanzariti e Giuseppa Catanzariti.
Catturato a Tobruk, Libia, il 16/05/1941. Soldato semplice del 20° Reggimento Fanteria.
Arriva in Australia il 13/10/1941.
Bracciante, è celibe.
Arrivato da un generico “Medioriente” è internato nel Campo di Cowra, NSW. Rimpatriato con la nave Alcantara il 23 dicembre 1946.

Residenti in Australia internati nei campi (Internee):

Zirilli Giovanni, n. 30/04/1909 a Platì (RC), figlio di Pasquale Zirilli e Caterina Catanzariti.
Arrivato in Australia, Sydney, il 15 Feb 1938, con la nave ORONTES.
Bracciante, sposato con Francesca Zirilli (Sergi) res. in Platì.
“Catturato” dalla polizia civile il 18/06/1942 ad Hanwood, Griffith, NSW.
Verrà spostato su altri due o tre campi di internamento prima di essere rilasciato il 20/10/1943 dal campo di Loveday.
Emigrando in Australia Giovanni aveva lasciato a Platì la moglie e due figlie: Caterina (1934) e Maria nata (1936).

Violi Rocco, n. 20/09/1915 a Platì (RC), figlio di Domenico Violi e Maria Vilardi.
Arrivato in Australia, Sydney, il 12/03/1939 con la nave VIMINALE.
Agricoltore, celibe.
“Catturato” dalla polizia civile il 28/08/1940 a Griffith, NSW.
Internato a Loveday. S.A. Rilasciato il 30/06/1943.

Velardi Rocco, n. 16/12/1910 a Platì (RC), figlio di Giuseppe Velardi e Angela Mittiga.
Arrivato in Australia, Port Adelaide, il 27/12/1927 con la nave REGINA D’ITALIA.
Fruttivendolo, celibe.
“Catturato” da ufficiale dell’intelligence il 22/03/1941 in Adelaide, SA.
Internato a Loveday. S.A. Rilasciato il 27/12/1943.

Trimboli Graziano (*), n. 15/12/1914 a Platì (RC), figlio di Rosario Trimboli e Francesca Miceli.
Arrivato in Australia, Sydney, il 12/05/1938 con la nave REMO.
Sarto, celibe, ha prestato servizio militare in Artiglieria dal 1935 al 1936.
“Catturato” dalla polizia civile il 18/06/1942 a Ugali, Griffith, NSW.
Verrà spostato su altri due o tre campi di internamento prima di essere rilasciato il 06/10/1943 da Loveday. S.A.

(*) Nota: Graziano Trimboli (i 2perlini”) era il cugino di mia nonna Rosa Miceli e fratello di Maria Trimboli in Violi e di Peppina Trimboli che sposò Giuseppe Mittiga (u mpiccica). Lo conobbi in Australia negli anni 70 quando si era convertito alla fede dei Testimoni di Geova e cercò di esercitare la sua opera evangelizzatrice su di me che poca pazienza ed attenzione ho sempre avuto per la religione. Il misticismo però correva in famiglia visto che anche sua zia Rosa (sorella di sua madre Francesca e del mio bisnonno Francesco Miceli) veniva chiamata Santa Rosa ed era “monaca di casa”.  Graziano era un uomo imponente e simpatico, aveva una buona dialettica che si infranse però su uno scoglio a cui non era preparato: il mio femminismo.

Trimboli Francesco, n. 12/10/1899 a Platì (RC), figlio di Antonio Trimboli e Caterina Trimboli.
Arrivato in Australia, Sydney, il 21/12/1938 con la nave ROMOLO.
Bracciante, sposato con Concetta Trimboli (Callipari) residente a Platì.
Ha prestato servizio militare in Fanteria dal 1928 al 1929.
“Catturato” dalla polizia civile il 16/02/1942 a Hanwood, Griffith, NSW.
Internato a Loveday, S.A. Rilasciato il 31/03/1943.
Dai registri dei battesimi risulta che egli fosse nato il 02/10/1909. Emigrando in Australia, Francesco aveva lasciato a Platì la moglie e tre figli: Caterina (1933), Maria (1936) e Antonio nato nel 39, 7 mesi dopo la partenza del padre.

Trimboli Bruno, n. 29/02/1898 a Platì (RC), figlio di Giuseppe Trimboli e Elisabetta Carbone.
Arrivato in Australia, Melbourne, il 07/03/1929 con la nave ORSOVA.
Orticoltore, sposato con Rosa Trimboli residente a Griffith, ha prestato servizio militare in Fanteria dal 1914 al 1918.
“Catturato” dalla polizia civile il 18/06/1942 a Griffith, NSW.
Internato a Liverpool e Cowra, NSW. Rilasciato il 12/01/1943.

Trimboli Antonio Domenico, n. 17/05/1910 a Platì (RC), figlio di Giuseppe Trimboli e Caterina Pratò.
Arrivato in Australia, 21/04/1939 con la nave ROMOLO.
Frutticoltore, sposato con Filomena Trimboli (Barbaro) residente a Platì.
Ha prestato servizio militare in Fanteria nel 1933.
“Catturato” dai Servizi di Sicurezza il 09/04/1943 a Smithfield, NSW.
Internato a Liverpool e Cowra, NSW, poi Loveday, S.A. Rilasciato il 02/11/1943
Emigrando in Australia, Antonio (o Domenico o Domenicantonio) aveva lasciato a Platì la moglie e quattro figli: Giuseppe (1932), Caterina (1934), Maria (1937) e Giuseppa, nata a giugno del ’39, quattro mesi dopo la partenza del padre.

Sergi Francesco, n. 25/03/1921 a Platì (RC,) figlio di Antonio Sergi e Anna Trimboli.
Arrivato in Australia, Sydney, il 20/10/1938 con la nave ESQUILINO.
Bracciante, celibe.
“Catturato” da Polizia civile il 20/06/1942 a Beeleengera, Griffith, NSW
Internato a Loveday, S.A. Rilasciato il 06/10/1943.

Sergi Rosario, n. 15/09/1906, a Platì (RC,) figlio di Antonio Sergi e Marianna Morabito.
Arrivato in Australia, Sydney, il 29/06/1939 con la nave ESQUILINO.
Bracciante, sposato con Giuseppa Sergi (?) residente a Platì.
Ha prestato servizio militare in fanteria.
“Catturato” da Polizia civile il 13/11/1940 a Urgali, Griffith, NSW
Internato a Liverpool e Cowra, NSW, poi Loveday, S.A. Rilasciato il 29/06/1943.

Romeo Bruno, nato a Platì il 07/07/1904, figlio di Giuseppe Antonio Romeo e Maria Violi.
Arrivato in Australia, Sydney, il 07/11/1937 con la nave ROMOLO:
Orticoltore, sposato con Elisabetta Romeo (Demarco) res. a Platì.
“Catturato” da Polizia civile il 18/06/1942 a Griffith, NSW
Internato a Liverpool e Cowra, NSW, poi Loveday, S.A. Rilasciato il 06/10/1943.
Emigrando in Australia, Bruno aveva lasciato a Platì la moglie e quattro figli: Maria (1931), Giuseppe Antonio (1933), Francesco (1937) ed una quarta figlia di cui non abbiamo i dettagli.

Portolesi Giuseppe, nato a Platì il 19/05/1907, figlio di Francesco Portolesi e Giuseppa Zappia. (Vedi post precedente).

Mittiga Rosario, nato a Platì il 27/07/1892, Figlio di Giuseppe Mittiga ed Elisabetta Calabria.
Arrivato in Australia, Melbourne, il 04/04/1938 con la nave VIMINALE:
Macellaio, sposato con Serafina Mittiga (Stancati) residente a Platì.
Ha prestato servizio militare per otto anni.
“Catturato” il 28/09/1940 in Thebarton, Adelaide, SA.
Internato a Loveday, S.A. Rilasciato il 7 dicembre del 1943
Rosario aveva lasciato a Platì la moglie e sei figli: GiuseppeAntonio (1922), Gaetano (1924), Giovanni (1927), Elisabetta (1930), Caterina (1932), Giuseppa (1937).
Rosario aveva un fratello, Rocco, Arrivato anche lui nel ’38 che però non fu mai arrestato ed internato.

Mittiga Saverio, nato a Platì il 29/06/1915, Figlio di Rosario Mittiga e Michelina Gliozzi.
Arrivato in Australia, Sydney, il 20/11/1938 con la nave VIMINALE:
Manovale, sposato con Anna (Violi?) residente a Platì.
Ha prestato servizio militare per 1 anno.
“Catturato” da ufficiale dei servizi di sicurezza il 18/04/1942 in Hamwood, Griffith, NSW.
Internato a Loveday. S.A. Rilasciato i 29/06/1943.

Mittiga Pasquale, nato a Platì il 15/02/1891. Figlio di Domenico Pasquale Mittiga e Maria Catanzariti entrambi deceduti.
Arrivato in Australia, Port Adelaide, alla fine di agosto 1926 con la nave CAPRERA.
Manovale, sposato con Anna Barbaro residente a Platì insieme ai 5 figli.
“Catturato” da ufficiale dei servizi di sicurezza il 21/03/1941 a Fulham, S.A.
Internato a Loveday. Rilasciato il 6 settembre del 43.
Note: Il figlio Domenico, classe 1916, lo raggiunse nel 1934. Non risulta che sia stato “catturato” ed internato. La moglie, Anna Barbaro, arrivò in Australia il 13 marzo 1949, dopo una separazione durata 26 anni.

Mittiga Giuseppe, nato a Platì il 25/02/1922. Figlio di Michele Mittiga ed Elisabetta Iermanò (deceduta).
Arrivato in Australia, Sydney, il 13/03/1937 con la nave ORAMA.
“Catturato” dalla polizia il 19/06/1942 a Griffith, NSW.
Celibe, abita con il padre a Griffith dove fa il bracciante.
Internato a Cowra e Liverpool. Rilasciato il 29 settembre 1943.

Mittiga Francesco, nato a Platì il 24/02/1896. Figlio di Saverio Mittiga e Assunta Trimboli, entrambi deceduti.
Arrivato in Australia, Port Adelaide, il 14/10/1927 con la nave RE D’ITALIA.
 “Catturato” dalla polizia il 09/07/1940 a Payneham, Adelaide, S.A.
Proprietario di una pescheria, vedovo di Maria Gliozzi, ha almeno due figli in Italia.
Internato in vari campi: Tatura, Hay, Liverpool e infine Loveday. Rilasciato il 09/11/1943.

Mittiga Antonio, nato a Platì il 12/03/1914. Figlio di Tommaso Mittiga e Caterina Taliano entrambi residenti in Adelaide. (Tommaso era arrivato nel 1928, Caterina insieme ad altri due figli nel 1937)
Arrivato in Australia, Melbourne, il 17/12/1938 con la nave ROMOLO.
“Catturato” da ufficiale dei servizi di sicurezza il 21/03/1941 in Adelaide, S.A.
Giardiniere, sposato con Concetta Romeo residente a Platì insieme al figlio Tommaso Michelangelo.
Rilasciato sulla parola, fermato di nuovo dopo un anno e internato a Hay, poi trasferito a Loveday. Rilasciato il 9 settembre 1943.

D’Agostino Rosario, nato a Platì il 18/05/1905. Figlio di Giuseppe D’Agostino e Marianna Carbone, entrambi deceduti.
Arrivato in Australia, Port Adeliade, il 22/07/1928 con la nave PRINCIPE DI UDINE.
“Catturato” da ufficiale dei servizi di sicurezza il 21/03/1941 in Adelaide, S.A.
Manovale, è sposato con Maria Calabria ed ha una figlia.
Internato a Loveday. Rilasciato il 15 febbraio 1944.

Catanzariti Rocco, nato a Platì il 10/01/1898. Figlio di Rosario Catanzariti ed Elisabetta Catanzariti (deceduta).
Arrivato in Australia, Sydney, il 39/12/1928 con la nave ROMOLO.

“Catturato” dalla polizia il 18/06/1942 a Griffith, NSW.
Bracciante, è sposato con Caterina Catanzariti residente a Platì insieme a due figli.
Internato sia a Cowra che a Loveday. Rilasciato il 2 novembre 1943.

Catanzariti Giuseppe, nato a Platì il 04/09/1904. Figlio di Rosario Catanzariti ed Elisabetta Catanzariti (deceduta).
Arrivato in Australia, Sydney, il 04/11/1937 con la nave ORONTES.
“Catturato” dalla polizia il 18/06/1942 a Griffith, NSW.
Bracciante, è sposato con Maria Catanzariti residente a Platì insieme a quattro figli.
Internato sia a Cowra che a Loveday. Rilasciato il 2 novembre 1943.

Catanzariti Francesco, nato a Platì il 13/11/1911. Figlio di Rosario Catanzariti ed Elisabetta Catanzariti (deceduta).
Arrivato in Australia, Sydney, il 24/04/1939 con la nave ROMOLO.
“Catturato” dalla polizia il 13/11/1940 a Griffith, NSW.
Bracciante, è celibe.
Rilasciato sulla parola il 3 marzo 1941 dopo aver fatto appello in tribunale.

Catanzariti Antonio, nato a Platì il 04/04/1910. Figlio di Rosario Catanzariti ed Elisabetta Catanzariti (deceduta).
Arrivato in Australia, Sydney, il 01/07/1937 con la nave ORAMA.
“Catturato” dalla polizia il 18/02/1942 a Griffith, NSW.
Bracciante, è celibe.
La scheda di internamento e rilascio non è stata trovata

Nota: Rocco, Giuseppe, Francesco e Antonio erano fratelli come si può notare dai nomi dei genitori.

Catanzariti Domenico, nato a Platì il 25/10/1912. Figlio di Pasquale Catanzariti e Francesca Spagnolo.
Arrivato in Australia, Sydney, il 29/06/1938 con la nave ESQUILINO.
“Catturato” dalla polizia il 28/11/1940 a Griffith, NSW.
Bracciante, è sposato con Caterina Calabria residente a Platì con due figli.
In un primo momento rilasciato sulla parola, un anno dopo di nuovo arrestato ed internato a Cowra, Liverpool e Loveday. Rilasciato il 2 novembre 1943.

Carbone Antonio, nato a Platì il 31/10/1920. Figlio di Francesco Carbone e Caterina De Marco.
Arrivato in Australia, Sydney, il 19/12/1938 con la nave ROMOLO.
“Catturato” dalla polizia il 20/06/1942 a Griffith, NSW.
Bracciante, è celibe.
Internato a Cowra, Liverpool e Loveday. Rilasciato il 31 gennaio 1944.

Callipari Pasquale, nato a Platì il 17/06/1921. Figlio di Giuseppe Callipari e Maria Trimboli.
Arrivato in Australia, Sydney, il 20/12/1937 con la nave VIMINALE.
“Catturato” dalla polizia militare il 27/04/1942 a Griffith, NSW.
Bracciante, è celibe e abita con la sorella Elisabetta Calabria.
Internato a Cowra, poi Liverpool. Rilasciato l’8 febbraio 1943

Calabria Giuseppe, nato a Platì il 29/01/1923. Figlio di Domenico Calabria e Caterina Sergi, entrambi in Griffith, NSW.
Arrivato in Australia, Melbourne, a marzo del 1929, con la nave ORFORD.
“Catturato” dalla polizia militare il 27/04/1942 a Griffith, NSW.
Bracciante, è celibe.
Internato a Cowra e Liverpool. Rilasciato l’8 marzo 1943.

Barbaro Rosario, nato a Platì il 03/01/1910. Figlio di Domenico Barbaro ed Elisabetta Mittiga.
Arrivato in Australia, Sydney, il 20/04/1939 con la nave ROMOLO.
“Catturato” dalla polizia militare nel novembre del 1940 a Griffith, NSW.
Sarto, è sposato con Maria Pangallo residente a Platì con 4 figli.
Rilasciato sulla parola il 22 febbraio 1941.



FINE

Le ricerche per redigere "Benvenuti in Paradiso" sono state condotte grazie The National Archives of Australia.
(1) Il testo completo è qui:
Nella prima immagine il Campo di Loveday; nella seconda: la famiglia Caminiti (Fonte della fotografia “Famiglie dei Caminiti” Queensland 1940: When ethnicity counts: civilian internment in Australia during WW2 - Mia Spizzica, PhD Candidate, Monash University). 






venerdì 20 marzo 2020

Benvenuti in paradiso - Peppino Portolesi

A Documentary in Three Parts 
by Rosalba Perri




Uno degli internati fu Giuseppe Portolesi, classe 1907, barbiere, meglio conosciuto come mastru Peppinu u Piripì. Le sue schede di Internamento ci forniscono tutte le informazioni su di lui e quindi apprendiamo che è nato a Plattì (scritto con 2 t su tutta la scheda), che è di religione cattolica, registrato in Adelaide, “catturato” da ufficiale dell’intelligence a Woodville (uno dei comuni della città metropolitana di Adelaide corrispondente più o meno ad un quartiere) il 22 marzo 1941. È di carnagione scura, alto 1,60 m, ha capelli neri e occhi grigi, segni particolari: una cicatrice sul sopracciglio destro. Viene internato su ordine del Comandante 4MD (4° Distretto Militare). Arriva al campo con una brandina ed una valigia contenente capi di abbigliamento.
La famiglia: - è figlio di Francesco, deceduto, e di Giuseppa Zappia residente in via Filanda a Platì.    
 - è sposato con Elisabetta Gliozzi che abita in Via San Pasquale a Platì ed ha una figlia di nome Giuseppe (invece di Giuseppa), in realtà mastru Peppinu aveva anche un figlio, Francesco come il nonno.

Internato nel campo di Loveday dove possiamo immaginarlo a prendersi cura degli altri internati tagliando loro i capelli e radendoli come nella foto.
Fu rilasciato il 23 ottobre 1943.
La moglie ed i figli lo raggiungeranno nel 1949. Giuseppina sposerà un amico del padre, campano, e avrà cinque figli; Francesco sposerà Caterina di cui il blog ha pubblicato una poesia. https://iloveplati.blogspot.com/2019/04/journey-through-past-neil-young.html
Giuseppe cesserà di vivere all'età di 83 anni.

-          Nota: Il cognome Portolesi, che Rohlfs indica come cognome prettamente di Platì, ha origini spagnole:
Portolesi: Linaje de infanzones aragoneses, residentes en Lanuza, del valle de Tena (Huesca), desde el siglo XIII, con ramas en Barbastro, Luesia, Fraga y Zaragoza.
Apellido muy antiguo en Aragón, que se registra, indistintamente, con las formas de escritura Portolés y Portalés. Moll, en su obra “Els Llinatges Catalans”, señala que es una forma plural de –portaler-, “guardián de la porta”.  (http://www.blasonari.net/apellido.php?id=1538)


Portolesi: Lignaggio di valvassori aragonesi residenti in Lanuza, della valle del Tena (Huesca), fin dal secolo XIII con ramificazioni in Barbastro, Luesia, Fraga e Saragozza. Cognome molto antico in Aragona registrato, indistintamente, con le forme di Portolés e Portalés. Moll, nella sua opera “I Lignaggi Catalani”, segnala che è una forma plurale di -portaler-, ovvero “guardiano di porta”.


One of the internees was Giuseppe Portolesi, born in 1907, barber, known in the community of townsfolk as mastru Peppinu u Piripì. His internment records give us a series of data about him, so we learn that he was born in Platì (actually written Plattì throughout the record), his religion is Roman Catholic, he is registered in Adelaide, he was captured by an Officer of the intelligence Corps in Woodville on 22/03/1941. His complexion is swarthy, his height is 5 ft 3”, he has black hair and grey eyes and a scar on right eyebrow. He is put in internment camp by order of the Commandant 4MD.
Family: - his parents are Francesco, deceased, and Giuseppa Zappia, via Filanda, Platì. – he is married to Elisabetta Gliozzi living in Via San Pasquale in Platì and has a daughter named Giuseppe (instead of Giuseppa). Actually mastru Peppinu also had a son named Francesco after the grandfather.
Held at Loveday where we can imagine him looking after fellow inmates by cutting their hair and shaving them as in the picture. He was released on 23/10/1943.
Wife and children joined him in 1949. Giuseppina married a friend of her father, from Campania, and had five children, Francesco married Caterina: the Blog posted a poem of hers. https://iloveplati.blogspot.com/2019/04/journey-through-past-neil-young.html
Giuseppe passed away at 83 years of age.

-          Note: surname Portolesi, which for Rohlfs is mainly found in Platì, has Spanish origins:
-          Portolesi: Linaje de infanzones aragoneses, residentes en Lanuza, del valle de Tena (Huesca), desde el siglo XIII, con ramas en Barbastro, Luesia, Fraga y Zaragoza.
Apellido muy antiguo en Aragón, que se registra, indistintamente, con las formas de escritura Portolés y Portalés. Moll, en su obra “Els Llinatges Catalans”, señala que es una forma plural de –portaler-, “guardián de la porta”.  (http://www.blasonari.net/apellido.php?id=1538)

Portolesi: lineage of small gentry from Aragon residing in Lanuza in the valley of Tena (Huesca) since the 13th century with branches in Barbastro, Luesia, Fraga and Saragozza. Very ancient surname in Aragon registered equally as Portolés and Portalés. Moll, in his work “Catalan lineages” indicates that it is a plural form of “portaler” that is “gatekeeper”.



Nella foto in apertura Giuseppe Portolesi, nella fila in piedi è il secondo da destra, con la giacca sotto il braccio. Il primo a sinistra, sempre fila in piedi, è Armando De Fazio che sposerà Giuseppina. Segue un particolare della scheda di ingresso nel campo di Loveday e quindi un'immagine del campo stesso. Per saperne di più su Loveday andate qui: https://en.wikipedia.org/wiki/Loveday_Camp_9  e qui: https://lovedayproject.com/about/
FINE
Seconda Parte

giovedì 19 marzo 2020

Benvenuti in paradiso [di Alan Parker, 1990]

A Documentary in Three Parts 
by Rosalba Perri







Alla fine degli anni Trenta, molti platiesi partirono verso l’Australia dove sin dalla fine dell’Ottocento si erano già stabiliti altri compaesani. A partire per primi furono, in genere, gli uomini raggiunti poi dalle mogli e dai figli. Gli immigrati della prima ondata erano quindi riusciti a congiungersi con le famiglie e ad ottenere la cittadinanza quando scoppiò la Seconda Guerra Mondiale che vide Italia e Australia su fronti opposti. Gli immigrati degli anni Trenta furono invece sorpresi dalla guerra prima di poter ottenere la cittadinanza ed il ricongiungimento familiare. Furono, quindi, considerati “enemy alien” ovvero “nemico alieno” che a noi farebbe pensare ad un film di fantascienza ma che semplicemente indicava un cittadino di nazione nemica.
Gli italiani, insieme ai tedeschi, agli austriaci ed ai giapponesi, furono arrestati ed internati in campi di detenzione. Grazie all’intervento di figure rispettabili come l’Arcivescovo di Melbourne, non tutti gli italiani vennero internati. Benché solo gli uomini dai sedici anni in su venissero rinchiusi, le autorità dei vari stati si videro costrette ad ammettere nei campi anche alcune famiglie poiché non riuscivano a sopravvivere senza l’uomo come principale sostegno.
Molti prigionieri catturati dagli Alleati sui campi di battaglia del Nord Africa furono trasferiti dagli inglesi in India o in Australia. Coloro che finirono in Australia furono i più fortunati e spesso incontrarono “paesani” proprio nei campi di internamento. I militari catturati sui campi di battaglia, al loro arrivo, ricevevano un cappotto militare ed una gavetta. Molti di loro si dichiararono non fascisti e leali al re. Dichiarazioni accolte con un certo scetticismo dagli australiani (Video “Italian prisoners down under 1941”). Mentre i soldati tedeschi e giapponesi furono internati in campi di massima sicurezza, i prigionieri italiani entrarono in quelli a più bassa sicurezza e spesso venne dato loro il permesso di lavorare nelle fattorie (Video: “Australian prisoners of War, part 1”). Lì i prigionieri provenienti da Platì, Cirella, Careri, Benestare, Siderno, Casignana, Reggio ed altri paesi della costiera jonica si incontrarono con i “paisani” poiché non si fece distinzione fra “Internee” gli immigrati con cittadinanza di paese nemico e “Prisoner of War” (prigionieri di guerra). Questi ultimi rimasero a lungo in Australia anche dopo l’armistizio contribuendo alla costruzione di strade e di altre opere pubbliche. Fra i rimpatriati molti fecero richiesta di emigrazione una volta in Italia.
Oltre 25000 militari ed un imprecisato numero di civili vennero internati in campi improvvisati. I principali campi di prigionia per gli italiani furono Cowra nel Nuovo Galles del Sud (NSW) e Loveday nell’Australia Meridionale (S.A.).
I campi di detenzione non erano duri campi di concentramento come gli stalag tedeschi. Né assomigliavano a quelli giapponesi descritti in film come Il ponte sul fiume Kwai, né gli internati vennero mai alle prese con carcerieri come Takeshi Kitano in Merry Christmass Mr Lawrence, ragion per cui i nostri emigranti vi si trovarono abbastanza bene. A parte qualche convinto fascista, tutti si dichiararono pronti a lavorare per l’Australia sul fronte interno e alcuni addirittura chiesero di essere arruolati (non furono accettati).
Molti (ma non tutti) degli emigrati di Platì furono internati. Sul sito dei “National Archives of Australia” si trovano le schede relative ad ognuno.

At the end of the Thirties, many people from Platì emigrated towards Australia where, since the end of 1800s, already many others from the same town had settled. Generally, man would leave first to be joined later by wives and children. Most people from first migration wave were naturalized by the time Second World War, in which Italy and Australia were on opposite sides, broke out. Thirties were caught up buy the Second World War as “alien enemies” since Australia and Italy were engaged on opposite sides. Migrants who had arrived around the Thirties were caught by the war in a situation in which they were considered “enemy alien” as citizens of an enemy Country.
Italians, together with Germans and Japanese, were captured and sent to makeshift internment camps. Thanks to the action of some people such as the Archbishop of Melbourne, not all Italians were sent to camps. Although only men from the age of sixteen would be arrested, State Authorities had to admit also some families who were not able to cope without the breadwinner.
Many prisoners captured by the Allies in North Africa’s battle fields were transferred by the British to India or Australia. Those who arrived in Australia were more fortunate and often met with townsfolk in the internment camps. On disembarking they would receive a military coat and a mess tin. Many of them declared they were not fascists but rather loyal to the King, Australians were rather sceptical about this (Video “Italian prisoners down under 1941”). While German and Japanese prisoners were sent to high security camps, Italians entered in low security camps and often had the permit to work in farms (Video: “Australian prisoners of War, part 1”). Prisoners coming from Platì, Cirella, Careri, Benestare, Siderno, Casignana, Reggio and other towns of the Ionian coast met with their townsfolk since there was no distinction between “Internees” and “Prisoners of War”. The latter remained in Australia for some years after the armistice and contributed in road constructions and other public works.  After repatriation some applied to migrate to Australia.
Over 25000 prisoners and an unspecified number of civilians entered makeshift internment camps. Main camps for Italians were Cowra in NSW and Loveday in SA.
Internment camps were not hard concentration camps like the German stalags. Nor were they similar to the Japanese ones as seen in the movie “A bridge over the river Kwai”, nor internees were ever confronted with guards such as Takeshi Kitano in “Merry Christmass Mr Lawrence”. Therefore, our migrants were in a relatively good condition. Except for very few unrepentant fascists, all migrants volunteered to work for the Australian home front and some even asked to be enrolled in the Army (but were not accepted).
Many Platì’s migrants (but not all) were sent to internment camps, their records can be found on The National Archives of Australia.
by Rosalba Perri



In apertura Vito Scotti e Micky Dolenz in un frammento uscito da Head di Bob Rafelson del 1968.

FINE 
Prima Parte

mercoledì 18 marzo 2020

Un'anguilla da 300 milioni [di Salvatore Samperi, 1971]




L’interessante pesca delle anguille

Platì 2 giugno
Quando il sole violento dell’estate fa accartocciare le foglie degli alberi, e l'asfalto delle strade diventa così molle sotto il solleone che il passante vi lascia impresse le sue forme, allora è il momento propizio per dare la caccia alle anguille che sguazzano pigramente nella poca, acqua dei fumi e dei torrenti. Si dimentica completamente, in queste occasioni, il caldo, si lascia a casa l'indolenza, e si parte in comitive più o meno numerose, nel bel mezzo della giornata, verso i fiumi o verso la gora di qualche mulino, (a seconda della «locateia » che si è scelta), armati di tutto punto;
Le armi usate per questa singolare caccia (più propriamente dovrebbe chiamarsi pesca), sono semplicissime e di buon augurio: esse non sono altro che le comuni forchette; Il loro uso, qui è però crudelissimo: con esse, infatti, si trafiggono, vive, le povere bestione, per trarle fuori dall'acqua.
Come tutte le pesche grandi, quella dell'anguilla è uno sport crudele; ma non possiamo fare a meno di riconoscere che le anguille fritte hanno un. sapore squisito. Inoltre, gli spettatori che s’impietosiscono alla sorte delle anguille hanno spesso la soddisfazione di vedere i cacciatori morsicati da qualche anguillone ... fuori serie!!
Alla pesca delle anguille non si va mai da soli; per avere successo bisogna essere ben organizzati, ed essere non meno di quattro o cinque persone.
Si parte, dunque, e si va difilati alla «locateia» (che si è scelta dal giorno prima) a fare la «stag1iata»; arrivati sul posto, i cacciatori si dislocano lungo un corso di acqua (naturale o artificiale) di alcune decine di metri. All’estremità superiore del corso uno qualsiasi della comitiva incomincia ad intorbidire l'acqua con della calce spenta che ci si è portati appresso in grande quantità (la calce è l'unico capitale investito nella caccia); l'acqua cosi i intorbidita scende lungo il canale penetrando in tutti i buchi e gli interstizi di esso;   
Le anguille accecate escono dalle loro tane e corrono disordinatamente all'aperto cercando disperatamente uno scampo dalle feroci forchette dei cacciatori che trinciano velocemente l'acqua in tutte le direzioni.
Qui è la fase movimentata della caccia: ognuno scruta attentamente la propria zona aspettando di veder guizzare sveltissimo il corpo della anguilla; quindi si getta a capofitto dietro quest’ultima, incurante anche di scivolare nell’acqua bianca di calce, e sferra forchettate a destra e a manca.
A volte qualche incauto cacciatore infilza la propria mano al posto dell’anguilla; ma se ne accorge lui solo: gli altri sono troppo occupati per badare a questi piccoli incidenti; magari scambiano per urla di entusiasmo le urla di dolore del malcapitato.
Spesso succede che tre o quattro cacciatori si trovino impegnati tutti dietro una sola anguilla; anzi questo e il caso più frequente, perché le anguille corrono da una parte all'altra con una velocità incredibile.
Acchiapparle con le mani è praticamente impossibile perché scivolano; Non solo, ma prima di scivolare mordono maledettamente, ecco perché aumentando il numero di cacciatori... forchettofori, aumentano le probabilità di una buona caccia; Se appena l'anguilla riesce a guizzare nell'acqua limpida, non la prende più nessuno.
La caccia all'anguilla non sempre da buoni frutti: a volte infatti, o non si indovina la zona, o, questa è stata già sfruttata, ed allora i poveri cacciatori dopo avere sprecato tutta la riserva di calce, tornano a casa con qualche misero «caiale» nelle borse; («caiali» sono dette le anguille piccolissime).
Ma non è detto che vada sempre così: a volte si pescano decine di chilogrammi di anguille; capitò l’anno scorso ad alcuni giovani di Platì di catturare un’anguilla di ben tre chili e duecento grammi di peso, nel fiume Ciancio! 
Un particolare curioso che bisogna ricordare, della caccia all'anguilla, è che le forchette servono una sola volta; dopo la caccia si possono buttar via tanto sono contorte e rovinate.
Col bottino spesso si preferisce organizzare dei banchetti completamente a base di anguille; vengono servite anguille in tutte le salse se soli commensali sono, tradizionalmente, i partecipanti alla caccia. Sovente si preferisce spartire il bottino sul luogo stesso della caccia; si ripartiscono le anguille secondo il merito che ognuno ha avuto nel catturarle e secondo la quantità di calce che ognuno ha portato; quindi ognuno se ne ritorna a casa.
Nell'acqua che va schiarendosi a poco a poco qualche piccolo «caiale» infilzato e successivamente rifiutato dai cacciatori tenta disperatamente un ultimo guizzo …
m. f.
MICHELE FERA
GZZETTA DEL SUD, 3 giugno 1955