Powered By Blogger
Visualizzazione post con etichetta childhood memories. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta childhood memories. Mostra tutti i post

lunedì 4 marzo 2019

O somma luce [di Jean-Marie Straub, 2011 ]



Gli attimi di terrore e di panico provocati dalla catastrofe venuta dal cielo, che scosse la terra e provocò lo scatenarsi della fiumara, erano passati ma ancora il cielo era cupo. Noi bimbi ancora non potevamo andare in giro per i troppi detriti ammonticchiati sulle strade. Quel giorno i paesani -  spaventati, stanchi, morsi dal freddo e dall'umidità, senza acqua potabile, si beveva quella piovana bollita, senza di che coprirsi, non avendo speranza che arrivassero aiuti esterni, con le strade di comunicazione interrotte dalle frane - hanno pregato il parroco Don Minniti di portare fuori la Madonna di Loreto in processione. E’ così che ricordo: di essermi trovata appoggiata al muretto, prima del ponte, e scorgere dalla parte opposta la statua della Madonna portata in spalla dai nostri giovani, con i preti, i chierichetti, gli stendardi e una moltitudine di persone dietro. Arrivati alla mia altezza adagiarono la statua sul muretto, girata in opposizione alla montagna. Io che non sono molto credente vi assicuro che ho ancora nella mente quell'attimo: da dietro la montagna un alone si schiarì e un raggio di sole fece capolino, non vi dico quello che successe, gli anziani si inginocchiarono per terra battendosi il petto con le mani, ringraziando la Madonna -secondo loro- per il miracolo ricevuto.
PAOLA VIOLI

La foto è di proprietà degli eredi di Joe Ielasi in Adelaide che l'hanno gentilmente concessa per l'occasione.



giovedì 21 febbraio 2019

...Più forte ragazzi [di Giuseppe Colizzi,1972]



Quando ero ragazzo per giocare ci riunivamo nel grande atrio del portone degli Oliva. Ovviamente la combriccola variava ma i più presenti erano i fratelli padroni di casa: Ciccillo era il figlio più grande e il capo della squadra. Poi c'erano Pippo, Pasqualino, Aurelio e Mario. I fratelli Pino e Lillo Barbaro figlio di Rocco. La loro casa era dall'altra parte della piazza mercato, dove c'era una fontana di ghisa, tipica del posto e del tempo. Poi c'era Savo fratello di don Geso, che al tempo era già sacerdote a San Luca. Alle nostre marachelle raramente c'erano i due Oliva più piccoli Aurelio e Mario e, a volte si aggregavano occasionali a seconda del tempo e di ciò che facevamo, Mimmo Addabbo e don Ciccio Marando, più grande di noi, personaggio unico, grande mangiatore, grande stazza e spiccato senso della battuta, spesso, ironica. Quando stava con noi ci deliziava con le sue battute. Ricordo che aveva grande paura del mare e quando gli chiedemmo perché, lui rispose in dialetto: ca sa nneghi non ndai crizzi u ti acchiappi.  Trai negozi della piazza mercato c’erano: il salone di barbiere di Peppe il Carrino, mio cugino figlio della zia Cata Romeo, sorella di mamma, e a fianco la macelleria di mastro Geso Virgara, di fronte, all'angolo, c'era la farmacia degli Spadaro. Ma i giochi che occupavano il nostro tempo erano altri. Quando pioveva nel centro della via si formavano corsi d'acqua (jimmiri), che si formavano all'Ariella e scendevano verso la chiesa del Rosario. Qui Ciccillo Oliva ci "coordinava" per andare a trovare tutto il ferro vecchio che restava per la strada, a pioggia finita. Il ferro vecchi veniva venduto ad un tale che veniva da un paese vicino con un furgoncino ape e lo pagava 5-10 lire al chilo. I soldi li mettevamo in un "caruseiu" (salvadanaio) e quando si raggiungevano le cento lire compravamo i "formaggini" di cioccolata Ferrero. Ma la cosa che più ci divertiva era la raccolta del grano che, alla mietitura restava ai margini dei campi falciati. Questo grano poi lo portavamo al negozio del Negus alias mastro Peppino Marando e lo permutavamo in "calia" ceci e fave brustolini. Si misuravano con i recipienti che allora usavano i pastori per mungere le capre, porta a porta, e vendere il latte. Misurini da mezzo a da un litro. Un misurino di grano raccolto e ceduto, stesso misurino di calia ricevuto. Lo stesso facevamo a fine autunno quando c'era la raccolta delle olive. Al sabato o la domenica andavamo a recuperare le olive abbandonate ai margini dell'uliveto e, con lo stesso sistema barattavamo le olive con i ceci e fave brustoliti. La calia veniva consumata i pomeriggi che organizzavamo il teatro nell'atrio del portone di palazzo Oliva. Qui c'erano i magazzini con le derrate alimentari delle proprietà terriere dei padroni di casa. In uno di questi magazzini vuoto tentavamo di organizzare le recite di pezzi di canzoni che sentivamo cantare dei cantastorie che dai paesi vicini venivano per girare il paese e vendere dei biglietti della fortuna, estratti dal becco del pappagallo che portavano in una gabbia e, all'occorrenza attraverso un pertugio il volatile tirava i biglietti disposti in un contenitore attaccato alla gabbia. Le storie cantate si riferivano a fatti di cronaca del tempo. Ricordo quella del bandito Musolino, del bandito Giuliano e simili. Quindi preparavamo un palco e il sipario con indumenti e simili smessi dalle nostre famiglie. Questo nostro hobby ci divertiva tanto anche perché cercavamo di attrarre qualche nostra compagna di scuola che, all'insaputa sua, era la nostra fidanzata. Comunque tutte le preparazioni finivano con grandi insuccessi ma noi per mesi insistevamo nell'organizzare palchi, sipari e insuccessi. Giochi semplici e ingenui ma che creavano aggregazione, allegria, amicizie che ancora adesso ravvivano i nostri ricordi e tengono il forte legame che abbiamo con la nostra terra. Donde, terroni con vanto.
Attilio Caruso




domenica 17 febbraio 2019

La fratellanza [di Martin Ritt, 1968]

Di quando ero piccola e stavo al mio paese non ricordo i ricchi o quelli che erano meno ricchi, ma ho in testa i proprietari terrieri, e chi, di questi ultimi, coltivava i terreni. Li coltivavano con tutta la passione che era in loro, come fossero terreni di loro pertinenza.  Soldi in giro non si vedevano, c'era la fratellanza e lo scambio dei prodotti; i signori davano al contadino le terre e in cambio avevano un terzo del prodotto. E questo era quello che faceva un mio zio, Antonio Scarfò. La signora Fera aveva dato a questo mio zio in gestione un pezzo di proprietà che si chiamava “a cabeia bella“. Non era lontano dal paese e mia cugina - sua figlia - mi portava spesso con lei. Partivamo dal paese lei, con una cofana in testa col cibo per il papà ed io che le trottolavo dietro, spesso prendendo la rincorsa per starle al passo. Le mie gambette non erano come le sue e lei andava; non si girava mai per vedere se c'ero oppure no, e tanto meno mi diceva mai: sei stanca? vuoi venire in braccio? – no - ma andavo volentieri, il posto mi piaceva assai. Era una grande proprietà con la casa circondata da muri; fuori nell'aia le galline, il maiale, una pecora e una capra e anche un cavallino; un carretto, i covoni del grano e poi pentole e pentolini col mangiare delle bestie. Era bravo mio zio, un gran lavoratore; c'era di tutto perfino i carciofi, ma guai a chi toccava le primizie, erano per la signora che lui rispettava molto.

Testo e foto sono di PAOLA VIOLI

giovedì 7 febbraio 2019

All of Me - Frank Sinatra



 Here I go 
My dad Antonio Pirelli was born 12/12/1912 to Rosa Pirelli (née Trimboli). My grandfather was from  Amelia his name was Eugenio Pirelli. Mum was the youngest of nine children, she was born Giuseppina Mittiga on Nov 28 1914.  Her parents were Giuseppe and Elizabetta Mittiga (née Calabria). Her siblings were: Rosario, Annuzza, Domenico, Catarina, Ciccio, Maria, Rocco, Agostino. My father was an only child. Dad worked in the post office in Platì, his uncle was the post master general in Rome and we were supposed to go and live there, but when mum’s dad died one of her brothers (Rocco) took mum and her mother to Algiers and dad went there shortly after. They were married in Algiers. I don’t know how long they stayed there, but I know that dad was called to go to war, WW2. He was in the cavalry, he actually saw Hitler and Mussolini (he told me this). He was in Naples in the service in 1939 and was standing three feet away from them. In 1949 we emigrated to Australia where mum’s family had already started going, most of them ended up there except uncle Dominic who died in Platì and one of her sisters, Maria, who came to America. Maria married Antonio Zappia they had two children: Dominick and Giuseppe (Joe). Joe died in a car accident at the age of 17 (1948). By the way Ginette was born Nov 14 1949 and Norma Jan 18 1954. I do remember our trip to Australia. It was a nightmare, the name of the ship was Ugolino Vivaldi, a cargo ship. I can remember always being sick, never saw mum since she was always in the infirmary; the food was hideous, I ate boiled eggs for one month. Now about us in 1966 my cousin Dominick, Maria’s son (my cousin) came to Australia, I came back with him for a vacation and we ended up getting married. My life in America was very lonely at times, I came from a big family and at age 23 I felt like an orphan. We had three children MaryJo, Alessandra and Antonio. My husband was a liquor salesman, when my children started going to Uni, I got a job working as a floral designer. My husband was a Korean veteran, died Sept 19th, 2015 at 85. I do remember my few years in Platì and I wouldn’t give up those memories for anything. Every time I see a picture of “pignolata” I can still smell the things my grandmother and mum used to make. When I was 36 we built a house on the golf course and I started playing tennis, it came very easy to me. I played every minute I could, sometimes 5, 6 hrs a day, joined a team where we played competitive and in five years we went to state and won, (surprise). We were one win away from going to Flushing Meadow, NY. If I may brag, I never lost a match.  In 1980 the Pistons traded Bob Lanier to the Milwaukee Bucks. The Bucks had a membership at the country club where we lived, so we got to meet Bob a few other players (they played with Dominick) and the coaches, Dominick bought them over the house one day and from then on we became good friends especially Bob who just about lived at our house. When he wasn’t playing basketball, he would pick me up and we would go to a tennis club and play doubles with another couple. His favorite thing to eat was “pumadoro insalta platiotu” style. He would come over just for that. I loved going to the games: we had front row seats center court, and I got to see all the best players from over the last 40 yrs. My husband used to play in a golf tournament for "Boys Town" of Italy. Every year all the rich Italians (Mafia) used to come to Milwaukee and they would always have a celebrity or an actor or famous athletes, so I got to meet a lot of them: Frank Sinatra, Joe Di Maggio, Joe Pantoliano, Chaz Palminteri, Rocky Marciano,Tony Darrow, Bobby Rydel, Al Martino, Paul Sorvino, Tony Lo Bianco. I can’t remember them all, it’s been a while since I used to go. That’s about all I know. Hope I helped a little. I know my older sisters knows a lot more than me. Ciao Flora


lunedì 11 marzo 2013

La recita (Theo Angelopoulos - 1975)





        Rev.mo Don Francesco Gliozzi
 Rettore della Chiesa del S.S. Rosario
Platì

Le suore di quest’asilo d’infanzia han preparato una recita drammatica “pro sfollati”.
Lo spettacolo riuscirà molto gradito anche perché il teatrino in quest’occasione inaugurerà uno scenario veramente artistico dovuto al lavoro geniale e disinteressato di un coltissimo sacerdote. Ma perché ciò si verifichi bisogna che il pubblico possa assistervi con una certa comodità.
Vi prego quindi di volerci prestare per la serata le sedie della vostra Chiesa con l’impegno formale da parte mia di restituirvele in perfetto stato.
Sicuro che non vorrete rifiutare quanto vi chiedo nell’interesse degli sfollati vi ossequio con molta cordialità.
Il Sindaco
Avv. Rosario Fera



Nella foto, l'unica volta che ho solcato le scene.

venerdì 8 marzo 2013

La confessione (reg. Costantin-Costa Gravas - 1970)

Qui in paese quand’ero bambino c’era un Dio che abitava in chiesa negli spazi immensi sopra l’altar maggiore. Era vecchio ma molto in gamba (certo meno vecchio di San Giuseppe) e severissimo; era incredibilmente perspicace e per questo lo chiamavano onnisciente, e infatti sapeva tutto e, peggio, vedeva tutto.
Luigi Meneghello, Libera nos a malo, BUR

Ho scritto e parlato del catechismo e della prima comunione tralasciando l’evento ( così si dice oggi) intermedio che è la confessione, un passaggio obbligato per potersi accostare puri e cibarsi di e con Gesù.
La madre- maestra Armida era la suora che preparava i bambini alla confessione alcuni giorni prima. Era una preparazione inconsapevolmente, per lei, terroristica, tra fobie kafkiane e incubi alla Edgar Allan Poe. Il terrore dei mali compiuti si acuiva nei momenti prima di prendere sonno, dopo che la mamma mi aveva aiutato a dire le preghiere, quando spenta la luce e rimboccatemi le coperte mi abbandonava a me stesso.
Bisognava andare a ricostruire tutta la poca vita accumulata e ricercare qualcosa da riferire all’accipreviti Minniti che era, dietro i suoi baffetti alla Charlot, il braccio giustiziere di Dio.
Ovviamente ne usciva ben poca materia da accusare; solo manchevolezze verso i genitori, bugie infantili come furtarelli infantili (le cinquanta lire per andare al cinema).
Il fatto era che il terrore del peccato ed il conseguente ingresso negato in Paradiso ci veniva inculcato abbondantemente già al momento della nascita, per cui si chiedeva a Gesù la grazia di morire subito dopo aver preso la prima comunione e non aver più nessuna occasione di macchiarsi e finire nelle fiamme infernali, pungolati da perfidi diavoli dalla lunga coda.
Qui finisce il primo accostamento alla confessione che per fortuna avvenne con un ministro di Dio che non era lo zio Ciccillo. Il solo pensiero di dover riferire le mie colpe inginocchiato davanti a lui, mi rendeva indegno di corrergli tra le gambe avvolte dalla tonaca nera, essere preso per mano e portato iaffora ‘e ssalis.
Casualmente, e per mia scelta, l’ultimo accostamento alla confessione è stato con lo zio Ernesto, qualche anno prima di morire, quando ancora celebrava, già infermo, la messa in casa, davanti alla zia Amalia, la signora Rosina Agresta e me. Anche a lui non sapevo come sviscerare i miei torti. Egli invece, benevolmente, in un istante mi sollevò dall’imbarazzo assolvendomi e chiedendomi di recitare assieme il Pater noster in latino.
E’ stato il momento in cui mi sono sentito in comunione con lui, un condividere assieme la vita,aldilà della parentela, serbando un ulteriore e definitivo ricordo.

mercoledì 12 dicembre 2012

Il mondo nuovo (reg. Ettore Scola - 1981)

L’epoca di Gianni u tamburinaru – e con lui, il suo bando preceduto dal rullo di tamburo – è finita, le trombe Geloso l’hanno sostituito. Montate sul tettuccio della Fiat 500 girano il paese per annunciare un evento che può essere un corredo di Don Petru, un comizio del sindacalista Catanzariti, ma spesso è il kolossal in programmazione al cinema Loreto.
 E se per Catanzariti la voce è quella di un suo “compagno” o per Don Petru uno studente liceale, per il cinema Loreto c’è l’indimenticabile, mai dimenticato,  Mimmo Addabbo: ecco se Sergio Leone stava dietro il mirino dell’Arriflex, Mimmo Addabbo stava dietro il Fumeo 16 mm e per mirino aveva il buco da cui si spandeva il fascio di luce che andava a riflettersi sullo schermo. Tutti e due mi hanno regalato i più bei sogni da risognare.

***
Già da quindici giorni la macchina sta percorrendo strade e contrade annunciando il film dei film, quello che ha eclissato Via col vento, con la magia degli effetti speciali e della ricostruzione dell’antico Egitto dei Faraoni, senza dimenticare il cranio rasato, bronzeo e lucente di Yul Brinner.
L’annunciatore però faceva leva per attirare i platioti su un fatto irripetibile: i sei tempi della pellicola. Un tempo senza fine per i piccoli che entravano nel cinema con la luce del giorno e ne uscivano a notte fatta.
Dentro la sala tra un cambio e l’altro tutti i loro visi erano rivolti dietro, verso quell’alta parte tappezzata dai contenitori delle uova per migliorarne l’acustica, a quel buco in cui cercavano di indovinare i traffici di Mimmo Addabbo.
Una volta fuori dal cinema c’era , tra i bambini, la lotta per stabilire il personaggio da imitare nei giochi e la scena più straordinaria; intanto dal campanile della chiesa l’altoparlante diffondeva “Non son degno di te”, richiamando i paesani per lo spettacolo serale che,  data la lunga durata del film, aveva inizio un’ora prima.

Foto di Francesco Barbaro alias Cicciu i santa

giovedì 6 dicembre 2012

1 aprile 2000 (reg. Wolfgang Liebeneiner )


Ritaglio trovato tra i documenti conservati di zio Ernesto sen.

mercoledì 3 ottobre 2012

mercoledì 16 maggio 2012

Prima di partire (reg. Amleto Palermi - 1938)



Platì  1 – Ottobre -  1966

Caro zio Peppino,

Caro zio Peppino, spero che la presente vi trovi in ottima salute, noi tutti in famiglia stiamo bene, il nonno e la nonna vi pensano sempre e sono in pensiero perché da tanto tempo non ricevono vostre notizie, anche mio papà aspetta la risposta della sua lettera.
Caro zio vi faccio sapere che parto per Messina per scrivermi nel seminario, io di la vi scrivo e vi  mando il mio indirizzo ora vi salutano la nonna e il nonno e vi mandano la Santa Benedizione, caramente vi salutano i miei genitori, Saro, Maria e Gianni ed io dicendomi vostro affezionatissimo nipote
GINO

Porgete i nostri saluti a Rosario Morabito e famiglia, e per parte mia a S. e fratelli

mercoledì 21 dicembre 2011

giovedì 15 dicembre 2011

Una moglie (reg. John Cassavetes - 1974)

zia Rosa (Platì 21/12/1914 - Messina 24/08/1988) con zio Placido



La storia è questa. Placido un giovane messinese benestante ed appartenente ad una famiglia di abili e rinomati artigiani desidera sposarsi.
Dopo aver ponderato attentamente quelle che sono le occasioni che provengono dalla normale vita cittadina, è deluso irrevocabilmente. Sarà questione di  educazione familiare o da una non eccessiva prestanza fisica, come da una timidezza ( forse insicurezza ) eccessiva, o da una morale legata alla tradizione, tant’è che decide che se deve prendere moglie questa deve venire da fuori, dai paesi, dove le donne sono educate, ancora, prevalentemente in seno alla famiglia.
Come El Paso in America, Messina è stata sempre una città di confine, e sebbene nella prima è un fiume ( il Rio Grande ) a tracciare i confini, nella seconda sono le correnti dello Stretto che prende il suo nome a dividere le due coste. La cittadina americana era legata per i suoi traffici, talvolta illeciti, al Messico, al pari la città dello Stretto era legata alla Calabria, che le viene prima – tra tutto voglio qui ricordare il contrabbando del sale, libero commercio nell’isola e monopolio varcato il mare, ma anticamente si esportava vino per importare olio o grano. Messina ha da sempre importato ed esportato dalla costa calabra, anche per le unioni familiari. E non crediate che ancora non sia così!
Nei suoi viaggi di lavoro nella provincia di Reggio il futuro sposo conosce a Bovalino alcuni abitanti di Platì ed a loro, vedendoli  molto amichevoli e di buon carattere manifesta  la sua volontà di prendere in moglie una ragazza di paese, purché sia di buona educazione e di famiglia per bene.
I paesani dapprima guardandosi vicendevolmente sorridono della pretesa del forestiero, ma alla fine, dopo aver fatto vari nomi sono d’accordo che a lui sia da consigliare la zia Rosa, sia per il carattere mansueto e la vita ritirata in seno alla famiglia di mastru Rosariu i barva.
Gli amici dopo aver manifestato queste intenzioni a papà e successivamente fatte le presentazioni, avvicinano il pretendente a casa del nonno Rosario che è quello che alla fine deve dare lo sta bene, ma già la zia Rosa, dopo una prima parola, è d’accordo a lasciare il paese e trasferirsi oltre lo Stretto.
E non finisce qui questa specie di transumanza: seguirà, dieci anni dopo, la zia Pina che andrà sposa al fratello del marito della zia Rosa, zio Giovannino e, ancora a distanza di dieci anni, papà e mamma con la nonna Mariuzza, e noi figli destinati ad un avvenire di lontananze.



giovedì 7 aprile 2011

Figli di un dio Minore (reg. Randa Haines, 1986)


Quando giunse il momento di fare la prima comunione bisognava frequentare il catechismo.
Le lezioni di solito si svolgevano la domenica mattina in canonica ma molto spesso per non disturbare  la messa in chiesa e fare arrabbiare lo zio Ciccillo o il parroco, l'arciprete Minniti, la madre maestra Armida ci conduceva nella sala del cinema parrocchiale attaccato alla chiesa matrice.
Il catechismo comprendeva una parte teorica, le interrogazioni e una parte multimediale si direbbe oggi, ed una ludica.
Mimmo Addabbo prima ci proiettava degli edificanti documenari in b/n di vite di santi o testimonianze sulla fede e i miracoli.
Alla fine veniva il bello perché ci proiettava i prossimamente dei film in programmazione.
Forse per questo Clint Eastwood si è trasformato nel mio dio.

lunedì 4 aprile 2011

I Cancelli del Cielo (reg. Michael Cimino - 1980)

Zio Pepè 24/04/1920 - 05/04/2004
vestito da balilla con mia mamma



Mettetevi comodi, per cominciare vi consiglio di ascoltare Country Comfort di Elton John

Ora vi dico quello che è il legame tra lo zio Pepé e Michael Cimino e così vi svelo il titolo del post di oggi.
Nei colori dei film dell’ultimo dei grandi maestri holliwoodiani così come in alcune scene,molto spesso fotografati da Vilmos Zsigmond (il più grande degli anni ’70), vedo questo episodio che accadde nelle colline di Plati’, a valle di quell’erta parete che è chiamata l’Aria du Ventu e verso Cirella.
Nei primi tempi di questa spasciata repubblica, nata spasciata, zio Pepé era l’esattore comunale del paese. Per l’esattezza “u satturi”.
Il nonno Luigi gli aveva pure approntato l’ufficio in quella parte della casa dove ora c’è l’ingresso principale in corso San Nicola, in quel tempo accanto alla farmacia. Molto spesso i tassati accusavano malore dopo aver pagato e il farmacista professor/dottor Nicola Spadaro soccorreva repentinamente il malcapitato. Io questo professor/dottor Spadaro  non lo potevo vedere perché era  lui che preparava l’olio di ricino che la mamma mi dava per purgarmi lo stomaco. Ma questo è un altro film.
La scena è questa, e ditemi se non è un western, un platiotuwestern.
Zio Pepé con l’aiutante sta tornando da Cirella dove era stato per le sue funzioni esattoriali. Il Monte Calvario era ancora molto distante e i due sono in groppa a due muli per altro mansueti. Siamo in estate, i serri per la risplendente luce del sole sono del colore delle messi mature: non ascoltate le cicale che sembrano suonare un pezzo uscito fuori da una delle suites per violoncello solo di Bach? Con l’archetto che va e viene sullo strumento?
Un qualcosa di simile lo si trova anche ne Il Siciliano sempre di Michael, cinematographer  Alex Thomson.
Ancora. Lo si trova in alcuni momenti dei film baarioti del buon Peppuccio,e lui di fotografia se ne intende, quando ha l’apporto di Lajos Koltai o ultimamente di  Enrico Lucidi.
I nostri due eroi, ignari di quanto sta per accadere, asciugandosi il sudore dal collo se la discutono sull’afa e su cosa nonna Lisa farà trovare sulla tavola da pranzo, quando dalle siepi sbucano due bravi: pantaloni neri, camicia bianca con una fila di bottoncini neri al centro,coppola calata in testa, portano sul viso bandane alla Jesse James per non farsi riconoscere. L’intimidazione è quella che abbiamo appreso sullo schermo in cinemascope: o la borsa o la vita.
FINE PRIMO TEMPO

Intermezzo: Curtains sempre di Elton John


SECONDO TEMPO
Dopo il primo sgomento lo zio, che era uno degli uomini più ben voluti in paese, cerca un qualche dialogo, anche perché lui era andato a Cirella per constatare, ancora una volta, l’estrema miseria in cui versavano i paesi della Calabria dal tempo dei Bruzi. Ancora il prode Alcide, accompagnato dal suo fido Andreotti, doveva sbarcare in America per fare la questua e rovinarci con i soldi yankee dopo che questi ultimi ci avevano scaricato sul  paese le bombe con la scusa della cacciata dei tedeschi. Mica fessi gli yankee, i conti se li sapevano fare, prima ti bombardo le case e poi ti presto i soldi per la ricostruzione.
Il racconto è sospeso in quell’aria estiva o come quando al cinema Loreto di Platì si inceppava il proiettore bruciando la pellicola e Mimmo Addabbo doveva sospendere la proiezione tra i fischi e le grida dei ragazzi, nella sala illuminata dallo schermo bianco. Io in quei momenti guardavo incantato in quel  quadratino da dove uscivano i miei sogni, cercando di capire cosa succedeva in cabina di proiezione.

Nella mia infanzia zio Pepé era un mito, perché lo vedevo poco e quando compariva per strada con il professore De Marco io ero molto contento e gli correvo tra le gambe cercando di farmi regalare qualche gelato al bar  del mitico Dante De Maio, dove lui giocava a carte con gli amici.
Questo accadeva prima che lui si sposasse ed io sbarcassi dall’aliscafo a Messina.


Marilisa non riesco a non farti piangere perché abbiamo avuto la fortuna di avere il meglio, e questo lavoro è per ricordarli ancora un poco.

Titoli di coda: Captain Fantastic and the Brown Ditry Cowboy,  Elton John

lunedì 7 marzo 2011

La Messa è Finita (reg. Nanni Moretti, 1985)

zio Ciccillo 06/03/1908 - 27/03/1974


Per Te, carissimo zio Ciccillo, fin dall'infanzia, ho provato passsione per la musica: quando chiamavi a raccolta per la messa con le note della Marcia alla Turca di Mozart o con La Gazza Ladra di Rossini.
In quei 78 giri della Voce del Padrone, neri come la tua tunica,  pesanti e duri come lastre di lavagne,
i baratri nei solchi del disco ormai facevano parte aggiunta della composizione originale, e chissà quante
malanove hanno ricevuto da parte delle puntine del giradischi Geloso, che poi erano chiodini dorati come
quelle che usava lo zio Peppino quando inchiodava le scarpe.
Le tue messe, anche quelle solenni o cantate, alla chiesa del Rosario erano per niente noiose e per niente infinite, tant'è che il fedele adulto se ne usciva in pace con il Padreterno per aver adempiuto ad un precetto che poteva essere aggiunto agli altri peccati in confessionale o i piccoli scappare a giocare nei casalini aspettando che la mamma preparasse il ragù di carne,  e noi nipoti di nonna Lisa o nonna Maria correvamo in cucina per avere i jancareii di pane ammorbiditi e intinti nel soffritto prima che la mamma versasse il pomodoro.
Quei pomeriggi nella sacrestia,quando impastavi e cuocevi le ostie, come passerotti noi pargoletti eravamo là
che attendevamo i ritagli per mangiarceli golosamente. Oppure i primi lunedì o venerdì di ogni mese quando il ricavato delle offerte della messa  lo davi tutto ai chierichetti.
Tutti hanno dimenticato le "Rogazioni", processioni mattutine per la buona riuscita delle seminagioni. Io ti vedevo passare dal balcone di casa con i fedeli e non capivo cosa accadeva, pensavo impaurito ad un accompagnamento, ma non vedevo la bara.
Quando ho capito sono saltato anch'io, come Lord Jim di Conrad, dalla barca. Per molti sono diventato un eremita, ho preso pure  la zappa e adesso mi rivolgo al Sole, alla Luna e alla Madre Terra,le sole certezze, per aver anche qualche cosa da donare.
Zio Ciccillo, da molto non ci sei pù tu e non c'è più tutto questo, solo il ricordo, destinato a svanire presto.