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martedì 1 giugno 2021

Addio mia bella signora [di Fernando Cerchio - 1954]

“Gino ... ci perdiamo da vivi e poi ci andiamo a cercare tra le carte impolverate... non è strano???”. Marilisa 



 La storia di Mariolina Mittiga, venuta a mancare la sera del 30 maggio, scorso è comune alla maggior parte del diffuso popolo platiese che vive fuori dalle mura native. Oggi il vero paese è altrove e il cordone ombelicale che unisce quel popolo alimenta soltanto ricordi mediatici. Mariolina era nata in seno ad una famiglia talmente importante quanto dimenticata da chi a Platì oggi vive. Ultima in ordine di arrivo su questa terra, con la maturità ebbe in sorte quell’ esodo quasi obbligatorio che colpì anche le sorelle e il fratello e non risparmierà in tarda età i genitori. Rispetto gli altri non andò lontano avendo sposato un rinomato oculista bovalinese: il dott. Rosario Catanese. Per essere più chiari Mariolina era nata da Giuseppe Epifanio Mittiga e Maria Antonia Zappia. E volendo essere ancora più aperti dirò che Giuseppe Epifanio Mittiga, zio Giuseppino, è stato un luminare della medicina ed in paese esercitò come nessun altro la professione di chirurgo, ginecologo, ortopedico, ufficiale sanitario doti unite a quelle di musicista e primo fotografo platiese. Le sue specializzazioni in medicina gli servirono a salvare numerosi feriti, anche in modo anche grave, fra gli scampati al disastro che colpì il paese nella notte tra il 17 e il 18 ottobre 1951, trasformando la sua abitazione in un vero e proprio ospedale da campo. Caterina (Nella), Lisa, Rocco e Mariolina quel genitore lo hanno adorato, come anche lo hanno adorato i suoi nipoti.

Nella foto in apertura Mariolina è alla vostra sinistra, accanto a lei Pina Miceli.

domenica 30 maggio 2021

Le stelle non hanno padroni [di Salvatore Bongiorno - 2018]

"Non lasciate che nessuno scriva la storia al posto vostro".



UN PICCOLO CENTRO DI CALABRIA IN LOTTA CONTRO L'ANALFABETISMO
I bimbi coi loro cartelli guidavano il corteo di Platì
Dove sono ancora vive le tracce dell'alluvione del 1951 — Ventiquattro ore di sciopero per le scuole — Il 48 per cento di analfabeti nel paese natale di Corrado Alvaro
 
 
DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE
PLATI', novembre.
Venire quassù, da Reggio, è un viaggio nell'estate; prima col treno fino a Bovalino Marina, poi m motoleggera sulla strada tra le colline basse, distese sotto un incredibile sole di novembre, folte di ulivi centenari, fra i quali ogni tanto scopri una palma, le larghe foglie di un banano. La strada va su a larghe curve, e ad ogni curva rivela nuove prospettive, nuovi giochi di volumi e di colori, richiama alle mente altre strade, più famose, più illustri, che attraversano luoghi celebrati: la cornice della Costa Azzurra, da Menton a Nizza. E anche qui si attraversa un paese che si chiama Benestare, un nome senza dubbio suggerito dalla mitezza del clima, dalla bellezza inimitabile dei luoghi.
E', difficile ricordare che questa strada ci sia portando in un paese distrutto, sconvolto da un cataclisma d'un genere che si è abituati a considerare «naturale», dall’alluvione del 18 ottobre 1951. Cosa mai può essere, in questi luoghi, una alluvione? Non vi sono grandi fiumi, qui, solo torrentelli, che ora - nella stessa stagione in cui, or è un anno, dilagarono e travolsero case e vegetazioni — appaiono, in magra, appena come tracce lievi tra il verde delle piante e il rosso delle foglie autunnali. Eppure sulla linea ferroviaria, a pochi chilometri de Bovalino abbiamo ben visto i tre ponti crollati, fra i quali quello grande, a traliccio dì acciaio, immersi per metà in acqua come il relitto di un naufragio. E' la testimonianza certo che queste deboli acque torrentizie possono anch'essi, in determinate circostanze, acquistare una forza tremenda, moltiplicarsi giungere a volle come un flagello.
Ma è facile capire che basterebbe assai poco per imbrigliare queste acque quando esse sono come sono normalmente. come le vediamo ora, vene esigue di questo splendido tessuto vegetale. Assai poco, qualche argine solido, convenientemente alto e disposto nella maniera giusta, e qui di alluvioni non se ne parlerebbe per secoli. Una spesa forse di alcune decine di milioni, e si sarebbero risparmiati i quindici miliardi di danni dell’anno scorso.
 
Chi è che paga?
 
E intanto, chi li paga, questi quindici miliardi? Il governo, finora, ne avrà speso forse uno, fra tutti i Comuni colpiti, che sono 84 sui 95 della provincia, 13 dei quali con particolare durezza. E il resto lo scontano quelli che hanno perduto gli ulivi, le semine, le case: i contadini poveri che non hanno ottenuto ancora alcun risarcimento, mentre i grossi proprietari qualche cosa hanno avuto, grazie ai mezzi di cui dispongono: avvocati, carta bollata, aderenze al ministero. I contadini poveri pagano con la loro miseria di ogni giorno quello che hanno perduto perché nessuno si era curato di arginare i fiumi. E i figli dei contadini poveri pagano: i bimbi di Platì che non vanno a scuola.
Lunedì scorso tutti i lavoratori di Platì, paese dì 4700 anime, si sono astenuti da lavoro per ventiquattr'ore, ed hanno dato vita a una indimenticabile manifestazione di protesta ver il mancato inizio dell’anno scolastico. Hanno chiesto che il governo disponga la costruzione immediata di un edificio scolastico, e che frattanto siano requisite le aule indispensabili nelle case dei privati. C'erano tutti quattro o cinquecento braccianti della zona, i 140 edili dell'ANAS che lavorano alla costruzione della strada 112, i 90 lavoratori del cantiere di rimboschimento, i 60 edili del cantiere Velonà, gli operai della centrale idroelettrica del signor Zappia: pochi questi, circa 20, perché la ditta non trova a credito e fondi necessari per la ricostruzione della centrale distrutta dalla alluvione. E con i lavoratori c'erano le famiglie, le donne, tutto il popolo di Platì, quattrocento senza tetto di Platì; e i bimbi: i bambini e i ragazzi senza scuola, che portavano ben alti i cartelli con la loro unica, essenziale, solenne rivendicazione, la scuola, la via della conoscenza, del sapere, che è strada alla libertà dall’incubo delle alluvioni.
 
 
Neanche un vano

Intorno a questa alta rivendicazione si è realizzata qui la più larga unità del popolo: anche il sindaco democristiano, Giuseppe Zappia, si batte insieme con i lavoratori per avere l'edificio scolastico, e non se n'è avuto troppo a male per lo sciopero, sebbene fosse proprio lui a sostenere l'impossibilità di svolgere il nuovo anno scolastico nei locali utilizzati l'anno scorso. Perché, in definitiva, il fatto è questo: che in un anno, da quando l’alluvione è passata in questi luoghi travolgendo ogni cosa, qui non si è costruito un solo vano. Solo a tre chilometri e mezzo dal paese, in un posto scelto, non si sa per quali caratteristiche, da un sottosegretario d. c. sono sorte una ventina di casette tinte di giallo, prive di acqua e di luce, che dovrebbero essere fittate a duemilacinquecento lire il mese: una cifra praticamente inaccessibile a questi lavoratori. E allora in quello che resta delle case di Platì si ammucchiano le famiglie, esattamente come un giorno e una settimana dopo il disastro. E le promesse che De Gasperi pronunciò qui, di fronte a queste rovine, nello scorso marzo, sono rimaste quello che erano un basso espediente elettorale.
Poco discosto da Platì c'è un villaggio, San Luca, dove è nato uno dei nostri scrittori più significativi: Corrado Alvaro. Ma in queste zone le percentuali di analfabetismo sono le più alte d'Italia: il 48% è la media regionale, che sale al 53% nel reggino, e su questi colli tocca punte anche superiori all' 80%: «tutti quelli che hanno più di 50 anni non sanno leggere», mi dice il compagno Ciccio Catanzariti, segretario della C. d. L. di Platì, che ha molto meno di 50 anni. E si capisce che cosa questo significhi; significa, che per secoli e fino ai nostri tempi qui i padroni hanno avuto sempre ragione come nel caso — che Catanzariti mi racconta — del colono Francesco Spagnolo, che il padrone ha illegalmente estromesso dalla terra per presunta inadempienza del contratto a miglioria. Illegalmente, ma con l'aiuto di un avvocato, così che il povero Spagnolo non solo è rimasto senza lavoro, ma deve anche pagare una certa somma, per sentenza del tribunale. Significa che i grossi proprietari riescono ad ottenere dal governo il risarcimento per i danni subiti dall'alluvione, mentre i contadini poveri non hanno riavuto ancora nemmeno le case e le masserizie perdute. Significa, di conseguenza. che i grossi proprietari se ne infischiano di erigere gli argini, mentre i contadini — per i quali gli argini sono condizione di vita — non sono stati in grado, fino a prima del disastro dell'anno scorso di imporne la costruzione.
A qualche decina di chilometri da qui, nel comprensorio di Caulonia, i contadini hanno ripreso in queste settimane con rinnovato slancio la lotta per la terra ed hanno occupato i feudi che l'Ente di Riforma protegge, facendo vista di volerli scorporare. Quassù non c'è feudo, ma l’aria che tira è la stessa. Anche qui troppo hanno comandato i padroni, i ricchi, i potenti e non potendo farlo in nome del diritto feudale, perché per una volta tanto il diritto feudale, che qui ha dato luogo agili «usi civici», non li favoriva, si sono rifatti con i codici e il latino: quello degli azzeccagarbugli e quello arcipreti. Anche adesso c'è a Platì un arciprete giovane vigoroso e latinista, che in pochi anni si e comprato un fondo per tre milioni e mezzo, in nome della Madonna di Loreto, e si è fatto la canonica prima ancora di costruire la chiesa.
E' attraverso queste e simili esperienze che i bambini e i ragazzi di Platì hanno capito che debbono andare a scuola. E i genitori analfabeti hanno capito che i loro figli devono imparare a leggere, a scrivere e a far di conto. Così è nato il grande sciopero di lunedì; un atto rivoluzionario, come l'occupazione delle terre nel Silano – Crotonese e a Caulonia. Un atto che dimostra come i contadini di Calabria e del Mezzogiorno abbiano trovato la via giusta per scrollarsi di dosso l'oppressione secolare dei padroni, dei potenti. Che ci dice come la battaglia per la cultura nel Mezzogiorno non sia più l'opera e il sacrificio di pochi intellettuali isolati, ma sia ormai lotta di masse, e perciò concretamente lotta per la libertà e il progresso.
FRANCESCO PISTOLESE
Testo e foto: L’UNITA’ sabato 15 novembre 1952

Il film suggerito in apertura oggi pur con alcuni difetti di composizione – le orribili riprese col drone e  la poca cura sui costumi – potrebbe sfigurare affiancandolo a Segreti di Stato (2003) di Paolo Benvenuti ma sta bene accanto a Il brigante (1961) di Renato Castellani che per altro aveva accanto Giuseppe Berto. La storia di Le stelle non hanno padroni (2018) ha luogo in Sicilia nei pressi di Petralia Sottana, Il brigante si svolge in Calabria, nel Marchesato in un arco di tempo che prende le mosse durante il Regime Nero per concludersi con l’occupazione delle terre nell’ immediato dopoguerra.

L’articolo dell’UNITA’ a 70 anni dalla sua pubblicazione può far storcere il naso alla maggior parte dei lettori di oggi ma apre uno squarcio sulla Platì di quegli anni e le conclusioni sono le stesse lamentate nei titoli finali di Le stelle non hanno padroni: l’abbandono delle terre e il conseguente esodo in massa.

Curioso appare l’elogio fatto sulla testata portavoce del PCI a don Ferdinando Zappia, gestore postale e proprietario unico della centrale elettrica, la quale veniamo a sapere contava 20 occupati, a suo tempo gerarca in fez e camicia nera come imponeva la moda. Come curioso appare l'elogio all'altro Zappia, Giuseppe, allora sindaco democristiano.

 

domenica 16 maggio 2021

Dove rumoreggia il torrente [di Heinz Paul - 1956]


LE ACQUE IMPETUOSE SCORRONO DOVE VOGLIONO SU UNA ZONA DI MOLTI CHILOMETRI QUADRATI

A distanza di 6 anni dalla “grande alluvione” 
il torrente Acone dev’essere ancora bonificato

Non sarà certo il tempo a fornire il denaro necessario perché i fiumi tornino nei loro letti primitivi e l’agricoltura rifiorisca sulla sterile distesa 
di pietre e sabbia.


Platì, 25 marzo
I fatti di Villapiana ci hanno improvvisamente riscoperto la realtà calabrese. Quanti di noi non si erano inconsciamente convinti che il tempo riesce a sanare anche piaghe delle alluvioni?
Un antico motto afferma che «il tempo è denaro». Qualcuno avrà forse creduto che abbandonando la Calabria a sé stessa ci penserà il tempo a fornire il denaro necessario perché i torrenti tornino nei loro
letti primitivi e l'agricoltura rifiorisca sulla sterile distesa di pietre e di gabbia che a noialtri calabresi regalò l’anno di grazia millenovecentocinquantuno.
Il materiale alluvionale trasportato dalle piene dei torrenti non ha ricoperto «tutto» il territorio calabrese: ne ha ricoperto solo una parte. Ma la distruzione di quella parte dell’agricoltura calabrese è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E doveva trattarsi del vaso di Pandora se ne sono usciti solo fame, miseria e disoccupazione.
Non è stato mosso un solo dito per la bonifica dei torrenti che hanno seminato questi mali in Calabria nel 1951 e nel 1953; e che continuano a seminarvi il panico e l'avvilimento.
Non è stato mosso un solo dito per la bonifica dell'Acone, il torrente responsabile del mal di fegato di quelle migliaia di persone che ogni anno durante lunghi mesi, cercano invano di contendergli palmo a palmo l’arida terra degli antenati.
Lungo il corso superiore del torrente Acone, sono stati posti in essere tempo fa i soliti palliativi, i soliti «specchietti per allodole» consistenti nella costruzione di qualche briglia che avrebbe la pretesa di infrangere le impetuose piene autunnali del torrente medesimo.
Nel corso inferiore, nemmeno questi palliativi sono stati attuati. Ma i messaggi-fantasma che riferiscono di interrogazioni al Governo da parte di qualche parlamentare, di mozioni, etc., continuano ad illudere la povera gente delle zone interessate.
L'Acone non ha più un letto. Scorre dove vuole, in una vastissima zona «tabù» che si stende per molti chilometri quadrati.
Abbiamo impiegato venti buoni minuti di marcia per attraversare da un capo all'altro questa impervia regione di pietre acuminate e di vecchi tronchi inservibili. «Se ci passerete l’anno venturo ne impiegherete venticinque, di minuti» - ci assicura un capraio del luogo.
Ce lo dice con una tranquillità olimpica, come se non glie- ne importasse niente. Non gliene importa, infatti, perché è capraio. Se l'Acone gli leva il pascolo in questa zona è dispostissimo ad andarsene altrove col suo gregge.
Appunto perché non ha interessi diretti alla bonifica: del l'Acone, gli chiediamo di dirci obiettivamente cosa ne pensa della indifferenza del Governo a questo importante problema delle popolazioni di Natile, Platì, eccetera.
Da una intervista con un capraio non ci si possono aspettare grandi cose; tuttavia il parere del capraio è lineare, primitivo, ma tagliente.
- «Quand'ero in America - ci dice - pagavo molte tasse, ma vivevo comodamente; adesso che sono tornato in Italia, a fare il capraio pago le tasse e vivo male».
Non ci meraviglia il fatto che il capraio sia stato in America. Così come il suo caso ce ne sono a centinaia qui da noi. Ci meraviglia però che nella sua mente sia così chiaramente delineato il concetto giuridico di prestazione e controprestazione che dovrebbe sussistere tra lo Stato e i cittadini contribuenti. E ci tornano alla mente le parole di un nostro concittadino, il quale, proprietario di un fondo posto su una riva dell'Acone, si lagna di dover pagare annualmente i contributi di bonifica, mentre la bonifica è sempre di là da venire.
E ci pensiamo, seguendo il corso del torrente fino al suo punto di confluenza col Ciancio.
Per questo punto di confluenza, l'Acone ha creduto bene di utilizzare il terreno di due vaste estensioni di proprietà privata; e per rendere questa proprietà ancora più «privata», l'Acone le ha tolto tutti gli alberi esistenti; in più l'ha privata delle case coloniche, delle stalle, etc. Il letto dell'Acone doveva per forza finire in bellezza.
Dalla confluenza, con il Ciancio, nasce un nuovo torrente: il Careri. Di quest'ultimo si è interessata la Cassa per il Mezzogiorno, la quale vi ha promosso una specie di bonifica. E' meglio non parlarne, però, di questa bonifica.
Per esempio sul letto del Careri, abbastanza ricco d'acque da non permettere il guado se non nelle stagioni di magra, non esiste un ponte che allacci gli abitati di Natile Vecchio e di Natile Nuovo. Il ponte è stato compreso, pare, nel piano della Legge Speciale per la Calabria; ma non sappiamo in quale anno. Comunque. bonificando l'Acone la costruzione di detto ponte sarebbe oltremodo più facile e si potrebbe levare finalmente mezzo quella vecchia carcassa tenuta insieme a forza di fil di ferro e detto «passarella» che crolla ad ogni piè sospinto bloccando traffico per mesi e mesi ogni volta.
Un concittadino di Natile ci ha detto, a proposito della passarella che cade sempre: «Perché quelli del governo si convincessero della necessità di costruire il ponte, bisognerebbe farli abitare per un mese
a Natile Vecchio e fagli attraversare a guado il torrente due volte al giorno; così gli verrebbero i reumatismi alle gambe, e allora provvederebbero subito». Questa frase a prima vista non dirà niente a qualche lettore; per comprenderla appieno bisogna esserci passati, a guado nel Careri.
Noi ci siamo passati, costretti dalle circostanze, nel dicembre del 1953. Eravamo passati dall'altra sponda a, cavallo di un mulo; il quale, al ritorno, forse per dimostrare di essere dotato di una intelligenza superiore, non ne volle sapere di entrare di nuovo in acqua, e ci costrinse ad entrare noi stessi, tenendo la bestia per le redini. E possiamo assicurare che quando l’acqua ci mulinò intorno alla cintola, non fu davvero un bel momento.
Ricordando l’episodio guardiamo, istintivamente, la tarlata passerella che cigola maledettamente e traballa.
Non impieghiamo più di dieci minuti a raggiungere l’altura dove passa la Statale 112, e quando finalmente ci siamo. seduti su uno dei suoi muretti impolverati, ci sembra di essere usciti dal mondo selvaggio o
primitivo dell'Acone, con lo stesso animo di Dante quando tornò a «riveder le stelle».
E attendiamo sollevati la sconquassata corriera che ci riporterà a casa.
MICHELE FERA
GAZZETTA DEL SUD, 26 marzo 1957


Nella foto il torrente Acone è visibile alla vostra sinistra.
 

 

lunedì 10 maggio 2021

Gran Casino [di Luis Buñuel - 1946]


 L’alluvione del 1951

Il 18 ottobre del 1951 a Platì ci fu una grande alluvione. Tre giorni prima iniziò a piovere ma il 18 fece un gran casino. La fiumara di “Porteia” attraversò le strade fino ad arrivare in contrada Lacchi; portò via moltissime cose come il mulino che stava “fora o ponti” lo portò fino a Lacchi, tutti i porcili, le stalle le portò via. Perfino la fiumara di “Raconi” portò via due buoi mentre stavano tranquilli nella sua stalla, legati alla mangiatoia. Anche il fiume di “Saneju” portò via una mandria di 200 capre mentre erano in pascolo con il suo padrone, e queste capre scomparvero nella acque. Molta gente andò a rifugiarsi nelle scuole elementari; quelli che stavano in montagna corsero subito in paese da parenti e amici per ripararsi da quel terribile maltempo.  La gente che stava vicino alla fiumara purtroppo è morta, ma altri si sono salvati. Raccontano che una volta una donna era incinta e doveva partorire, ma quel giorno che doveva partorire la fiumara fece un gran casino, però suo marito l’ha salvata.
Il 19 ottobre la gente iniziò a lavorare e togliere tutto quel materiale che aveva trasportato il tempo e a riparare tutti i danni causati dall’alluvione. Degli uomini mentre stavano scavando si accorsero che c’era una donna sotterrata fino alla pancia però ancora riusciva a respirare. Questa donna si salvò però il resto della sua vita lo passò con le gambe storte. Molta gente a causa di questa alluvione abbandonò il paese, per non avere case e terreno, molte di queste persone emigrarono per L’Australia, America e altre città
Barbaro Giuseppe 5A


Il componimento di Giuseppe Barbaro è stato premiato alla Seconda Sdizione - 2018 - del Premio Letterario "E. Gliozzi".
E' altresì bello legare il nome di Luis Buñuel a quello di Platì.

mercoledì 3 marzo 2021

Come quel giorno [di Mario Caserini -1916]

 L'associazione Etno Culturale SANTA PULINARA di Platì è lieta di annunciare l'evento dell'anno


Siederanno al tavolo dei lavori noti studiosi, scrittori, giornalisti e autorità. Parteciperanno vari Enti Promotori locali e nazionali.

L'evento sarà trasmesso in diretta e in streaming da una nota emittente radio-televisiva.

L'organizzazione si riserva di comunicare per tempo data e luogo dell'evento.


lunedì 24 febbraio 2020

Mentre il pubblico ride [di Mario Bonnard, 1920]



CI SCRIVONO DA PLATI’
 I documenta
e la realtà
Platì, 7 maggio
Mercoledì sera un folto pubblico ha assistito alla proiezione in piazza Gramsci, di alcuni interessanti documentari inviati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
I documentari erano senza dubbio interessanti: illustravano la rinascita italiana degli ultimi anni. Ma siamo sicuri che essi non abbiano prodotto sulla folla platiese proprio l’effetto voluto dagli autori.
Platì è infatti uno dei paesi della Calabria praticamente abbandonati dallo Stato, dopo le alluvioni del '51 e del '53. E' naturale, quindi, che gli «interessanti documentari» di cui abbiamo detto non abbiano fatto altro che mettere in evidenza la incresciosa disparità di trattamento riservata dalla Stato ai Calabresi nei confronti degli altri cittadini italiani.
Lasciamo parlare i fatti.
Nel 1951 Platì fu tra i paesi maggiormente colpiti dall’alluvione: morti e centinaia di senzatetto furono il suo tragico bilancio; senza contare la distruzione di massima parte dell'agricoltura. Nello stesso anno avvenne l'alluvione del Polesine: Pero, mentre nel Polesine, dell'alluvione non restò neanche la traccia, a Platì la situazione restò pressoché immutata; tanto che la violenta alluvione del '53 non poté levarsi il gusto di cambiare anch’essa i connotati al nostro paesaggio: lo aveva fatto fin troppo bene l’alluvione del ’51 e nessuno vi aveva ancora rimediato.
Troppe cose abbiamo sopportato e ci sentiamo in diritto di chiedere allo Stato che, anziché «interessanti documentari» ci fornisca i mezzi per ripristinare la nostra agricoltura. E, cioè, disponga una razionale bonifica dei torrenti che attraversano la nostra zona; bonifica che oltretutto renderà all'economia nazionale centinaia di ettari di fertilissimo terreno.
GAZZETTA DEL SUD, 8 MAGGIO 1954

L’articolo non porta firma ma dal tono e dal contrasto tra dramma e brio lo si può attribuire alla penna di Michele Fera. Resta l’attualità di un dramma per niente dimenticato, che si ripete ogni qualvolta Giove Pluvio decreta di concedere la pioggia. Ma c’è anche l’abbandono e il degrado permanente che si riflette nei comportamenti e nel morale degli abitanti che ancora, incalliti, restano in paese.

martedì 2 maggio 2017

Acque del Sud (reg. Howard Hawks - 1944)


    A Platì si beve l’acqua piovana
    e le salme al Camposanto invocano riposo
  La Madonna portata in processione sotto la pioggia

Si trovano attualmente a Reggio amorosamente assistite dalle autorità e da enti locali numerose persone scampate in circostanze drammatiche alle conseguenze delle alluvioni e degli straripamenti.  Si tratta di vecchi, di donne e di innocenti bimbi terrorizzati, di gente esasperata che ha perduto la propria terra lavorata con sudore, la casa e ogni altro suo avere. Una delle povere donne incontrata ieri mentre ritornava dalla prefettura dove si era recata per invocare assistenza ci ha raccontato che il suo paese, Platì, un tempo rigoglioso in mezzo a frutteti, a vigneti e secolari oliveti ormai altro non e che un gruppo di case al centro di una desolante piaga. – “Mio padre è morto travolto dalle acque - ci ha detto -  e ancora non è stato possibile recuperarne la salma. Il paese è rimasto completamente senza acqua ed é tuttora sotto la minaccia di nuove frane; le piante superstiti non reggono più in piedi perché il terreno è divenuto un pantano e il cimitero è scomparso. Le bare sono state frantumate e le ossa disperse ovunque come fosse giunto il giorno del giudizio universale. Mio marito è rimasto lassù per tentare di ritrovare qualche cosa delle nostre masserizie fra le macerie della casa che ci'é crollata e son quindici giorni che abbiamo questi abiti addosso, di giorno e di notte. Un solo molino dei tre che esistevano, è rimasto a Platì e la gente è costretta a bere l’acqua piovana mentre in ogni casa ricca o povera v’è desolazione e terrore.  Nelle giornate terribili del nubifragio abbiamo fatto uscire la Madonna del SS. Rosario e l’abbiamo trasportata in processione sotto la pioggia”.
Un altro superstite, un contadino, ha voluto richiamare la nostra attenzione su quel che succede attualmente presso il torrente Bonamico dove non mancano i soliti individui pronti a sfruttare, nel loro interesse le sventure degli altri. Costoro sostano ai margini del torrente in piena e pretendono almeno cinquecento lire a persona per effettuare il guado a bordo di carri con buoi e di carretti da muli o da somari. A chi si lamenta per tal prezzo rispondono che è un rischio al quale si sottopongono poiché potrebbero essere travolti dalle acque e rimanere affogati; come se un simile rischio sia solo ad essi riservato.
La segnalazione va, comunque, diretta al prefetto perché disponga tempestivamente la cessazione di simili canagliate proponendo agli organi competenti almeno la costruzione di una passerella pedonale.
Alle 14,21 di ieri la RAI ha trasmesso per il “Gazzettino del Mezzogiorno” l’inchiesta effettuata dal suo inviato speciale Federici sui problemi e le esigenze della Calabria alluvionata. Si sono alternati al microfono don Giovanni Stilo parroco di Africo, l’ing. Giuseppe Cadile capo ufficio tecnico dell’amministrazione provinciale, il marchese dr. Domenico Genoese Zerbi membro della Giunta della confederazione nazionale degli agricoltori e presidente dell’associazione provinciale e il prof. Ugo Tropea presidente della deputazione provinciale.
NOTIZIARIO DI MESSINA Domenica 28 ottobre 1951


Elenco delle vittime delle recenti alluvioni

Platì – Marando Giuseppe di Rosario; Marando Rosario di Domenico; Marando Domenico di Rosario; Portolesi Catrerina fu Pasquale; Sergi Michele di Pasquale; Lentini Michele di Rosario; Lentini Paolo di Nicola; Lentini Maria di Rosario; Lentini Domenico Antonio di Rosario; Sergi Rosario fu Domenico; Carbone Caterina fu Rocco; Sergi Natale di Rosario; Sergi Saverio di Rosario; Sergi Michele fu Francesco; Sergi Giuseppe Rosario fu Michele.
NOTIZIARIO DI MESSINA Domenica 8 novembre 1951


Orribile morte di un lavoratore a Platì

A Platì il bracciante Antonio Schimizzi di Francesco, di anni 51, addetto ai lavori di sgombero delle macerie provocate dalle recenti alluvioni, mentre trasportava del materiale con un carrello cadeva e nel tentativo di frenare il carrello stesso è rimasto schiacciato contro un muro trovando orribile morte.

NOTIZIARIO DI MESSINA Domenica 29 novembre 1951




ECCEZIONALE A ROMA
Stravinky dirigerà un concerto
In favore della Calabria martoriata dalle alluvioni
Reggio Calabria 13
Il famoso maestro russo Igor Stravinky, che come si sa rifiuta da tempo dirigere concerti nelle maggiori capitali del mondo, ha aderito all’appello rivoltogli da presidente dell’associazione fra calabresi di Roma e dirigerà il concerto che sarà svolto al teatro Argentina in favore delle famiglie calabresi alluvionate.
L’orchestra sarà quella di Santa Cecilia.

NOTIZIARIO DI MESSINA Domenica 14 novembre 1951