Powered By Blogger

domenica 16 maggio 2021

Dove rumoreggia il torrente [di Heinz Paul - 1956]


LE ACQUE IMPETUOSE SCORRONO DOVE VOGLIONO SU UNA ZONA DI MOLTI CHILOMETRI QUADRATI

A distanza di 6 anni dalla “grande alluvione” 
il torrente Acone dev’essere ancora bonificato

Non sarà certo il tempo a fornire il denaro necessario perché i fiumi tornino nei loro letti primitivi e l’agricoltura rifiorisca sulla sterile distesa 
di pietre e sabbia.


Platì, 25 marzo
I fatti di Villapiana ci hanno improvvisamente riscoperto la realtà calabrese. Quanti di noi non si erano inconsciamente convinti che il tempo riesce a sanare anche piaghe delle alluvioni?
Un antico motto afferma che «il tempo è denaro». Qualcuno avrà forse creduto che abbandonando la Calabria a sé stessa ci penserà il tempo a fornire il denaro necessario perché i torrenti tornino nei loro
letti primitivi e l'agricoltura rifiorisca sulla sterile distesa di pietre e di gabbia che a noialtri calabresi regalò l’anno di grazia millenovecentocinquantuno.
Il materiale alluvionale trasportato dalle piene dei torrenti non ha ricoperto «tutto» il territorio calabrese: ne ha ricoperto solo una parte. Ma la distruzione di quella parte dell’agricoltura calabrese è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E doveva trattarsi del vaso di Pandora se ne sono usciti solo fame, miseria e disoccupazione.
Non è stato mosso un solo dito per la bonifica dei torrenti che hanno seminato questi mali in Calabria nel 1951 e nel 1953; e che continuano a seminarvi il panico e l'avvilimento.
Non è stato mosso un solo dito per la bonifica dell'Acone, il torrente responsabile del mal di fegato di quelle migliaia di persone che ogni anno durante lunghi mesi, cercano invano di contendergli palmo a palmo l’arida terra degli antenati.
Lungo il corso superiore del torrente Acone, sono stati posti in essere tempo fa i soliti palliativi, i soliti «specchietti per allodole» consistenti nella costruzione di qualche briglia che avrebbe la pretesa di infrangere le impetuose piene autunnali del torrente medesimo.
Nel corso inferiore, nemmeno questi palliativi sono stati attuati. Ma i messaggi-fantasma che riferiscono di interrogazioni al Governo da parte di qualche parlamentare, di mozioni, etc., continuano ad illudere la povera gente delle zone interessate.
L'Acone non ha più un letto. Scorre dove vuole, in una vastissima zona «tabù» che si stende per molti chilometri quadrati.
Abbiamo impiegato venti buoni minuti di marcia per attraversare da un capo all'altro questa impervia regione di pietre acuminate e di vecchi tronchi inservibili. «Se ci passerete l’anno venturo ne impiegherete venticinque, di minuti» - ci assicura un capraio del luogo.
Ce lo dice con una tranquillità olimpica, come se non glie- ne importasse niente. Non gliene importa, infatti, perché è capraio. Se l'Acone gli leva il pascolo in questa zona è dispostissimo ad andarsene altrove col suo gregge.
Appunto perché non ha interessi diretti alla bonifica: del l'Acone, gli chiediamo di dirci obiettivamente cosa ne pensa della indifferenza del Governo a questo importante problema delle popolazioni di Natile, Platì, eccetera.
Da una intervista con un capraio non ci si possono aspettare grandi cose; tuttavia il parere del capraio è lineare, primitivo, ma tagliente.
- «Quand'ero in America - ci dice - pagavo molte tasse, ma vivevo comodamente; adesso che sono tornato in Italia, a fare il capraio pago le tasse e vivo male».
Non ci meraviglia il fatto che il capraio sia stato in America. Così come il suo caso ce ne sono a centinaia qui da noi. Ci meraviglia però che nella sua mente sia così chiaramente delineato il concetto giuridico di prestazione e controprestazione che dovrebbe sussistere tra lo Stato e i cittadini contribuenti. E ci tornano alla mente le parole di un nostro concittadino, il quale, proprietario di un fondo posto su una riva dell'Acone, si lagna di dover pagare annualmente i contributi di bonifica, mentre la bonifica è sempre di là da venire.
E ci pensiamo, seguendo il corso del torrente fino al suo punto di confluenza col Ciancio.
Per questo punto di confluenza, l'Acone ha creduto bene di utilizzare il terreno di due vaste estensioni di proprietà privata; e per rendere questa proprietà ancora più «privata», l'Acone le ha tolto tutti gli alberi esistenti; in più l'ha privata delle case coloniche, delle stalle, etc. Il letto dell'Acone doveva per forza finire in bellezza.
Dalla confluenza, con il Ciancio, nasce un nuovo torrente: il Careri. Di quest'ultimo si è interessata la Cassa per il Mezzogiorno, la quale vi ha promosso una specie di bonifica. E' meglio non parlarne, però, di questa bonifica.
Per esempio sul letto del Careri, abbastanza ricco d'acque da non permettere il guado se non nelle stagioni di magra, non esiste un ponte che allacci gli abitati di Natile Vecchio e di Natile Nuovo. Il ponte è stato compreso, pare, nel piano della Legge Speciale per la Calabria; ma non sappiamo in quale anno. Comunque. bonificando l'Acone la costruzione di detto ponte sarebbe oltremodo più facile e si potrebbe levare finalmente mezzo quella vecchia carcassa tenuta insieme a forza di fil di ferro e detto «passarella» che crolla ad ogni piè sospinto bloccando traffico per mesi e mesi ogni volta.
Un concittadino di Natile ci ha detto, a proposito della passarella che cade sempre: «Perché quelli del governo si convincessero della necessità di costruire il ponte, bisognerebbe farli abitare per un mese
a Natile Vecchio e fagli attraversare a guado il torrente due volte al giorno; così gli verrebbero i reumatismi alle gambe, e allora provvederebbero subito». Questa frase a prima vista non dirà niente a qualche lettore; per comprenderla appieno bisogna esserci passati, a guado nel Careri.
Noi ci siamo passati, costretti dalle circostanze, nel dicembre del 1953. Eravamo passati dall'altra sponda a, cavallo di un mulo; il quale, al ritorno, forse per dimostrare di essere dotato di una intelligenza superiore, non ne volle sapere di entrare di nuovo in acqua, e ci costrinse ad entrare noi stessi, tenendo la bestia per le redini. E possiamo assicurare che quando l’acqua ci mulinò intorno alla cintola, non fu davvero un bel momento.
Ricordando l’episodio guardiamo, istintivamente, la tarlata passerella che cigola maledettamente e traballa.
Non impieghiamo più di dieci minuti a raggiungere l’altura dove passa la Statale 112, e quando finalmente ci siamo. seduti su uno dei suoi muretti impolverati, ci sembra di essere usciti dal mondo selvaggio o
primitivo dell'Acone, con lo stesso animo di Dante quando tornò a «riveder le stelle».
E attendiamo sollevati la sconquassata corriera che ci riporterà a casa.
MICHELE FERA
GAZZETTA DEL SUD, 26 marzo 1957


Nella foto il torrente Acone è visibile alla vostra sinistra.
 

 

Nessun commento:

Posta un commento