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mercoledì 2 dicembre 2015

La città dolente

Se, come sembra, queste baracche improvvisate dovranno essere abitate sine die, potremo aspettarci un interessante fenomeno, e cioè il ritorno al tipo d'uomo corrispondente. La mancanza dei più comuni strumenti della civiltà, come la biancheria, i mastelli per lavare e gli utensili da cucina, lo ridurrà alla condizione del selvaggio, che considera queste cose con indifferenza o semplice curiosità, e dimenticherà di averle mai usate. E la vita in queste baracche, dove esseri umani sono ammassati come bestie (si potrebbe quasi dire «costretti» come pezzi di un mosaico) non può che risultare nociva allo sviluppo dei bambini. Sembra che i calabresi si siano distinti per la loro inumana ferocia: Reggio cadde in mano a una legione di demoni, calati a valle durante la settimana di caos. «Strappavano anelli e spille dai cadaveri» mi disse un giovane funzionario. «Strangolavano i feriti e i moribondi per spogliarli più comodamente. Qui e a Messina, i corpi mutilati furono innumerevoli, ma i calabresi costituirono il flagello peggiore. ››
Vampiri, figli della Notte e del Caos.
Anche Dolomieu, parlando della dépravation incroyable des mceurs che seguì al terremoto del 1783 riferisce il caso di un uomo di Polistena che rimase sotto le macerie della sua casa, con le gambe che sporgevano dalle rovine. Il suo servo accorse, gli tolse le fibbie d'argento dalle scarpe e fuggi, senza tentare di liberarlo. Del resto, abbiamo visto cose del genere più recentemente, a San Francisco.
«Dopo avere spogliato i cadaveri, saccheggiarono le case. Cinquemila letti, signore, cinquemila letti furono portati da Reggio sulle montagne ! ›› «Cinquemila letti! Per Dio! Sembra un numero considerevole. ›› Un giovanetto, uno dei sopravvissuti, mi si appiccicò col pretesto di farmi da guida fra le rovine di Reggio. Aveva lo sguardo caratteristico degli scampati, una espressione intontita e confusa, e parlava con singolare calma e ponderazione.Conoscendo il paese, mi trovai ben presto a volgere i passi verso il cimitero per godere la meravigliosa vista da quell'altura battuta dal vento ed anche per respirare più liberamente dopo la polvere e la desolazione della città bassa. Il cimitero stesso si trova nell’identico stato di quello di Messina, un tempo orgoglio dei suoi cittadini: il folle scherzo della natura non ha rispettato il sonno dei morti e ha con-
torto i solenni monumenti delle tombe in forme ripulsive e irriverenti.
Capricci della pietra e del ferro - come narrare tutti i casi dei miracolosamente scampati? Valga per tutti quello della mia giovane guida. Svegliato nella notte dalla prima scossa, vide alla fioca luce della lampada che arde in tutte le camere che, nel muro accanto al letto, si era aperta una grossa spaccatura. Vi si precipitò per fuggire, ma il muro si richiuse, attanagliandogli il braccio. Gli parve che passassero ore; il dolore era intollerabile. Poi la gentile spaccatura si aprì di nuovo in un lento sbadiglio, permettendogli di saltare nel giardino sottostante. Aveva appena messo piede a terra che le stanze interne della casa crollarono: allora si rifugiò sulle colline umide e tetre e vi rimase per quattro giorni insieme a migliaia di altri scampati.
Gli chiesi che cosa avesse trovato da mangiare.
«Erba, signore. Tutti non mangiavamo che erba. Non potevamo toccare nulla: una sola arancia e ci avrebbero linciati.››

Norman Douglas, Old Calabria

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