Platì,
settembre 1902
Al
PLATIESI EMIGRATI IN AMERICA
Merce L’iniziativa ed i
sacrifizi di questa Confraternita, è sorta sulle rovine della chiesa di S.
Pasquale una nuova cappella dedicata alla Vergine del SS. mo Rosario, la quale
e stata già aperta al culto, con grande soddisfazione della popolazione, che accorre
numerosa alle funzioni che quotidianamente vi si celebrano.
Ma, dati gli scarsi mezzi di cui si potuto disporre, il nuovo edifizio
non è ancora giunto a compimento, anzi manca di talune cose assolutamente
indispensabili, come le campane.
Per provvedere pertanto a siffatte necessità, questa
Confraternita, conoscendo i sentimenti
pietà e di devozione onde sono animati i compaesani che si trovano al di
là dell'oceano, fa appello alla loro generosità, mai venuta meno, perche col
loro obolo concorrano ad un’opera destinata a maggiore gloria di Maria
Santissima. Accogliendo benevolmente questo invito, i detti emigrati attireranno
sul loro capo le benedizioni del cielo, e la gratitudine di tutto il Paese.
Oggi è la volta dell'estremo saluto al Priore Antonio Mittiga.
Aggiungo che questi elogi funebri, al di là del valore letterario, servono dopo tanti anni a far luce su fatti e persone del tempo andato di cui si è persa ogni traccia e la relativa memoria, così scopriamo che Antonio Mittiga fu anch'egli nelle lotte per l'indipendenza italiana, come il padre dello zio Ernesto e del nonno Luigi.
Fratelli
Ieri
- esuberante di vita ancora - il nostro amato Priore era con noi nella Chiesa
sorridente e buono - al suo posto!
Oggi
questa mite e dolce figura di religioso è scomparsa!
Noi
lo vedemmo chinar la fronte d’un tratto, noi lo vedemmo, rassegnato, seguire il
funebre corteo della morte e scomparire, travolto nel torrente precipitoso del
tempo. Egli fu!
Mentre
d’intorno palpita la vita; mentre maggio odoroso si annunzia con la pompa dei
suoi profumi e dei fiori ... Egli stecchito ormai, giace nella bara, immobile
... più pallido dei ceri che gli fumano d’intorno - bianco come il camice che
gli copriva l’anima sua bella. E’ morto dunque!
Stringiamoci
a lui d’intorno in religioso silenzio, presentiamo le armi al nostro compagno
caduto e Pace! diciamo tutti Pace! Pace! nel Signore.
Ma
io sento che questo saluto estremo ci penetra il cuore come una punta d’acciaio
... ci strazia l’anima. Perché? io penso che le figure, come quella di Antonio
Mittiga, si vanno più restringendo, perché io so che la società ha perduto un
uomo giusto, e voi, o fratelli, avete perduto il capo della vostra corporazione
religiosa ... quell’uomo integerrimo, solamente adatto per reggere i destini
della fratellanza. E se vi aggiungo che ho perduto un amico ... date ragione
alle lacrime che io soffoco dentro di me ... memore che anche il Maestro pianse
sulla tomba del suo morto amico, pianse.
E’
il pianto sincero che sale dal profondo dell’anima, pianto non materiato
d’interesse o di bugiardo fariseismo per piacere ai vivi ... ma il sangue
dell’anima che si dibatte sotto il torchio del dolore, è la voce della
coscienza che sale, sale come un lamento e si sprigiona dagli occhi. -
Piangete.
Non
ho bisogno, per spremere le vostre lacrime, di andare cercando con lenti
d’ingrandimento le qualità dell’estinto. Non ho bisogno neppure di minacciare i
servi ad accompagnare il cadavere ... Egli servi non aveva, amici, molti.
La
manifestazione vostra mi fa pensare come il popolo di Platì non è un popolo di
vassalli o di schiavi ... mi fa pensare che non tutto è perduto ancora ... e
che soprattutto e da per tutto si rispetta ancora la virtù. Antonio Mittiga era
un virtuoso. virtù significa fortezza. Egli fu forte di carattere e nei suoi
principi si mantenne costantemente fermo, nel gran naufragio delle coscienze.
Fu forte nell’amore e consacrò tutto il suo affetto alle sorelle, senza
quell’egoismo individuale che rende gelida ed affievolisce ogni cosa.
Fu
forte anche per la patria e mise il petto alle palle - come pure il mio povero
genitore - nelle gloriose campagne per l’indipendenza. Ma la sua fortezza
risplende meglio in un affetto che non è terreno ... Egli disinteressato e
generoso sempre con la Chiesa, consacrò a Lei le maggiori attenzioni in vita ed
anche in morte. E se la chiesa del Rosario oggi non ha da invidiare nulla alle
altre chiese più ricche, ciò si deve non solo alla munificenza del Priore, ma
anche al suo zelo operoso, al suo nobile apostolato, alla sua calma, assidua ed
amorosa assistenza. Fu uno di quegli uomini ispirati o suscitati dalla
Provvidenza per essere sostegno della fede ... nella baraonda ributtante e
rincresciosa dei tempi che corrono. Non ho bisogno, quindi, d’occhiali per
leggere le virtù dell’estinto. E se vi aggiungessi, che io stesso rimasi
meravigliato per una morte così serena ... se vi dicessi le parole che egli
stesso rispondeva alle mie lusinghiere espressioni d’incoraggiamento ... voi
dovete conchiudere così muoiono i giusti.
“
Preziosa al cospetto dell’Altissimo, la morte dei suoi giusti “
Dissi
morto e mi correggo. E’ morto colui che giace nel peccato. Si sveglia,
di là della tomba, il giusto.
Oltre
la morte, vive qualche cosa che non è certo la sordida materia, vive alcunché
d’incorruttibile, di spirituale, immortale ... vive l’Anima.
Se
è così ( e chi di voi osa dubitare, o fratelli? ) se così è, io credo che
l’anima di Antonio Mittiga è presente ci aleggia d’intorno, come la farfalla
intorno ai fiori del prato.
Io
dico che egli è qui, sceso forse dalle interminabili regioni dell’aria, venuto
da lontani orizzonti, d’ove s’era spinto in cerca del suo Amore, per sentirsi
ripetere le dolci parole di Pace! Pace! nel Signore. Dico che è venuto per
dirci che ha ricevuto il premio delle sue virtù, del suo dovere compiuto, del
suo sacrifizio. Ci aleggia d’intorno e ci sussurra che non tutto è morto, che
gran parte di lui è rimasta in messo a noi, e che egli vive nei ricordi e nella
vasta eredità di affetti che ci ha lasciati, d’una vita affatto incorruttibile,
spirituale, immortale.
Santa
è la preghiera, o fratelli, santa è la tomba e la religione dei sepolcri è
santa.
Noi
oggi stretti alla tomba del defunto Priore, dopo aver giurato di essere
continuatori della sua opera, col pensiero, con l’anima, col sentimento ci
spaziamo per le vaste interminabili regioni dell’Infinito. E mentre preghiamo
che sia lieve la terra che lo ricopre, ci eleviamo sulle ali della fede, come
festanti allodole dinanzi al trono di Dio, gli domandiamo la pace, la luce per
l’estinto con queste parole dicendo “ Per il suo dovere compiuto, per il suo
nobile cuore, per le sue grandi virtù, Signore, pietoso, Perdona “.
Addio,
dunque, o amico, ti seguiremo tutti nella tomba, pochi sulla via della virtù!
Saremo domani, quello che tu sei oggi, intanto prega, prega per la fratellanza
a cui consacrasti la vita. Essa ti segue piangente, dolorante, Addio.
Sac. Ernesto Gliozzi sen.
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