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giovedì 12 novembre 2015

La città dolente



Le immagini riaffiorano, stranamente insistenti, inframmezzate da vuoti. Vedo ancora quei ragazzi, vedo le loro labbra mobili e i loro biondi riccioli di discendenza nordica che smentivano la gravità del loro contegno. E rivedo lo zio che, chino in avanti per meglio ascoltare la musica, si accarezzava i baffi con la mano sana sulla quale brillava una pietra incastonata in oro massiccio - uno scarabeo dell'antica Magna Grecia. Durante gl'intervalli, la sua conversazione scorreva facile fra le formule accettate del cosmopolitanesimo, ravvivata a tratti da una personalità capace di abbandonare i binari convenzionali per esprimersi.
Aveva fra l'altro studiato un progetto originale per incrementare l'industria degli agrumi del paese, progetto che, pur implicando alcune modifiche di tariffe, mi parve straordinariamente efficace e ingegnoso,sembra che il deputato locale fosse del mio stesso parere, poiché si era impegnato a sottoporlo al Parlamento.
Di che si trattava esattamente?
L’ho dimenticato!
Continuammo così a discutere il mondo, mentre la musica suonava nella stellata notte del sud.
Doveva essere ormai mezzanotte quando un frenetico galop dell'infaticabile banda annunciò la fine del programma. Feci qualche passo accanto al «proprietario›› zoppo che, sorretto dai nipoti, si trascinò faticosamente fino al posteggio delle carrozze: i suoi reumatismi, mi spiegò, lo costringevano a servirsene sempre. Quanto gli piaceva camminare, da giovane, e con quanta gioia avrebbe continuato la nostra deliziosa conversazione, accompagnandomi passo passo al mio albergo! Ma le infermità c'insegnano ad abbreviare i nostri piaceri e molte cose che sembrerebbero naturali al fisico umano diventano impossibili. Usciva raramente di casa a causa delle scale - le diaboliche scale! Gli avrei fatto l'onore di accettare il suo biglietto di visita e di credere al grande piacere che gli avrebbe fatto ricevermi in casa sua? Avrebbe fatto il possibile per rendermi la visita gradevole.
Quel biglietto è andato a finire chissà dove, insieme agli innumerevoli altri che il viaggiatore raccoglie nel sud Europa. I-Io anche dimenticato il nome del vecchio. Ma il palazzo in cui abitava portava un nome storico che mi era familiare, e ricordo di essermi chiesto in che modo fosse giunto fino a Messina.
Ai vecchi tempi, naturalmente, ai tempi d’oro.
Torneranno mai?
Pensando che le sofferenze dei sopravvissuti avrebbero potuto essere alleviare dipingendo le loro baracche in bianco o in grigio chiaro per proteggerle dai raggi cocenti del sole, ne accennai a un sovrintendente.
«Stiamo dipingendo a tutto spiano›› mi rispose. «Ma è un lavoro costoso. Il Villaggio Elena da solo ci è costato ventimila lire. E facendo la massima economia, credetemi.››
Questo potrà dare al lettore un'idea delle proporzioni dell'impresa: il Villaggio Elena è composto di circa duecento baracche - duecento su più di diecimila.
Ma io non alludevo a questi gruppi di alloggi eretti dalla munificenza pubblica e forniti di scuole, laboratori, orfanotrofi, ospedali e di tutto ciò che può rendere la vita tollerabile, bensì alle baracche costruite dagli stessi profughi: stamberghe messe insieme con corde, sacchi, latte di benzina e materiale di scarto di ogni genere. Una mano di bianco, almeno, dentro e fuori . . . Pensavo anche a quelle abitazioni ancora più strane, ai vagoni ferroviari fuori uso che il governo ha messo a disposizione dei senzatetto. In molte stazioni lungo la linea si possono vedere questi pittoreschi accampamenti affollati di poveretti che vi si sono installati come se dovessero rimanervi in eterno. Coltivano i loro fiori e le loro erbe in file multicolori intorno alle piattaforme, mentre i bambini, vestiti di nero, giocano all'ombra dei vagoni. Quanto deve soffrire questa povera gente, così pigiata sotto il sole, abituata com'era ai freschi cortili e agli alti soffitti delle case distrutte dal terremoto! Verranno anche le malattie: casi di tifo dovuti agli acquedotti inquinati e all'insufficiente disponibilità d'acqua; infiammazioni agli occhi dovute agli sciami di mosche e alle tonnellate di polvere. Le rovine sono anche invase da orde di cani e gatti rognosi che dovrebbero essere sterminati senza indugio.

Norman Douglas, Old Calabria

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