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giovedì 9 febbraio 2012

Il concorso (reg. Milos Forman - 1963)


La storia del paese, Platì, è la storia della Calabria, come lo è della nazione italiana, e di quella internazionale, in ogni caso!
Nella Chiesa cattolica le cose accadono e sono accadute come nella vita secolare: checché se ne dica, la Chiesa cattolica ha fatto sempre politica. -  “A mio parere il cattolicesimo della Chiesa di Roma non si può neanche considerare fede, bensì la chiara prosecuzione dell’Impero Romano d’Occidente”. Fedor  Dostoevskij, L’idiota.  -  Ha fatto politica, per non andare  molto indietro, con i Borgia, con il nano Bonaparte, con S. E. Benito Mussolini, con il generalissimo Franco, con De Gasperi, e con l’impresario Berlusconi, anch’esso nano, senza escludere gli Americani.
A fatto politica pure a Platì. Per due volte.
Ora mi potete dire ed accusare come volete, vi concedo le vostre ragioni. Ma qui voglio soltanto ricordare il triplice torto subito dagli zii al momento della nomina del parroco del paese da parte del vescovo di allora nella persona S. E. Giovan Battista Chiappe, ligure.
 Nel 1920 alla  morte di Mons. Saverio Oliva bisognava nominare il nuovo parroco. Tra gli altri, concorreva lo zio Ernesto sen., naturale successore di mons. Oliva, del quale era coadiutore, regolarmente nominato , già dal 1909, con bolla arcivescovile  da mons. Giorgio Delrio. Come Pilato, il Chiappe, dopo essersi lavate le mani,  fregandosene di tutto,  nominò il sacerdote  Antonio Pipicelli, uno di fuori, e  spedì lo zio, di corsa a Casignana.
In quell’occasione i sostenitori dello zio inviarono al vescovo una formale richiesta di elevazione a seconda parrocchia della chiesa del Rosario onde affidarla allo zio. Questa seconda parrocchia doveva comprendere all’incirca, tutto l’abitato a sud della via XXVI maggio, arrivando ai limiti di accesso al paese per chi proviene dalla marina. Lo zio, da buon pastore di anime, per non accattivarsi i superiori fece desistere i suoi amici.
Questi “incidenti” parrocchiali non era la prima volta che succedevano. Già nel 1817 secondo il canonico protonotario Antonio Oppedisano, la parrocchia rimaneva vacante, fino a “quando eliminate le cause che avevano determinato il provvedimento”  fu nominato il sacerdote Francesco Oliva.
Nel 1940 concorrevano  per la nomina a parroco lo zio Ciccillo e lo zio Ernesto jun., ancora freschi di ordinazione sacerdotale. Anche questa volta furono fatte pressioni in curia e il Chiappe nominò mons. Minniti che in paese arrivò protetto da due sorelle assai mordaci.
Lo zio Ciccillo, la storia si ripete,  ebbe la cura della chiesa del Rosario, - per sempre sarà la mia unica parrocchia  -  e fu sostituto di mons. Pelle presso il santuario di  Polsi. Lo zio Ernesto fu spedito a Samo e successivamente ebbe l’elevazione a  canonico , prima che un altro vescovo, Perantoni, lo deragliasse dalla carriera e spedirlo alla chiesa di Ardore, quindi a organizzare gare canore per bambini tra le parrocchie della diocesi e dopo alla chiesa di Careri.
Tutte e due le volte alle devianze si interessarono famiglie molto in vista nel paese che avevano risentimenti non tanto con gli zii ma con il nonno Luigi molto attivo in paese in quell’epoca, tra la fine della prima guerra mondiale e l‘inizio della seconda.  Le potrei nominare,  ma il Tempo, quello proustiano, le ha spazzate via, se non decimate.
Per il destino dello zio Ciccillo e dello  zio Ernesto jun. il nonno Luigi e la nonna Lisa soffrirono molto, anche perché in famiglia si era abituati a stare il più possibile insieme.
Nonno Luigi addirittura, all’insaputa degli zii, scrisse lettere di protesta al vescovo e spedì pure una richiesta di accertamento sull’operato del vescovo a S. E. Benito Mussolini. Non poteva sopportare che i primi due figli maschi concessi per loro vocazione alla Chiesa dovevano stare lontano dalla sua famiglia e dal paese dove erano benvoluti.
Lo zio Ciccillo morì quasi a ridosso della scomparsa di mons. Minniti avvenuta nel 1974.
Lo zio Ernesto finalmente inviato a Platì  rifiutò sempre la nomina a parroco del paese, lavorando silenziosamente per il bene delle anime affidategli ed  obbediente agli ordini vescovili, quantunque, alle volte,  scettico. Questo posso accertarvelo io.
Una volta, ormai a riposo, e molto avanti negli anni, ad una affermazione appresa per televisione, da parte del papa polacco mi disse:  “ in alcuni casi, pur obbedendo sempre, quello che dice il papa io non lo capisco, come pure alcuni suoi ordini”.
Oggi, come i gli anziani del paese,  la chiesa “dedicata alla Vittoriosa di Lepanto” vive in uno stato di completo abbandono, dopo la morte degli zii, facile preda con tutto il suo passato, di incursioni inevitabili.
Ho una sola perplessità : gli zii per il loro voto di obbedienza alla Chiesa ed alle sue gerarchie non mi avrebbero mai perdonato quanto ho scritto, o se non altro per come è scritto.

Cari zii, voi per me sarete sempre più importanti della Chiesa. Il vostro Gino


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