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giovedì 28 aprile 2011

La Storia Di Una Monaca (reg. Fred Zinnnemann - 1959)

Zia Gemma (nata Serafina Gliozzi)  Platì 21/12/1917 - Roma 02/09/1999



E’ un mattino di inizio primavera sebbene ancora dappertutto è l’inverno che la fa da padrone assoluto, nei campi come nei cuori.
Zia Gemma, ancora Serafina, è di fronte al nonno Luigi che in quel momento è preso da alcuni pensieri che non lo lasciano quasi dormire la notte, avendo davanti ai suoi occhi, ancora non ha messo a fuoco la figlia, alcuni problemi che deve risolvere per il bene della sua famiglia.
La zia invece è in ansia, trema, deve comunicare la decisione che ha preso, dopo lunghe riflessioni, convinta di quel che sarà il suo avvenire: comunicare al padre, con voce pacata, la sua irreversibile intenzione di farsi suora e sposa di Cristo.
Il nonno, trasecolato, oppone un netto rifiuto a questa notizia. In quel momento è il dolore che lo afferra: quello di dover pagare un ulteriore tributo a Dio dopo aver sacrificato già i primi due figli maschi al suo servizio.
La donna corre via nella sua stanza dove accorrono le altre sue sorelle a consolarla, tutte educate all’amore del prossimo.
Dopo pochi giorni, e successivamente, affronta di nuovo il nonno che è arrivato perfino a non parlarle. Questi alla fine, convinto dall’amore per la figlia e dopo essersi consultato con la nonna Lisa, dà il suo consenso e la sua benedizione.
A fine estate la zia, a Bovalino, salirà sul treno assieme al padre, ancora commosso per quella irreparabile perdita,  alla volta di Roma, per fare la sua professione di fede.
Successivamente, quando sarà consacrata Maria Gemma quel suo istituto di Roma nella via Nomentana, sarà come un faro o un porto, dapprima per i suoi fratelli e sorelle con i loro mariti e dopo per tutti i nipoti, al passaggio nella capitale della sua fede, accogliendo tutti con il suo sorriso e la sua bontà, del resto il legame lo teneva stretto con tutti i parenti scrivendo fiumi di lettere, cartoline e bigliettini e si cimentò,quando ancora era giovane, pure con la poesia mistica o componendo rime sui suoi ricordi .
Per finire: ha vinto il nonno, ora è contento per averla riavuta accanto a sé, definitivamente.

7 commenti:

  1. la zia gemma era ghiotta di ghiri.
    si lo so che non lo dovrei dire, ma io non ho ricordi “mistici” e la ricordo piuttosto come una bravissima tessitrice, che realizzava pazientemente meravigliosi intrecci con giri di oltre cento ferri (e so anche che molti non capiscono di cosa parlo, ma questa è un’altra parte della storia e magari la racconterò un’altra volta) che tutti, nipoti amici parenti affini vicini e lontani - praticamente ha invaso il mondo – custodiamo gelosamente o esponiamo con orgoglio, a seconda dello stile con cui abbiamo arredato le nostre case.
    Era ghiotta di ghiri, dicevamo, perciò capitò, una volta, durante una delle allora frequenti piacevoli ed obbligate tappe nella casa di via nomentana, che le portassimo, direttamente dalla cucina della nonna – o della zia, questo dettaglio non lo ricordo – due ghiri belli e cotti, nel loro sughetto rosso scuro e amarognolo (ecco, lo sto confessando, ne sono stata ghiottissima anch’io e riconosco, con somma vergogna anche, che lo sarei ancora, se, nel frattempo, non fossero diventati una specie protetta…), in una scodellina ben chiusa che passò, non prima che la zia avesse chiesto alla madre superiora il permesso di accettarli, prima, e mangiarli, poi, magari anche nelle cucine, per non offendere la vista, l’olfatto, il gusto e, soprattutto, lo spirito di chi non li gradiva, passò, dicevamo, dalle mani di papà a quelle della zia e, poco dopo, in quelle della dispensiera che avrebbe provveduto, all’ora di pranzo e senza “pubblicità” a farglieli servire in tavola.
    a questo punto gino consiglierebbe un brano da ascoltare come intervallo, ma io non ho, con mio sommo rammarico, la sua cultura musicale, perciò, se lui vuole, faccia pure…

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  2. sempre a questo punto, tutti avrete capito come andò a finire, però ve lo racconto lo stesso, perché io non ho vissuto come gino, sempre purtroppo, i tempi gloriosi del cinema loreto e dei miei film ho sempre visto la fine, almeno fino ad ora.
    arrivò l’ora di pranzo, dunque, e, a questo punto, il Caso, padrone del mondo e delle storie, decise di intervenire e lo fece, naturalmente, mettendo nella testa di chi avrebbe dovuto servire in tavola il pensiero che, se di specialità si trattava, e da servire in segreto, questa doveva essere presentata, prima che a chiunque, alla madre superiora.
    la madre superiora, essendo superiora, aveva, appunto, pensieri superiori, perciò si era completamente dimenticata della richiesta e del relativo permesso concesso alla zia gemma che, nel frattempo, immagino, sedeva a tavola con l’acquolina in bocca, per quello che avrebbe, assai poco misticamente, assaporato da lì a qualche minuto, la madre superiora, dicevamo, sentendo il profumino, immagino anche questo, si guardò bene dal rifiutare il piatto e, senza andare troppo per il sottile e soffermarsi perciò a guardarne le fattezze (o forse invece si soffermò e se li spolpò ben bene, come fanno i cultori, ma anche questo, non ci è dato saperlo), si mangiò un ghiro e divise cristianamente l’altro a pezzetti, condividendo con le sorelle a lei più vicine, il prelibato ma piccolo dono, soddisfacente alla vista, all’olfatto, al gusto e, di certo, anche allo spirito, visto che alla zia, seduta, purtroppo per lei, troppo lontano, non arrivò nemmeno l’odore, ma arrivarono, invece, i mistici mormorii di soddisfazione delle consorelle e le parole solenni della madre superiora: “ma che buoni questi colombini! chi dobbiamo ringraziare per questa provvidenza?”
    la zia gemma, mite come sempre, anche se pronta alla risposta, si guardò bene dal rivelare che non si trattava di aerei colombini, ma di terreni e rustici ghiri (dai più – purtroppo, per loro ovviamente, non cultori - assimilati a non meno rustici topi) ma, mistica, come ricorda gino, si alzò, abbassò gli occhi, ingoiò l’amaro (purtroppo non quello del ghiro, abbiamo detto) e disse: “reverenda madre, un dono dalla mia famiglia e dalla mia terra per lei”.
    e i ghiri se li mangiò a platì, molto tempo dopo, dove avemmo l’accortezza di conservarglieli, guardandoci bene dal riproporre il dono, non fosse altro che per non far scoprire di cosa, in realtà, si trattava.

    (si, frequento saramago)

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  3. "cu 'ndavi u commutu e non si servi,
    non trova cumpessuri pe 'mmu 'ssorvi"

    probabilmente non è scritto bene e me ne scuso.
    e non è mistico.
    però me lo ha insegnato la zia gemma.

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  4. Marilisa tu mi superi in poesia,tu e Francesco,miavete dato l'idea del post ma ancora non mi avete scritto niente su quel "motivo di suora" di Platì balzata alle cronache e a cui i ricordi della zia Gemma erano dedicati. "il silenzio", per quella monaca non "è d'oro". (reg. René Clair - 1946)

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  5. Mia sorella Maria mi ha inviato questo ricordo ma ancora si ostina a non commentare pubblicamente.

    Caro Gino,
    non so se ricordi che quando eravamo piccoli la sera quando la mamma ci mmetteva
    a letto, dopo la preghiera e il bacio della buona notte faceva un gesto,fingeva,
    ma io non lo sapevo, di metterci una cosa sotto il cuscino, non verificavo mai
    se era vero ma dormivo con quella cosa accanto che mi consolava.
    Quando ho fatto la prima Comunione la zia Maria Gemma mi ha regalato una statuetta della Madonna: ho quasi sessant'anni la sera metto la statuetta sotto il cuscino: mi fanno compagnia nelle notti insonni, frequenti, sia la mamma col suo gesto che Maria Gemma:l'ultima volta che ho visto la zia era ancora a Roma ricovera
    ta al Sacro Cuore piena di dolori ma sorridente e preoccupata che ci preoccupassimo per lei. un bacio maria

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  6. dicono che ci siano state smentite scuse e lacrime. di conseguenza cristiano perdono.
    resta la ferita, ancora sanguinante, inflitta da stranieri, per il proprio piacere o per il tornaconto non si sa di chi.
    domani, un altro gino, da un altro ciurrame, di tutto questo, dalla ferita alla lacrima, farà un altro mito.
    usciremo di scena, perchè questo è il copione,
    e diventeremo Leggenda.

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