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lunedì 18 aprile 2011

Il Vangelo Secondo Matteo (reg. Pier Paolo Pasolini, 1964)

In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum, Luca - 23,46

 Quando il bambino era bambino, questo Cristo adorava, non solo nella processione del Venerdì Santo, tutte le volte che entrava nella sagrestia della chiesa del Rosario, dove, per lui, c'era sempre lo zio Ciccillo.
Il Cristo era adagiato in una specie di barella/lettiga avvolta da un velo bianco, quasi una zanzariera, per non recare fastidio a quell'innocente, appena deposto esangue dalla croce, sempre fresco del suo sacrificio.
Gli bastava osservarlo per sentirsi in colpa: sfiorando con la manina quel  corpo bianco come il latte percepiva il gelo, toccando la ferita sul costato, notava ancora fresche le incrostazioni del sangue, quel suo viso ormai spento, con la bocca, espressione di un dolore perenne, rifletteva la tristezza di aver perso il migliore amico.
 Tutto questo, un pò più avanti, lo ritrovò nel Cristo di Pier Paolo Pasolini. Il poeta gli aveva ridato quella figura in tutt'altro aspetto. Nel film, Enrique Irazoqui che interpetrava la figura di Gesù era doppiato da Enrico Maria Salerno, la prima, mai dimenticata voce, del "man with no name" del cinema di Sergio Leone. In certi momenti, come nel discorso della montagna, chiudendo gli occhi, solo ascoltando la pellicola, come in una metamorfosi di Ovidio, il Redentore si trasformava in Clint Eastwood.  Ancora è così per lui.
 Quell'opera cinematografica è una morte annunciata dal suo stesso autore, dove raffigurava, anche, il dolore successivamente provato dalla madre Susanna Colussi, che prestava il viso a Maria. Vide in quella doppia madre, disperata sotto la croce, vestita di nero e trattenuta per il braccio da altre donne, quello strazio che ricordava nelle donne di Platì davanti ad un padre, fratello, marito o figlio, tolto dalla vita senza pietà.

Adesso ascoltatevi "Wir setzen uns mit Tränen nieder" dalla Passione Secondo Matteo di Johan Sebastian Bach nella versione incisa da Herbert Von Karajan, la mia preferita e prima.

Se esiste una persona che deve tutto a Johan Sebastian Bach quello è Dio. Letto da qualche parte.

1 commento:

  1. l'intensità del ricordo è la stessa,
    ma per raccontare in musica la mia emozione davanti a quel letto bianco, nella penombra della sacrestia, non riesco a pensare ad altro che al dies irae della messa da requiem di verdi. nella versione di karajan, questo si...

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