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domenica 17 novembre 2019

I cancelli del cielo [di Michael Cimino,1980] - ed. 2019


Per cominciare I've Seen That Movie Too



Ora vi dico quello che è il legame tra lo zio Pepé e Michael Cimino e così vi svelo il titolo di oggi.
Nei colori dei film dell’ultimo dei grandi maestri hollywoodiani così come in alcune scene, molto spesso fotografati da Vilmos Zsigmond, lui e Gordon Willis negli anni ’70 hanno rifatto il volto del cinema Usa, vedo questo episodio che accadde nelle colline di Platì, a valle di quell’elevata parete che è chiamata l’Aria du Ventu e verso Cirella.
Nei primi tempi di questa spasciata repubblica, nata spasciata, zio Pepé era l’esattore comunale del paese. Per l’esattezza “u satturi”.
Il nonno Luigi gli aveva pure approntato l’ufficio in quella parte della casa dove ora c’è l’ingresso principale in corso San Nicola, in quel tempo accanto alla farmacia. Molto spesso i tassati accusavano malore dopo aver pagato e il farmacista professor/dottor Nicola Spadaro soccorreva repentinamente il malcapitato. Io questo professor/dottor Spadaro non lo potevo vedere perché era lui che preparava l’olio di ricino che la mamma mi dava per purgarmi lo stomaco. Ma questo è un altro film.

La scena è questa, e ditemi se non è un western, un platiotuwestern.
Zio Pepé con due aiutanti sta tornando da Cirella dove era stato per il suo esercizio esattoriale. Il Monte Calvario era ancora molto distante e i due sono in groppa a due muli per altro mansueti. Siamo in estate, i serri per la risplendente luce del sole sono del colore delle messi mature: non ascoltate le cicale che sembrano suonare un pezzo uscito fuori da una delle suites per violoncello solo di Bach? Con l’archetto che va e viene sullo strumento?
Un qualcosa di simile lo si trova anche ne Il Siciliano sempre di Michael, cinematographer Alex Thomson.
Ancora. Lo si trova in alcuni momenti dei film baarioti del buon Peppuccio, e lui di fotografia se ne intende, quando ha l’apporto di Lajos Koltai o ultimamente di Enrico Lucidi.
I nostri eroi, ignari di quanto sta per accadere, asciugandosi il sudore dal collo se la discutono sull’afa e su cosa nonna Lisa farà trovare sulla tavola da pranzo, quando dalle siepi sbucano due bravi: pantaloni neri, camicia bianca con una fila di bottoncini neri al centro, coppola calata in testa, portano sul viso bandane alla Jesse James per non farsi riconoscere. L’intimidazione è quella che abbiamo appreso sullo schermo in cinemascope: “o la borsa o la vita”.
FINE PRIMO TEMPO

Intermezzo: Roy Rogers


SECONDO TEMPO
Dopo il primo sgomento lo zio, che era uno degli uomini più ben voluti in paese, cerca un qualche dialogo, anche perché lui era andato a Cirella per constatare, ancora una volta, l’estrema miseria in cui versavano i paesi della Calabria dal tempo dei Bruzi. Ancora il prode Alcide, accompagnato dal suo fido Andreotti, doveva sbarcare in America per fare la questua e rovinarci con i soldi yankee dopo che questi ultimi ci avevano scaricato sul paese le bombe con la scusa della cacciata dei tedeschi. Mica fessi gli yankee, i conti se li sapevano fare, “prima ti bombardo le case e poi ti presto i soldi per la ricostruzione”.
Il racconto è sospeso in quell’aria estiva o come quando nel cinema Loreto di Platì si inceppava il proiettore bruciando la pellicola e Mimmo Addabbo doveva sospendere la proiezione tra i fischi e le grida dei ragazzi, nella sala illuminata dallo schermo bianco. Io in quei momenti guardavo incantato in quel quadratino da dove uscivano i miei sogni, cercando di capire cosa succedeva in cabina di proiezione.
Nella mia infanzia zio Pepé era un mito, perché lo vedevo poco e quando compariva per strada con il professore De Marco io ero molto contento e gli correvo tra le gambe cercando di farmi regalare qualche gelato al bar del mitico Dante De Maio, già il suo bar papà lo aveva ceduto, dove lui giocava a carte con gli amici.
Questo accadeva prima che lui si sposasse ed io sbarcassi dall’aliscafo a Messina.

Titoli di coda: Goodbye Yellow Brick Road


In realtà i fatti sono qui, con qualcos’altro:

Platì, 18 Febbr. 1949

Gent.ma Sig.a Comare,
Rispondo con ritardo alla gradita Vs, del 13 c.m., dato che quel giorno che ho ricevuto la lettera eravamo preoccupati, perché mentre mio figlio Peppino faceva ritorno da Cirella dove era andato a riscuotere delle Imposte, venne rapinato a mano armata da sconosciuti delle somme riscosse, per oltre 300mila lire; fu puro miracolo se gli hanno risparmiato la vita a lui ed altre due persone che l'accompagnavano.
Rilevo con piacere nella VS. che state bene, come Vi dico di me e dei miei.
In quanto alla Vs. richiesta di notizia sul conto del Sig. Avv. Caruso, non trovo niente in contrario a quanto desiderate di sapere, essendo un giovane che risponde tutto bene, serio, istruito e di buon portamento. E' anche di famiglia facoltosa; la sorella ha sposato un Maggiore di Artiglieria, nostro compaesano.
Per tutto quello che Vi possa occorrere sono sempre a Vs. disposizione, lieto se Vi potrò servire.
Con tutti i miei Vi saluto distintamente.

giovedì 14 novembre 2019

Dacci oggi i nostri ... docati quotidiani



Dichiaro io qui sotto scritto Francesco Gliozzi del Comune di Platì alla presenza de’ qui sotto scritti testimoni Don Carmelo Sacerdote e Don Federico Zappia di essermi ricevuto da mio Sig. Nipote Don Filippo Sacerdote Gliozzi la somma di docati cinque e grani cinquanta, prezzo e valore di un piccolo ed abbandonato mio basso sito e posto in questo suddetto Comune, e propriamente quello sotto la casa di Domenico Cutrì Treppicioli (?) limitante gli eredi Francesco Cua e detto Sacerdote D. Filippo Gliozzi da me venduto, giusto la bonaria convenzione per la somma sudetta di docati cinque e grani cinquanta, franco e libero di ogni peso, all’infuori però del prezzo Fondiario, per cui da oggi in avante sia il padrone assoluto esso ridetto mio Sig. Nipote Sacerdote Gliozzi, come sua propria robba, di possederla da vero padrone. Ed a cautela
Platì diciotto ottobre Mille ottocento cinquantatre
Io Francesco Gliozzi ho venduto, mi ho ricevuto detta somma di docati sei, e mi dichiao ben contento della sudetta vendita, come sopra.

mercoledì 13 novembre 2019

Dacci oggi i nostri soldi quotidiani [di Jean Yanne,1972]



In presenza di noi qui testimoni io Papalia Pasqualina di Domenico desseri vera debitora della somma di £ 500 dico meglio liri cinquecento verso la signora Ciampa Virgoria fu Rocco tali somma debbo restituirla il sei ottobri 1926.
Mancando obbrigo sarò punita comi per leggi.
Caruso Francesco testimone
Creazzo Antonio testimone
Platì 6 ottobri 1925

In presenza di noi qui sottoscritti testimoni si dichiara che la Signora Papalia Pasqualina di Domenico di esseri vera debbitora verso la Signora Ciampa Virgora fu Rocco per la somma di £ 1160. (dico meglio millecentosessanta) che la suddetta Signora Papalia si obbliga di pagare la suddetta somma nel mesi di ottobre 1935 non adempendo il detto pagamento la Papalia si obbliga a rispondere a tutte le spese convenuti ingiudizio
Platì li, 6 ottobre 1934 an. XII
Mittiga Domenico di Rosario testimoni
Iermanò Domenico testimoni

martedì 12 novembre 2019

Dottore nei guai [di Ralph Thomas, 1963] - ed. 2019

Viaggio al termine di Plati

Vincenzo Papalia, è stato uno scrittore nato e vissuto in terra di Platì autore di Istorosofia di lividure eteroclite per Vicenzo Papalia   Medico Chirurgo   Platì 1896 (1). Un lettore comune lo può a ben diritto bollare come libello, tale lo definì il suo autore; ma per quei quattro che l’hanno letto è ben altro.
In mancanza di un affidabile critico letterario che scandagli a fondo il suo contenuto come la sua scrittura si tenta qui di riportare delle impressioni, assolutamente di parte, a seguito di un’attenta rilettura.
La scoperta del libro risale all’epoca del mio ritorno da profugo a Platì. Erano i giorni in cui andavo alla scoperta del passato ma soprattutto della casa dei nonni materni che mi aveva visto gattonare dapprima, quindi sbattere, nella corsa, nel saio nerissimo dello zio Ciccillo. Passavo dalla parte bassa, dove erano riposti oggetti e mobili non più in uso, la cui gloria passata nessun Napoleone o statista odierno eguaglierà mai, allo studio dello zio Ernesto con la sua libreria in ciliegio che era appartenuta all’arciprete don Filippo Gliozzi, il quale la lasciò nel testamento al nonno di mia mamma: Francesco Gliozzi garibaldino. Oltre i libri antichi appartenuti al citato don Filippo vi erano anche le raccolte di don Ernesto Gliozzi senior, fratello del nonno Luigi ed arciprete in Casignana, che fu poeta e scrittore anche lui. Apparteneva a lui la istorosofia papaliana che lì era custodita e dimenticata, la quale ritornando alla luce ebbe bisogno della solerte mano del rilegatore messinese.
Come è riportato sulla copertina del libro Vincenzo Paplia, fu un medico chirurgo – la laurea la conseguì a Napoli - che prestò la sua opera dapprima in zone anche molto distanti da Platì per poi farvi ritorno e li restarvi. In anni alterni, causa l’avvicendarsi delle personalità che assumevano l’incarico di sindaco, egli fu medico condotto, ufficiale sanitario del paese e giudice conciliatore del Comune. A cavallo tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento fu il medico della famiglia Gliozzi e redasse anche il certificato per la domanda di pensione del mio bisnonno garibaldino.
L’occasione per scrivere il libro, stampato poi a sue spese a Gerace, fu un episodio che dire lo sconvolse è poco: fu accusato dai parenti di una sua serva di averla percossa causandone la morte. Un novizio nonché sollecito medico, avversario-concorrente per le cariche pubbliche che ricopriva il dottor Papalia, redasse un certificato poco felice che servì ai parenti della donna per muovergli contro una causa penale. Fortunatamente l’autopsia sul corpo della morta portò alla luce il vero motivo del decesso scagionando il medico definitivamente.
La causa del trapasso della serva, già avanti con l’età, il dottor Papalia l’aveva diagnosticata alla stessa sei anni prima, al momento della di lei assunzione, dovendo la moglie del dottore partorire da lì a poco: “ osservata da me, l’ammalata offriva all’esame clinico un riacutizzamento di bronchite cronica, ed un vizio cardiaco, valvolare, in insufficienza della mitrale “. Le lividure diagnosticate dal medico concorrente-compiacente non erano altro che peggioramenti a livello superficiale dovute alle “alterazioni organiche del cuore per la stasi “.
Quello che a noi oggi interessa dopo circa centoventi anni dalla sua pubblicazione e la scomparsa dei protagonisti della vicenda è la consistenza letteraria dell’autore e del libro. Nel avvicendarsi della narrazione, o se volete esposizione dei fatti, Vincenzo Paplia ci rivela di possedere una cultura classica e moderna da enciclopedista, conosceva addirittura la cultura vedica, insospettabile oggi per un uomo che proveniva da un paese se non arretrato, distante dai centri culturali del reggino. La sua formazione letteraria certamente fu dovuta principalmente alla frequenza dell’università di Napoli e successivamente con gli incarichi in diversi centri tra cui L’Aquila e la provincia di Reggio Calabria. Ritornato a Platì ebbe modo di frequentare quei pochi letterati che lì si trovavano, tra cui citiamo, rivelatoci dal libro in questione, un altro medico, Domenico Zappia autore di un’opera colossale intitolata L’Eden, andata perduta.
Ne viene fuori di Vincenzo Papalia una figura controversa. Mosso da una passione indignata con la sua esplorazione tenebrosa e scettica della natura umana e delle sue cagionevolezze quotidiane ci appare un rigoroso moralista e qui egli si accomuna ad un altro medico-scrittore che verrà dopo, molto più famoso, Luis-Ferdinand Céline. Discostandosi, altresì, dalla narrativa calabrese dell’epoca come da quella futura, egli non ha nulla degli ardori esistenziali che soggiogheranno Corrado Alvaro, il quale muoveva i primi passi negli anni che videro la pubblicazione della Istorosofia. Quella che può sembrare una discesa negli inferi oppure un’invettiva personale contro un’intera comunità è un’indagine sulle condizioni di un intero popolo vessato da poche famiglie nelle posizioni di comando.
A questo punto ci rammarichiamo del fatto che l’avversario non abbia risposto con una pubblicazione  anch’egli, forse intimorito dall’avviso di Vincenzo Papalia: “ Ma se a voi verrà il desiderio di rispondere, ed una risposta avrò avuto intorno  quanto v’ho detto e vi dirò in appresso, io mi sentirò obbligato a raccoglierli tutti, tutti sostenuti da documenti di fatto, e stampare per essi, un libro di mole più grande di quello presente a cui ne seguirà un terzo, un quarto, un quinto, e via discorrendo ogni qual volta continueranno e vostre risposte “. Ma sappiamo, per averlo divulgato il dottor Papalia con la sua Istorosofia, che l’avversario in questione era restio ai duelli, con qualsiasi arma offensiva come con … pennino e calamaio*.

Vincenzo (Domenico) Papalia nacque a Platì il 14 luglio 1848 da Francesco e Teresa Frascà. All’età di trentasei anni in prime nozze, era il 14 ottobre 1884, sposò la diciannovenne Cufari Vittoria (Filomena) in S. Agata del Bianco da cui nacquero Rosario, visse solo tre mesi, Maria e Teresa. Abitavano in via Zoppali quando Vittoria lo rese vedovo il 3 Maggio del 1888. In seconde nozze sposò Leocani Teresa (Teresita). Dire che non era di Platì è facile, difficile stabilire la provenienza. La residenza dei novelli sposi fu questa volta in via Trappeti e da questa unione nacquero due gemelli Candida e Rosario. Candida visse solo due anni. Il dottor Vincenzo Papalia fu anche Direttore responsabile, proprietario e amministratore - con il Conte Filippo Oliva Ricciardi Redattore Capo e l’avvocato Alberto Mercurio Redattore – de Il Circo di Nerone Giornale semi-umoristico che si pubblicò nei primi anni del 900. A sue spese pubblicò anche sonetti in versi ed un’orazione funebre dedicata al dottor Domenico Zappia deceduto il 5 marzo del 1894. La zia Amalia ricordava il dottor Papalia ancora vivo negli anni della sua gioventù, ed in quegli anni è probabile che vivesse nella villa situata in contrada Lacchi (2).


Il libro del dottor Vincenzo Papalia era tale da non andare a genio a tutti e tra questi (forse l'avversario?) un non identificato Marco Platì da Scazia che pubblicò e distribuì 

lunedì 11 novembre 2019

I figli di nessuno [di Raffaello Matarazzo,1951]


ESTRATTO DAL REGISTRO DEGLI ATTI DIVERSI DEL 1852 
DEL COMUNE DI PLATI' DISTRETTO DI GERACE
PRIMA CALABRIA ULTERIORE

Atto di dichiarazione di nascita di un fanciullo trovato esposto
L’anno Milleottocento cinquanta due, il giorno quattro del mese di novembre alle ore tredici avanti di noi Giacomo Oliva Sindaco ed Uffiziale dello Stato Civile del Comune di Platì, Distretto di Gerace, Provincia della prima Calabria ulteriore è comparsa Maria Furore di anni quaranta sei di professione levatrice e domiciliata in Platì, ed ha dichiarato che in questo stesso giorno alle ore dodici d’Italia ha trovato innanzi alla porta della Casa di Francesco Taliano un Bambino nato di fresco quale sembrava essere stato abbandonato dagli autori de’ suoi giorni, indotto in alcuni cenci, senza segni, cifra o lettera alcuna e ch’essa ci presenta
Noi Uffiziale dello Stato Civile dopo di aver visitato il Fanciullo anzidetto abbiamo riconosciuto in presenza della dichiarante essere di sesso Maschile, ed aver appena l’età di un giorno circa. Abbiamo quindi ordinato che fosse consegnato alla Commissione amministrativa il Fanciullo a cui si è dato il nome e cognome di Francesco Agresta.
La presentazione, dichiarazione e ricognizione del Fanciullo si è fatta alla presenza di Francesco Taliano del fu Bruno di anni quaranta di professione pecoraio, regnicolo domiciliato in Platì e di Bruno Taliano del fu Michele alias sciliardo di anni trenta di professione bracciale regnicolo domiciliato ivi.
Il presente atto abbiamo formulato all’uopo è stato iscritto su i due reggistri dello Stato Civile letto a dichiarante ed a testimonj ed indi nel giorno mese ed anno come sopra firmato da noi avendo detto la dichiarante ed i testimonj di non saper scrivere.
Giacomo Oliva Sindaco

L’anno Milleottocento cinquanta due, il di quattro del mese di novembre noi uffiziale dello Stato Civile abbiamo trascritto nel registro l’atto di nascita di Francesco Agresta, avvenuta da un giorno circa. La trascrizione è stata eseguita nel giorno corrispondente dell’anno corrente al numero 70. Il Sindaco giacomo Oliva.

Indicazione del giorno in cui è stato amministrato il Sacramento del Battesimo
L’anno Milleottocento cinquanta due, il di quattro del mese di novembre il Parroco di S.a M.a Lauretanana di Platì ci ha restituito nel di sudetto il notamento dell’atto di nascita del contrascritto Francesco Agresta in piè del quale ha indicato che il Sagramento del Battesimo è stato amministrato nel giorno medesimo.
In virtù di tal notamento dopo di averlo cifrato abbiamo disposto che fosse conservato nel volume de
Abbiamo inoltre accusato al Parroco ricezione del medesimo ed abbiamo formato il presente atto che è stato iscritto sopra i due registri al margine del corrispondente atto di nascita e indi abbiamo firmato.
L’uffiziale G. Oliva

L’anno mille ottocento cinquanta tre, il di primo del mese di Gennaio noi Giacomo Oliva sindaco ed Uffiziale dello Stato Civile del Comune di Platì abbiamo chiuso e firmato il presente registro degli atti diversi consistente numero unico, ed il rimanente del libro tutto in bianco. Il Sindaco G. Oliva

domenica 10 novembre 2019

Le tre sorelle [di Irving Rapper,1942]


TRE RUDERI CALABRESI

Come stemma del malgoverno della Calabria meriterebbero di essere posti tre ruderi: malgoverno non solo politico ma anche amministrativo, che suscita cattedrali nel deserto, e magari il deserto invece è una oasi meravigliosa, come la piana di Gioia Tauro, dove prima vengono irrorati miliardi sacrosanti per l’agricoltura e l’irrigazione, e poi si distrugge tutto per una acciaieria, dove ogni posto di lavoro supererà di gran lunga il milione, risultando in più di una capacità di occupazione assai modesta appetto alla spesa faraonica e al bisogno della regione. In questo caso le cattedrali c’erano già, nel senso di chiese abbaziali, in parte crollate per i terremoti, ma non così completamente da non potere essere salvate in quei residui che erano rimasti in piedi e che, per la storia e per l’arte, costituiscono avanzi preziosissimi, forse i più antichi della nuova contea normanna, poi regno, di Roberto il Guiscardo e di Ruggero I.

giovedì 7 novembre 2019

In attesa di una desiderata vostra [di Raffaello Matarazzo, 1950]





Gentilissimo Rev Padre Ernesto     Yoogali 17 Luglio 2001
Con molto piacere vengo corrispondere alla vostra cara desiderata lettera. La quale sono rimasta molto contenta di sapere vostre notizie. Sono contenta che Domenico Spagnolo vi ha portato i nostri notizie. Me veramente a lui non lo potuto vederlo ma ho visto sua moglie. Comunque sono contenta che vi ha portato la mia lettera. Come pure vi ha detto la mia situazione. Vi dico che sofro con i dolori artriti né ho avuto 3 operazione, le due ginocchi nel gallone. Ma con laiuto del Signore vado avastanza bene. Vi dico che vado aiutare al villaggio scalambrinno per aiutare i malati. Come pure devo aiutare la mamma. E i miei figli. Me tengo due figli femmine la grande si chiama Giulia e tiene due figli uno maschio e una femmina che hanno letà la femmina ha 23 anni e il maschio ha 21 anno- E laltra si chiama Diana e tiene due bambine femmine. Una di 3 anni e si chiama Helania e laltra di un anno e si chiama Laura. E mi danno lavoro pure lori. Ma abasta che stanno bene. Sento quanto mi dite della perdita dei vostri cari cè dispiaciuto tanto. Mà dobiamo farci coragio perché la nostra vita non è per questo mondo. Pure noi habiamo perso. Ma beati coloro che sono col Signore Mia madre ancora va abastanza bene. Vi ricorda sempre. Ancora tiene i sentiment buoni. Ma tiene tanti mali mà ancora vada avanti. Vi saluta tanto e vi auguramo lunga vita anche a voi. E di salutate tanto avostra sorella Amalia. Che la ricordiamo sempre nelle nostre preghiere. Come pure voi speramo che pregate per noi. Mi salutate Domenico Spagnolo. Di qui vi salutano tutti della mia famiglia. Mè vi saluto con tanto affetto. E vi saluta pure Giao Catanzariti. E sono la vostra consorella
Francesca Musolino
Scusate il mio malo scritto. E attendiamo vostre buone notizie. Ciao ciao

Yoogali è una piccola città dentro una più grande, Griffith nel Nuovo Galles del Sud. E’ residenza di molti immigrati calabresi che in quella zona si occupavano e si occupano di agricoltura. Quando la Signora Musolino spedì la lettera di cui sopra l’ufficio postale di Yoogali era stato dismesso da dieci anni. Il clima molto simile a quello della provincia di Reggio Calabria consente di impiantare vigneti e agrumeti.

mercoledì 6 novembre 2019

Col ferro e col fuoco [di Fernando Cerchio, 1962]


L’INDUSTRIA SIDERURGICA
DELLE SERRE CALABRE

Boschi (carbone), acque (forza motrice), miniere (ferro) sono gli elementi della TRINITA’ materiale delle ferriere delle Serre calabre.
«La ferriera di Mongiana, fondata durante il regno di Ferdinando IV di Borbone, è l'ultimo episodio di una attività fusiva, che in Calabria ha origini antichissime - fonderie fenicie - di cui restano numerose tracce nel territorio compreso tra Stilo e Serra San Bruno (...). La storia delle miniere e dei primi rudimentali forni (data) fin dal lontano 1094, anno in cui Ruggero Guiscardo il Normanno cede al Santo Brunone i proventi delle miniere di ferro e dei forni fusori esistenti nel circondario di Stilo e Arena. La 'Mongiana' è una filiazione delle amiche «Ferriere del bosco e del demanio di Stilo» delle quali (...) si distacca nella seconda metà del secolo XVIII. L'enorme fabbisogno di combustibile rendeva le ferriere industrie nomadi all'inseguimento di boschi da carbonizzare (...) «che non disponendo di trasporto adeguati a quel fabbisogno›› metteva le bocche dei foni in cammino alla ricerca di nuovi pascoli da divorare. Nel 1771, distrutto il bosco stilense, i forni giungono in località Cima, al centro di foltissime selve, (...) alla confluenza del Ninfo con l'Alaro (...) a circa mille metri d'altitudine, a cavallo tra Jonio e Tirreno dove è minore la distanza tra i due mari». Località all'incirca equidistante rispetto ai porti d’imbarco per cui, per il versante tirrenico, assicura maggiore celerità di comunicazione con la capitale, l’utilizzazione del porto di Pizzo.

martedì 5 novembre 2019

L'onorata società [di Riccardo Pazzaglia,1961]

ELEZIONI POLITICHE DEL 1948
Il voto in Provincia di Reggio Calabria



PLATI': Democrazia Cristiana 1514, Blocco Popolari, 464, Qualunquisti 23, MSI, 21

VOCE DELLA CALABRIA, Anno VI, n. 103 - sabato 1 maggio 1948

lunedì 4 novembre 2019

Il giardino delle parole [di Makoto Shinkai, 2013]



Dizionario Onomastico, Prontuario filologico-geografico di Platì
a cura di GERHARD ROHLFS

ARMACIA, gr. ermakia
BAGGIANA, vanitosa
MBUMBULA, orciuolo a collo stretto,
BRIVERA, erica, franc. bruyère
BUFFA, rospo
CALAMONA, canneto
CALIMERA, buon giorno, CALISPERA, buona sera
CARCARA, fornace di calce
CARCARAZZA, gazza
CARERI, arabo hareri, tessitore
CODESPOTI, CODISPOTI greco padrone di casa
CUCCUVELLA, civetta
CURATULU, fattore
CURCURACI, cicoria selvatica
CUSTURERI, sarto, franc, costurier
FACCIOLU, FACCIOLA, uomo falso
FERA, delfino
FERLA, ferula
FILESA, luogo scosceso, frana, franc. falaise
FOTIA, greco, fuoco
GANGALE, mascella
GARREFFA, avena selvatica
GIAMBA, punta, località sopra San Luca, ctr. S. Eufemia d’Aspr.
GURNALI, fossa acqua stagnante
GRADA, schiena
GRINGIA, smorfia
GRAMULU, melo selvatico
GURNA                , pozza d’acqua
ILICI, elce
JAZZU, stalla
JUMENTA, cavalla
LENZA, striscia di terreno largo
MARVIZZU, tordo
MAMMINA, levatrice
MANCA, destra
MANCUSU, esposto a bacio
MARRUGGIU, manico di scure
MARU, povero
MAZZAPICA, ammazza ghiandaia
MICELI, lucciole
MITADERI, mezzadro, fr. Metayer
MITTICA, monte nei pressi di Capo Spartivento, 1188 Stephanus Mitticas in un diploma di Oppido, toponimo in Epiro e nel Peloponneso
MORABITO, arabo, uomo pio, eremita
NACA, greco, culla
NATILE,  greco terreno solatio
PAIECI- PLATEROTI - PRETIOTI (di Platì), creduti stolidi, qualificati come quelli di jarretu o di retrumarina
PANDURI, greco, la fertile
PANGALLO, greco, bellissimo
PAPALIA, greco, Prete Elia, antico cognome in CZ
PERRI, cognome, Basilicos Perre 1273 Reggio
PETRA CAPPA, sec XII Petra Cauca, greco, coppa, dimora di asceti sec. IX e X
PICA, ghiandaia
PIMINORO, greco poimonarion, mandra
PIROMALLI, greco, dai capelli rossi
STAZZU, ovile, terreno a pascolo
STICCHIU, nudo
STIGGHIUSU, capriccioso
SUCAMELI, caprifoglio
TRIPEPI, greco, degno di Dio
VARACALLI, ctr. Benestare
VUCCERI, macellaio, franc, boucher
ZUMPANO, antico cognome in Cosenza

GERHARD ROHLFS, Dizionario Toponomastico e Onomastico della Calabria, Prontuario filologico-geografico della Calabria, Longo Editore, Ravenna 1974

EXTRA
PILLARI, i cafoni delle zone interne, in PINO ARLACCHI, MAFIA, CONTADINI E LATIFONDO NELLA CALABRIA TRADIZIONALE