F I N E
mercoledì 18 novembre 2015
lunedì 16 novembre 2015
Ricorda il mio nome
Amici, in questo elenco di oggi mi pare che ci siamo un po tutti
-Perre Domenico Antonio(21.6.1936/74-76)di Francesco cicerca
e Lentini Maria di DomenicoAntonio.
-Sergi Anna(25.6.1936/75-79)di Rocco petru e Calabria
Francesca di Antonio tizzuni.
-Sergi Rosario(25.6.1936/75-80)di Michele 'mbilli e Murabito
Elisab.di Dom.
-Sposato Giuseppe(28.6.1936/76-82)di Antonio zingareju e
Giordano Caterina di Giuseppe.
-Papalia Francesca(28.6.1936/76.83)di Fr. carciutu e
Trimboli Cater.di Franc.
-Perre Pasquale(28.6.1936/77-85)di Rocco Rosario ciucia e
Catanzariti Francesca di Pasquale.
-Trimboli Michele(28.6.1936/77-86)di Salvatore judici e
Romeo Maria di Dom.
-Barbaro Pasquale(239.6.1936/78-87) di Dom. pìllari e
Agresta Maria di Pasq
-Stalteri Caterina(31.12.1935/78-88)di Gius. caccianti e
Papalia Cater.di Dom
-Violi Emilia(5.7.1936/78-89)di Pasquale cocciularu e Ciampa
Maria di Vinc.
-Mittiga Elisabetta(5.7.1936/79-90)di Agostino cinnarella e
Sergi Maria di Br.
-Mittiga Anna(2.12.1935/79-92)di N e Mittiga Anna di
Giuseppe cinnarella.
-Pangallo Bruno(5.7.1936/80-93)di Franc.facciuja e Romeo
Giuseppa di Pasq
-Zappia Anna(12.7.1936/80-94)di Gius. cirejotu e Zappia
Immacolata di Pasq.
-Mittiga Rocco(1.8.1936/82-99)diAntonio savarè e Tripepi
Eugenia di Rocco.
-Carbone Francesca(5.8.1936/82-100)di Pasq. ranco e
Catanz.Cater.di Dom.
-Ielasi Antonio(9.8.1936/82-101)di Franc. carvuneju e
Catanz.Rosa di Saver.
-Trimboli Giuseppe Antonio(20.8.1936/83-103)di Saverio nicìa
e Perre Maria Annunziata di Saverio.
-Catanzariti Giuseppa(14.8.1936/84-107)di Domenico giarruni
e Papalia Maria Orsola di Sebastiano.
-Catanzariti Michele(30.8.1936/85-108)di Saverio e Perre
Anna di Ant. ciucia.
-Portolesi Saverio(31.8.1936/85-109)di Francesco scarpanova
e Sergi Rosa di Giuseppe bellumassaru.
-Papalia Francesco(6.9.1936/85-110)di Giuseppe carciutu e
Barbaro Serafina di Francesco zumpanu.
-Pangallo Giuseppe(13.9.1936/86-111)di Domenico facciuja e
Trimboli Assunta di Giuseppe.
-Ielasi Domenico(17.9.1936/86-112)di Rosario carvuneju e
Catanzariti Caterina di Saverio.
-Trimboli Maria(27.9.1936/87-114)di Antonio furnari e
Trimboli Rosa di Antonio furnari.
-Garreffa Guglielmo(27.9.1936/87-115)di Michelangelo
Francesco Pasquale barabba e Bartone Maria di Francesco.
-Perre Antonio(11.120.1936/88-117)di Adamo Gilardo ciucia e
Treccasi Giuseppa di Giuseppe.
-Demarco Serafina(8.11.1936/89-119)di Francesco miscita e
Barbarto Maria di Francesco.
-Zappia Caterina(12.11.1936/89-120)di Giuseppe e Mittiga
Maria di Antonino barba.
-Violi Francesco(15.11.!936/89-121)di Antonio francuni e
Trimboli Anna di Fr.
-Portolesi Caterina(2.11.1936/90-122)di Pasq. lucìu e
Spagnolo Maria di Fr.
-Pangallo Marianna(21.11.1936/90-124) di Franc.jemiju e
Pangallo Caterina di Domenico batazzu
domenica 15 novembre 2015
Il conto è chiuso (reg. Stelvio Massi - 1976)
Alla
presenza di noi qui sottoscritti testimoni D. Francesco Gliozzi del fù D. Carlo
a ceduto a suo Nepote Sacerdote D. Filippo Gliozzi la valuta di docati ventitre
di terra nella contrada Boschetto, cominciando dal pezzetto di terra cosidetto
Colicchiata, che fù periziata dal perito massaro Antonio Trimboli Judice eletto
di comune consenso per una stoppellata e mezzo, e il rimanente poi fù assignato
di terra boscosa, che si estende sino alle pietre grandi che sono a direzzione
di acqua pendente. Gli altri tre limiti poi sono dalla parte di oriente lo
stesso compratore, da mezzogiorno il Sig.r Furore, e da ponente gl eredi del fù
D. Domenico Gliozzi. La suddetta somma di docati ventitre a compimento dei
docati sessanta che una volta erano dritti che avea acquistato D. Francesco
Fera coll’istromento dei sei novmbre 1833 fatto dal Notaro Palumbo di Oppido, e
che poi furono acquistati dal suddetto Sacerdote D. Filippo Gliozzi a di 7
Luglio 1858. Ed a cautela
Platì
li 30 Marzo 1862
Sacerdote
Giuseppe Fragomeni testimone
Diacono
Saverio Mittica testimone
Giuseppe
Gliozzi
Nota: per merito di Francesco di Raimondo recentemente è venuto alla luce che il diacono testimone Saverio Mittica, zio della nonna Lisa, a Napoli pubblicò due novelle, Il tesoro dei carcerati del 1878 e La casa dello speziale del 1879.
Etichette:
Once upon a time in Platì
giovedì 12 novembre 2015
La città dolente
Le immagini riaffiorano, stranamente insistenti, inframmezzate da vuoti.
Vedo ancora quei ragazzi, vedo le loro labbra mobili e i loro biondi riccioli
di discendenza nordica che smentivano la gravità del loro contegno. E rivedo lo
zio che, chino in avanti per meglio ascoltare la musica, si accarezzava i baffi
con la mano sana sulla quale brillava una pietra incastonata in oro massiccio -
uno scarabeo dell'antica Magna Grecia. Durante gl'intervalli, la sua
conversazione scorreva facile fra le formule accettate del cosmopolitanesimo,
ravvivata a tratti da una personalità capace di abbandonare i binari
convenzionali per esprimersi.
Aveva fra l'altro studiato un progetto originale per incrementare
l'industria degli agrumi del paese, progetto che, pur implicando alcune
modifiche di tariffe, mi parve straordinariamente efficace e ingegnoso,sembra che il deputato locale fosse del mio stesso parere, poiché si
era impegnato a sottoporlo al Parlamento.
Di che si trattava esattamente?
L’ho dimenticato!
Continuammo così a discutere il mondo, mentre la musica suonava nella
stellata notte del sud.
Doveva essere ormai mezzanotte quando un frenetico galop dell'infaticabile
banda annunciò la fine del programma. Feci qualche passo accanto al «proprietario››
zoppo che, sorretto dai nipoti, si trascinò faticosamente fino al posteggio
delle carrozze: i suoi reumatismi, mi spiegò, lo costringevano a servirsene
sempre. Quanto gli piaceva camminare, da giovane, e con quanta gioia avrebbe
continuato la nostra deliziosa conversazione, accompagnandomi passo passo al
mio albergo! Ma le infermità c'insegnano ad abbreviare i nostri piaceri e molte cose che sembrerebbero naturali al
fisico umano diventano impossibili. Usciva raramente di casa a causa delle
scale - le diaboliche scale! Gli avrei fatto l'onore di accettare il suo
biglietto di visita e di credere al grande piacere che gli avrebbe fatto ricevermi
in casa sua? Avrebbe fatto il possibile per rendermi la visita gradevole.
Quel biglietto è andato a finire chissà dove, insieme agli innumerevoli
altri che il viaggiatore raccoglie nel sud Europa. I-Io anche dimenticato il nome del vecchio. Ma il palazzo
in cui abitava portava un nome storico che mi era familiare, e ricordo di essermi chiesto in che modo
fosse giunto fino a Messina.
Ai vecchi tempi, naturalmente, ai tempi d’oro.
Torneranno mai?
Pensando che le sofferenze dei sopravvissuti avrebbero potuto essere
alleviare dipingendo le loro baracche in bianco o in grigio chiaro per
proteggerle dai raggi cocenti del sole, ne accennai a un sovrintendente.
«Stiamo dipingendo a tutto spiano›› mi rispose. «Ma è un lavoro
costoso. Il Villaggio Elena da solo ci è costato ventimila lire. E facendo la
massima economia, credetemi.››
Questo potrà dare al lettore un'idea delle proporzioni dell'impresa: il
Villaggio Elena è composto di circa duecento baracche - duecento su più di
diecimila.
Ma io non alludevo a questi gruppi di alloggi eretti dalla munificenza
pubblica e forniti di scuole, laboratori, orfanotrofi, ospedali e di tutto ciò
che può rendere la vita tollerabile, bensì alle baracche costruite dagli stessi
profughi: stamberghe messe insieme con corde, sacchi, latte di benzina e materiale
di scarto di ogni genere. Una mano di bianco, almeno, dentro e fuori . . .
Pensavo anche a quelle abitazioni ancora più strane, ai vagoni ferroviari fuori
uso che il governo ha messo a disposizione dei senzatetto. In molte stazioni lungo
la linea si possono vedere questi pittoreschi accampamenti affollati di
poveretti che vi si sono installati come se dovessero rimanervi in eterno.
Coltivano i loro fiori e le loro erbe in file multicolori intorno alle piattaforme,
mentre i bambini, vestiti di nero, giocano all'ombra dei vagoni. Quanto deve
soffrire questa povera gente, così pigiata sotto il sole, abituata com'era ai freschi
cortili e agli alti soffitti delle case distrutte dal terremoto! Verranno anche
le malattie: casi di tifo dovuti agli acquedotti inquinati e all'insufficiente
disponibilità d'acqua; infiammazioni agli occhi dovute agli sciami di mosche e
alle tonnellate di polvere. Le rovine sono anche invase da orde di cani e gatti
rognosi che dovrebbero essere sterminati senza indugio.
Norman Douglas, Old Calabria
mercoledì 11 novembre 2015
Viva Maria (reg. Louis Malle - 1965)
S. Agata d.(del) Bianco 10 . 7 . 73
Sono andato a vedere la
annunciata apparizione della Madonna
Io come altri 15 mila quel pomeriggio afoso arrivati con migliaia di
macchine e a piedi
La cicala ha smesso il suo frinire spaventata dal vocio di tanta gente
affollata sullo spiazzo, sulla via, o che si riparava dal sole sotto la nera
ombra di qualche olivo, pigiandosi come quando ci si si vuol riparare sotto uno
stretto ombrello da un improvviso acquazzone.
Lo spettacolo era piacevole: molti attorno all’edicola pregavano, gli
altri chiacchieravano scambiandosi opinioni sull’evento preannunciato o parole
di saluto in un incontro inaspettato dopo tanto tempo, mesi e forse anche anni,
che non ci si vedeva.
Io ho rivissuto i giorni del mio lavoro parrocchiale a Casignana, a
Samo, ad Ardore M., a Careri, a Locri, rivedendo migliaia di persone di cui
ricordavo perfettamente le sembianze, anche se forse non ricordavo più il nome,
ed ho rivissuto in un momento i giorni più belli della mia vita.
Come è naturale i sentimenti di tutti noi erano diversi.
Vi era chi dall’apparizione voleva trovare solo un premio della sua
fede.
Vi era chi tentennava e voleva una prova dimostrativa
Vi era pure chi scettico o miscredente ( ma erano i pochi ) volevano
trovare un occasione per deridere chi credeva.
Vi era la devota che era talmente assorta nella preghiera, che non
udiva tutto quel mormorio
Vi era il cristiano che magari in chiesa non va mai, ma è sempre il
primo dinanzi a questi fenomeni, come è il primo a gridare “ Viva Maria “ sotto
la bara della processione.
Vi erano suore a dozzine, preti a decine quali arrancati sotto lo
svolazzare della lunga zimarra, quali anonimati dell’abito più borghese.
Vi era, purtroppo, anche il prete che mancando della più elementare
prudenza, scandalizzava le donnette più devote col mostrare scetticismo e
derisione per le pretese apparizioni.
Io sono andato per conoscere di persona le cose, lieto se non avessi
potuto osservare un fatto straordinario, soprannaturale, non mortificato se tutto
si sarebbe concluso con un nulla di fatto.
E un nulla di fatto veramente è stato
Ma lo spettacolo più commovente è stato questo: il vedere quella
immensa folla che si commoveva, si elettrizzava al pensiero di Maria, della
Madre celeste.
Diciamolo chiaro: lo Sculli non aveva ancora dato una prova autentica
della realtà delle sue visioni; anzi lui personalmente ha deluso eclissandosi
fin dal giorno innanzi. Nessuno osava aggiungere un tantino di audacia, di
speranza alla probabilità di vedere un miracolo, ma il fatto è questo: Maria è
stata sentita più vicina ad ognuno di noi, abbiamo sentita ravvivarsi la nostra
devozione a Lei, ed anche se non l’abbiamo vista, le abbiamo creduto beati qui
non viderunt et non crediderunt.
La suggestione dello spettacolo ha avuto il culmine alla sera, quando,
calate le tenebre, dalle alture di Caraffa si vedeva nastro tinteggiato di
rosso e di bianco, tortuoso come una collana, bellissima, buttata a caso su un
tavolo, che si partiva da noi e raggiungeva le evanescenze della costa marina:
erano i 10 chilometri di strada da Caraffa a Bianco occupati da una catena di
macchine, di quelle macchine arrivate alla spicciolata fin dal mattino e
posteggiate qua e là …
Ernesto Gliozzi,
il giovane
Etichette:
Ernesto Gliozzi Jun
lunedì 9 novembre 2015
La pietra filosofale (reg. Satyajit Ray - 1958)
Tra le Pietre dell’Aspromonte
Lasciando la S. S. 106 all’altezza di Bovalino, ricadendo lungo la S.
S. 112 che porta a Platì si può intravedere l’inconfondibile sagoma di alcune
pietre famose: Pietra Cappa, Pietra Castello, Pietra Lunga ecc. Sono queste
alcune rocce insolite che si ergono
solitarie e misteriose nel versante orientale dell’Aspromonte. Ognuna di esse
ha delle origini molto lontane e diverse, sembra che siano conglomerati di
sabbia, ciottoli modellati dalla forza erosiva degli agenti atmosferici. Ciò
non toglie nulla alla suggestione di queste pietre che essendo poste in
ambiente dib rara bellezza paesaggistica si prestano come mete turistiche molto
interessanti.
Particolarmente suggestivo è visitare questi luoghi di incomparabile
bellezza che hanno tutti una storia. Secondo alcuni documenti Medievali, Pietra
Cappa va a indicare pietra vuota, scavata. Formata da 2 piani sovrapposti e
comunicanti, attorniata da piccole grotte ormai irriconoscibili che sovrastano
una zona pianeggiante dove anticamente sorgeva un monastero e qui sarebbero
giunti numerosi eremiti. In epoca romana Pietra Cappa venne popolata da schiavi
fuggitivi, in seguito arrivarono dall’oriente i monaci basiliani. La Rocca di
San Pietro dove ancora sono visibili i giacigli degli asceti sorgono sul
vallone “ Memica” alle spalle di Natile Vecchio e qui anticamente esisteva un
monastero di origine greca. In cima a Pietra Cappa sembra che ci siano resti di
antiche costruzioni mentre in basso si trovano i ruderi del tempio di San
Giorgio. Dell’antica chiesa resta solo qualche spezzone di colonna della parte
centrale ed era questo il punto di riferimento per i monaci che vivevano
eremiti nei dintorni e si riunivano per le funzioni religiose. A ricordare la
laboriosità dei monaci restano alcuni castagni millenari che arricchiscono di
fascino un luogo che già di per se stesso è così singolare. Pietra Castello invece secondo notizie
storiche è un’altura rocciosa con tracce di fortificazioni medievali. Sembra
che qui ci sia ancora una torre e all’interno i resti di una cappelletta .
Inoltre è ben visibile un’ampia grotta, una cisterna, una gradinata intagliata
nella roccia. La sua importanza è dovuta principalmente al ritrovamento di
alcune monete bizantine risalenti al X secolo. In tutta la zona erano visibili
fino a poco tempo fa i resti di costruzioni romane che fanno credere v
esistesse un abitato di notevoli dimensioni. Resta da dire che la
bellezza di questi posti induce senz’altro a visitarli nel tentativo di
scoprire qualcosa di nuovo e di particolare.
Pietra Cappa infatti rimane sempre la regina dell’Aspromonte che con la
sua mole enigmatica e carica di leggende troneggia nella vallata delle grandi
pietre.
2C
Tratto da Il Giornalino
numero unico degli alunni della SC MD ST “ D.PERRI “
domenica 8 novembre 2015
Turista per caso (reg. Lawrence Kasdan - 1988)
Le foto risalgono al 25 del mese scorso e sono di Salvatore Carannante che ora mi prenderà a pedate. Da parte mia era tempo che volevo spararmi il titolo del film e qui sotto vi propongo un brano del soundtrack di John Williams per una volta tanto godibilissimo.
mercoledì 28 ottobre 2015
La notte dei morti viventi (reg George A. Romero 1968)
MACABRA
SCORRIBANDA
Han
varcato di notte tre congiunti
del
Cimitero il limite de l’ombra
ove
da anni li à consunti
la
buia tomba or tutta d’ossi ingombra.
E
al bel chiaro di luna ormai riprese
ciascun
le forme proprie a respirare
uscir
sotto gli ulivi del paese
nel
paese voller penetrare.
Disse
il primo, il più vecchio dei sepolti,
Tutto
è mutato nel paese mio ...
quanti
rioni di casette folti
dal
di che di tra i vivi manco io ...
Quella
è la mia magion che visitar
or
mi punge vaghezza. - Con permesso,
disse,
ci rivedrem sull’ombreggiare..
per
ritornare poi al tombale amplesso.
E
si spartiro. E verso casa ognuno
si
diresse restando in quell’intesa.
Il
redivivo morto numero uno
salì
la scala da un trentennio scesa.
E
picchiò sull’uscio dove popolani
si
adunavano un giorno al suo comando
e
scosse l’uscio con le scarni mani
e un mirmidone uscì tutto tremando.
Urlò
il vecchio Signor: - chi sei che vieni
incontro
a me nella mia casa avita?
Ove
sono i forzieri d’oro pieni?
povera
casa mia com’è finita !!!
E
colei che nel talamo, vi giace
chi
è mai? La riconosco - di Cardara
è
prole - Ed è tua sposa? Torno in pace
a
dormir colla morte, alla mia bara.
Il
secondo dei tre, quando il gradino
ultimo
vi salì dello scalone
chiese
un tale GIACOMO TASSONE
e
gli rispose invece un tal DELFINO
Ma
che succede qui, co... (manca)
Qui
lasciai mio nipote ... (manca)
cose
da pazzi ... Mai ... (manca)
e
si grattò la testa senza un ciglio
Il
terzo intanto sconquassò il portone
allor
che vide nel suo nido antico,
ove
avea funzionato da montone.
intruffolato
un certo don Enrico
.......
manca
Alla
vedova sua con viso arcigno
urlò
in faccia parole di anatema
furibondo
imprecando contro il “ CIGNO “
e
contro il ciabattin “ PECORA SCEMA “
Indi
ritto scomparve, che l’aurora
s’affacciava
da un ciel sereno e bello
ed
i compagni raggiunse, che già l’ora
era
di ritornare dentro a l’avello.
Giunti
che furo presso il Camposanto
si
dissero a vicenda i tre, commossi
se
avessimo saputo ahi noi cotanto
non
ci saremmo certamente mossi.
Meglio
dormire nel silenzio fondo
all’ombra
folta e amica dei cipressi
che
riveder ancora in quel tal mondo
degno
soggiorno di cazzoni e fessi !!!
Giacomo Tassone Oliva
martedì 27 ottobre 2015
Indian Summer - Poco
Please keep my heart a little longer
C’era un tempo in cui il giorno dei morti, in
paese, era il momento della morte collettiva. Forse ancora è così. Ma in quei
giorni il rituale era diverso. Il cambiamento è avvenuto al momento della
frattura tra il paese e me. Non mi dovete fraintendere, io non c’entro niente.
Chi ha messo mano su tutto è stata la riforma della liturgia ecclesiastica che
veniva approntata in quell momento.
Allora ...!
Il due novembre per come lo ricordo io è un
giorno estivo che ferma per un istante il moto della natura. E’ l’Indian Summer, come la definiscono gli
americani della West Coast. La luce è smaltata di bianco; non il bianco di
luglio/agosto su cui si infrange il giallo oro del grano o, più spesso,
dell’erba secca. E’ un bianco pulito che si ripercuote, se volete, sulle foglie
degli ulivi che circondano il cimitero, sui cipressi che fanno da squadrone in
riga ai lati del cancello d’ingresso.
Il rito della commemorazione dei defunti
comincia nella chiesa maggiore, al centro di una scenografia dominata dal nero:
neri sono i paramenti dell’arciprete coadiuvato per l’occasione dallo zio
Ciccillo; neri, stendardi e stoffe cadenti dalle colonne della navata centrale.
La messa va avanti per un bel po, cantata, o meglio gorgheggiata da Micuzzu che
si accompagna all’armonium. La coesione al tutto dipende dal chiarore che si
spande dalle miriade di candele e cirogini e dall’odore dell’incenso profuso a
mani larghe, più che nella festa di San
Rocco.
Finita la messa con la benedizione generale di
tutti i morti, quelli del paese intendo, l’arciprete in piviale e lo zio
Ciccillo con una semplice cotta, partono in processione per il camposanto. Li
precedono quelli della congregazione del Rosario incappucciati di nero e
innanzi a quest’ultimi i Luigini con fascia nera a tracollo. Davanti a tutti
Raimondo vestito da chierichetto che porta la croce, la stessa che si usa
ancora oggi nelle processioni.
Il camposanto è già stato preso d’assalto fin
dalle prime luci dell’alba, sono passati già tutti gli uomini che si recano in
campagna. In quel luogo sono le donne a dominare la scena, sono le officianti
di un rito fatto di lamenti, pianti, grida: “ ora convulsi, quasi prossimi ad una vera e propria crisi parossistica,
ora invece più umani, risolti in lunghe melopee velate di pianto “ per citare
Ernesto De Martino.
Ma c’è anche un aspetto ludico in questo
tripudio mortuario che, come il solito, lo danno bambini e ragazzi. Essi vagano
curiosi intorno alle tombe, più volentieri sostano nella spoglia cappella, che
poi è l’ossario; su tutto il pavimento, sull’altare spoglio, sui candelieri si
consumano e si riforniscono di continuo le candele, per cui i ragazzi sono lì a
raccogliere la cera tiepida, ancora molle, per farne delle palle.
Tutto questo trambusto era avvertito dal paese,
poco distante dal cimitero, che per quel giorno era diventato un teatro dove
assieme al dolore venivano rivissute le morti, spesso tragiche, ancora
grondanti sangue.
venerdì 23 ottobre 2015
Lo scuolabus (reg. John Landis - 1979)
Sig. GLIOZZI FRANCESCO
PLATI’
p.c. Sig. PRESIDE SCUOLA MEDIA
PLATI’
Ricevo dal Sig. Preside della locale Scuola media statale una nota in
cui mi comunica che, in mancanza di servizi pubblici o privati che potessero
provvedere al trasporto degli alunni iscritti a quella Scuola, sul percorso
NATILE VECCHIO-BEVIO SS. 112, ha dato incarico alla S.V. fin dall’inizio del
corrente anno scolastico, per il trasporto dei medesimi; e che la S.V. ha messo
a disposizione della Scuola una macchina di Sua proprietà, per tale incarico accettato ed espletato fino al
presente.
Nell'approvare l'operato del Sig. Preside, prego la S.V. di voler
continuare la Sua prestazione fino al termine delle lezioni dell'anno
scolastico 1966-67, anticipando le spese per l'acquisto del carburante
necessario e per la manutenzione della macchina, e notificandomi, a tempo-debito,
le spese sostenute, per il rimborso da parte di questo Patronato scolastico.
In attesa di una Sua cortese nota di accettazione La saluto distintamente.
Il Presidente
(Francesco Mittiga)
Papà che da presidente autorizza e approva lo zio Ciccillo è una bella sorpresa. Più bella ancora è la sorpresa dello zio Ciccillo autista dello scuolabus, che poi era la R 4 che vedete nelle foto. Posso immaginare solo il divertimento dei ragazzi dentro quella macchina! Lo zio alla patente arrivò che già aveva superato i cinquanta anni.
Etichette:
Once upon a time in Platì
Iscriviti a:
Post (Atom)