Do you believe in justice, Judge?
René Claire, And Then There Were None (Ten Little Indians Went Out To Dine …), 1945
UN FIORE
Dottor Papalia Vincenzo
Don Francesco Mittiga era nato a Platì il 22 giugno 1872 da Nicola, sarto e da Mariantonia Gliozzi tessitrice. A detta della zia Amalia don Francesco abitava nella via Fratelli Sergi. Nella foto l’abitazione sopra la la scalinata.
*Mons.
Francesco Mangeruva era nato a Sinopoli il 9 gennaio 1823. Fu ordinato
sacerdote il 20 settembre 1845 e salì sulla cattedra di Gerace il 9 maggio 1872
che conservò fino alla sua morte avvenuta l’11 maggio 1905.
Se lo zio Ciccillo mi ha impresso
l’amore per la musica quello per i libri lo devo a papà Ciccillo, tutt’e due
quest’anno ne avrebbero avuti 114 di anni. Queste passioni sono rimaste sopite
e superate per una passione che definirei vitale: quella per il cinema che devo
allo zio Peppino , u mutu i barva e a
Mimmo Addabbo. Musica e lettura resurrexit per merito di due incontri che feci
negli anni che si susseguirono alla maturità scolastica. A parte libri e
libricini di preghiere della mamma, l’unico libro che ricordo in casa, a Platì,
è Resurrezione di Lev Tolstoi – mi piace scriverlo
così, né alla russa con la J che sembra un’appendice felina,
né all’americana con la Y yankee -.
E’ sulla scrivania di papà, nel
retrobottega, che, poi, era ancora una parte della bottega: di fronte, dove
stava seduto papà, la scaffalatura conteneva le scarpe in vendita, alle spalle
c'era di tutto, dai chiodi di tutte le dimensioni alle cartucce, piombo &
polvere da sparo per i cacciatori.
Papà, è stato, nei tempi
prima dell’entrata in casa della televisione, il lettore della famiglia
- è stato anche un ascoltatore della radio (alla sinistra della
scrivania), la sua passione erano le opere liriche -; molto spesso, dopo cena,
leggeva per gli adulti di casa, dapprima per il nonno, la nonna e le sorelle ancora
signorine, e dopo sposato si aggiunse la mamma, ma già mancava qualche sorella
andata sposa di mariti venuti da fuori. Poco prima di venir meno la zia Amalia
mi ha detto che papà leggeva di tutto, eppure non superò mai la terza
elementare. Qui a Messina preferiva gli editoriali del direttore della
Gazzetta del Sud, il quale col suo anticomunismo alla messinese infusogli dal
suo padrone/padrino/allevatore, Bonino, il re della molitura, lo faceva
arrabbiare e gridare, indirizzandogli, “bestia”!
Quel titolo, Resurrezione,
non l’ho scordato mai: nella copertina del libro era scritto di colore rosso,
in corsivo, di traverso, da sinistra verso destra, dal basso verso l’alto, con
sopra un volto dolorante d’uomo - un Cristo? -.
Ho aspettato anni prima di cominciare
a leggere Tolstoi, e l’ho letto tutto. Devo dire che ho cominciato al momento
giusto con Anna Karerina. Guerra e Pace è il libro
da leggere e rileggere: del resto Cormac Mc Carthy, come ai suoi tempi
Dostoevki, lo definiscono il più grande mai scritto, superiore alla Bibbia e. fidatevi, è così! Mio malgrado,
quello che preferisco è I Cosacchi, una cosetta rispetto all’altro,
ma per dirla con Marcel Proust: “sono le opere da niente che ci fanno
addentrare nei gradi capolavori di uno scrittore”.
Con la stima dei terreni dati in dote
ad Ernesto Gliozzi (1883-1948) di Francesco onde costituire il suo
sacro patrimonio* da esibire prima della consacrazione a ministro di Dio, l’arciprete
Don Saverio Oliva (1835-1919) si rivela una persona preparata nell'esercizio delle funzioni a lui demandate, nella fattispecie di rilevatore di terreni onde attribuire un valore del tutto secolare.
In questa sua stima, aiutato dai periti Giuseppe Mittiga e Antonio Mantegna,
egli si rifà ai canoni classici rintracciabili nei Catasti Onciari platiesi del 1746 e
1754. Le stesse figure del rilevatore e degli apprezzatori, il giuramento prestato da questultimi derivano da quelle epiche epoche. In avvenire l'identico Sacro Patrimonio verrà riciclato in favore dello zio Ciccillo. Allo zio Ernesto il giovane nulla toccherà, essendosi nel frattempo dissolta quell'Istituzione, seppur Sacra, del tardo medioevo.
*La dote economica assegnata ad un chierico e futuro sacerdote secolare onde garantirgli una rendita e di conseguenza il mantenimento.
Cl
DISTURBA UNA TV ARABA
Sulla discendenza
greca dei platiesi (pratiòti) ritengo non possano esservi dubbi. Si riscontra l’etimologia
greco-classica in almeno il 50% dei vocaboli di uso corrente (rìza, basilicò,
potamàta, camaròpa, stràci, limba etc.), in molti cognomi (Ceravolo, Crupi, Garreffa,
Macrì, Mirarchi, Pangallo, Papalia, Tripepi), nella denominazione di molte località
del territorio (Panareforo, Cromatì, Zìllastro etc.) e nello stesso nome del
paese.
Nell’isola di
Creta, come dimostra il particolare ingrandito della cartina qui riprodotto, esiste
addirittura ancora oggi un paese denominato Platì.
Quanto alla popolazione “attiva”, di circa 2.000 unità, la relativa composizione sarebbe stata, alla fine degli anni Cinquanta, dedita in prevalenza all’agricoltura ed all’allevamento del bestiame, e in minor parte ad altre attività, come dai prospetti e dai grafici che seguono:
Nelle
consultazioni popolari dal 1946 al 1968 il numero degli elettori (cittadini di
età superiore a 21 anni) è riassunto nel seguente prospetto e nel grafico
relativo:
Ad esaminare in
dettaglio ciascuna competizione elettorale, dato l’elevato numero di formazioni
politiche partecipanti, non basterebbero le pagine di questa rivista.
A tutt’oggi
il testo ed il lavoro della dottoressa Francesca Romeo, apparsi sulla rivista
di Mimmo Marando, rimangono di primaria importanza per quanti vogliano conoscere, studiare e scrivere, la storia di
Platì. E va ad arricchire le già numerose pubblicazioni sull’argomento qui
apparse.
Io vivendo nell’Aspromonte lo conosco molto bene. Le montagne cambiano colore in base alla stagione come gli alberi in inverno, se si va in montagna gli alberi non hanno foglie, invece se si va in primavera o in estate gli alberi sono tutti verdi e alcuni anche fioriti: Mia nonna mi ha raccontato che una volta per andare in montagna non c’era la macchina ma gli asini; gli uomini caricavano le cose sugli asini e facevano portare le cose a loro. Le donne invece portavano le cose in testa e per non farsi male si facevano le corone con le trecce. Quando arrivavano si sedevano per terra sull’erba con una tovaglia sotto o si sedevano nei tavoli di legno che c’erano tra gli alberi; poi la sera prima che facesse buio tornavano a casa. Quando andiamo in montagna io e mia sorella ci divertiamo a stare immerse in quel verde e a giocare con il pallone che non usiamo mai perché siamo troppo prese dal telefono e per questo spesso non ci accorgiamo di quello che abbiamo intorno e del bel paesaggio che abbiamo l’Aspromonte.