Mittiga
Sarino di FrancescoPlatì
11 maggio 1955alla
zia Maria Gemma
Luigi
- Immagine e testo contenuti nell'album personale di Ernesto Gliozzi il vecchio.
Il documento contenente il testo riportato era nell’archivio di Ernesto Gliozzi il vecchio ed è servito al Canonico Antonio Oppedisano per redigere la sua Cronistoria*.
Il Notaro Gliozzi era il Mag.co Fabrizio Gliozzi*
*https://iloveplati.blogspot.com/2014/03/storia-immortale-reg-orson-welles-1968.html
*https://iloveplati.blogspot.com/2016/12/lalbero-della-vita-fountain-regdarren.html
Il testo riportato è conservato, senza titolo, nell’archivio personale di Ernesto Gliozzi il vecchio. Mimmo Marando sulla rivista PLATI’, gennaio ’98, lo attribuisce ad un anonimo platiese, anno 1943 e con il titolo Storia d’i scupetti (1945), un po' diverso nell’incipit e senza nessun commento. È probabile che, come molti altri testi pubblicati da Mimmo, fosse appartenuto alla famiglia di Michele Fera. Secondo un esperto di poesia calabrese a cui è stato inoltrato, il carattere cantilenante dell’opera è tipico dei primi anni del millenovecento nella poesia dialettale calabrese.
In
apertura la Valle del Bonamico con sullo sfondo Pietra Cappa in uno scatto di Giuseppino,
dottor, Mittiga, dei primi anni ‘20
“Del resto l’ambiente nel quale viveva la
ragazza era saturo di connessioni simboliche asserite con grande serietà e
senza il minimo dubbio”. Ernesto De Martino, La terra del rimorso, 1961
Ritengo
il racconto di Saro Zappia, qui apparso,* come il più importante sin ora
pubblicati. Se non altro per il suo carattere etnoantropologico,
socio-culturale, psichiatrico e psicologico. Chi ha dimestichezza con i testi
di Ernesto De Martino o quelli di Sigmund Freud vi trova un’enorme quantità di
informazioni che spiegano il carattere, il comportamento e il subconscio di
Nnuzza, la protagonista. Tutto questo è confermato da una conversazione con
Filippo Zappia, fratello di Saro. Nnuzza di cognome andava Catanzariti ed in
casa del Surrosariu era tata e
collaboratrice domestica. La casa dove abitava alla Pietra d’Angela l’aveva
acquistata da Domenico «u giarruni» Catanzariti, e là trascorse il resto della propria
esistenza. Quella dove era nata sul finire del XIX° secolo, all’Ariella, catoiu nel testo citato, era un mono
locale di quattro metri per quattro circa, con alle spalle l’aperta campagna. L’episodio,
drammatizzato da Saro Zappia, come molti possono ricordare, è realmente
accaduto. Se Rosario Zappia si fosse dedicato alla vita letteraria più che a
quella forense, forse avrebbe eguagliato Pasqualino Perri se non superato, e
noi avremmo avuto un altro generoso letterato a cui far riferimento.
*https://iloveplati.blogspot.com/2022/04/la-colomba-non-deve-volare-di-sergio.html
Questa volta anonimo è il fotografo.
Oggi giovedì santo, un giorno sacrale in Platì, quando i preti
nascevano e crescevano in paese. L’ultimo è stato Ernesto Gliozzi il giovane
(12 aprile 1915 - 2 febbraio 2008). Lo zio Ernesto è colui che più di tutti i platiesi conosceva il segreto di Pratì e questo segreto è
sepolto con lui nella cappella dove riposa. Egli riteneva Platì essere stato
fondato nel 1492, l’anno stesso dell’inizio del saccheggio del continente compreso
tra l’Alaska e la Terra del Fuoco. Questi due eventi hanno un tratto comune: il
mandante. La Corte di Spagna. Il paese di Platì, come tutti i paesi, prima e dopo,
non è fondato dall’oggi al domani, è creato nel tempo. Arriva una famiglia si
installa e a sua volta attira parenti e amici. Attira nemici. A questo servono
i film western. Stiamo parlando di un borgo, una Motta, perché luoghi sparsi, insediamenti
casuali vi erano già da prima di Gesù e San Pietro a Pietra Cappa. Molti i cenobi. Il
territorio di Platì era compreso tra la Foresta di Pandore, i Piani di Zervò e
dello Zomaro. Nel 1492 padrone delle foreste era la famiglia Marullo di Messina.
A questa subentrò una famiglia patrizia napoletana-pugliese, quella degli
Spinelli. Quelli che interessano noi sono gli Spinelli Savelli, i Principi o Conti di Cariati. Un Carlo fu forse il primo. Alla sua
morte nel 1518 seguiranno i vari Scipione e ancora Carlo. Il primo Signore certo,
di Platì, fu Carlo Filippo Antonio (1641-1725), egli alla morte del padre
Scipione, nel 1659, antepose al proprio nome
quello del fratello primogenito andato a farsi monaco, divenne principe di Cariati, duca
di Seminara, conte di Santa Cristina e signore di Oppido. A Platì aveva
una Corte Principale in cui erano gestiti tutti gli affari pubblici e privati.
Quello che vedete in apertura è proprio lui, Carlo Filippo Antonio raffigurato
da Domenico Antonio Vaccaro (1678-1745). Di seguito un ritaglio dal Catasto Onciario del 1754.
"Somehow I got to carry on, Lordy" Van Zant, Collins