Noi abbiamo altri ricordi e non tutti lieti. Ricordiamo
le tragiche Odissee dei nostri genitori quando venivano a trovarci, percorrendo
strade impervie a dorso di mulo e, sorpresi dalla tempesta, a stento
rientravano a casa.
IL
SEMINARIO DI GERACE
RISPOSTA A FRANCESCO PERRI
A
proposito di una lettera dell'autore di "Emigranti" e de "Il discepolo
ignoto", Francesco Perri, pubb1icata di recente su " La voce di Calabria"
(9-10 febbr. 1954), c'è da fare qualche rilievo sia circa l'ispiratore della
lettera (il ben identificabile C puntato) sia circa lo stesso autore.
Circa l'ispiratore
o gli ispiratori della lettera, si rileva come dopo una petizione indirizzata
alla S. Sede, tutta infarcita di buaggini e di argomenti puerili e fatta
firmare o con inganno o con minacce da una buona parte del Clero della Diocesi;
dopo una vile campagna di menzogne e di calunnie condotta da tutto un popolo
contro il suo benefattore, viene ora la lettera dello scrittore, quella che
dovrebbe essere "il suggello ch'ogni uomo sganni", “Roma locuta est" per darla vinta a quei
di lassù. Si ingannano: perché come a nulla son valse quel po' di sciocchezze scritte
maliziosamente e sottoscritte ingenuamente, come non son valse e
non
varranno le calunnie e le minacce degne di tempi ormai tramontati, cosi neanche
la lettera di uno scrittore, per quanto illustre, può dar per vinta una causa
che è molto seria.
Circa l'autore
della lettera è il caso di fermarsi un po' più a lungo.
E ci
vorrà questi consentire, democraticamente, di esporre il nostro pensiero, anche
se Egli siede sull'Olimpo della letteratura e noi ci troviamo le mille miglia
lontani da quello. Perché mentre noi leggiamo con ammirazione e - perché no? - con
orgoglio le bellissime pagine di "Emigranti" o degli altri suoi volumi,
leggendo questa lettera non proviamo altro che una vampata di sdegno per quelle
argomentazioni che egli vuole artificiosamente imbastire.
Ci
parla di dolore e di stupore, il tutto imperniato su sterili sentimentalismi, come
egli stesso ammette. Ci ricorda i suoi studi coronati da successo alla maturità
classica; ma non ci spiega se siano state proprio quelle mura minaccianti
rovina ad ogni soffiar di vento od ondeggiar di terra, o quelle attrezzature
antigieniche a stillargli nella mente il sapere che gli fece onore; se aia
stato il freddo intenso di quei rigidi inverni che faceva scoppiare le mani pei
geloni, se sia stato il trasbordo da una camerata all'altra per ripararsi dalla
pioggia, se quell'acqua allora piovana e che pur si beveva, o se piuttosto le
scorpacciate, fatte alla chetichella, di roba che i buoni papà portavano nelle
capaci bisacce per supplire alla scarsezza di nutrimento, ad aguzzargli l'ingegno.
Ma se il merito è stato non dell'edificio, ma degli uomini che vi abitavano, non
ci spiega neppure se gli ingegni come Francesco Sofia Alessio che tanto decoro
diedero al Seminario in tempi remoti, siano piante esotiche proprietà riservata
di Gerace, e per di più Superiore. Se vuole, il nostro Perri, i ricordi della
sua infanzia li consacri in un libro, ma li tenga esclusivamente per sé, come sopramobili
o anticaglie. Noi abbiamo altri ricordi e non tutti lieti. Ricordiamo le
tragiche Odissee dei nostri genitori quando venivano a trovarci, percorrendo
strade impervie a dorso di mulo e, sorpresi dalla tempesta, a stento
rientravano a casa.
Ci
parla di stupore, quando se mai lo stupore dovrebbe esser nostro per il suo scritto.
Gli potremmo chiedere di lasciare che i fatti nostri ce li vediamo noi; ma non
lo facciamo appunto perché dice di essere e rimanere “notoriamente un uomo di sinistra",
di quella parte, cioè, che decanta di andare contro i ricchi e a favore dei
poveri, salvo poi a scriver lettere con cui si difendono interessi di ... caccia
riservata. Di quella parte, cioè, che accusa la Chiesa di spirito conservatore,
di attaccamento alle tradizioni, salvo poi a consigliare questa Chiesa a
restare attaccata a quattro mura o a diciotto colonne, siano pure pregevolissime,
siano pure del tempio di Persefone; a restare attaccata lì, perché Gerace “possa
vivere del suo Duomo e del suo Episcopio". Di quella parte, cioè, che dice
di andare incontro ai miseri, salvo poi a tentare di farceli dimenticare tanti indigenti,
tanti derelitti, tanti ignoranti che solo la paterna sollecitudine di un
Vescovo in una Diocesi può scoprire per porger loro aiuto; salvo poi a consigliarci
di educare i giovani al sacerdozio in un regno di beatitudine ... solitaria, dove
nulla si ode, nulla si vede di quello che è il gemito di una umanità
sofferente.
Ma
sarebbe troppo ingenuo non pensare che lui, uomo di sinistra, forse questi
consigli vuol dare per tentare di staccare il Clero e i fedeli dal loro Vescovo,
per quella famosa legge romana, che torna di moda in qualche regime: divide et impera;
per far sì che il Vescovo si limiti "ad officiare nella stupenda solennità
dell'antica Cattedrale normanna", pronto a dargli addosso se insieme con il
fasto liturgico egli voglia accoppiare una provvida operosità civica.
Fa
male il Perri a non conoscere il nuovo Vescovo; venga a conoscerlo, magari quando
nella torrida estate egli vorrà deliziarsi della frescura del suo mare Jonio; e
vedrà qual nuovo soffio di rinascita spirituale e materiale aleggia in questa
ancora, purtroppo, infelice Diocesi. Venga con tutti i suoi compagni a vederlo
questo Vescovo, seduto all'altare, che chiama ad una ad una le Parrocchie della
Diocesi, impazienti di offrire il loro obolo, a volte modesto, a volte grandioso
nel sacrificio, per la ricostruzione materiale e morale del Seminario e soprattutto
degli alunni del Seminario. E si persuaderà che non è vero quello che scriveva l'Unità
su pretesi contrasti tra Clero, Azione Cattolica e Vescovo nella Diocesi.
E
sorvolando gli insulti lanciati dal nostro scrittore contro il Clero, tacciato
di inerte, di immorale e di poco spirito evangelico (forse tale perché si formò
in quel seminario che egli decanta e sedette a fianco a fianco con lui), vorremmo
pregarlo di portarci altri solidi argomenti, se ne ha, a favore di Gerace; perché,
come ben dice egli stesso, "con i soli argomenti sentimentali non si
difende una causa".
Doppio
torto arreca al Geracesi che egli vuol difendere perché non adduce validi
argomenti; e perché sapendo di non averne, crede di poter avallare con la sua
rispettabile firma i vani sforzi di un'ignobile
cricca
di sfruttatori.
E. G.
Questa lunga lavata di capo di Ernesto Gliozzi il giovane allo lo scrittore di Careri ebbe un
seguito molti anni dopo, nell’anno della contestazione, quando lo zio, all’epoca
parroco della cittadina che diede i natali al romanziere, ritornò sui suoi
passi:
“Ebbi la sorte di entrare in polemica con Lei in occasione del
trasferimento della sede Vescovile da Gerace a Locri, verso il 1952, con
un articolo pubblicato su un giornale di Reggio, che voleva rispondere ai Suoi
ben apprezzati argomenti in pro di Gerace; Lei scriveva per nostalgia del luogo
in cui aveva trascorso buona parte della Sua giovinezza io rispondevo guardando
alla realtà dei fatti che imponevano la soluzione di quel problema per cui si
batterono Mons. Giuseppe Piccolo da Mammola ed altri, fin dal primi lustri del
nostro secolo. Lei credette allora di polemizzare con il Suo ex compagno di
scuola e non con il nipote, per cui chiuse la replica con un generoso atto di
comprensione”.
Lo
stesso scrittore ridimensionò i fatti ricordando anche il suo compagno di
Seminario, Ernesto Gliozzi il vecchio.
Reverendo e Caro Arciprete, la Sua lettera, che ha fatto rivivere in me il ricordo di suo zio
e della mia adolescenza nella camerata dei mezzanini (che strane denominazioni
allora nei nostri seminari!) e la figura minuscola, arguta, vivacissima di
Ernesto Gliozzi che aveva sempre pronta la battuta spiritosa ed anche
tagliente, quando occorreva, mi ha sinceramente commosso. Mi ha anche fatto
ricordare la nostra polemichetta, nella quale Ella portava la opinione del
clero e magari anche delle autorità ecclesiastiche, mentre io parlavo avendo
nel cuor la nostalgia della grande cattedrale normanna, e lo stato d'animo
degli antichi uomini di chiesa, che amavano la solitudine e la elevata
meditazione. I poeti non sono mai stati uomini politici!
In apertura un'immagine d'epoca del Duomo geracese.
Il
motivo della reprimenda è qui:
https://iloveplati.blogspot.com/2016/12/lultima-sfida-reg-edwin-l-marin-1951.html
la
corrispondenza Perri – Gliozzi qui:
https://iloveplati.blogspot.com/2016/04/la-corrispondenza_10.html
https://iloveplati.blogspot.com/2016/04/la-corrispondenza.html
https://iloveplati.blogspot.com/2016/04/la-corrispondenza-reg-giuseppe.html