Giuseppe Delfino era nato a Bova il 26 marzo 1888 in una casa colonica di contrada Guardiola di proprietà del barone Nesci.
A vent’anni, per un furto di bestiame subito si arruola nei carabinieri. Non ha il tempo d’indossare la divisa che è già all’opera, nell’operazione di soccorso a favore della popolazione per il terremoto di Messina. Riceve la prima medaglia d’argento. Per venticinque anni (sino al 1933) è presente nei punti più nevralgici della Calabria per combattere la criminalità organizzata e bande di disertori, con missioni delicatissime in altre regioni.
Rifugge spesso dalla divisa. Si travisa da frate cercone alle dipendenze di don Ciccio Pangallo, priore del Santuario di Polsi che gli fornisce una mula ed un saio con la patacca argentata del convento, da massaro (da qui il nome di Massaro Peppe), da carrettiere, da mastro di ballo, sensale ed accattone. Per scoprire un’organizzazione mafiosa diventa latitante ed infiltrate nella cosca. Fa il «pentito» e smaschera tutta l'organizzazione. L'avvocato dei mafiosi chiede l’incriminazione in corte d’assise per aver partecipato effettivamente ad un furto. Aveva fatto da palo.
Massaro Peppe è entrato nella leggenda ed a cento anni dalla sua nascita, il figlio Antonio, giornalista ed autore del libro «Gente di Calabria» rievoca i fatti più significativi e clamorosi partendo con le «testimonianze letterarie» di Corrado Alvaro, Mario La Cava e Saverio Strati.
Testo apparso su Calabria Sconosciuta
NOTE
Francesco Pangallo, Platì 1876 – 1939, già vice superiore di Mons. Giosofatto Mittiga, resse il Santuario di Polsi dal 1927 all’anno della sua morte.