NOTTE
DEL 9 SETTEMBRE 1943: CRUENTA BATTAGLIA SULL’ASPROMONTEUna piccola croce di pietra bianca a Zillastroricorda l’inutile sacrificio di giovani soldatiLa
guerra era cessata da 24 ore ma la notizia non era ancora giunta alle orecchie di
quegli italiani e canadesi che si svegliarono al grido d’allarme
Platì, 11 marzo
Dalla contrada Zillastro, posta su uno dei punti più alti della
cresta dell'Aspromonte, si un si aprono al viandante vedute senza confini: da
un lato si vede la piana sterminata che si accende a sera delle miriadi di luci
dei paesi in essa disseminati; da un altro lato lo sguardo scivola verso la
visione vertiginosa del fondovalle solcato dalle strisce d'argento dei numerosi
torrenti che si versano nel Ciancio.
Si discerne lontano la foce le di quest’ultimo nell'azzurro
Jonio, e istintivamente ci si volta a guardare, stupiti, alle nostre spalle, la
striscia azzurro pallida del Tirreno, confondersi con l'orizzonte. Appena
velato dalla foschia, lo Stromboli emerge lontano dalle acque.
Quasi come in segno di rispetto alla bellezza ed alla
grandiosità del panorama, in questi luoghi regna il silenzio: un silenzio assoluto,
che neanche il soffio perenne dei venti incrociantisi sui pascoli verdissimi,
riesce a interrompere.
Si vede su un lato della strada (la statale 112) l’edificio
dipinto in rosso di una casa cantoniera, ma ci si accorge che solo le mura
esterne di essa sono rimaste in piedi: all’interno non c'è che un cumulo di
calcinacci sepolti tra le ortiche: Casello Zillastro.
Settembre 1943. Arriva a colmare per una sera la desolata
solitudine di contrada Zillastro una compagnia di paracadutisti italiani.
Il panorama immenso che si offre da, ogni parte è il balsamo
più gradito alle mille fatiche affrontate fino a quel giorno; gli italiani si
accampano qui per passarvi la notte. Il sonno fa presto a venire, anche
sdraiati sulla terra e senz'altra coperta che il meraviglioso cielo calabrese
brulicante di stelle.
All'alba un ufficiale si alza e si allontana
dall’accampamento. Cammina un po' trasognato, guardando l'oriente che
trascolora a poco a poco... Inciampa in un uomo sdraiato per terra e cade. Si
rialza: an-
che l'altro si è rialzato e bestemmia... in lingua canadese.
Si tratta di una compagnia di soldati canadesi attendati a
qualche centinaio di metri di distanza dall’accampamento italiano: nessuno se
n'era accorto.
L’italiano getta l'allarme: tutti si svegliano: i due
eserciti prendono le armi. Per un momento la quiete profonda dell'Aspromonte è
lacerata dal crepitio feroce della battaglia.
Infine una cortina di silenzio si posa pietosamente sui
corpi di numerosi giovani italiani e stranieri rimasti inerti tra le erbe
rosseggianti di sangue di contrada Zillastro.
E' la mattina del 9 settembre del 1943.
Un episodio come tanti altri, come innumerevoli altri
dell’ultima guerra: ma infinitamente più triste: perché mentre a Zillastro si combatteva, lo stato di guerra era cessato
dal giorno prima. E a Platì, a pochi chilometri di distanza, sul fondo della
valle, la popolazione si abbandonava a un delirio di gioia per la notizia
dell’'armistizio arrivata la sera prima per radio.
Se il miracolo della radio si fosse rinnovato per quegli uomini,
la mattina del 9 settembre 1943, essi si sarebbero abbracciati nella comune
gioia del momento e tante fiorenti giovinezze non si sarebbero dolorosamente
arrestate, lontano dalla patria, nella solitudine sconfinata dei piani dell'Aspromonte.
I corpi di quei poveri ragazzi furono gettati alla rinfusa
in un crepaccio, presso il greto di un torrente e coperti di terra alla meglio.
Le acque del torrente, dopo, scoprirono alcuni dei cadaveri, irriconoscibili e
li trasportarono a valle. Vi fu qualche parola di compianto, ma nessuno, dopo,
si ricordò della battaglia, inutile e sanguinosa, di contrada Zillastro.
Qualche anno dopo i resti di quei soldati furono ritirati dalle
rispettive famiglie. Sul luogo della tragedia, ora coperto dal verde di una
giovane pineta, solo una croce di pietra, piccola, fredda, anonima, che abbiamo
scorto per caso sperduta tra la neve, sta ad indicare il luogo dove dodici anni
fa i nostri umili eroi offrirono alla Patria l’inutile sacrificio della loro
giovinezza.
Michele Fera
GAZZETTA DEL SUD, 12 marzo 1955
In apertura (rubati alla rete) soldati della Divisione Folgore e Militari canadesi.
Un più recente scritto di Michele Fera sulla stessa tragedia si trova qui: