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domenica 13 dicembre 2020

I giovani leoni [di Edward Dmytryk -1958]

... una vita da eroi del cinema.
Willa Cather



NOTTE DEL 9 SETTEMBRE 1943: CRUENTA BATTAGLIA SULL’ASPROMONTE
Una piccola croce di pietra bianca a Zillastro
ricorda l’inutile sacrificio di giovani soldati
La guerra era cessata da 24 ore ma la notizia non era ancora giunta 
alle orecchie di quegli italiani e canadesi che 
si svegliarono al grido d’allarme
 
Platì, 11 marzo
Dalla contrada Zillastro, posta su uno dei punti più alti della cresta dell'Aspromonte, si un si aprono al viandante vedute senza confini: da un lato si vede la piana sterminata che si accende a sera delle miriadi di luci dei paesi in essa disseminati; da un altro lato lo sguardo scivola verso la visione vertiginosa del fondovalle solcato dalle strisce d'argento dei numerosi torrenti che si versano nel Ciancio.
Si discerne lontano la foce le di quest’ultimo nell'azzurro Jonio, e istintivamente ci si volta a guardare, stupiti, alle nostre spalle, la striscia azzurro pallida del Tirreno, confondersi con l'orizzonte. Appena velato dalla foschia, lo Stromboli emerge lontano dalle acque.
Quasi come in segno di rispetto alla bellezza ed alla grandiosità del panorama, in questi luoghi regna il silenzio: un silenzio assoluto, che neanche il soffio perenne dei venti incrociantisi sui pascoli verdissimi, riesce a interrompere.
Si vede su un lato della strada (la statale 112) l’edificio dipinto in rosso di una casa cantoniera, ma ci si accorge che solo le mura esterne di essa sono rimaste in piedi: all’interno non c'è che un cumulo di calcinacci sepolti tra le ortiche: Casello Zillastro.

  
Settembre 1943. Arriva a colmare per una sera la desolata solitudine di contrada Zillastro una compagnia di paracadutisti italiani.
Il panorama immenso che si offre da, ogni parte è il balsamo più gradito alle mille fatiche affrontate fino a quel giorno; gli italiani si accampano qui per passarvi la notte. Il sonno fa presto a venire, anche sdraiati sulla terra e senz'altra coperta che il meraviglioso cielo calabrese brulicante di stelle.
All'alba un ufficiale si alza e si allontana dall’accampamento. Cammina un po' trasognato, guardando l'oriente che trascolora a poco a poco... Inciampa in un uomo sdraiato per terra e cade. Si rialza: an-
che l'altro si è rialzato e bestemmia... in lingua canadese.
Si tratta di una compagnia di soldati canadesi attendati a qualche centinaio di metri di distanza dall’accampamento italiano: nessuno se n'era accorto.
L’italiano getta l'allarme: tutti si svegliano: i due eserciti prendono le armi. Per un momento la quiete profonda dell'Aspromonte è lacerata dal crepitio feroce della battaglia.
Infine una cortina di silenzio si posa pietosamente sui corpi di numerosi giovani italiani e stranieri rimasti inerti tra le erbe rosseggianti di sangue di contrada Zillastro.
E' la mattina del 9 settembre del 1943.


Un episodio come tanti altri, come innumerevoli altri dell’ultima guerra: ma infinitamente più triste: perché mentre a Zillastro si combatteva, lo stato di guerra era cessato dal giorno prima. E a Platì, a pochi chilometri di distanza, sul fondo della valle, la popolazione si abbandonava a un delirio di gioia per la notizia dell’'armistizio arrivata la sera prima per radio.
Se il miracolo della radio si fosse rinnovato per quegli uomini, la mattina del 9 settembre 1943, essi si sarebbero abbracciati nella comune gioia del momento e tante fiorenti giovinezze non si sarebbero dolorosamente arrestate, lontano dalla patria, nella solitudine sconfinata dei piani dell'Aspromonte.
I corpi di quei poveri ragazzi furono gettati alla rinfusa in un crepaccio, presso il greto di un torrente e coperti di terra alla meglio. Le acque del torrente, dopo, scoprirono alcuni dei cadaveri, irriconoscibili e li trasportarono a valle. Vi fu qualche parola di compianto, ma nessuno, dopo, si ricordò della battaglia, inutile e sanguinosa, di contrada Zillastro.
Qualche anno dopo i resti di quei soldati furono ritirati dalle rispettive famiglie. Sul luogo della tragedia, ora coperto dal verde di una giovane pineta, solo una croce di pietra, piccola, fredda, anonima, che abbiamo scorto per caso sperduta tra la neve, sta ad indicare il luogo dove dodici anni fa i nostri umili eroi offrirono alla Patria l’inutile sacrificio della loro giovinezza.

Michele Fera
GAZZETTA DEL SUD, 12 marzo 1955


In apertura (rubati alla rete) soldati della Divisione Folgore e Militari canadesi. 
La foto, recentissima, del Casello dello Zillastro è stata realizzata per queste pagine.
Un più recente scritto di Michele Fera sulla stessa tragedia si trova qui:




 

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