mercoledì 4 dicembre 2019
martedì 26 novembre 2019
Un marito per Anna Zaccheo [di Giuseppe De Santis,1953]
Am I the only one who hears the screams
And the strangled cries of lawyers in love
And the strangled cries of lawyers in love
Jackson Brown, Lawyers in Love
Reggio Cal, 13/2/949
Gent.mo Signor
compare. Anzitutto ci vogliamo augurare che la presente troverà Voi
e famiglia ottimi – noi anche bene.
Vi chiedo scusa
anticipatamente del fastidio che vi potrà recare il favore che sto per
chiedervi, ma trattandosi di cosa delicata, nessuno meglio di Voi può
rispondere a quanto mi occorre sapere. Compare Rocco Pulitanò mi ha detto che
l’avvocato Caruso Saverio di Giuseppe e di Lentini Maria vuole sposarsi e
il compare ha proposto Mariellina Nicita mia cugina, figlia del segretario Nicita.
Quanto ci ha detto
compare Rocco riguardo il giovane avvocato ci ha soddisfatte e abbiamo piena
fiducia in lui, ma le informazioni che tanto gentilmente ci darete Voi
completeranno la nostra fiducia. Vi preghiamo quindi comunicarci quanto lo
riguarda moralmente, fisicamente e finanziariamente.
Vi
ringraziamo molto e invio rispettosi saluti anche per parte di questi miei
estensibili alla vostra famiglia.
D.nna comare Ermenegilda
Come sta comare Serafina? Aff.si
saluti
Platì, 18 Febbr. 1949
Gent.ma Sig.a Comare,
Rispondo con ritardo alla gradita Vs, del 13 c.m., dato che quel giorno
che ho ricevuto la lettera eravamo preoccupati, perché mentre mio figlio
Peppino faceva ritorno da Cirella dove era andato a riscuotere delle Imposte,
venne rapinato a mano armata da sconosciuti delle somme riscosse, per oltre
300mila lire; fu puro miracolo se gli hanno risparmiato la vita a lui ed altre
due persone che l'accompagnavano.
Rilevo con piacere nella VS. che state bene, come Vi dico di me e dei
miei.
In quanto alla Vs. richiesta di notizia sul conto del Sig. Avv. Caruso,
non trovo niente in contrario a quanto desiderate di sapere, essendo un giovane
che risponde tutto bene, serio, istruito e di buon portamento. E' anche di
famiglia facoltosa; la sorella ha sposato un Maggiore di Artiglieria, nostro
compaesano.
Per tutto quello che Vi possa occorrere sono sempre a Vs. disposizione,
lieto se Vi potrò servire.
Con tutti i miei Vi saluto distintamente.
Reggio Cal, 22/2/949
Egr. signor compare, rispondo alla
vostra soddisfacente lettera e vi ringrazio molto del Vostro sollecito
interessamento riguardo a quanto volevo sapere. Se valgo in qualche cosa non mi
risparmiate.
Tutti noi siamo dispiaciuti di
quanto è accaduto a vostro figlio, meno male ch’è andata così e che ben presto
giustizia sarà fatta. Come sta comare Serafina? Ce la salutare assai assai. Io
e questi miei ricambio cordiali saluti a Voi e la vostra gentile famiglia.
D.nna comare Ermenegilda.
MARILISA … posso aggiungere alla narrazione che il giovane
avvocato Caruso, con buona pace della signora comare, si maritò, a Roma, con
Livia e con lei visse, fino alla fine dei suoi giorni, nella casa paterna della
moglie, circondato, presumibilmente, dall'amore di lei e della figlia Emma, il
cui ritratto, dipinto dal nonno, troneggiava sulle pareti del salotto (alle
spalle del divano verde salvia che ha segnato, e non poco, la mia attività "professionale
e artistica") e anche, fisicamente, da centinaia di altri quadri appesi in
ogni spazio libero delle pareti domestiche che incombevano su di me, bambina,
in visita da loro, e che, sono certa, hanno determinato il mio successivo
totale disinteresse per la pittura figurativa di qualunque epoca precedente e
successiva, e facendo deviare il mio interesse solo verso l'astrattismo e il
dadaismo. Amen. Vedi tu dove ti fanno arrivare le visite ai parenti....
GINO. Comare Ermenegilda era una grande! Mi è parso opportuno unificare questi testi che già
hanno visto la luce tra queste pagine. Il commento di Marilisa, in attesa di
ulteriori sviluppi, mette fine alla corrispondenza aggiornandoci su come poi
l’avvocato Saverio Caruso (pulinaroto doc) abbia trovato la sua Signora più
lontano. Posso aggiungere solo che il cercare mogli o marito in quegli anni, ma
anche dopo, in Platì era un fatto ordinario. Il paese non aveva barriere, e
quelle ideologico-giudiziarie erano ancora da innalzarsi.
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lunedì 25 novembre 2019
Complesso di colpa [di Brian De Palma,1976]
Tribunale Correzionale
di
Gerace
Certificato
di penalità
Il
Cancelliere del Tribunale sudetto
Attesta
Ch’eseguite
le più diligenti ricerche nel casellario giudiziale col sussidio del registro
di controlleria, risulta, che sul conto di Gliozzi Francesco fu Domenico da
Platì non si rinvenne alcuna condanna.
In
fede ecc. ecc. si rilascia il presente a richiesta d’esso Gliozzi.
Gerace
15 Maggio 1877
Il
Cancelliere
L. Foti
Specifica
Carta £ 0.60
Scritto £ 1.00
N.°
1316 quietanza esatto Lire una centesimi sessanta
Il
Vice Cancelliere Aggiunto
Giov.
Cannizzaro
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domenica 24 novembre 2019
Fatti corsari - Oliveria, Pulcheria, Carlotta ... 1864 - 1871
- Gliozzi d. Francesco (1864-15) di Carlo, marito di d.
Carolina Mittiga.
- Barletta Teresa (1864-37) di d. Bonifacio, ruris Carerii,
moglie di d. Giuseppe Oliva.
- Barbaro Francesco (1864-46) di Gius., marito di Trimboli
Francesca, cadde da un albero di castagno in località Praca.
- Musitano Rocco (1864-56) di Pasq. marito di Sità Giuseppa,
ruris Varapodii.
- Romei d. Rosa (1865-10) di d. Michele, da Oppido, vedova
di d. Arcangelo Oliva.
- Lacava d. Maria (1865-23) di d. Nunziato e di d. Fortunata
Piromalli, da S. Cristina, moglie di d. Luigi Oliva.
- Zappia d. Rosario (1865-51) del mf Pasquale, marito di d. Rosa
Lenza, doctor phisicus.
- Mittiga Rosario (14.2.1866 n°6) di Giosofatto e di Zappia
Anna, morì gladio percussus.
- Sansalone Nicodemo (2.5.1866-n°23) di Giovanni, marito di
Filippone Giuseppa, da Agnana.
- Zappia Filippo (3.6.1866 n°28) figlio del doctor Phisicus
d. Domenico.
- Mittiga d. Ferdinando (20.6.1866 n° 31) di Giuseppe e
Zirilli Rosaria, vir di d. Maria Antonia Mittiga), gladio percussus.
- Sergi Rocco (10.7.1866 n°38), di Giuseppe e di Demarco
Maria, ustus repentina flamma ignis fortuito accensi
- Cusenza Francesco (11.9.1866 n°55) di Antonio, mar. di
Perre Anna, cholico morbo adhortus loco
dicto Mannara.
- Ciampa mf Beatrice (30.10.1866/ 64) di Domenico e di
Furore Domenica, ux. di Mittiga Giuseppe.
-Fera mf Giuseppe(2.12.1866/68) di Franc. e Lentini Anna,
vir mf Marianna Mittiga, affectus hydropico morbo.
- Zappia Antonio (18.1.1867 / 4) di Domenico, cadde da una
quercia in località ciliti
- Oliva d. Teresa (28.6.1867/20) di d. Michele e di d. Gaetana
Empoli.
- Bagalà d. Oliveria (9.9.1867/24) di Tommaso e d. Elisab. Oliva-
da Palmi
- Portulesi Michele (25.8.1867/31) di Rosario, affectus
hydropico morbo.
- Portulesi Giuseppe (28.9.1867/34) di Rosario, affectus
hydropico morbo.
- Oliva d. Antonio (13.10.1867/37) dottore in s. Teololgia. Protonotario
apostolico, ex Vicario Generale dell' archidiocesi di Rossano, morì a età di 50
anni.
-Portulesi Francesco (20.3.1868/14) di Domenico e Trimboli
Maria, età 8 anni, cadde dalla propria asina e morì all' istante.
- Pangallo Rosa
(14.4.1868/18) di Diego, moglie di Micò Antonio da Casignana.
- Albanesa Domenico (9.5.1868/25) di Giuseppe da Cittanova,
marito di Leonardo Maria da Bovalino.
- Lucà Vincenzo (9.7.1868/31) figlio di Lucà Rosa, marito di
Zappia Maria da S. Martino.
- Oliva d. Tommaso (1.8.1868/39) di d. Giacomo e di d. Paola
Oliva, onesto ed esperto farmacista, morì dopo una lunga malattia contratta a
Napoli. - Grillo Giovanni (19.8.1868/43) di Nicola e di Generosa
Francesca da Oppido, cadde da un fabbricato.
- Zappia Pulcheria (11.11.1868/76) di Saverio e di Fera
Caterina, morì colta da una violenta tempesta di acqua e vento, in località
Bovisano.
- Sergi Carlo (8.5.1869/19) di Francesco- marito di Barbaro
Maria, ferito da pugnale, morì all'istante.
-D' Agostino Pietro (30.6.1869/25) di Filippo, da Mammola,
marito di Albanese Caterina.
- Iermanò Paolo (3.9.1969/33) di Rosario rizzola, cadde da
una quercia in località Paladini, all' età di 20 anni.
- Oliva d. Girolama (11.12.1\869/47) di d. Stefano, vita et
moribus optimis, morì a 33 anni.
- Caruso Maria Francesca (24.1.1870/9) di Antonino e di
Marafioti Caterina da S.Eufemia.
- Bruzzaniti Rosa (19.2.1870/16) da Messignadi, figlia di
Gius., vedova di Ferraro Giosofatto.
- Sergi Domenico (20.3.1870/26) di Michele, muto dalla nascita.
- Timpano Vittoria (29.3.1870/29) di Giuseppe, da Benestare,
vedova di Sergi Domenico.
- Carbone Caterina (14.4.1870/33) di Pasquale, muta dalla
nascita.
- Georgi Rosa (14.7.1870/53) Carlotta, ruit ex arbore-età
anni 60.
- Lentini Anna (7.4.1871/18) di Domenico e Pangallo
Caterina, madre del sac. Saverio Fera, di Rosario, Domenico e altri.
Dal Volume V° dei Libri dei Morti. Gli atti sopra riportati sono a firma dell'Arciprete Filippo Oliva e trascritti dal Canonico Ernesto Gliozzi tra il 1995 e il 1997.
giovedì 21 novembre 2019
Nuovo orizzonte [di Anthony Asquith,1943]
I nostri orizzonti
Al mio primo maestro D.
Pasqualino Zappia
VI miraggi di gloria, che voi mi additavate ne le università e nei
ministeri, son pallidi bagliori di fuochi-fatui dinanzi a quel mare di luce che
splende sotto gli occhi del prete.
Lo capisco: per voi il prete è sempre il veste-nera ... un ombra che
cerca opporsi a la luce e qualche cosa di peggio.
Per me, a l’opposto, è l'ideale,
il sole del mondo, il sale de la terra.
Noi, del resto, non abbiamo bisogno di bugiarde apologie; troppo chiaramente
parlano in nostro favore la storia e la tradizione e se voi, per poco, vorreste
sapere qual è la missione del sacerdote vi risponderei sicuro: «Egli è l'anello
di congiunzione tra la terra e il cielo». Questo, lo so, vi fa ridere, egregio maestro;
ma il vostro riso volterriano, credetemi, mi sconcerta lo stomaco.
Victor-Hugo disse che il seminario è un semenzaio di aspirazioni.
Ebbene, io ho avuto dal seminario quante aspirazioni volete; io sono uscito da
quel sacro recinto quasi ambizioso, tacciatemi. La mia ambizione, pero, e mossa
da l’amore, non da la bassa invidia, ci se invidia, a la fine, volete chiamarla
voi, io vi dico che questa invidia è santa. Per ora io mi sento superbo d'
appartenere a la classe ieratica: Son
Sacerdote. Posso dirlo a fronte alta a le moltitudini assetate che mi
tendono amorosamente le braccia; posso dirlo a voi altri che mi guardate col
sogghigno su le labbra: «Son la forza di Dio, nessun mi tocchi››.
--Sara un sogno? - non so. Io passo e le masse popolari si scuotono, aspettano
da me una parola magica, la parola de l'amore ...
- Io passo spezzando il pane de la divina legge … passo e voi altri vi
nascondete, perché? Oh come son belli,
maestro, i nostri orizzonti che voi non conoscete; come è bello chiamare i
figli a la riscossa «sui tumuli il piede, nei cieli lo sguardo›› come è bello
guidare le masse popolari pei campi ubertosi de la Fede! Voi non trovate nel
prete se non la professione, l’arte, starei per dire; ma io ci trovo qualche
cosa di meglio, ci trovo.
Per me il prete sta in alto, in alto assai più di voi … Egli è su la
cima del Monte Santo di Dio che offre perennemente a L’Eterno, nel calice de
l’espiazione, le lacrime dl povero che voi fate piangere e soffrire …
Platì 14 Febbraio 1904
ERNESTO GLIOZZI-FERA
LA SCINTILLA GIORNALE DELLA DOMENICA
ANNO V – N. 9
MATERA 28 FEBBRAIO 1904
mercoledì 20 novembre 2019
Dottore nei guai - Teresita Annita
"Dire che non era di Platì è facile, difficile stabilire la provenienza"
Devo il suggerimento e la scoperta dell'atto di matrimonio in seconde nozze del dottor Vincenzo Papalia e la gentildonna Leocani Teresita Annita di Staiti alla solerzia di don Michelino Papalia.
ANNO
1890
COMUNE DI STAITI
PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA
REGISTRO DELLE
PUBBLICAZIONI DI MATRIMONIO
L’anno milleottocentonovanta,
addì ventitre, di Febbraio
a ore pomeridiane sei e minuti venti, nella Casa Comunale
Avanti di me Margariti Antonino
assessore anziano
funzionante da Sindaco per
mancanza di titolare
Uffiziale dello Stato Civile del Comune di Staiti
È comparso Vincenzo Domenico
Papalia, di anni quarantre, dottor fisico
residente in Platì, figlio di Francesco,
di anni ------------ possidente,
residente in Platì, figlio
della fu Frascà Teresa servile,
residente in vita in Platì
E Leocani Teresita Annita
di anni ventotto gentildonna,
residente in Staiti, figlia del fu Giuseppe,
di anni ----------- farmacista,
residente in vita in Staiti, figlia
di Vitale Candida gentildonna
residente in Staiti
i quali mi hanno richiesto di
fare pubblicazioni pel matrimonio che in questo uffizio
intendono celebrare essi
sposi Papalia Vincenzo Domenico e Leocani
Teresita Annita
e mi hanno dichiarato lo
sposo essere nato in Platì, la sposa
in
Staiti, aver avuto essi sposi da un anno ad oggi la
residenza nel
Comune di Platì lo sposo e in
Staiti la sposa, non avere
Padre ne madre adottivi, non ostare al loro matrimonio alcun
impedimento di parentela
E affinità, ne altro impedimento stabilito dalla legge.
Queste dichiarazioni sono state confermate con giuramento prestato
nelle forme legali da
Spadaro Antonino, di anni quaranta calzolaio e da
Papalia Giuseppe, di anni trentacinque bettoliere,
residenti in questo Comune, testimoni presenti all’atto. Esaminati i
documenti presentatimi
e che muniti dal mio visto, inserisco nel volume degli allegati a
questo registro, dichiaro che
le pubblicazioni si faranno in Staiti
e in Platì.
I documenti sono: la copia degli
atti di nascita degli sposi, rilasciati dallo
uffizio dello Stato Civile di
Platì e da questo uffizio in data di
oggi. Si è pure presentato l’atto
di morte della fu Signora
Cufari Filomena prima moglie
dello sposo per provare
La sua vedovanza.
Letto il presente atto a tutti
gli intervenuti essi si sono
Meco sottoscritti. Dottor
Vincenzo Paplia, Leocani Teresita
Spadaro Antonino, Papalia
Giuseppe.
L’Uffiziale dello Stato Civile
A. Margariti
Numero 3
Papalia Vincenzo
Leocani Teresita Annita
Oggi ventitre Febbraio
milleottocento
novanta, giorno di Domenica,
è stato
affisso alla porta di questa Casa comunale la prima
pubblicazione relativa all’atto qui contro inserito
L’Uffiziale dello Stato Civile
A. Margariti
Oggi due Marzo
Milleottocento novanta,
giorno di
Domenica, è stato affisso sulla porta di questa Casa
comunale la seconda pubblicazione
relativa all’atto qui contro inserito. La prima pubblicazione rimase
continuamente affissa fino a questo giorno.
L’Uffiziale dello Stato Civile
A. Margariti
La presente pubblicazione fino al giorno di oggi
cinque marzo milleottocento
novanta, e così per tre
giorni, è stato
continuamente affisso alla porta di questa Casa comunale
L’Uffiziale dello Stato Civile
A. Margariti
REGISTO
DEGLI
ATTI DI MATRIMONIO
L’anno mille ottocentonovanta,
addì dieci di aprile ore
Pomeridiane sette e minuti trenta
nella casa posta via
Piazza al numero senza.
Avendo la Signorina Leocani
Teresita Annita col mezzo di
Certificato del medico Alberti
Francesco irsin data di oggi giustificato
Che per effetto d’influenza è a
lei apertamente
impedito recarsi nella Casa
comunale per celebrare
il matrimonio, io Margariti
Antonino assessore anziano
funzionante da Sindaco per l’assenza
del titolare, col
mio Segretario Signor Leocani
Vincenzo mi sono trasferito
in questa casa ove ho trovato 1°
Papalia Vincenzo
Domenico, di anni quarantadue di
professione medico
Chirurgo, nato a Platì, residente
in Platì, figlio di
Francesco residente in Platì e
della fu Frascà Teresa
residente in Platì in vita: 2°
Leocani Teresita Annita,
di anni ventotto, gentildonna,
nata in Staiti, residente
in Staiti, figlia del fu Giuseppe
residente in vita in Staiti
e di Vitale Candida residente in
Staiti, i quali mi hanno
richiesto di unirli in matrimonio
il documento sottoscritto,
e dall’esame di questo,, nonché
di quelli già prodotti
all’atto della richiesta delle
pubblicazioni, i quali tutti
muniti del mio visto inserisco
nel volume degli allegati
a questo registro, risultandomi
nulla ostare
alla celebrazione del loro
matrimonio, ho letto agli sposi
gli articoli centotrenta,
centotrentuno e centotrentadue
del Codice Civile e prima ho
domandato alla
sposo se intendi di prendere in
moglie la qui presente
Leocani Teresita Annita, e a questa
se intende
di prendere in marito il qui
presente Papalia Vincenzo
Domenico; ed avendomi ciascuno
risposto
Affermativamente a prima
intelligenza anche
Dei testimoni sottoscriventi, ho
pronunziato in
Nome della legge che i medesimi
sono uniti in matrimonio.
A quest’atto sono stati presenti
Martelli Vincenzo
di anni quaratacinque
proprietario, Romano
Antonio di anni trentacinque
avvocato, Papalia
Giuseppe di anni trentacinque
bettoliere e Spadaro
Antonio di anni quaranta
calzolaio tutti residenti
In questo comune. I documenti
presentati
Sono il certificato del medico
sopra indicato e i
Certificati delle pubblicazioni,
il primo rilasciato
Dall’uffiziale dello Stato civile
di Platì, in data quattro
Di marzo ultimo dal quale risulta
che la prima pubblicazione
Fu registrata il giorno tre marzo
sopra detto e la
Seconda nella domenica successiva
ed il secondo
Rilasciato da me in data di oggi
dal quale risulta che
La prima pubblicazione eseguita
il giorno ventitre febbraio
Di quest’anno senza esservi state
apparizioni.
Letto il presente atto a tutti
gli intervenuti essi
Si sono meco sottoscritti.
Dottor Papalia Vincenzo Leocani
Teresita
Antonio Romano Papalia Giuseppe
Spadaro Antonino
Martelli Vincenzo.
L’Ufficiale dello Stato Civile
Vincenzo Leocani Segretario
Michele Papalia mi ha corretto anche riguardo l'ultima residenza del dottor fisico situata in contrada Lacchi, residenza appartenuta al suo genitore Francesco e denominata "i Lacchi i Papalia". Il dottor fisico per giungervi si serviva di un destriero bianco e su quello lo ricordava anche il vecchio Michele Papalia nonno del giovane suggeritore. Rendendomi anche insopportabile con la mia pedanteria mi correggo: ho scritto che Francesco Papalia padre del dottore era di Ardore, invece da quel paese, sede di un mandamento, proveniva la madre del dottore, la già citata sopra Signora Teresa Frascà. Basta!
Michele Papalia mi ha corretto anche riguardo l'ultima residenza del dottor fisico situata in contrada Lacchi, residenza appartenuta al suo genitore Francesco e denominata "i Lacchi i Papalia". Il dottor fisico per giungervi si serviva di un destriero bianco e su quello lo ricordava anche il vecchio Michele Papalia nonno del giovane suggeritore. Rendendomi anche insopportabile con la mia pedanteria mi correggo: ho scritto che Francesco Papalia padre del dottore era di Ardore, invece da quel paese, sede di un mandamento, proveniva la madre del dottore, la già citata sopra Signora Teresa Frascà. Basta!
domenica 17 novembre 2019
I cancelli del cielo [di Michael Cimino,1980] - ed. 2019
Ora vi dico quello che
è il legame tra lo zio Pepé e Michael Cimino e così vi svelo il titolo di oggi.
Nei colori dei film
dell’ultimo dei grandi maestri hollywoodiani così come in alcune scene, molto
spesso fotografati da Vilmos Zsigmond, lui e Gordon Willis negli anni ’70 hanno
rifatto il volto del cinema Usa, vedo questo episodio che accadde nelle colline
di Platì, a valle di quell’elevata parete che è chiamata l’Aria du Ventu e verso Cirella.
Nei primi tempi di
questa spasciata repubblica, nata spasciata, zio Pepé era l’esattore comunale
del paese. Per l’esattezza “u satturi”.
Il nonno Luigi gli
aveva pure approntato l’ufficio in quella parte della casa dove ora c’è l’ingresso
principale in corso San Nicola, in quel tempo accanto alla farmacia. Molto
spesso i tassati accusavano malore dopo aver pagato e il farmacista
professor/dottor Nicola Spadaro soccorreva repentinamente il malcapitato. Io
questo professor/dottor Spadaro non lo potevo vedere perché era lui
che preparava l’olio di ricino che la mamma mi dava per purgarmi lo stomaco. Ma
questo è un altro film.
La scena è questa, e
ditemi se non è un western, un platiotuwestern.
Zio Pepé con due
aiutanti sta tornando da Cirella dove era stato per il suo esercizio
esattoriale. Il Monte Calvario era ancora molto distante e i due sono in groppa
a due muli per altro mansueti. Siamo in estate, i serri per la risplendente
luce del sole sono del colore delle messi mature: non ascoltate le cicale che
sembrano suonare un pezzo uscito fuori da una delle suites per violoncello solo
di Bach? Con l’archetto che va e viene sullo strumento?
Un qualcosa di simile
lo si trova anche ne Il Siciliano sempre di Michael, cinematographer Alex
Thomson.
Ancora. Lo si trova
in alcuni momenti dei film baarioti del buon Peppuccio, e lui di fotografia se
ne intende, quando ha l’apporto di Lajos Koltai o ultimamente di Enrico
Lucidi.
I nostri eroi, ignari
di quanto sta per accadere, asciugandosi il sudore dal collo se la discutono
sull’afa e su cosa nonna Lisa farà trovare sulla tavola da pranzo, quando dalle
siepi sbucano due bravi: pantaloni neri, camicia bianca con una fila di
bottoncini neri al centro, coppola calata in testa, portano sul viso
bandane alla Jesse James per non farsi riconoscere. L’intimidazione è quella
che abbiamo appreso sullo schermo in cinemascope: “o la borsa o la vita”.
FINE PRIMO TEMPO
Intermezzo: Roy Rogers
SECONDO TEMPO
Dopo il primo sgomento
lo zio, che era uno degli uomini più ben voluti in paese, cerca un qualche
dialogo, anche perché lui era andato a Cirella per constatare, ancora una
volta, l’estrema miseria in cui versavano i paesi della Calabria dal tempo dei
Bruzi. Ancora il prode Alcide, accompagnato dal suo fido Andreotti, doveva sbarcare in America per fare la questua
e rovinarci con i soldi yankee dopo che questi ultimi ci avevano scaricato
sul paese le bombe con la scusa della cacciata dei tedeschi. Mica fessi
gli yankee, i conti se li sapevano fare, “prima ti bombardo le case e poi ti
presto i soldi per la ricostruzione”.
Il racconto è sospeso
in quell’aria estiva o come quando nel cinema Loreto di Platì si inceppava il
proiettore bruciando la pellicola e Mimmo Addabbo doveva sospendere la
proiezione tra i fischi e le grida dei ragazzi, nella sala illuminata dallo
schermo bianco. Io in quei momenti guardavo incantato in quel quadratino
da dove uscivano i miei sogni, cercando di capire cosa succedeva in cabina di
proiezione.
Nella mia infanzia zio
Pepé era un mito, perché lo vedevo poco e quando compariva per strada con il
professore De Marco io ero molto contento e gli correvo tra le gambe cercando
di farmi regalare qualche gelato al bar del mitico Dante De Maio, già il
suo bar papà lo aveva ceduto, dove lui giocava a carte con gli amici.
Questo accadeva prima
che lui si sposasse ed io sbarcassi dall’aliscafo a Messina.
Titoli di coda: Goodbye Yellow Brick Road
In realtà i fatti sono
qui, con qualcos’altro:
Platì, 18 Febbr. 1949
Gent.ma Sig.a Comare,
Rispondo con ritardo alla gradita Vs, del 13 c.m., dato che quel giorno
che ho ricevuto la lettera eravamo preoccupati, perché mentre mio figlio
Peppino faceva ritorno da Cirella dove era andato a riscuotere delle Imposte,
venne rapinato a mano armata da sconosciuti delle somme riscosse, per oltre
300mila lire; fu puro miracolo se gli hanno risparmiato la vita a lui ed altre
due persone che l'accompagnavano.
Rilevo con piacere nella VS. che state bene, come Vi dico di me e dei
miei.
In quanto alla Vs. richiesta di notizia sul conto del Sig. Avv. Caruso,
non trovo niente in contrario a quanto desiderate di sapere, essendo un giovane
che risponde tutto bene, serio, istruito e di buon portamento. E' anche di
famiglia facoltosa; la sorella ha sposato un Maggiore di Artiglieria, nostro
compaesano.
Per tutto quello che Vi possa occorrere sono sempre a Vs. disposizione,
lieto se Vi potrò servire.
Con tutti i miei Vi saluto distintamente.
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Once upon a time in Platì,
u satturi
giovedì 14 novembre 2019
Dacci oggi i nostri ... docati quotidiani
Dichiaro
io qui sotto scritto Francesco Gliozzi del Comune di Platì alla presenza de’
qui sotto scritti testimoni Don Carmelo Sacerdote e Don Federico Zappia di
essermi ricevuto da mio Sig. Nipote Don Filippo Sacerdote Gliozzi la somma di
docati cinque e grani cinquanta, prezzo e valore di un piccolo ed abbandonato
mio basso sito e posto in questo suddetto Comune, e propriamente quello sotto
la casa di Domenico Cutrì Treppicioli
(?) limitante gli eredi Francesco Cua e detto Sacerdote D. Filippo Gliozzi da me
venduto, giusto la bonaria convenzione per la somma sudetta di docati cinque e
grani cinquanta, franco e libero di ogni peso, all’infuori però del prezzo
Fondiario, per cui da oggi in avante sia il padrone assoluto esso ridetto mio
Sig. Nipote Sacerdote Gliozzi, come sua propria robba, di possederla da vero
padrone. Ed a cautela
Platì
diciotto ottobre Mille ottocento cinquantatre
Io
Francesco Gliozzi ho venduto, mi ho ricevuto detta somma di docati sei, e mi
dichiao ben contento della sudetta vendita, come sopra.
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Once upon a time in Platì
mercoledì 13 novembre 2019
Dacci oggi i nostri soldi quotidiani [di Jean Yanne,1972]
In presenza di noi qui testimoni io Papalia Pasqualina di Domenico
desseri vera debitora della somma di £ 500 dico meglio liri cinquecento verso
la signora Ciampa Virgoria fu Rocco tali somma debbo restituirla il sei ottobri
1926.
Mancando obbrigo sarò punita comi per leggi.
Caruso Francesco testimone
Creazzo Antonio testimone
Platì 6 ottobri 1925
In presenza di noi qui sottoscritti testimoni si dichiara che la
Signora Papalia Pasqualina di Domenico di esseri vera debbitora verso la
Signora Ciampa Virgora fu Rocco per la somma di £ 1160. (dico meglio
millecentosessanta) che la suddetta Signora Papalia si obbliga di pagare la
suddetta somma nel mesi di ottobre 1935 non adempendo il detto pagamento la
Papalia si obbliga a rispondere a tutte le spese convenuti ingiudizio
Platì li, 6 ottobre 1934 an. XII
Mittiga Domenico di Rosario testimoni
Iermanò Domenico testimoni
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Once upon a time in Platì
martedì 12 novembre 2019
Dottore nei guai [di Ralph Thomas, 1963] - ed. 2019
Viaggio
al termine di Plati
Vincenzo
Papalia, è stato uno scrittore nato e vissuto in terra di Platì autore di Istorosofia
di lividure eteroclite per Vicenzo Papalia Medico Chirurgo
Platì 1896 (1). Un lettore comune lo può a ben diritto bollare come
libello, tale lo definì il suo autore; ma per quei quattro che l’hanno letto è
ben altro.
In
mancanza di un affidabile critico letterario che scandagli a fondo il suo
contenuto come la sua scrittura si tenta qui di riportare delle impressioni,
assolutamente di parte, a seguito di un’attenta rilettura.
La
scoperta del libro risale all’epoca del mio ritorno da profugo a Platì. Erano i
giorni in cui andavo alla scoperta del passato ma soprattutto della casa dei
nonni materni che mi aveva visto gattonare dapprima, quindi sbattere, nella
corsa, nel saio nerissimo dello zio Ciccillo. Passavo dalla parte bassa, dove
erano riposti oggetti e mobili non più in uso, la cui gloria passata nessun
Napoleone o statista odierno eguaglierà mai, allo studio dello zio Ernesto con
la sua libreria in ciliegio che era appartenuta all’arciprete don Filippo
Gliozzi, il quale la lasciò nel testamento al nonno di mia mamma: Francesco
Gliozzi garibaldino. Oltre i libri antichi appartenuti al citato don Filippo vi
erano anche le raccolte di don Ernesto Gliozzi senior, fratello del nonno Luigi
ed arciprete in Casignana, che fu poeta e scrittore anche lui. Apparteneva a
lui la istorosofia papaliana che lì
era custodita e dimenticata, la quale ritornando alla luce ebbe bisogno della
solerte mano del rilegatore messinese.
Come
è riportato sulla copertina del libro Vincenzo Paplia, fu un medico chirurgo –
la laurea la conseguì a Napoli - che prestò la sua opera dapprima in zone anche
molto distanti da Platì per poi farvi ritorno e li restarvi. In anni alterni,
causa l’avvicendarsi delle personalità che assumevano l’incarico di sindaco,
egli fu medico condotto, ufficiale sanitario del paese e giudice conciliatore
del Comune. A cavallo tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento fu il
medico della famiglia Gliozzi e redasse anche il certificato per la domanda di
pensione del mio bisnonno garibaldino.
L’occasione
per scrivere il libro, stampato poi a sue spese a Gerace, fu un episodio che
dire lo sconvolse è poco: fu accusato dai parenti di una sua serva di averla
percossa causandone la morte. Un novizio nonché sollecito medico,
avversario-concorrente per le cariche pubbliche che ricopriva il dottor
Papalia, redasse un certificato poco felice che servì ai parenti della donna
per muovergli contro una causa penale. Fortunatamente l’autopsia sul corpo
della morta portò alla luce il vero motivo del decesso scagionando il medico
definitivamente.
La
causa del trapasso della serva, già avanti con l’età, il dottor Papalia l’aveva
diagnosticata alla stessa sei anni prima, al momento della di lei assunzione,
dovendo la moglie del dottore partorire da lì a poco: “ osservata da
me, l’ammalata offriva all’esame clinico un riacutizzamento di bronchite
cronica, ed un vizio cardiaco, valvolare, in insufficienza della mitrale “.
Le lividure diagnosticate dal medico concorrente-compiacente non erano altro
che peggioramenti a livello superficiale dovute alle “alterazioni organiche
del cuore per la stasi “.
Quello
che a noi oggi interessa dopo circa centoventi anni dalla sua pubblicazione e la scomparsa dei
protagonisti della vicenda è la consistenza letteraria dell’autore e del libro.
Nel avvicendarsi della narrazione, o se volete esposizione dei fatti, Vincenzo
Paplia ci rivela di possedere una cultura classica e moderna da enciclopedista, conosceva addirittura la cultura vedica, insospettabile oggi per un uomo che proveniva da un paese se non arretrato,
distante dai centri culturali del reggino. La sua formazione letteraria
certamente fu dovuta principalmente alla frequenza dell’università di Napoli e
successivamente con gli incarichi in diversi centri tra cui L’Aquila e la
provincia di Reggio Calabria. Ritornato a Platì ebbe modo di frequentare quei
pochi letterati che lì si trovavano, tra cui citiamo, rivelatoci dal libro in
questione, un altro medico, Domenico Zappia autore di un’opera colossale
intitolata L’Eden, andata perduta.
Ne
viene fuori di Vincenzo Papalia una figura controversa. Mosso da una passione
indignata con la sua esplorazione tenebrosa e scettica della natura umana e
delle sue cagionevolezze quotidiane ci appare un rigoroso moralista e qui egli
si accomuna ad un altro medico-scrittore che verrà dopo, molto più famoso,
Luis-Ferdinand Céline. Discostandosi, altresì, dalla narrativa calabrese
dell’epoca come da quella futura, egli non
ha nulla degli ardori esistenziali che soggiogheranno Corrado Alvaro, il quale
muoveva i primi passi negli anni che videro la pubblicazione della Istorosofia.
Quella che può sembrare una discesa negli inferi oppure un’invettiva
personale contro un’intera comunità è un’indagine sulle condizioni di un intero
popolo vessato da poche famiglie nelle posizioni di comando.
A
questo punto ci rammarichiamo del fatto che l’avversario non abbia risposto con
una pubblicazione anch’egli, forse intimorito dall’avviso di Vincenzo
Papalia: “ Ma se a voi verrà il desiderio di rispondere, ed una
risposta avrò avuto intorno quanto v’ho detto e vi dirò in appresso, io
mi sentirò obbligato a raccoglierli tutti, tutti sostenuti da documenti di
fatto, e stampare per essi, un libro di mole più grande di quello presente a
cui ne seguirà un terzo, un quarto, un quinto, e via discorrendo ogni qual
volta continueranno e vostre risposte “. Ma sappiamo, per averlo
divulgato il dottor Papalia con la sua Istorosofia, che
l’avversario in questione era restio ai duelli, con qualsiasi arma offensiva
come con … pennino e calamaio*.
Vincenzo
(Domenico) Papalia nacque a Platì il 14 luglio 1848 da Francesco e Teresa Frascà. All’età di trentasei anni in prime nozze, era il 14
ottobre 1884, sposò la diciannovenne Cufari Vittoria (Filomena) in S. Agata del
Bianco da cui nacquero Rosario, visse solo tre mesi, Maria e Teresa. Abitavano
in via Zoppali quando Vittoria lo rese vedovo il 3 Maggio del 1888. In seconde
nozze sposò Leocani Teresa (Teresita). Dire che non era di Platì è facile,
difficile stabilire la provenienza. La residenza dei novelli sposi fu questa
volta in via Trappeti e da questa unione nacquero due gemelli Candida e
Rosario. Candida visse solo due anni. Il dottor Vincenzo Papalia fu anche
Direttore responsabile, proprietario e amministratore - con il Conte Filippo
Oliva Ricciardi Redattore Capo e l’avvocato Alberto Mercurio Redattore – de Il Circo di Nerone Giornale semi-umoristico
che si pubblicò nei primi anni del 900. A sue spese pubblicò anche sonetti in
versi ed un’orazione funebre dedicata al dottor Domenico Zappia deceduto il 5
marzo del 1894. La zia Amalia ricordava il dottor Papalia ancora vivo
negli anni della sua gioventù, ed in quegli anni è probabile che vivesse nella
villa situata in contrada Lacchi (2).
* Il libro del
dottor Vincenzo Papalia era tale da non andare a genio a tutti e tra questi (forse l'avversario?) un
non identificato Marco Platì da Scazia che pubblicò e distribuì
Ad un dottore che esercita la professione nelle parti
degli Scazziesi (3)
(1) https://iloveplati.blogspot.com/2014/09/dottore-nei-guai-reg-ralph-thomas-1963.html
(2) https://iloveplati.blogspot.com/2014/09/sole-rosso-reg-terence-young-1971.html
(3) https://iloveplati.blogspot.com/2017/05/il-romanzo-di-un-medico-regjurgen-von.html
(1) https://iloveplati.blogspot.com/2014/09/dottore-nei-guai-reg-ralph-thomas-1963.html
(2) https://iloveplati.blogspot.com/2014/09/sole-rosso-reg-terence-young-1971.html
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