Chiamato dalla bontà e dalla fiducia dell'Eccellentissimo nostro Vescovo
ad occupare in Diocesi un altro posto, dove la mia responsabilità è impegnata
non meno di prima, sento il dovere di ringraziare tutti e singoli Voi, che siete
stati miei diletti figliuoli in Gesù Cristo, della benevolenza di cui avete
circondato la mia persona, ma soprattutto della docilità con cui avete assecondato
la mia modesta opera, durante la mia permanenza nella ospitale terra di Ardore
Marina.
Della benevolenza di cui avete circondato la mia persona: e sebbene non
ne abbia mai avuto il benché minimo dubbio, mi accorgo specialmente ora che sto
per lasciare la parrocchia, che essa era e continua ad essere veramente
affettuosa. Non ho motivo di vantarmene, come se essa sia frutto delle mie
attitudini, ma devo unicamente ringraziare voi, per il vostro animo gentile.
Essa è stata per il mio lavoro il presupposto, che ho sperato al
mio primo giungere in mezzo a voi, ben
sapendo che vano è per un Sacerdote
l'affaticarsi, quando il popolo non lo considera padre, fratello, amico; e che con intima soddisfazione ho veduto via
via esternarsi, per fondersi in una
armonia di menti e di cuori. Di essa vi
serberò perenne, grato ricordo, perché mi ha confortato nel mio lavoro e mi ha reso meno dura la
lontananza della famiglia e i sacrifici
della mia vita sacerdotale. Credo di poter dire senza arrossire e senza mentire
che vi ho amati; ed appunto per questo vi posso assicurare che non dimenticherò
in vita mia questa Parrocchia, nella
quale son lieto di aver passato circa quattro anni, che io annovero
fra i più belli della mia esistenza.
Considerando la mia opera e la docilità con cui vi avete corrisposto,
anche qui ho motivo di esservene grato e la ragione è evidente: se il mio
lavoro ha potuto dare qualche risultato, il merito di tale risultato è da
attribuirsi innanzi tutto alla grazia del Signore da cui procedono tutti i
beni, e poi alla vostra corrispondenza e alla bontà innata dei vostri animi;
nella parabola evangelica del seminatore tutto
il merito non si attribuisce al seme che è uguale per tutti i
terreni, ma al terreno ricco di umori
che lo sa tesorizzare nelle sue viscere
fornendogli tutte le promesse onde poter rendere il cento per uno.
Io per parte mia, memore della
parola del Vangelo: "chi pone mano all'aratro e si volge indietro non è degno
di me", non mi fermo ora a guardare i risultati conseguiti, ma spingo il
mio sguardo in avanti, per vedere il lungo cammino che resta ancora da compiere
e che affido allo zelo di colui che mi succederà nel lavoro, con la speranza e
l’augurio che egli voglia fare più e meglio di me. Non mi rammarico se in qualche parte non ho potuto raccogliere i
frutti del mio modesto lavoro: spero che siano abbondanti a suo tempo. Potete essere tutti testimoni che per la parrocchia
non ho risparmiato energie; e sono dolente di non aver potuto dedicare a voi
tutto il tempo di cui potevo disporre, per
causa degli impegni che dovevo assolve re anche fuori della Parrocchia, Il
desidero di elevare il tono della
parrocchia fino a portarla al livello delle altre sue pari mi è
stato di sprone continuo, e in questo
desiderio ho sentito -se il paragone può
passare- il travaglio dell'artista che accarezza con lo sguardo il masso informe dal quale vuol trarre il suo
capolavoro. Lascio la parrocchia
di Ardore Marina con la persona, ma non con la e mente o col cuore. Son lieto
di non portar con me né ricchezze né beni; vi RINGRAZIO DEL DONO VERAMENTE
MAGNIFICO CHE AVETE VOLUTO FARMI IN QUESTO GIORNO; ma altri doni, altri tesori
son felice di pontarmi insieme con esso: il vostro ricordo. Ricorderò dei
vostri fanciulli lo sguardo innocente e l'ingenuo affetto; dei vostri giovani
l'intrepida baldanza e l'esuberante entusiasmo; delle vostre ragazze il volto
pudico e la fervida pietà, di voi uomini la fede sincera, di voi donne la solerte
laboriosità, di tutti la bontà dello spirito, la concordia degli animi, la
vicendevole carità. E se qualche macchia
dovesse presentarsi per offuscare la vostra immagine, io qual madre amorosa, me
la vorrò fingere cancellata ed abbellita, perché il vostro ricordo sia puro, senza
macchia, ideale.
E stringendo tutti in un
amplesso ché è sublimato dalla carità di Cristo, prego Gesù che tutti ci benedica,
prego la Vergine Santa del Pozzo che ci accompagni sempre e ovunque con la sua
ineffabile, materna protezione.
Nota. Termino la breve, quanto doverosa per me, rievocazione del 10° anniversario della morte dello zio Ernesto il giovane, la cui involontaria celebrazione si terrà il 16 c.m. per mano dei pulinaroti, con questa lettera indirizzata ai fedeli ardoresi. E' il commiato definitivo con Ardore Marina dove per oltre tre anni resse, da infaticabile qual’ era, la parrocchia. Quello che voglio far emergere è la figura umana, profondamente terrena, dello zio. Ai fedeli di Samo, Ardore, Gerace, Locri, Careri e Platì lo zio cercò sempre di apparire meno che un santo da riverire dopo l'ascensione al cielo e come potete leggere, con quella relatività linguistica di cui ho parlato tempo addietro, permettersi di scrivere e abbandonarsi in un "amplesso ché è sublimato dalla carità di Cristo" così "come dei vostri fanciulli lo sguardo innocente e l'ingenuo affetto; dei vostri giovani l'intrepida baldanza e l'esuberante entusiasmo; delle vostre ragazze il volto pudico e la fervida pietà, di voi uomini la fede sincera, di voi donne la solerte laboriosità, di tutti la bontà dello spirito". Lo zio per tutta la vita si pose come un uomo chiamato a stare al servizio degli altri senza venir mai meno alla sua missione pastorale, e questo lo avete potuto constatare attraverso le numerose testimonianze nel tempo pubblicate attraverso queste pagine: meticoloso, a volte pedante, testardo, preciso: “artista che accarezza con lo sguardo il masso informe dal quale vuol trarre il suo capolavoro” come si augura egli stesso tra le righe sopra riportate. E oggi il mio rammarico è anche quello di non poter disporre, se ve ne fossero, di simili documenti usciti fuori da qualsiasi uomo pubblico platiota, al fine di riproporle in queste pagine.