DOPO L’IMPROVVISO TRASFERIMENTO A LOCRI DELLA SEDE EPISCOPALE
A GUARDIA DEL TESORO DELLA DIOCESI DA UNA SETTIMANA I CITTADINI DI GERACE
Situazione tesa - I manifestanti caricati per due volte dalla polizia che ha ordinato il coprifuoco e presidiano i campanili - Le dichiarazioni di monsignor Oppedisano
GERACE, 31
Il grosso centro di Gerace è da una settimana paralizzato dalla protesta della popolazione contro il trasferimento della sede della diocesi deciso dalle gerarchie ecclesiastiche. La folla che manifestava pacificamente dinanzi alla cattedrale venne caricata dalla polizia; si ebbero alcuni contusi; la polizia, ieri sera ha nuovamente attaccato i manifestanti, ammontanti a circa un migliaio.
La notizia delle aggressioni poliziesche ci ha portato a Gerace per vedere da vicino cosa effettivamente in questo pacifico centro sta accadendo.
Siamo entrati in paese quando i magazzini, le scuole, gli uffici, gli asili erano chiusi. Le piazze, le strade, le chiese e persino i campanili sono presidiati da oltre 100 tra poliziotti e carabinieri; di tanto in tanto misteriosi campanari suonano le campane. La popolazione, che si è astenuta dal lavoro dei campi e da quelli domestici, sta da una settimana -- anche di notte, nonostante il coprifuoco ordinato dalla polizia -- davanti alla cattedrale, vigilando perché non vengano portati via i paramenti e il tesoro, valutato a circa un miliardo. Molte donne si sono portate le sedie in piazza, dove trascorrono la giornata a cucire e a ricamare, mentre gli uomini conversano riuniti in capannelli.
Nella nostra visita abbiamo parlato con parecchie persone. Trovandoci in piazza Tribuna siamo stati circondati da una folla di donne; per tutte, la signorina Trombè Gìovanna, presidentessa delle donne di Azione Cattolica, ci ha detto: «Noi stiamo qui per protesta perché ci sia ridata la sede vescovile. Abbiamo manifestato disciplinatamente, perché siamo state ingannate. Il 25 maggio scorso il vescovo Pierantoni ha detto alla nostra popolazione: “Credete che io sia così stolto da abbandonare un seminario che è il secondo costituito dopo il Concilio di Trento; credete che io sia così sciocco da abbandonare una cattedrale che ricorda mille anni di gloria? Affermo categoricamente che la sede della Diocesi non verrà mai trasferita da Gerace: piuttosto che abbandonare Gerace preferisco ritornare in convento e fare l’umile frate “. Un'ora dopo invece lo stesso vescovo annunciava a Locri che la sede vescovile era stata colà trasferita. La signorina Trombè ha detto poi: «E” falso quello che hanno scritto gli altri giornali. D’altra parte non è vero quello che ho sentito a un convegno di A. C. a Locri dove si è detto che il provvedimento era stato preso a motivo delle elezioni, in quanto la bolla papale è del 22 febbraio».
Qualche ora prima eravamo stati in casa del canonico Oppedisano, cancelliere della curia vescovile, al quale siamo stati presentati come corrispondente de “L"Unìtà “: Ci difenda, ci difenda, perché Gerace merita di essere difeso ,ci ha detto mons. Oppedisano.
Questi, che è uno storico ed autore di parecchi libri, tra cui uno su: I moti rivoluzionari in Calabria nel 1847, ci ha raccontato come è sorta la diocesi: «In seguito all’uItima incursione barbarica, avvenuta intorno al 915, gli scampati locresi, lasciata l'antica città, hanno cercato rifugio sopra un alto colle dove hanno spianata la roccia, costruito il castello e la cattedrale, intorno a cui è sorta Gerace. Consacrata il 1045, la chiesa è un gioiello storico ed artistico per la Calabria: grande valore hanno le 20 colonne, tra cui una rossa e una verde di marmi antichi, trasportate dallo antichissimo tempio di Proserpina dell'antica Locri. La cattedrale è anche molto interessante per le "catacombe". Ricca di tesori e motivi artistici, essa è degna di ospitare un vescovado più di tutte le altre chiese della Calabria “.
Abbiamo chiesto allora can. Oppedisano se ci sono motivi alla base del trasferimento della sede vescovile a Locri: “Nessuno -- ci ha 'risposto; -- il trasferimento non è giustificato, anzi mi risulta che la popolazione di Locri non ci teneva nemmeno ad avere la sede vescovile “. Gli abbiamo domandato allora se il vescovo poteva avere motivi contro l'Amministrazione comunale popolare: «Lo escludo, perché gli amministratori sono stati sempre educatissimi col vescovo “. La stessa cosa ci è stata detta più tardi dal dirigente elettorale della DC e dalla signorina Trombê. Il canonico Oppedisano ci ha poi parlato dei danni economici, subiti dalla popolazione di Gerace: «Dal 1922 ad oggi hanno firmato il registro delle visite della cattedrale migliaia di fedeli venuti da 26 nazioni. Con gli 80-100 seminaristi che prima ospitava il seminario di Gerace, adesso trasferito a Locri, guadagnavano i bottegai, i contadini, insomma molta parte della popolazione. Il seminario poteva restare in quanto vi sono vasti locali, che non sono cadenti -- come è stato detto, -- bensì dovevano essere rinnovati. Gerace è ricco di storia e d'arte, confortevole per il clima e i panorami: col trasferimento della sede vescovile è stato danneggiato il movimento turistico, senza che se ne avvantaggi Locri».
Mentre ci trovavamo dal canonico Oppedisano è venuto il dirigente dei giovani di A.C., portandoci alcuni telegrammi inviati all'ex sottosegretario DC Murdaca dal dirigente elettorale della DC di Gerace. Nel primo è detto: “Elettori DC geracesi ringrazianvi vostro interessamento spoliazione città sede vescovile. F.to Gratteri “. L'on. Murdaca ha risposto di non aver influito sul trasferimento, “non ravvisando la necessità del provvedimento maturato segretamente dalle autorità ecclesiastiche “. Gli è stato ribattuto: “Non scuse, ma riparazioni. Unitamente cardinale Pizzardo, vostro dichiarato amico, recarsi qui per esame insostenibile situazione “. Lo stesso prof. Gratteri ci ha detto dopo che il clero della Diocesi è diviso sul provvedimento, “ “ di cui la maggior parte è favorevole a Gerace “.
Successivamente, in un locale pubblico, ci siamo incontrati con gli esponenti più qualificati delle varie correnti politiche di Gerace. Il segretario del PRI, Agliotì, ci ha detto: “Ad una telefonata, con cui chiedevamo di chiarire le ragioni del provvedimento in modo da rassicurare la popolazione, la curia arcivescovile di Reggio ha risposto che a ciò avrebbe pensato la polizia. In seguito, mentre la folla radunata in piazza Tribuna protestava pacificamente contro l'ingiustizia del provvedimento, il commissario di P.S. ha ordinato la carica provocando il ferimento di parecchie persone, tra cui alcune donne “. Un esponente politico di destra, tale Scaglione Felice, parlandoci dei danni pratici subiti da Gerace col trasferimento della sede vescovile, ci ha detto: “ La cattedrale, attualmente chiusa per restauri, col trasferimento della Diocesi rischia di non avere completati i lavori per i quali sono stati già spesi alcuni milioni “.
Infine il sindaco repubblicano, che con ì comunisti, i socialisti, gli indipendenti di sinistra è stato riconfermato all'Amministrazione popolare di Gerace, ci ha detto: “Contro le insinuazioni di alcuni elementi torbidi di nessuna fede, che speculano sull’agitazione della folla per far cadere le responsabilità sull'Amministrazione popolare, devo dire che questa da tempo aveva adottata una deliberazione chiedendo alla Santa Sede l’inamovibilità della sede vescovile “.
DEMETRIO DE STEFANO
L’ UNITA’, Martedì 1 giugno 1954
Nota
Il canonico Oppedisano è stato un grande. Nel 1948 portò in gita, sotto la guida dell'allora vescovo Giovan Battista Chiappe, la statua della Madonna di Polsi, in prossimità delle elezioni politiche ... quando il Comunismo bolscevico tentava con tutti i mezzi prendere in mano le redini della Nazione. Nel 1954 scese in campo, ancora, contro il suo nuovo superiore, il vescovo Pacifico Maria Luigi Perantoni (nella foto in apertura), chiedendo l'appoggio del quotidiano portavoce del PCI nella battaglia per il trasferimento della sede vescovile a Gerace Marina ossia Locri. Il vescovo Pierantoni invece andava a spasso con i tempi moderni. Quando tutti prendevano la via verso le marine, più facilmente controllabili, Gerace rimaneva roccaforte mazziniana con nel cuore l'insurrezione del 1847. Del resto i paesi montani calabresi furono in quel tempo amministrati da formazioni di ascendenza comunista, vedi San Luca e Platì, mentre il mare portava alto il vessillo della DC.