Powered By Blogger

giovedì 12 novembre 2015

La città dolente



Le immagini riaffiorano, stranamente insistenti, inframmezzate da vuoti. Vedo ancora quei ragazzi, vedo le loro labbra mobili e i loro biondi riccioli di discendenza nordica che smentivano la gravità del loro contegno. E rivedo lo zio che, chino in avanti per meglio ascoltare la musica, si accarezzava i baffi con la mano sana sulla quale brillava una pietra incastonata in oro massiccio - uno scarabeo dell'antica Magna Grecia. Durante gl'intervalli, la sua conversazione scorreva facile fra le formule accettate del cosmopolitanesimo, ravvivata a tratti da una personalità capace di abbandonare i binari convenzionali per esprimersi.
Aveva fra l'altro studiato un progetto originale per incrementare l'industria degli agrumi del paese, progetto che, pur implicando alcune modifiche di tariffe, mi parve straordinariamente efficace e ingegnoso,sembra che il deputato locale fosse del mio stesso parere, poiché si era impegnato a sottoporlo al Parlamento.
Di che si trattava esattamente?
L’ho dimenticato!
Continuammo così a discutere il mondo, mentre la musica suonava nella stellata notte del sud.
Doveva essere ormai mezzanotte quando un frenetico galop dell'infaticabile banda annunciò la fine del programma. Feci qualche passo accanto al «proprietario›› zoppo che, sorretto dai nipoti, si trascinò faticosamente fino al posteggio delle carrozze: i suoi reumatismi, mi spiegò, lo costringevano a servirsene sempre. Quanto gli piaceva camminare, da giovane, e con quanta gioia avrebbe continuato la nostra deliziosa conversazione, accompagnandomi passo passo al mio albergo! Ma le infermità c'insegnano ad abbreviare i nostri piaceri e molte cose che sembrerebbero naturali al fisico umano diventano impossibili. Usciva raramente di casa a causa delle scale - le diaboliche scale! Gli avrei fatto l'onore di accettare il suo biglietto di visita e di credere al grande piacere che gli avrebbe fatto ricevermi in casa sua? Avrebbe fatto il possibile per rendermi la visita gradevole.
Quel biglietto è andato a finire chissà dove, insieme agli innumerevoli altri che il viaggiatore raccoglie nel sud Europa. I-Io anche dimenticato il nome del vecchio. Ma il palazzo in cui abitava portava un nome storico che mi era familiare, e ricordo di essermi chiesto in che modo fosse giunto fino a Messina.
Ai vecchi tempi, naturalmente, ai tempi d’oro.
Torneranno mai?
Pensando che le sofferenze dei sopravvissuti avrebbero potuto essere alleviare dipingendo le loro baracche in bianco o in grigio chiaro per proteggerle dai raggi cocenti del sole, ne accennai a un sovrintendente.
«Stiamo dipingendo a tutto spiano›› mi rispose. «Ma è un lavoro costoso. Il Villaggio Elena da solo ci è costato ventimila lire. E facendo la massima economia, credetemi.››
Questo potrà dare al lettore un'idea delle proporzioni dell'impresa: il Villaggio Elena è composto di circa duecento baracche - duecento su più di diecimila.
Ma io non alludevo a questi gruppi di alloggi eretti dalla munificenza pubblica e forniti di scuole, laboratori, orfanotrofi, ospedali e di tutto ciò che può rendere la vita tollerabile, bensì alle baracche costruite dagli stessi profughi: stamberghe messe insieme con corde, sacchi, latte di benzina e materiale di scarto di ogni genere. Una mano di bianco, almeno, dentro e fuori . . . Pensavo anche a quelle abitazioni ancora più strane, ai vagoni ferroviari fuori uso che il governo ha messo a disposizione dei senzatetto. In molte stazioni lungo la linea si possono vedere questi pittoreschi accampamenti affollati di poveretti che vi si sono installati come se dovessero rimanervi in eterno. Coltivano i loro fiori e le loro erbe in file multicolori intorno alle piattaforme, mentre i bambini, vestiti di nero, giocano all'ombra dei vagoni. Quanto deve soffrire questa povera gente, così pigiata sotto il sole, abituata com'era ai freschi cortili e agli alti soffitti delle case distrutte dal terremoto! Verranno anche le malattie: casi di tifo dovuti agli acquedotti inquinati e all'insufficiente disponibilità d'acqua; infiammazioni agli occhi dovute agli sciami di mosche e alle tonnellate di polvere. Le rovine sono anche invase da orde di cani e gatti rognosi che dovrebbero essere sterminati senza indugio.

Norman Douglas, Old Calabria

mercoledì 11 novembre 2015

Viva Maria (reg. Louis Malle - 1965)


S. Agata d.(del) Bianco 10 . 7 . 73
 Sono andato a vedere la annunciata apparizione della Madonna
Io come altri 15 mila quel pomeriggio afoso arrivati con migliaia di macchine e a piedi
La cicala ha smesso il suo frinire spaventata dal vocio di tanta gente affollata sullo spiazzo, sulla via, o che si riparava dal sole sotto la nera ombra di qualche olivo, pigiandosi come quando ci si si vuol riparare sotto uno stretto ombrello da un improvviso acquazzone.
Lo spettacolo era piacevole: molti attorno all’edicola pregavano, gli altri chiacchieravano scambiandosi opinioni sull’evento preannunciato o parole di saluto in un incontro inaspettato dopo tanto tempo, mesi e forse anche anni, che non ci si vedeva.
Io ho rivissuto i giorni del mio lavoro parrocchiale a Casignana, a Samo, ad Ardore M., a Careri, a Locri, rivedendo migliaia di persone di cui ricordavo perfettamente le sembianze, anche se forse non ricordavo più il nome, ed ho rivissuto in un momento i giorni più belli della mia vita.
Come è naturale i sentimenti di tutti noi erano diversi.
Vi era chi dall’apparizione voleva trovare solo un premio della sua fede.
Vi era chi tentennava e voleva una prova dimostrativa
Vi era pure chi scettico o miscredente ( ma erano i pochi ) volevano trovare un occasione per deridere chi credeva.
Vi era la devota che era talmente assorta nella preghiera, che non udiva tutto quel mormorio
Vi era il cristiano che magari in chiesa non va mai, ma è sempre il primo dinanzi a questi fenomeni, come è il primo a gridare “ Viva Maria “ sotto la bara della processione.
Vi erano suore a dozzine, preti a decine quali arrancati sotto lo svolazzare della lunga zimarra, quali anonimati dell’abito più borghese.
Vi era, purtroppo, anche il prete che mancando della più elementare prudenza, scandalizzava le donnette più devote col mostrare scetticismo e derisione per le pretese apparizioni.
Io sono andato per conoscere di persona le cose, lieto se non avessi potuto osservare un fatto straordinario, soprannaturale, non mortificato se tutto si sarebbe concluso con un nulla di fatto.
E un nulla di fatto veramente è stato
Ma lo spettacolo più commovente è stato questo: il vedere quella immensa folla che si commoveva, si elettrizzava al pensiero di Maria, della Madre celeste.
Diciamolo chiaro: lo Sculli non aveva ancora dato una prova autentica della realtà delle sue visioni; anzi lui personalmente ha deluso eclissandosi fin dal giorno innanzi. Nessuno osava aggiungere un tantino di audacia, di speranza alla probabilità di vedere un miracolo, ma il fatto è questo: Maria è stata sentita più vicina ad ognuno di noi, abbiamo sentita ravvivarsi la nostra devozione a Lei, ed anche se non l’abbiamo vista, le abbiamo creduto beati qui non viderunt et non crediderunt.
La suggestione dello spettacolo ha avuto il culmine alla sera, quando, calate le tenebre, dalle alture di Caraffa si vedeva nastro tinteggiato di rosso e di bianco, tortuoso come una collana, bellissima, buttata a caso su un tavolo, che si partiva da noi e raggiungeva le evanescenze della costa marina: erano i 10 chilometri di strada da Caraffa a Bianco occupati da una catena di macchine, di quelle macchine arrivate alla spicciolata fin dal mattino e posteggiate qua e là …

Ernesto Gliozzi, il giovane




lunedì 9 novembre 2015

La pietra filosofale (reg. Satyajit Ray - 1958)



Tra le Pietre dell’Aspromonte
Lasciando la S. S. 106 all’altezza di Bovalino, ricadendo lungo la S. S. 112 che porta a Platì si può intravedere l’inconfondibile sagoma di alcune pietre famose: Pietra Cappa, Pietra Castello, Pietra Lunga ecc. Sono queste alcune  rocce insolite che si ergono solitarie e misteriose nel versante orientale dell’Aspromonte. Ognuna di esse ha delle origini molto lontane e diverse, sembra che siano conglomerati di sabbia, ciottoli modellati dalla forza erosiva degli agenti atmosferici. Ciò non toglie nulla alla suggestione di queste pietre che essendo poste in ambiente dib rara bellezza paesaggistica si prestano come mete turistiche molto interessanti.
Particolarmente suggestivo è visitare questi luoghi di incomparabile bellezza che hanno tutti una storia. Secondo alcuni documenti Medievali, Pietra Cappa va a indicare pietra vuota, scavata. Formata da 2 piani sovrapposti e comunicanti, attorniata da piccole grotte ormai irriconoscibili che sovrastano una zona pianeggiante dove anticamente sorgeva un monastero e qui sarebbero giunti numerosi eremiti. In epoca romana Pietra Cappa venne popolata da schiavi fuggitivi, in seguito arrivarono dall’oriente i monaci basiliani. La Rocca di San Pietro dove ancora sono visibili i giacigli degli asceti sorgono sul vallone “ Memica” alle spalle di Natile Vecchio e qui anticamente esisteva un monastero di origine greca. In cima a Pietra Cappa sembra che ci siano resti di antiche costruzioni mentre in basso si trovano i ruderi del tempio di San Giorgio. Dell’antica chiesa resta solo qualche spezzone di colonna della parte centrale ed era questo il punto di riferimento per i monaci che vivevano eremiti nei dintorni e si riunivano per le funzioni religiose. A ricordare la laboriosità dei monaci restano alcuni castagni millenari che arricchiscono di fascino un luogo che già di per se stesso è così singolare.  Pietra Castello invece secondo notizie storiche è un’altura rocciosa con tracce di fortificazioni medievali. Sembra che qui ci sia ancora una torre e all’interno i resti di una cappelletta . Inoltre è ben visibile un’ampia grotta, una cisterna, una gradinata intagliata nella roccia. La sua importanza è dovuta principalmente al ritrovamento di alcune monete bizantine risalenti al X secolo. In tutta la zona erano visibili fino a poco tempo fa i resti di costruzioni romane che fanno credere v
esistesse un abitato di notevoli dimensioni. Resta da dire che la bellezza di questi posti induce senz’altro a visitarli nel tentativo di scoprire qualcosa di nuovo e di particolare.
Pietra Cappa infatti rimane sempre la regina dell’Aspromonte che con la sua mole enigmatica e carica di leggende troneggia nella vallata delle grandi pietre.
                                                                                                                                2C
Tratto da Il Giornalino
numero unico degli alunni della SC MD ST “ D.PERRI




domenica 8 novembre 2015

Turista per caso (reg. Lawrence Kasdan - 1988)







Le foto risalgono al 25 del mese scorso e sono di Salvatore Carannante che ora mi prenderà a pedate. Da parte mia era tempo che volevo spararmi il titolo del film e qui sotto vi propongo un brano del soundtrack di John Williams per una volta tanto godibilissimo.

mercoledì 28 ottobre 2015

La notte dei morti viventi (reg George A. Romero 1968)



MACABRA SCORRIBANDA

Han varcato di notte tre congiunti
del Cimitero il limite de l’ombra
ove da anni li à consunti
la buia tomba or tutta d’ossi ingombra.

E al bel chiaro di luna ormai riprese
ciascun le forme proprie a respirare
uscir sotto gli ulivi del paese
nel paese voller penetrare.

Disse il primo, il più vecchio dei sepolti,
Tutto è mutato nel paese mio ...
quanti rioni di casette folti
dal di che di tra i vivi manco io ...

Quella è la mia magion che visitar
or mi punge vaghezza. - Con permesso,
disse, ci rivedrem sull’ombreggiare..
per ritornare poi al tombale amplesso.

E si spartiro. E verso casa ognuno
si diresse restando in quell’intesa.
Il redivivo morto numero uno
salì la scala da un trentennio scesa.

E picchiò sull’uscio dove popolani
si adunavano un giorno al suo comando
e scosse l’uscio con le scarni mani
 e un mirmidone uscì tutto tremando.

Urlò il vecchio Signor: - chi sei che vieni
incontro a me nella mia casa avita?
Ove sono i forzieri d’oro pieni?
povera casa mia com’è finita !!!

E colei che nel talamo, vi giace
chi è mai? La riconosco - di Cardara
è prole - Ed è tua sposa? Torno in pace
a dormir colla morte, alla mia bara.

Il secondo dei tre, quando il gradino
ultimo vi salì dello scalone
chiese un tale GIACOMO TASSONE
e gli rispose invece un tal DELFINO

Ma che succede qui, co... (manca)
Qui lasciai mio nipote ... (manca)
cose da pazzi ... Mai ... (manca)
e si grattò la testa senza un ciglio

Il terzo intanto sconquassò il portone
allor che vide nel suo nido antico,
ove avea funzionato da montone.
intruffolato un certo don Enrico

....... manca

Alla vedova sua con viso arcigno
urlò in faccia parole di anatema
furibondo imprecando contro il “ CIGNO “
e contro il ciabattin  “ PECORA SCEMA “

Indi ritto scomparve, che l’aurora
s’affacciava da un ciel sereno e bello
ed i compagni raggiunse, che già l’ora
era di ritornare dentro a l’avello.

Giunti che furo presso il Camposanto
si dissero a vicenda i tre, commossi
se avessimo saputo ahi noi cotanto
non ci saremmo certamente mossi.

Meglio dormire nel silenzio fondo
all’ombra folta e amica dei cipressi
che riveder ancora in quel tal mondo
degno soggiorno di cazzoni e fessi !!!

 Giacomo Tassone Oliva

martedì 27 ottobre 2015

Indian Summer - Poco


Please keep my heart a little longer

C’era un tempo in cui il giorno dei morti, in paese, era il momento della morte collettiva. Forse ancora è così. Ma in quei giorni il rituale era diverso. Il cambiamento è avvenuto al momento della frattura tra il paese e me. Non mi dovete fraintendere, io non c’entro niente. Chi ha messo mano su tutto è stata la riforma della liturgia ecclesiastica che veniva approntata in quell momento.
Allora ...!
Il due novembre per come lo ricordo io è un giorno estivo che ferma per un istante il moto della natura. E’ l’Indian Summer, come la definiscono gli americani della West Coast. La luce è smaltata di bianco; non il bianco di luglio/agosto su cui si infrange il giallo oro del grano o, più spesso, dell’erba secca. E’ un bianco pulito che si ripercuote, se volete, sulle foglie degli ulivi che circondano il cimitero, sui cipressi che fanno da squadrone in riga ai lati del cancello d’ingresso.
Il rito della commemorazione dei defunti comincia nella chiesa maggiore, al centro di una scenografia dominata dal nero: neri sono i paramenti dell’arciprete coadiuvato per l’occasione dallo zio Ciccillo; neri, stendardi e stoffe cadenti dalle colonne della navata centrale. La messa va avanti per un bel po, cantata, o meglio gorgheggiata da Micuzzu che si accompagna all’armonium. La coesione al tutto dipende dal chiarore che si spande dalle miriade di candele e cirogini e dall’odore dell’incenso profuso a mani larghe,  più che nella festa di San Rocco.
Finita la messa con la benedizione generale di tutti i morti, quelli del paese intendo, l’arciprete in piviale e lo zio Ciccillo con una semplice cotta, partono in processione per il camposanto. Li precedono quelli della congregazione del Rosario incappucciati di nero e innanzi a quest’ultimi i Luigini con fascia nera a tracollo. Davanti a tutti Raimondo vestito da chierichetto che porta la croce, la stessa che si usa ancora oggi nelle processioni.
Il camposanto è già stato preso d’assalto fin dalle prime luci dell’alba, sono passati già tutti gli uomini che si recano in campagna. In quel luogo sono le donne a dominare la scena, sono le officianti di un rito fatto di lamenti, pianti, grida: “ ora convulsi, quasi prossimi ad una vera e propria crisi parossistica, ora invece più umani, risolti in lunghe melopee velate di pianto “ per citare Ernesto De Martino.
Ma c’è anche un aspetto ludico in questo tripudio mortuario che, come il solito, lo danno bambini e ragazzi. Essi vagano curiosi intorno alle tombe, più volentieri sostano nella spoglia cappella, che poi è l’ossario; su tutto il pavimento, sull’altare spoglio, sui candelieri si consumano e si riforniscono di continuo le candele, per cui i ragazzi sono lì a raccogliere la cera tiepida, ancora molle, per farne delle palle.
Tutto questo trambusto era avvertito dal paese, poco distante dal cimitero, che per quel giorno era diventato un teatro dove assieme al dolore venivano rivissute le morti, spesso tragiche, ancora grondanti sangue.

venerdì 23 ottobre 2015

Lo scuolabus (reg. John Landis - 1979)





Sig. GLIOZZI FRANCESCO
PLATI’
p.c. Sig. PRESIDE SCUOLA MEDIA
PLATI’
Ricevo dal Sig. Preside della locale Scuola media statale una nota in cui mi comunica che, in mancanza di servizi pubblici o privati che potessero provvedere al trasporto degli alunni iscritti a quella Scuola, sul percorso NATILE VECCHIO-BEVIO SS. 112, ha dato incarico alla S.V. fin dall’inizio del corrente anno scolastico, per il trasporto dei medesimi; e che la S.V. ha messo a disposizione della Scuola una macchina di Sua proprietà, per tale incarico accettato ed espletato fino al presente.
Nell'approvare l'operato del Sig. Preside, prego la S.V. di voler continuare la Sua prestazione fino al termine delle lezioni dell'anno scolastico 1966-67, anticipando le spese per l'acquisto del carburante necessario e per la manutenzione della macchina, e notificandomi, a tempo-debito, le spese sostenute, per il rimborso da parte di questo Patronato scolastico.
In attesa di una Sua cortese nota di accettazione La saluto  distintamente.
                                                                                                                   Il Presidente
                                                                                                             (Francesco Mittiga) 

Papà che da presidente autorizza e approva lo zio Ciccillo è una bella sorpresa. Più bella ancora è la sorpresa dello zio Ciccillo autista dello scuolabus, che poi era la R 4 che vedete nelle foto. Posso immaginare solo il divertimento dei ragazzi dentro quella macchina! Lo zio alla patente arrivò che già aveva superato i cinquanta anni.


giovedì 22 ottobre 2015

Gli eroi di ieri oggi domani (reg. Sergio Tau - 1963)

In originale




 e con una botta di fotosciòp





Non mi occorrono le date: io ero, sono e sarò.
Arsenij Tarkovkij

mercoledì 21 ottobre 2015

L'udienza (reg. Marco Ferreri - 1972)



Umberto Primo per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d’Italia = Estratto dell’originale sentenza pronunziata da questo sig. Conciliatore Papalia dottor Vincenzo, nella pubblica udienza del giorno 31 ottobre 1897 = Numero ... della present = In nome di Sua Maestà Umberto Primo per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d’Italia = Il Conciliatore del Comune di Platì, ha emesso la seguente sentenza nella causa civile = Tra il sig. Gliozzi Francesco fu Domenico, possidente, domiciliato e residente in Platì, attore comparente in persona = Contro = il sig. Zappia Carlo fu Filippo, commerciante ivi domiciliato e residente, convenuto anche comparso in persona = Sta in fatto che l’attore sig. Gliozzi, con citazione a biglietto del dì undici volgente mese di ottobre, usciere G. Morabito, chiese dal convenuto sig. Zappia, il pronto pagamento di lire trenta per danni cagionati, non che lo sgombero immediato del materiale che stavasi nel basso di esso convenuto, il quale fu la cagione del danno arrecato; ed all’udienza del sedici detto mese ne ha chiesto l’aggiudicazione della sua domanda. Il convenuto ha risposto che egli di quel fabbricato che ha arrecato il danno all’attore, possiede il solo pianterreno e che i piani superiori sono di altri proprietari e che perciò è il caso di scegliere un perito per constatare le cose. L’attore ha aderito a quanto il convenuto testé ha dedotto relativamente alla perizia da eseguirsi. L’ufficio in questo stato di cose ha rinviato la causa ad altra udenza per per l’udizione del perito. L’attore all’udienza del ventiquattro del mese si è ripresentato, chiedendo, in assenza del convenuto Zappia, il quale non è comparso sebbene atteso, la udienza del perito Timpani Pasquale fu ... da Santa Cristina di Aspromonte, il quale previe le formalità prescritte, ha deposto ch’egli si è recato nel basso di proprietà del convenuto Zappia, attiguo a quello dell’attore Gliozzi, e là ha constatato che il piano di questi è ituato col piano un pò più in alto del secondo, e che nello stesso trovansi ammucchiato una quantità di materiale demolito dalle pareti soprastanti e per conseguenza del livello e del materiale ha arrecato e arreca tuttavia umidità nel basso dell’attore Gliozzi - Tassato lire una e centesimi cinquanta. Dopo tale dichiarazione, l’ufficio ha rinviato la causa all’udienza infrascritta, perché l’attore provasse i danni sofferti e la relativa ordinanza che stabiliva la prova, fu notificata allo Zappia il quale era contumace. L’attore all’udienza infrascritta si è ripresentato chiedendo l’aggiudicazione della sua domanda e chiedendo pure che fossero uditi i testimoni Caruso Giuseppe Antonio fu Francesco e Marando Antonio fu Giuseppe, i quali, previe le formalità volute dalla legge, hanno deposto quanto appresso.Il primo ha deposto che l’anno scorso l’attore Gliozzi, nel basso attiguo a quello del convenuto Zappia teneva una zimbella d’olive e che a causa dell’umidità ha sofferto un  danno di tre cafisi di olive, pari a chilogrammi sessantaquattro e centocinquantadue 64,152 - Tassato lire una - Il secondo ha confermato la suestesa deposizione, dichiarando non ricordarsi a quanto ascese il danno sofferto, tassato lire una; cui è seguito il giuramento suppletivo dell’attore Gliozzi in conformità della spiegata dimanda. Il convenuto quantunque atteso non è comparso né si fece rappresentare. Ritenuto che l’attore ha giustificato la sua istanza. Che la contumacia del convenuto avvalora l’istanza dell’attore, altrimenti sarebbe comparso a difendersi. Che si accorda al convenuto sig. Zappia un termine di dieci giorni dalla notifica della presente per sgomberare il materiale che fu causa del danno fatto e faciendo. = Che le spese del giudizio sono a carico di chi soccombe. Per tali motivi = Noi Papalia dottor Vincenzo Conciliatore del Comune di Platì, diffinitivamente pronunciando in contumacia del convenuto sig. Zappia Carlo fu Filippo, condanniamo il medesimo a pagare prontamente in favore dell’attore Gliozzi Francesco fu Domenico la somma di lire trenta per la causale dietro indicata, più le spese del giudizio per lire sette _________ comprese in esse quelle dell’ordinanza di pruova fuori la spedizione della presente e sua notificazione, salvo regreso contro chi di dritto. Platì, trentuno ottobre milleottocentonovantasette = Il cancelliere assunto = firmato Giuseppe Morabito. Pubblicata la presente sentenza dal sottoscritto Cancelliere all’udienza del trentuno ottobre milleottocentonovantasette, 1897. = Il Cancelliere assunto firmato G. Morabito = Specifica = Carta per la minuta originale centesimi venti; dritto centesimi sessanta totale centesimi ottanta. Il Cancelliere assunto = firmato = G. Morabito. Comandiamo a tutti gli uscieri che ne sieno richiesti ed a chiunque spetti di porre in esecuzione la presente, al Ministero pubblico di darvi assistenza, a tutti i Comandanti ed ufficiali della forza pubblica di concorrervi con essa quando ne sieno legalmnte richiesti. Spedita la presente a richiesta dell’attore sig. Francesco Gliozzi fu Domenico in foma esecutiva a termine di legge. Platì. 19 novembre 1897 - Il Cancelliere = firmato = Rosario Fera = Specific: carta foli 5 a £ 0.10 cad.no £ 0.50 - Redazione per facc. 16 £ 3.20 - Spedizione ed annotazioni £ 0.25 - Totale sono £ 3.95 = Il Cancelliere firmato - Rosario Fera
Per copia conforme
Il Cancelliere
Rosario Fera

Ancora un omaggio al Dottor Vincenzo Papalia, qui in veste di Giudice Conciliatore.

lunedì 19 ottobre 2015

La città dolente


Così come qualsiasi paese italiano sarebbe incompleto senza la piazzetta in cui convergono le sue strade e dove il commercio pulsa al suo massimo ritmo, ogni cittadina che si rispetti fa in modo di possedere un giardino pubblico per il diporto serale dei suoi abitanti. Sono quasi tutti assai graziosi e nessuno è più delizioso di quello di Messina, adorno di palme azzimate, di aiuole fiorite e di labirintici vialetti innaffiati da poco. Quella sera, furtive brezze dal mare rinfrescavano l'oasi illuminata a festa. Mentre mi accingevo a sedere vicino al palco della banda, guardando passeggiare la gente, calcolai che ci dovevano essere non meno di  trentamila persone. Una folla ordinata e ben vestita. Potremo anche sorridere quando ci dicono che questa gente si toglie il pane di bocca per vestirsi decentemente, ma devo ammettere che, per un estraneo, l'effetto è quello che dovrebbe essere. Anche i monelli, che correvano rumorosi tra la folla, avevano un'aria di felice prosperità, assai diversa dalla miseria del nord coi suoi visetti pallidi e la sua denutrizione. E come si accordano bene le sensuali melodie italiane con l'ora e con la scena! Suonavano, se ben ricordo, la sempre popolare Aida; poi seguirono altri pezzi più ambiziosi: una rapsodia ungherese, Berlioz, una selezione Wagneriana. << Musica filosofica ›› osservò il mio vicino, alludendo al compositore tedesco. Era un uomo magro e asciutto sulla sessantina: un viso abbronzato, militaresco, segnato dal dolore. «Non va in Sicilia›› soggiunse. «Ma non crediate con questo che non apprezziamo i vostri pensatori. Leggiamo e ammiriamo il vostro Schopenhauer, il vostro Spencer. All'Opera di Napoli danno discrete edizioni di Wagner. Ma . . .››
«Il clima?››
«Esattamente. Ho viaggiato molto, signore; e conoscendo Berlino e Londra e Boston, ho potuto osservare come la nostra architettura italiana appaia stonata sotto i vostri cieli grigi e come suoni male la nostra musica fra i complicati congegni della vostra vita artificiosa. È stato il vostro clima a rendervi tanto seri e a far si che prendiate seriamente anche i vostri svaghi. Per noi, la musica è rimasta quella che era nei tempi antichi: uno sfogo dell'anima in una notte estiva. Suonano bene, questi ragazzi. Anche Palermo ha una buona banda . . . Ah! quel recitativo è un po' troppo veloce!››
«Il signore è musicista?››
«Sono proprietario. Ma adoro la musica e, da giovane, mi illusi di poter diventare violinista. Ora, invece guardate !» Stese la mano rattrappita. «Reumatismi».Li ho qui, e qui» proseguì, indicando varie parti del corpo, «ed anche qui! Ah, questi dottori! I bagni che mi hanno fatto fare! E poi medicine, unguenti, linimenti-un'intera farmacia! Ora posso appena trascinarmi, e senza l'aiuto di quei due cari ragazzi, anche questo innocente svago mi sarebbe negato. Sì, sono miei nipoti . . . orfani» soggiunse, seguendo la direzione del mio sguardo.
Sedevano alla sua sinistra - due bei ragazzi che non parlavano né troppo, né troppo poco. Di tanto in tanto, si alzavano insieme e passeggiavano tra la folla per sgranchirsi le gambe, ritornando dopo pochi minuti accanto allo zio. Gli occhi del vecchio seguivano ogni loro mossa.
«Se mio fratello minore fosse vissuto, ne avrebbe fatto degli uomini» osservò.

 Norman Douglas, Old Calabria