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lunedì 2 settembre 2013

Born in the 50's - The Police

Gianni alla sinistra della zia Amalia


   Prima della sua nascita il nome scelto da papà era stato Rocco. Venendo al mondo il giorno di San Giovanni Battista vinse la mamma col suo solito riservato silenzio: fu battezzato Giovanni Rocco.
   Il lato Rocco non fu mai utilizzato se non negli estratti di nascita e nelle registrazioni dei documenti ufficiali dello Stato come della Chiesa.
   Nacque quindici mesi dopo di me. Lo anticipai nel marzo dell’anno precedente, born in the 50’s come cantavano i Police di Outlandos D’Amour.
   Fino al compimento della maturità fummo inseparabili come due gemelli, in chiesa ed al cinema: lui scese nella piazza San Vincenzo, io presi il viale San Martino che portava al cineforum Don Orione.
   Chi ha avuto in sorte un fratello di poco più piccolo mi può capire: Gianni mi seguiva dappertutto. Un fratello di poco minore è sempre accosto, non esiste rivalità se non affiatamento e complicità.
   La nostra camera per dormire, a Platì, era affiancata a quella di papà e mamma. Era dipinta in calce con colori pastello.  



    Lui dormiva nella culla con il materasso di lana, io nel letto con le tavole ed il materasso era riempito di foglie secche di paniculu  che poi è il granturco. La mamma ogni mattina lo rimestava introducendo la mano destra nelle fessure poste nella parte superiore.
   Nelle mattinate invernali della nostra infanzia, dopo svegli, ancora sotto le calde coperte, ci figuravamo, giocando, che i nostri letti fossero delle navicelle spaziali in viaggio verso la luna.
    Il gioco è stato scansato dalla vita, lui è partito per sempre, fatalmente per primo.


     

giovedì 22 agosto 2013

Addio fratello crudele ( reg. Giuseppe Patroni Griffi - 1971 )

Mittiga Giovanni Rocco
Platì 24/06/1956 - Messina 13/08/2013


Gianni alla destra di papà

Ma se i morti infinitamente dovessero mai destare un
simbolo in noi,
vedi che forse indicherebbero i penduli amenti
dei nocciòli spogli, oppure
la pioggia che cade su terra scura a primavera.

Rainer Maria Rilke Elegie DuinesiDecima Elegia

Sms inviatami da Layla

La Bwv 106, Actus Tragicus, di Johan Sebastian Bach ricalca assai bene il momento della separazione dal fratello più vicino


mercoledì 22 maggio 2013

Era il tempo delle more - Mino Reitano


Una vita più umana e soddisfacente per più persone, una democrazia autogestita più ampia e autentica e un’auspicata liberazione dalla sciocca e perniciosa educazione degli adulti fornita dai produttori di massa dei beni di consumo attraverso lo strumento della pubblicità.
Aldous Huxley  cit. da E. F. Schumacher in Piccolo è bello


e per chi sta in Spagna, Antonella è per te

lunedì 20 maggio 2013

In nome di Dio (reg. John Ford - 1948)



Il Procuratore Generale del Re alla Corte d’Appello della Calabria.
  Vista la istanza del Sacerdote Filippo Gliozzi con la quale implora impartizione del Regio Placet alla presente Bolla, rilasciata dal Vescovo di Gerace in data 20 Febbraio 1885, che lo nomina Parroco della Chiesa di S. Maria del Soccorso in Natile, Villaggio del Comune di Careri.
  In virtù di Regia Delegazione Concede il Regio Placet alla Bolla anzidetta; salve le leggi dello Stato e le ragioni de’ terzi.
   Catanzaro 13 Aprile 1885


Franciscus Xaverius Mangeruva
Sacrae Theologiae Doctor
Dei et Apostolicae Sedis gratia
Episcopus Hieracensis

Dilecto Nobis in Christo Rendo Philippo Gliozzi, a Platì Archipresbytero Ecclesiae S. Nicolai De Canalibus in in turi Arduii eiusdem nominis, salutem et benedictionem in Domino.
 Vitae, morunque onesta, laudabile Ecclesiae servitium, numera confessarii utriusque sexus, Concionatoris , Oeconomi coadiutoris Ecclesia Platì ab anno 1852, nec non Archipresbyteri dictae Ecclesiae S. Nicolai De Canalibus, laudabiliter exercita, aliasque laudabilia probitatis et virtutum merita, super quibus apud Nos fidedigno commendarsi testimonio….

mercoledì 15 maggio 2013

The House of the Rising Sun - Sinead O'Connor



“Se si valuta e si impiega in modo giusto la natura del lavoro, esso starà con le facoltà più elevate nello stesso rapporto del cibo con il corpo fisico. Esso nutre e ravviva l’uomo più elevato e lo spinge a produrre il meglio di cui è capace. Esso dirige la sua libera volontà lungo il giusto cammino e disciplina l’animale che è in lui entro canali di progresso. Esso fornisce una base eccellente perché l’uomo possa manifestare la sua scala di valori e sviluppare la propria personalità” . J. C. Kumarappa.
Se un uomo non ha la possibilità di ottenere un lavoro, si trova in una situazione disperata, non solo perché gli manca un reddito, ma perché perde il fattore nutriente e vivificante della disciplina, che nulla può rimpiazzare.
Ernst Schumacher, op. cit.

martedì 14 maggio 2013

La proprietà non è più un furto (reg. Elio Petri - 1973)


E' talmente bella questa foto che ai faccebucchiani do il consenso di incamerarla virata o non. Chissà che tra quei bambini o ragazzi non ci sia Rroccu da Rocca!
E' molto adatta allo sfondo desktop del vostro personal.

lunedì 13 maggio 2013

Terremoto fatale (reg. Eugenio Bava - 1915)



Delle catastrofi che hanno colpito Platì si ricordano solo le alluvioni. Una  è stata posta nel dimenticatoio: parlo del cataclisma dei cataclismi, il terremoto di Reggio e Messina del ventotto dicembre millenovecentotto. Platì  ebbe ha patire un duro colpo che si impresse certamente nella mente di quanti lo vissero ed oggi sono venuti a mancare. Questa lettera parla di ricostruzione. A leggerla viene in mente quanto succederà nel Belice, in Irpinia e in Abruzzo: il malcostume di abusare dei soccorsi, a differenza di quanto accadde nelle località da cui questa lettera proviene.


Signor
Gliozzi Ernesto
Sacerdote
Platì
(prov. Reggio Calabria)

Cividale del Friuli 27 -3 – 1910
Egregio Signor Gliozzi
E’ Pasqua di Resurrezione e in primo luogo auguro a Lei alla sua famiglia le buone feste. Vorrei come lo scorso anno essere costì per poter essere utile al paese a cui sono tanto e tanto affezionato e che tutti ricordo specie la povera gente con vero piacere, orgoglioso di essere cittadino onorario della bella e sorridente Platì ove tanti cari e indimenticabili ricordi mi legano col sventurato paese, colpito si duramente dalla sventura del 28 Dicembre 1908. Dio voglia che il mio paese (perdoni il termine)non abbia più a subire danni così enormi, e preservarlo ridente e florido pe sempre.
Le sarei grato, egregio Sacerdote, che Ella nelle sue prediche volesse ricordarmi ai suoi parrocchiani, ed augurare loro per parte mia tutte le felicità che desiderano, che sebbene lontano un cuore Piemontese, palpita e vive pei buoni e generosi Platioti che tanta riconoscenza ebbero verso di me, e che quel poco che ho fatto, l’ho fatto pel bene che porto per la sventurata Calabria alla quale auguro un avvenire prospero e rigoglioso e felice. Dica a tutti, anche in chiesa se lo crede, che il Capitano Audino ora all’8° Alpini non potrà mai dimenticare Platì i suoi buoni abitanti l’amore che hanno dimostrato, e il bene benevolo che hanno fatto si tanto amare Platì.
Ho la certezza di avere fatto il mio dovere da uomo di cuore, da cittadino italiano e da buon cristiano. Non ero ricco ne capitalista, perché altrimenti avrei beneficiato più di quello che ho fatto. Quel poco che di tasca mia ho dato l’ho dato per carità, perché ho cuore di uomo, e conosco a fondo il bisogno dei poveri. Avrei voluto essere miglionario e signore per poter colla mia tasca soccorrere in parità tutti. Ma lei comprenderà, se io lavoro è perché lo devo, e che le mie finanze non permettono fare differentemente. Prego lei, se lo crede opportuno far interprete i suoi buoni e devoti diocesani di questi miei sentimenti affettuosi presso la popolazione di Platì, che non potrò mai dimenticare, e che un giorno non lontano verrò a vedere e a salutare.
Ed ora vengo da lei per quanto Ella mi domanda ed ha ragione.
La questione del trasporto del materiale Americano fatto da una persona a Bovalino M. mercé la mia intromissione è già stato edotto il Dottor Zappia, al quale ebbi a scrivere più di una volta sul fatto del non pagato trasporto, dei poveri mulattieri e bovari di codesto comune.
Quando, mercé mia il Comitato Americano stabiliva di inviare a Platì il materiale per la costruzione di baracche pel sventurato Platì dichiararono tassativamente al comune per mezzo mio che avrebbe pensato alla spedizione del materiale, col patto che il comune pensasse al pagamento del trasporto da Bovalino a Platì, ed ala costruzione delle baracche non potendo il detto filantropico comitato pensare alle opere del trasporto e della costruzione delle baracche.
Bene, io saputo ciò feci nota la cosa al Sindaco del paese il quale formalmente dichiarò in presenza del Tenete Banuzzi che al trasporto avrebbe pensato il Comune.
Cominciato il trasporto del materiale occorrevano uomini per la costruzione delle baracche. Orbene siccome il comune mi fece capire che troppa sarebbe stata la spesa, potei ottenere il permesso delle mie autorità superiori che le baracche venissero costruite dai soldati ai miei ordini e per come avrà veduto le baracche furono costruite dai soldati, coll’aiuto solo di 1 operaio borghese che il comune pagava regolarmente. Adoperandomi io stresso quando ero senza soldati.
Si giunse così al termine delle baracche occorsero i listelli, mercé mia potei averli, e siccome nessuno, ed a ragione, voleva andarli a prendere a Bovalino ove li avevo ordinati per conto del Comitato Americano, perché non erano stati pagati dei viaggi precedenti, il Sig. Sindaco mi consegnò L. 250 pel pagamento del trasporto dei listelli ciò che feci ed ho tutt’ora le ricevute.
Ora non mi so capacitare perché il comune non voglia pagare i vetturali e bovari dopo le promesse fatte. Promesse che sono avvalorate dalle L. 250. Che a me consegnarono pel pagamento diretto dei listelli.
Lei sia compiacente legga i buoni che io ho rilasciato e vedrà che si parla tassativamente, che è il Comune di Platì che deve pagare il trasporto e nessun’altra autorità- prova ne sia quello che il Comune a me consegnò denari per pagare i listelli, i quali erano pure del comitato Americano, se non voleva pagare nessuno non doveva pagare neppure i listelli. Per conto mio visto che il Comune non vuol saperne del pagamento dei poveri conducenti, facciano pure citare me ed il Tenente  Banuzzi, e vedremo chi avrà torto il comune od io. Io ho carte abbastanza importanti, non solo, ma ho giornali che dicono il vero. Vorrei io poter liquidare tutto, ma come Lei vede io sono a posto e vorrei che fosse risolta al più presto la questione che tanto mi sta a cuore. Alla quale io, solo per avere fatto del bene, ne ho delle seccature.
Si figuri un po’ se non avessi avuto l’assicurazione del Comune se mi sarei preso tante seccature.  Ho fatto del bene e questo bene l’ho fatto con coscienza. Io le ho setto tutto. Lei cerchi di fare del meglio, e non tema di farmi citare perché da uomo onesto voglio che le cose siano chiare. Forse ciò sarà meglio perché non ho voluto favorire   chi non aveva diritto. Ho fatto il mio dovere, avanti i giudici saprò dimostrarlo apertamente. Solo mi rincrescerebbe che qualcuno potesse pensare male di me
Saluti tutti e mi ricordi a tutti. Mi dica qualcosa e facciamo quello che io ho detto se non vengono soddisfatti. Una stretta di mano amica.
A. B Audino cap. d’Alpini

giovedì 9 maggio 2013

Quando i campi sono in fiore ( reg. Hampe Faustman - 1946)


Così Ovidio:
hac mihi Nomento Romam cum luce redirem,              
     obstitit in media candida turba via:
flamen in antiquae lucum Robiginis ibat,
     exta canis flammis, exta daturus ovis.
protinus accessi, ritus ne nescius essem;
     edidit haec flamen verba, Quirine, tuus:              
'aspera Robigo, parcas Cerialibus herbis,
     et tremat in summa leve cacumen humo.
In questo giorno tornando a Roma da Nomento,

a metà della strada mi imbattei in una turba vestita di bianco:
il flàmine andava nel bosco sacro all’antica Ruggine,
per ardere viscere di cane e fibre di pecora.
Subito mi avvicinai per non restare ignaro di quel rito;
il tuo flàmine, o Quirino, pronunciò queste parole:
 “O aspra ruggine, risparmia gli steli d’erba di Cerere,
 e le loro cime vibrino a fior di terra “.
Ovidio, op. cit.


Riporto dal Messale Quotidiano, edizione 1951, Latino-Italiano che apparteneva alla mamma:

 “ Rogazioni “ è un termine usato in Gallia, equivalente alle romane “ Litanie” cioè solenni suppliche ad impetrare la divina benedizione sopra i raccolti della terra.
  Litanie dette Maggiori hanno luogo il 25 Aprile. Queste ebbero origine a Roma e costituiscono la cristianizzazione della processione pagana “ Robigaglia”.
  Litanie  dette Minori hanno luogo nei tre giorni che precedono l’Ascensione. Queste furono istituite da S. Mamerto in Gallia nel sec. V.

Benedizione dei campi

Tu, o Dio, coroni l’anno coi tuoi benefici.
E fai ripieni i campi  di ubertà.
Tutti gli animi sperano in te, o Signore.
E tu dai loro il cibo in tempo opportuno.
Signore, esaudisci la mia preghiera.
E fino a Te giunga il mio grido.

Preghiera

 Supplichiamo la tua misericordia, o Dio onnipotente, perché i frutti della terra, che ti degni di alimentare con l’influsso dell’aria e della pioggia, li voglia fecondare con la rugiada della tua benedizione.  Concedi, o Signore, a questo popolo di poterti sempre ringraziare dei tuoi doni; colma perciò con la fertilità della terra ed i frutti copiosi, gli affamati, così che il povero ed il bisognoso lodino sempre il tuo nome glorioso.
 La benedizione di Dio onnipotente, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo discenda abbondante sopra i campi e qualsiasi bene di questo luogo e vi rimanga sempre. Amen



Ciò che ricordo è poco. Una striscia di pellicola impressa, lunga trenta secondi, che si dispiega a ventiquattro fotogrammi al secondo: in tutto 720. La distanza tra quel momento e il cumulo di anni successivi che li ricoprono diviene fondo marino, è come guardare attraverso un acquario. Mi sveglia un compatto vocio di donne e uomini che proviene dalla strada. Lascio le coperte e corro nella camera da letto di papà e mamma; la finestra del balcone che si affaccia sulla strada è aperta e vi entra una luce grigia, ancora il sole deve uscire fuori, aldilà del Calvario, e avvolgere di rosa quanto gli fa da ostacolo. E’ una processione che proviene dal ponte: la apre un uomo che porta una croce posta su un’asta di legno nero, segue lo zio Ciccillo che indossa solo la cotta bianca e la stola, dietro di lui le donne, molte quelle vestite di nero, ed infine gli uomini. La maggior parte sono anziani; le donne indossano in testa il velo, alcuni tra gli uomini la coppola. Lo zio Ciccillo intona in latino delle suppliche, ad ogni frase i fedeli rispondono “ ora pro nobis “. Arrivati al crocevia dove c’è il bar di papà, svoltano a sinistra per rientrare in chiesa, mentre io, senza parole, ritorno sotto le coperte.

mercoledì 8 maggio 2013

Io che vi scrivo ( reg. Tay Garnett - 1950)



Caro Saro – ti faccio sapere che ho trovato i stivaletti, e te li/mando con tuo papà. Ora i mando tanti saluti a te e fratelli.

Corsico 16-5-66

Caro padre vi rispondo la vostra gradita lettera. Io sto bene, così spero anche per voi. Caro padre, è da tanto tempo che non ricevo vostre notizie, né di voi e né della mamma, io non credo che voi siete malati, e vi chiedo di scrivermi almeno un rigo per sapere le vostre notizie. Ora caro padre vi faccio sapere che è arrivato Domenico Zappia, e o ricevuto il biglietto che mi avete mandato, e mi ha anche detto che state bene, ed io sono molto contento. Voi caro padre non dovete disturbarvi per me, perché io sto bene, e poi vado sempre a casa di Rosario Morabito. Ora caro padre, come mi ha detto Domenico Zappia, che mio fratello Ciccillo viene qui a Milano, voi caro padre dovete dirgli di venire verso la fine di Giugno, se no di fare come vuole lui. Io caro padre, verso la fine di Luglio vengo assieme a Saverio Morabito, a farvi una visita. Caro padre voi non dovete preoccuparvi per me, perché io mangio e lavoro. Ora vi lascio con la penna e col cuore, e vi mando tanti saluti e bacioni a voi, alla famiglia di Ciccillo, specialmente ai nipotini, salutatemi anche le mie sorelle quando gli scrivete. Caro padre vi ripeto ancora una volta di scrivermi e di darmi vostre notizie, perché io non so più che cosa pensare, e ditegli a Ciccillo di scrivermi anche lui più spesso.
             Mittiga Giuseppe

Caro cugino, io che vi scrivo sono Saverio, vi faccio sapere che noi stiamo tutti bene, come pure Peppino. Voi caro cugino non dovete preoccuparvi per Peppino, perché io sono sempre con lui. Alla sera quando torna dal lavoro, io vado a trovarlo a casa, ma certe volte non è contento, io gli domando che cos’ha, e lui mi dice che è in pensiero per voi, perche non gli scrivete, e lui non sa pensare che a voi. Alla domenica si alza un poco più tardi, e poi si fa il suo letto con comodo, intanto che si fa da mangiare, ci mettiamo io e lui a parlare, così per spassarci il tempo. Dopo che ha finito di mangiare, dorme un poco fino alle due o alle tre, e dopo viene a casa mia, ed escono con mio papà, e con altri paesani. Ora caro cugino vi saluto io e la mia famiglia, salutatemi i miei parenti se li vedete. Salutate la mamma di Antonio Portolesi, da parte nostra e di Peppino.
                 Morabito Saverio