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giovedì 24 gennaio 2013

Lacrime d'amore pt 5


In Chiesa e al Camposanto

  Fu portata nella chiesa maggiore fra un’onda di popolo riverente e commossa. C’erano le rappresentanze di molti comuni, la Società operaia di Cirella, le musiche di Gerace ed Oppido, tra una selva di corone e di bandiere. Sul sacrato della chiesa, parlò in nome del Municipio il consigliere Oliva, il quale rievocando l’apparizione e la breve vita platiese della morta, disse che l’irreparabile perdita si deve piangere amaramente e finì salutando la salma con parole sentite.
  Un tumulo maestoso sorgeva intanto nella navata di mezzo, nei drappi proiettavano le penombre nella Casa di Dio e, tra il salmodiare dei preti, Mattia Migliaccio dormiva nel Signore.
  Celebrava Monsignor Furfaro, Vicario Generale della Diocesi, e nel mezzo del Sacrifizio, saliva il pergamo quell’aquilia d’ingegno fra i sacerdoti, che è l’Arciprete Giampaolo, e con arte tutta propria, intesseva un magnifico elogio funebre. La tirannia dello spazio non ci permette di pubblicarlo per intiero e noi a malincuore rinunziamo al piacere di leggerlo su questo numero.
  L’imponentissima cerimonia non poteva riuscire migliore. Il Sac. Chiné ci fece sentire la sua magnifica voce e, alla consacrazione una mestissima marcia funebre intonuò la musica di Gerace.
  Finita la messa e la benedizione del tumulo, la mestissima processione sfilava verso il cimitero e seguivano la cara spoglia esanime, il fratello. I cugini ed il cognato Giacomo Tassoni.
  Qui altri discorsi, altre manifestazioni di dolore, finché tutto si spezzava; i ricordi, le speranze e le affezioni più care, per dare posto al silenzioso e terribile gelo della morte, per finire, con poche palate di terra, tutto un mondo di sogni tutti i sogni d’amore.
  Così finiva Mattia Migliaccio in Platì, la cui memoria resterà sacra nei petti di questi suoi buoni conterranei, che la venerarono in vita e l’adorarono in morte.
                                                                                                                            
NESTORE


Triste quel vespero di Febbraio! E tristissimo correva un infausto annunzio! Tenue, sommesso da pria, quasi bisbigliato nei crocchi, echeggiò poscia terribile, drappeggiato dalla solennità della Morte. Mattea Migliaccio Furore non era più! Parole, di cui l’eco angosciosa è ancora nell’animo di tutti i Geracesi, stretti dalla commozione, di questi Geracesi che seppero e compresero la loro conterranea, quando fioriva quassù e la seppero e compresero, quando chiamata dall’affetto corse fidente in braccio al suo destino – Ed ognuno di noi rivisse in quell’istante tutta la vita della povera morta, vita materiata di vicissitudini incessanti fino alla tragica fine! E tu, povera morta, passasti per le vie di Platì, mostrando sul tuo, grembo materno invano! La creaturina che tanto bramavi, e che tu non vedesti, e che non ti vide! Epilogo disastroso di due esistenze, cui tarpò le ali una misteriosa fatalità incombente! Ora nel piccolo cimitero, sotto la recente zolla, stanno unite la madre e la figlia; le due sventurate! Forse, sotto dei loro spiri aleggianti, le due spoglie avranno fremiti di tenerezza, forse sono felici a felice non è la famiglia della sventurata, che nel successivo grigio mattino compiva l’esodo doloroso dalla luttuosa Platì! Felice non sarà una madre dai capelli d’argento impietrita dal dolore! Oh! L’angoscia, lo strazio di quell’ora, quando lunghesso il greto del fiume, si volse verso i cipressi nereggianti del camposanto e ristette gemente: la novella Niobe chiamava invano la sua Mattea!
  Disastrosi epiloghi!
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Fra le condoglianze pervennero quelle del Sotto Prefetto del Circondario Cav. Cardamone ed una infinità di carte da visita, lettere di persone di ogni ceto e di ogni luogo, ai quali tutti la famiglia intende rispondere particolarmente.
Dei telegrammi molti, nella confusione, si sono dispersi per cui non abbiamo potuto avere il piacere di pubblicarli, come vorremmo; e ci dispiace se per la tirannia dello spazio, non possiamo dare sul presente numero, pubblicità ad altri lavori pervenuti da innumerevoli amici. Lo faremo in prosieguo.  N. del G                                                                                                                    
               

martedì 22 gennaio 2013

Luci d'inverno (reg. Ingmar Bergman - 1962)

'dic, age, frigoribus quare novus incipit annus,
     qui melius per ver incipiendus erat?               
omnia tunc florent, tunc est nova temporis aetas,
     et nova de gravido palmite gemma tumet,
et modo formatis operitur frondibus arbor,
     prodit et in summum seminis herba solum,
et tepidum volucres concentibus aera mulcent,              
     ludit et in pratis luxuriatque pecus.
tum blandi soles, ignotaque prodit hirundo
     et luteum celsa sub trabe figit opus:
tum patitur cultus ager et renovatur aratro.
     haec anni novitas iure vocanda fuit.'               

Orsù, dimmi perché il nuovo anno comincia con il freddo,
Mentre sarebbe cominciato meglio con la primavera?
Allora tutto è in  fiore, allora la stagione si rinnova:
e nel pregno tralcio si gonfia la nuova gemma,
l’albero si riveste di fronde già ben formate
e alla sommità del suolo si schiude il seme dell’erba,
gli uccelli con vari canti addolciscono l’aria tiepida,
e gioca il gregge ruzzando nei prati. Allora
il sole è mite, riappare la rondine, prima invisibile,
e sotto un’alta trave fissa il nido di fango,
il suolo si lascia coltivare e rinnovare dall’aratro.
Questa doveva giustamente chiamarsi apertura dell’anno.
Ovidio, op. cit.


lunedì 21 gennaio 2013

I cavalieri delle tenebre (reg. Giuseppe Pinto - 1914)


Tre cavalieri.

Per antri i vecchi muri sonnolenti,
Fantasmi di castella e di manieri!
Tra le raffiche e l’impeto dei venti,
Salirono quassù tre cavalieri.
Ed il primo lasciò l’oro e gli argenti
Posò gli sproni e i nobili cimieri
Io son la Carità - disse ai presenti,
Batto in mio nome e dei miei due guerrieri.
Seguirono l’Ingegno ed il Lavoro,
Abbracciati, così come fratelli!
E le macerie rifiorir per loro.
Oggi, rifatti i diruti castelli,
Cercano il riso di Maria Sovrana,
Come sul volto de la Castellana

Sac. Ernesto Gliozzi sen.

mercoledì 16 gennaio 2013

Lacrime d'amore pt.4


In amaritudine

Permettetemi, o buona e bella signora, che io ricordi l’espressioni eloquenti di amarezza e di spasimo – prorompenti dal vostro cuore esacerbato …! – permettetemi che io raccolga le gemme che cadevano dagli occhi vostri nerissimi e ne componga una corona.
  O Dio, Dio! …
  L’umida terra spalanca le sue viscere! La nera bocca si schiude in un momento! … - Sei tu, sorella, ricchezza e mia vita, che ti nascondi? ! …
*
**
  Oh non, forse, ti ho venerato come una madre, adorato come una santa, amato più che una sorella? Tu eri la luce degli occhi miei, la gioia de la mia vita, l’istessa anima mia. .. tu eri tutto: il mondo intero … e te ne vai, perché?

*
**
  Com’è triste la terra!
  Non ci produce più fiori, il sole è illanguidito, d’intorno spira una raffica come di morte! … Eri tu, dunque, che infondevi la vita e l’eterna giovinezza nelle cose?
*
**
Ho pregato tanto, sai? Ho detto alla Vergine che mi facesse morire … Ho detto delle cose intime, delle parole appassionate a Dio, che mi ascoltasse … Stavo per credermi indegna … stavo per disperare stavo … ma poi, quando ti ho visto volare lassù, lieve, lieve, tra una turba di angioli … ho asciugato il pianto, ho rinvenuto la fede ed ho pregato ancora, o Mattia.
  *
 **
Così, così … ho pregato – con le ginocchia, su la terra, che ti rinchiude cadavere, appunto losguardo ne l’alto, che ti riceve meteora, mentre tu volavi, volavi tra le curve dolci, ne le melopee soavi del firmamento! …
*
**
Deh! Appariscimi ancora, o sorella, appariscimi nei cieli, sempre, al mio sguardo, e non ti eclissare, finché non ti raggiunge la desolata Carolina.
                                                                                                                                                             CRISANTEMO

martedì 15 gennaio 2013

Australia (reg. Jean-Jacques Andrien - 1988)

Griffith   14 – 1 – 1949
Carissima donna Bettina
Vi scrivo queste tue rige per farve sapere che io sto bene in zieme mio padre e madre e tutti i miei ziane e caggine e così speiamo con questa mia presente trova a voi e Dollaigi e tutti i vostri figli di per fetta salute.
                Carissima donna Bettina prima di tutto vi chiedo scusa per il mio ritardo poiche io mi hovirgognato di scriveri se non vi faceva un piccolo rigalo adesso che ho avuto un po dacianza vi hofatto un piccolo pacco li dentro che un po di lana quel po di quella bianca si la date a donna caterinuzzae quallaltre e per donna iolanda e per donna malia ce un po di caffe e di zuchero e un po di cacau 2 sapunetti speriamo che lo ricevete presto e bevete una tazza di caffe per me quando lo ricevete scrivete subito vi faro assapere che son giunta laustralia e sono molta contenta prima che ho trovato a vio padre di buona salute che i napena che sono arrivata mi ho saputo belle cosemi ho comprata anche la bricchetta per andare ascuola.
Vi dico che penso che lanno passati era che studiava il taliano in vece quasto anno sono che studio il glese
  Vi mando i nostri condoglianze i vostri defunto cognato.
       Non altro che dirve vi saluta mio padre e madre in zieme tutta la vostra famiglia ora saluto a donna Rosina e famiglia saluto a donna caterinuzza e famiglia saluto a donna iolandina e donna malia saluto a don cicillo don Aarnesto e don peppino saluto a vostra sorella e fratelli.
                  Ora vi saluto inzieme a dolluigi e vi bacio di vero cuore e sono vostra lunna
      Sergi Maria  scusate i sbagli

lunedì 14 gennaio 2013

Sapore di miele (Reg. Tony Richardson - 1961)

'o quam te fallunt tua saecula' dixit,
     'qui stipe mel sumpta dulcius esse putas!
O quanto t’inganni sui tuoi tempi, se pensi
Che il miele sia più dolce del danaro ricevuto in dono!
Ovidio, op. cit

venerdì 11 gennaio 2013

Lassù qualcuno mi attende (reg. Roy Bouting - 1963) - ANCORA QUI

Gliozzi Caterina 01/03/1913 - 11/01/1991
La mamma quest'anno avrebbe compiuto 100 anni
come quest'anno qell'11/01/1991 era venerdì

Non c’è alcuna grandezza là dove non vi sono la semplicità, il bene e la verità. Lev Tolstoi

giovedì 10 gennaio 2013

Attenti a quei due (reg. Basil Dearden - 1972)


Questa foto regalatami da Francesco Violi mi piace commentarla così:
C'è il fido (degli americani) Alcide, don Peppino Zappia, ex sindaco, e lo zio Ciccillo, sul balcone della scuola per l'avviamento che dava sulla via XXIV maggio.
Lo zio Ciccillo guarda incredulo De Gasperi e don Peppino che sgomenti stanno osservando papà che da sotto li deride con il braccio sinistro alzato e la mano chiusa a pugno, fischiando bandiera rossa.
Ecco, la mia infanzia è stata contrassegnata con gioia e gratitudine dalla presenza dello zio Ciccillo, mio padrino di battesimo e da papà Ciccillo.
 Vi dico che darei tutto l'oro del mondo per averli ancora un secondo al mio fianco!