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mercoledì 18 maggio 2011

Non per soldi... ma per denaro (reg. Billy Wilder - 1966)


Da quando si è cominciato a onorare il denaro, che incatena tanti magistrati e tanti giudici, che crea magistrati e giudici, le cose hanno perduto il loro vero valore, e noi, diventati ora mercanti, ora merce in vendita, non consideriamo la qualità, ma il prezzo; per interesse siamo onesti, per interesse disonesti, e la virtù la pratichiamo finché c'è una speranza di guadagno, pronti a un voltafaccia se la scelleratezza promette di più.
Lucio Anneo Seneca, op. cit.

martedì 17 maggio 2011

La vita corre sul filo (reg. Sidney Pollack -1965)



 Qui abitava la zia Angeluzza (08/05/1894 – 15/05/1983), ultima di nove tra fratelli e sorelle di nonno Rosario, sposa di Lentini Giuseppe. I due ebbero due figlie, Ciccina (1924) e Rachele Pasqualina (1925) e un figlio Pasquale (1926) che morì ancora bambino affogando nella mastra.
 Questa casa era come quella di Penelope, costruita dal suo sposo, Ulisse, attorno al loro letto matrimoniale, progettato e realizzato dal bugiardone sotto il tronco di un ulivo. Accanto a questo stava  il telaio dove la regina tesseva la coperta che non aveva mai fine.
 Quella della zia era anch’essa una sola stanza, ma era tutto: laboratorio, camera da letto, cucina e soggiorno. La cosa magica era il telaio dove lei realizzava coperte che competevano con quelle di nonna Lisa, anch’essa una Mittiga. Quando la zia mi portava con sé in quella casa e doveva lavorare al telaio, mi faceva sedere accanto. Io un poco avevo paura perché per la mia statura era enorme come un castello, e ancora lo ricordo così.
 Abilissima si destreggiava con spole, manubri e pedali, filo per filo, come il lavoro richiedeva. Come quando Johan Sebastian Bach, in chiesa, durante una funzione, eseguiva la notissima Toccata e Fuga in re minore BWV 565.
 Zia Angeluzza, come la nonna Lisa, cardava la lana, dopo la filava col fuso e come Van Gogh la colorava  con colori brillanti che ancora reggono col passare degli anni. Operazioni ormai dimenticate e scritte solo nella memoria di pochi.
 La zia, data la poca distanza di anni che la separavano, competeva con papà, e a volte sgridandolo pure ne aveva timore. Era lei che mi portava, assieme a Gianni, da mastru ‘Ntoni u barveri per quella che era una vera tosatura; il quale, per farmi arrivare all’altezza giusta della spalliera, sui braccioli della sedia appoggiava una tavola ed io mi arrampicavo sopra. In quei momenti la zia si parava davanti allo specchio e non facendomi rispecchiare comandava il povero mastru ‘Ntoni che battendo i piedi per terra sollevava polvere e peli.
 Coincidenza della vita, la zia ora riposa vicino al nonno Rosario, il quale ha perso la sua sposa, portata lontana oltre lo stretto.

 SDG - Soli Deo Gloria

giovedì 12 maggio 2011

Numero Deux (reg. Jean-Luc Godard - 1975)

C'era una volta in Platì pt 1 from gino on Vimeo.
Cera una volta in Platì pt 2 from gino on Vimeo.

mercoledì 11 maggio 2011

L'Ora Blu (episodio da Reinette e Mirabelle, reg. Eric Rohmer - 1987)



La vera carità esige studio della della natura, del buon governo della terra e delle molte conoscenze capaci di renderci soggetti di azioni responsabili nella Creazione.
Wendell Berry

martedì 10 maggio 2011

Picnic ad Hanging Rock (reg. Peter Weir - 1975)




 Come dice il generale Corman (G. D. Spradlin) al capitano Willard ( Martin Sheen) all’inizio di Apocalypse Now di Francis Ford Coppola a proposito del colonnello Walter Kurtz (Marlon Brando), ”ogni uomo ha un suo punto di rottura, noi due l’abbiamo, Walter Kurtz ha raggiunto il suo”, io, con la morte della mamma, avevo raggiunto il mio.
 Per rinascere dovevo necessariamente tornare alle mie origini, alla mia terra, risalire il fiume (per me il Bonamico) come il capitano Willard,  tornare a Platì e immergermi negli affetti di quelli a cui volevo più bene. L’avevo lasciato quasi di nascosto in una mattina d’autunno, nel buio, salendo con papà sull’autobus che partiva alle cinque e mezzo diretto a Reggio, io destinato a Messina.
  Per arrivare al paese, da Bovalino,  il primo punto che cerco per dirmi che sto andando a Platì è Pietra Cappa. Rivedendola da subito capii che era la prima leggenda che dovevo sfatare. Se ne dicevano tante intorno a quel luogo, quello che l’ha condannata per tanti anni è stato il definirla rifugio di briganti d’apprima, nell’ottocento, e latitanti, nel novecento. I più briganti di tutti sono stati i reporters e i cameraman della televisione con quelle inquadrature dall’elicottero, ed in questo Pietra Cappa rivaleggiava con il crocifisso dello Zervò. Ma tutto passa ed alla faccia dei reporters e dei cameraman Pietra Cappa rimane ben piantata alla terra, e mi aspettava.
 Per  scoprirla ho avuto un complice che è stato anche una guida, ma anche un lasciapassare: lo zio Ernesto.
 Lo zio in quegli anni si avviava verso gli ottanta, ma quando traduceva il greco o il latino, o giocando a scopa prima di andare a tavola, ridiventava arzillo e vivace. Solo con le escursioni in giro per i dintorni del paese lo potevo staccare da quella che era diventata la sua ultima vocazione: stare davanti al computer.
 Sentendomi parlare di Pietra Cappa alzò gli occhi al cielo, storse la bocca, sbadiglò, e si sarà chiesto pure se non ero troppo sventato. Disse che doveva chiedere a Micuzzu u sacristanu per conoscere la situazione del percorso da farsi per arrivare al Monte. Io cercavo di tranquillizzarlo dicendo che i miei amici di Natile avevano dato lo sta bene e magari anche la compagnia.
 Un pomeriggio, di nascosto alla zia Amalia, per non farci dissuadere da lamentele e paure, partimmo. Io alla guida della mia Peugeot 305 station vagon e lui al mio fianco ben in vista. Fu una scoperta ed una visione per tutti e due. Colombo magari scoprì l’America, io, tardi, scoprii Pietra Cappa.
 Insieme  ritornamo altre volte portandoci anche la zia Amalia e la zia Gemma; una volta  facemmo da guida, allora fresco di nomina, al vescovo  Mons.Giancarlo Brigantini, che non perse l’occasione di avvicinare i pastori e i forestali che incontravamo; sempre tornavamo indietro spingendoci fino a San Luca per completare il giro.
 Ai miei amici di Natile però devo il giro, fatto spesse volte, vero, attorno e alla base della Pietra. In quelle occasioni mie guide e complici sono stati Michele e Pietro, ancora ragazzi, i figli di Mimmo Mezzatesta. Partivamo sempre con una merenda che metteva le ali ai piedi: pane e peperoni fritti preparatoci dalla loro energica mamma Maria.
 Ogni volta è stato un incanto, ma anche un invito a fermarsi e considerare quanto avevo perduto e quanto stavo per perdere.

 Soli Deo Gloria

A proposito di visioni, questa volta lisergiche, vi consiglio di ascoltare qualsiasi cosa vi capita per le mani dei Grateful Dead, ma forse più che altro il Live/Dead. Se vi sentite troppo vecchi allora vi consiglio i Kula Shaker (Jerry was dead).


venerdì 6 maggio 2011

No Compassion - Talking Heads


Se avessi l'anima in pace e fossero troncati per sempre tutti i miei legami col mondo, potrei meglio sentire la pace che traspira e trasuda dalla terra, ma l'anima mia sebbene entra in colloquio con essa non sente la quiete ma una faticosa vicenda di moti che vanno e vengono.
Antonio Fogazzaro, op. cit.

Le foto sono di Maugeri

mercoledì 4 maggio 2011

Fino all'ultimo respiro ( reg. Jean Luc Godard - 1960)


Donna Bettina Mittiga Gliozzi
1884 - 1970
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Platì, 10 luglio 1970