Guardati di Platì, l’anticu dissi -
ca mbischi cu la strada comu passi
DIVAGAZIONI DI CASA NOSTRA
Storia e leggenda
sulle origini di Platì
Il paese sarebbe sorto appena 5 secoli fa
Platì, 17 aprile
Controverse sono le notizie tramandateci circa le origini di
Platì; si sa solo, ma con una certa approssimazione, che nacque non molto tempo
fa; appena cinque secoli. Chi lo dice? I famosi e folkloristici «vecchi».
Bisogna credere a quello che dicono i vecchi. Una volta uno di
questi mi disse che per guarire la febbre di malaria bisogna portare il malato
in campagna, e pronunciare una formula: «Frevi
frevi maliditta - ccà ti pigghiu, ccà ti dassu, ccà ti pigghiu quandu passu».
E io ci ho creduto: un mattino di dicembre, feci alzare dal letto il mio amico
Ciccio Donarom*, che aveva la malaria (sebbene
si fosse in dicembre!) e lo portai in campagna a recitargli la formula: la
febbre di malaria gli passò istantaneamente: e gli venne la polmonite.
Ma chiedo scusa della disgressione e torno alle origini di
Platì. Una vecchia composizione poetica, di un poeta molto saggio, ma anonimo,
cosi parlava della fondazione di Platì:
«Carlu Spinelli fundau stu paisi - e sarapozza mu nd' avìa annorbatu
- ammenzu a ddui hiumari e rocchi mpisi - é malu fatu e malu situatu. – Lu
ventu non ti lassa li cammisi - e non ti dassa no' pigghiari hiatu! Guardati di
Platì, l’anticu dissi - ca mbischi cu la strada comu passi».
Chi era Carlo Spinelli? Chi dice che sia stato un cosentino,
chi, dice che sia stato catanzarese.
O cosentino o catanzarese sarà stato di certo, e lo dimostra
la abbondanza di cognomi: «Catanzariti», «Cosenza» che ci sono nel paese. Un pò
toccato sarà stato pure, perché se no, non andava a piazzare il paese in una località così infelice.
Crediamo opportuno menzionare un’ultima teoria sulla
fondazione di Platì quella, un pò fantasiosa, secondo la quale, quando il
Signore andava in giro a seminare i paesi, colpito dalla bellezza del panorama che si godeva nella nostra zona, scelse
accuratamente un grosso seme dalla bisaccia, e lo piantò per terra, ai piedi
dell’Aspromonte.
La leggenda, lo ripetiamo, è abbastanza fantasiosa, ma
spiega pienamente la particolare intelligenza di cui è dotato il popolo
platiese. Ed è preferibile, comunque, a quella secondo la quale Platì sarebbe
sorto da nugoli di fuorilegge che eressero nella zona il loro covo. Questa
teoria è smentita dalla realtà del nostro tempo.
Nei famosi «racconti d'Aspromonte», lo scrittore Francesco
Perri, mentre narra le origini dei vari paesi vicini al nostro, dimentica di parlare anche dell'origine di Platì:
ci fa un grosso torto, ignorandoci. Da noi, infatti venne secondo una leggenda
più recente, il completamento delle avventure di Gesù e dei discepoli nella
Calabria. La leggenda è stata già narrata su un quotidiano romano, da un nostro
caro concittadino: G.* Spadaro.
Dice, in sostanza, che al tempo in cui Gesù girava coi
discepoli per la Calabria, dopo essersi fermato a Bovalino (sempre secondo la
leggenda narrata dal Perri), e avere condannato il paese a stare per sempre
senza acqua potabile, dopo essersi fermato a Benestare e avervi benedetto tutti
gli alberi di fico, e dopo essersi fermato a Careri e averlo condannato alla miseria,
dopo questi giri passò pure da Platì. Arrivato che era notte (qui comincia la
leggenda narrata dallo Spadaro), in un vicolo buio, San Pietro cadde e si ruppe
la testa. A tastoni, e imprecando sotto voce, San Pietro trovò l’uscio di una
casupola e bussò dicendo: «Per favore, fateci lume!». Dal di dentro una voce
rispose: «Nemmeno da parlarne; ho solo una lucerna a olio: se esco fuori il
vento la spegne, e resto al buio del tutto. Imparate a camminare di notte!!»
A quest’uscita, pare che Pietro abbia perso la pazienza e
abbia risposto «vento e buio non mancheranno mai da questo paese!!» E fu
profeta perché in effetti, un po' di vento a Platì, non manca mai e in pieno
anno 1956 la luce elettrica non funziona ancora.
A questa leggenda dunque bisogna credere ciecamente. Essa ha
solo il torto, in fondo in fondo, di contraddire alla storia che vuole Platì
vecchio di appena cinque secoli.
Ma in queste cose si sa che è difficile raggiungere un
accordo: chi la vuole cotta, chi la vuole cruda, chi la vuole salata, e chi
senza sale. Così, allo scrivente, piacerebbe che fosse attendibile la leggenda
secondo la quale fondatore di fu un certo Leone Fera, in un'epoca molto
lontana: circa duemila anni addietro.
Questo Leone Fera era, a quanto dice la leggenda, un uomo
astutissimo; riuscì a espropriare un grosso tesoro al diavolo, e con esso fondo
il paese. Sarà vero? I soliti Vecchi lo affermano ciecamente. Ma il tesoro,
dove sarà andato a finire?
MICHELE FERA
Testo e foto: GAZZETTA DEL SUD, 18 aprile 1956
* Donarom … sa tanto di
Marando.
* Gianni.
Il titolo di oggi, sebbene di un regista di mezza tacca, centra bene il tema svolto da Michele avvocato Fera