PAROLE PRONUNCIATE
AL CAMPOSANTO
I lieti eventi
Tardi – aspettati – giungono
E non sempre.
Presta soltanto è la sventura
Intraveduta appena
Ella ci è sopra
(Manzoni)
Conterranei,
La moglie di Giosofattino Furore è morta, dunque!
Mattia Migliaccio non è più! – E’ volata in cielo – dicono le anime buone, i religiosi, tutti quelli che hanno una visione di là della tomba … sì è volata in cielo! Ma stavo per dire che è, anche, una sventura, - una di quelle sventure che non si riparano con le solite frasi convenzionali; una sventura per tutti noi, - per la famiglia in primo luogo – e per i poveri.
Quando Mattia Migliaccio in Furore ebbe la chiara conoscenza de le miserie di questo popolo; quando d’intorno a lei vide una turba che le chiedeva soccorso, fu tutta a moltiplicarsi per tutti e si diede, col marito, a quella cristiana beneficenza che oggi le rende il contributo.
Fu buona di quella bontà che non conosce infingimenti; fu d’una cristiana educazione, che non ammette particolarità di persone e fu mite ed umile di spirito – secondo il Vangelo.
- Era, forse, un Angiolo!
- Dubito poco, veramente, ma se i meriti nostri fossero migliori non temerei di giurarlo.
Voi che la conosceste da un anno, - ditemi – non vi sembrava di vedere una santa quando passava per le vie del paese, quando pregava in chiesa, quando beneficava i poveri!
E voi, persone familiari, ditemi un poco, voi, - perché amavate la Signora Mattia Migliaccio siccome una madre, siccome una sorella?
- Non è forse vero che la sua morte è una svenuta?
- Non dicevo bene che l’abbiamo perduta tutti, tutti, indistintamente?
O voi che siete venuti qui, per rendere l’estremo contributo di pianto su questa bara, - ditemi se certe ferite del cuore si possono sanare mediante un meschino elogio; mentre a quest’ora, si dibattono, nel dolore più selvaggio ed intenso, un marito, una madre ed una sorella?
Io vorrei che queste lacrime fossero come quelle che il Nazareno, un giorno, versava sulla tomba del suo morto amico ed avessero la virtù di richiamare in vita questa madre, moglie, figlia! …
Vorrei che tu, o popolo riconoscente, avessi ancora la tua buona fata, l’angiolo del soccorso la santa delle sventure!
- Ma che ! ! …
E’ la tragica ora della morte!
Passa, trascinando dietro di sé i cuori lacerati! – Scopritevi ! Salutate questa vittima che è pure una madre!
Stringetevi intorno a questo cadavere; e, quand’altro non ci resta, ricorriamo alla Fede.
Un giorno, il Biondo di Nazaret alla desolata che gli chiedeva la vita del fratello estinto, rispondeva teneramente, soavemente così: “ Chi crede in me, anche se è morto, vive … Chi crede in me non morirà in eterno!”
O parole, che avete la potenza di suscitare i morti, come di risvegliare nei cuori le più belle speranze; voi solo restate e potete essere profferite con cuore fermo ad occhio asciutto dinanzi ad una bara!
Voi sole potete rimarginare i cuori; i cuori affranti e lacerati, che si fasciano solamente con le bende del conforto. E non fa bisogno pertanto, che in questa luttuosa circostanza, voi ripetiate le parole del Maestro a quello sventurato marito. – Egli la vede! Non so se sia con gli occhi della fede … La vede presente ne le notti insonni, ne le stanze deserte, nel vuoto che lo circonda! … Lo segue come un lieve frusciare di vesti, come una fiaccola che si spegne per accendersi di nuova luce … e la vede, la vede sempre, dovunque guarda e passa mestamente quest’uomo sventurato; finché non la raggiunge in una patria, che non è certamente terrena.
Diceva il Grande Poeta di Bologna che i morti, passano una volta il guado del gran Forse, stanno troppo bene per non ritornare da noi.
No, non è vero! Noi imbalsamando la memoria dei nostri cari defunti, li vediamo in tutte le nostre operazioni: gioiscono delle nostre gioie, come si dolgono delle nostre afflizioni e – se la fede non manca – sono le migliori guide che ci conducono in cielo.
Concludo che quell’angiolo di cui vi parlava è sparito unicamente dagli occhi nostri, per vegliare invisibile sopra di noi.
Volò ne la patria de le anime per ricevere dal Re della Gloria la risurrezione e la vita, volò, perché la terra è fredda e squallida e a traverso i cieli d’opale possano spaziarsi liberamente gli spiriti dei buoni. - Mattia Migliaccio in Furore era nata fatta pel cielo! …
Addio dunque, o mite signora, che spandevi il miele ed il profumo dalle labbra, Addio fata benefica, Addio angiolo dei poveri esempio perenne de le signore, Addio!
Riposa in pace la tua salma e ti sia madre la terra che ti riceve. Se di tutti i fiori di maggio ne facessimo un mazzo profumato, non basterebbe ad abbellire la tua tomba: Vincesti ne la purezza i gigli, fosti più modesta de le viole, le rose ed i gelsomini ti diedero il loro profumo – oh tu, certamente, non eri fatta pel mondo;
- Muor giovine colei che al cielo è cara.
Sac. E. Gliozzi