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venerdì 30 settembre 2011

Il padre della sposa (reg. Vincente Minnelli - 1950)

nonno Luigi 02/10/1880 - 12/12/1957
in piedi da sinistra, la mamma, zia Iola, il futuro zio Mimì e zia Rosina sua futura sposa

Gliozzi Luigi + Mittiga Rosario + Platì = Luigi Mittiga

giovedì 29 settembre 2011

Twentynine Palms (reg. Bruno Dumont - 2003)

prima e dopo l'11 settembre c'era e ci sarà sempre il








se non c'è quello nero

mercoledì 28 settembre 2011

Watermelon - Leo Kottke

Le nostre più grandi fobie, come le nostre più grandi speranze, non sono superiori alle nostre forze, e alla fine siamo sempre più capaci di dominare le une e realizzare le altre.
Marcel Proust, op. cit.

martedì 27 settembre 2011

Il cittadino si ribella (reg. Enzo G. Castellari - 1974)


Vi voglio punzecchiare con un fatterello accaduto a Freni, mio vicino in urbe, più o meno come lui l'ha raccontato a me per strada.
Freni è una brava persona, quella che da noi si dice "a posto". La sua signora no, grida dalla mattina alla sera con cupa voce nasale, grida al marito ed al figlio, a Polli - una cagnolina yorkshire presa in famiglia quando l'unico figlio era piccolo, per farli crescere assieme e socializzare -  grida per telefono ai colleghi di lavoro e a quelli della porta accanto, anche a me grida ed alle blatte che circolano in cortile.
Freni, sfortunato con il lavoro, conduce la casa, sia nei servizi come nel preparare i cibi per moglie e figlio, pascolare Polli. Contemporaneamente deve cercarsi un lavoro o frequentare corsi per acquisire una qualifica che vale solo come una speranza per il futuro.
Freni è in cassa integrazione da oltre dieci anni, era dipendente della vecchia Telecom Italia - non quella dei Tronchetti della infelicità Provera, e sbatte la testa contro tutti i muri di gomma del ministerolavoro, assessoratoregionalelavoro, ufficioprovincialelavoro, ed in fondo, all'ufficio di collocamento, ora centro per l'impiego, perfino dalle suore dello Spirito Santo ha bussato, senza risposta.
Senza più alcuna fiducia, armato di buona volontà, prende carta e penna e fa domanda di pensionamento all'INPS.
Dopo qualche tempo, e non contandoci più, il nostro eroe, perché è un eroe per questi tempi oscuri per chi vuole lavorare, riceve la convocazione, addirittura dal direttore in persona dell'INPS: non jabba e non maravigghia, il direttore con uno stipendio garantito ed una pensione garantita, ricavata dai versamenti scippati dalle buste paga.
Il nostro superdirettore forse si è sentito prendere in giro, e con lui la nazione intera, con una richiesta azzardata, per ciò prende lui l'incarico di una reprimenda.
"Egregio signor Freni, quanti anni ha?"
"Quaranta, vossignoria."
"E come sta in salute?"
"Bene!", toccandosi tra le gambe, "grazie al padreterno", a pugno chiuso alza indice  e mignolo
"E come mai essendo così giovane ed in buona salute ci fa pervenire questa domanda di prepensionamento con largo anticipo, visto che ancora può dare un contributo per lo sviluppo della nostra nazione?"
"Illustrissimo signor direttore, lei mi dice che sono ancora giovane per la pensione, e perche ad ogni mia domanda di occupazione mi licenziano dicendomi che sono troppo vecchio per qualsiasi lavoro? Eccellenza , mettitivi d'accordu"



lunedì 26 settembre 2011

Sbatti il mostro in prima pagina (reg. Marco Bellocchio - 1971)

Messina 1965
Summer days
Li chiamavano Apostolini
Se la pubblicazione risale al 1970, la foto è molto precedente, 1965
Palermitani, catanesi messinesi e reggini i ragazzi. 
Il traghetto, in rotta verso Reggio, era stato battezzato come Aspromonte.
C'era anche da scegliere tra Beach Boys, Beatles, Byds ...
Clint Eastwood su tutti

venerdì 23 settembre 2011

Im abendrot (andando a dormire) - Richard Strauss

zia Serafina Gliozzi - la prima seduta alla vostra destra - 23/09/1877 - 26/06/1963

in prima fila: lo zio Ciccillo, la nonna Lisa, la zia Gemma- all'anagrafe Serafina - e dopo la zia Serafina
in piedi: la zia Amalia con Gianni, la mamma e la nonna Mariuzza

La zia Serafina è molto legata alla famiglia di nonno Rosario: lei abitò la casa in via 24 maggio con il marito Antonio Zappia fin dalla sua edificazione nel 1890, prima che il nonno la comprasse dal nonno Luigi, e lei era l'intestataria del pezzo di Rocca che poi andò in dote alla mamma. La zia rimasta vedova, ancora giovane, si prese cura dell'altro suo fratello Ernesto nelle varie parrocchie in cui veniva assegnato, morto pure il fratello andò ad abitare in casa del nonno Luigi il resto dei suoi giorni. E' stata una bella fortuna nascere in tempo poterla conoscere.


giovedì 22 settembre 2011

Razza padrona (reg. Roland Klick - 1974)


Sfortunatamente non esiste un arbitro imparziale che giudichi i meriti della razza umana, ma per quanto mi riguarda, quando penso ai suoi gas tossici, ai suoi studi sulla guerra battereologica, alla sua cattiveria, alle sue crudeltà e oppressioni, giudico la razza umana, considerata la gemma del creato, qualcosa di molto opaco.
Bertrand Russell

mercoledì 21 settembre 2011

La legge del lungo fucile (reg. Harry Keller - 1958)




Con l'impressione, mia, di annoiarvi, parlando di campagna e di quanto mi accade di osservare dalla mia postazione davanti - quello che buoni amici definiscono - l'eremo, questa volta scriverò di una attività inutile, quanto inutili sono quelli che la praticano, per non dire lucrosa per l'erario. Ma non dovete pensare che stia sempre in ozio e a non portare avanti quelli che sono i lavori di routine e stagionali, le coltivazioni e la  pulizia del terreno, del resto le mie foto parlano per me; anzi vi dirò che quest'anno la coltivazione estiva ha prodotto tanto che alla fine ho dovuto lasciare metà dei prodotti sulle piante... per mancanza di pance adeguate. Le mie galline vedendo un cetriolo o melone mi sputano addosso per quanti ne hanno beccati. Di questo altro malessere, annoiandovi, ne scriverò in un prossimo post. Ora è tempo di caccia e cacciatori.
Il primo cacciatore che ho visto nella mia vita, da bambino, è stato lo zio Ciccillo. Dopo la messa mattutina celebrata alla chiesa del Rosario, passava davanti casa,  fucile a tracolla della tunica, cartucciera e sigaretta tra le dita. Vedendomi mi diceva "nginu, perché lui mi apostrofava nginu per prendermi in giro, chiffai?"  Io, "nenti e tu?" "Non viri vaiacaccia!" Io non capivo  cosa andasse a cacciare, quali besti introvabili e feroci potesse uccidere.
Per dire la verità i fucili li possedeva pure lo zio Pepé, ma lui armato non l'ho visto mai, se non del suo sorriso affabile; anzi, come ho già scritto tempo fà, alle volte il bersaglio era lui, quando tornava dalle sue incursioni esattoriali.
I tempi sono cambiati e i cacciatori lo sono anche.
Oggi davanti vi compare un tizio tutto indivisato, armato e mimetizzato, gli pare a lui.
Percorrono le trazzere di campagna in Panda 4x4, Suzuki o quell'orribile pick up della Nissan, facendo finta di non vedervi, accecati da quei rayban alla Tom Cruise.
Mi chiederete invano cosa caccìano, loro vanno a caccia della noia. Noia della loro vita, delle loro mogli e commari, del lavoro e dei vicini di condominio. Da sparare, se hanno la fortuna, accoppano solo animali fantasma, buste di plastica, alzate da qualche piccola boriella... e i miei gatti, annoiati, loro si, di vedermi sempre tra le loro zampe. Questi nostri cacciatori un animale, come Robert De Niro ne Il Cacciatore di Michael Cimino, negli occhi non l'hanno mai guardato, e neanche gioiscono, come quelli descritti in Guerra e Pace da Sergio Leone Tolstoi.
Alla fine ritornano dalle loro signore; nel paniere, alcune bestiole macchiate di sangue che le signore non vogliono neppure vedere; quindi non resta che metterle nella spazzatura, armarsi di telecomando e puntarlo al tubo catodico.
Nei monti di Platì, Natile, San Luca e Ciminà si praticava e ancora si pratica una caccia molto più arcaica ed ecocompatibile: quella al ghiro. Non è mutato niente nel metodo, senza sparare un colpo, sotto un masso, tenuto sollevato da un tronchetto di ramo, si mette una ghianda, il ghiro vedendola, per afferrarla, corre, e incespicando contro il tronchetto fa cadere il masso: il pranzo è servito. Sugo con spaghetti e ghiro.
Io quella roba ho cercato di farmela piacere, ma non c'è stato verso. Per i mie amici natiloti è un pranzo prelibatissimo. La mamma lo preparava per papà, ma in casa quell'odore ci faceva scappare nauseati, meglio spaghetti affogati in un bel ragù di  capra con una nevicata di ricotta salata.


The Deer Hunter - Original Clip from James Bell on Vimeo.

QUESTO E' CINEMA!

martedì 20 settembre 2011

Fra Diavolo (reg. Roberto Roberti - 1925)

Il figlio del diavolo
Lo chiamavano Caci
Novella
 Egli è un personaggio misterioso. I monelli del paese gli affibbiarono un nome strambo d’un significato tutto proprio che un poliglotta coi fiocchi non ti saprebbe dire a quale lingua appartenesse.
 Lo chiamavano Caci.
 Le mamme si servivano del suo nome per tenere a freno i figliuoli, come ne la Spagna una volta i comprachicos erano lo spauracchio dei bimbi. – Veh ti porto da Caci – dicevano. E i bimbi strillavano, si nascondevano, piangevano i poverini! Ed avevano ragione .
 Sul conto del povero Caci s’era fatto un monte di corbellerie: lo dicevano ateo, scomunicato, Makammetta in persona e non mancavano delle lingue di fuori che lo battezzavano figlio del Diavolo addirittura.
 Io queste cose non le credo.
 Una volta su l’Ave Maria lo videro con una canna in mano prendere la via del fiume: andava a far pesca d’anguille. I maligni non si orizzontarono su questo punto e dissero che andava a contrattare con suo padre il  Diavolo.
 La paura dei bimbi cresceva, Caci vedeva sempre più ingigantirsi il vuoto d’intorno e le donne avevano imparato un’altra: si segnavano quando lo vedevano passare.
 Eppure Caci in fondo in fondo non era malo. Se non andava in chiesa aveva le sue millanta ragioni a non andarvi… Egli una volta era dalla camicia rossa, non aveva imparato a trattare i santi da suoi pari, né si lasciava posare mosca a naso. – Se i santi non mi rispettano – diceva – io non li rispetto.
E un giorno mise alla porta un tale che questuava per la festa di San Rocco, perché il santo non l’aveva liberato d’un ascesso. – Va via, - gli disse – mascalzone, non ti do niente. Il popolino rimase sbigottito da questo fatto aspettando sospeso il castigo del santo.
 Due giorni dopo Caci era agonizzante:
 Le donne gioivano, i monelli passavano fuggendo e lanciando sassi sulla porta dell’ammalato che si dibatteva tra i tentacoli della morte.
 Don Saverio il parroco si decise d’andare.
 Di  fatti una mattina i monello lo videro entrare nella casa dell’ammalato e a bocca aperta rimasero ad aspettarlo per vedere se uscisse sano.
 Don Saverio uscì raggiante di gioia.
 Un momento dopo le campane suonavano a storno, i ragazzi in chiesa si bisticciavano; chi voleva l’ombrello, chi le lanterne per accompagnare il S.S. – Si portava il viatico a Caci.
 Quando la processione arrivò alla porta dell’ammalato tutti s’inginocchiarono; don Saverio entrò accompagnato dai bimbi con le lanterne che ancora tremavano a verga.
 A l’apparire del parroco Caci, con uno sforzo, si rizzò in mezzo al letto, le lacrime gli rigavano il viso: era calmo, sereno, ispirato. - Padre, - disse con voce fiacca, - io non son degno di ricevere nel mio petto il re del cielo. – Figlio – rispose il prete appressandosi – Iddio ama la pecorella smarrita.
 Il figlio del Diavolo diveniva figlio della Grazia.

Sac. Ernesto Gliozzi senior

I due signori della foto non so chi potevano essere, ho solo la foto originale senza indicazioni.
Roberto Roberti era lo pseudonimo di Vincenzo Leone padre di Sergio Leone Tolstoi.
Questo post è dedicato a Francesco Violi di Raimondo.

lunedì 19 settembre 2011

Lascia ch'io pianga - G. F. Handel

Maria Trimboli - nonna Mariuzza
Platì 16/09/1887 - Messina 13/07/1976
alla sua destra suo fratello Antonio emigrato in America e alla sua sinistra papà traslocato a Messina

Per me Trimboli è il più bel cognome di Platì, la nonna come potete vedere era bellissima ed elegante, nonno Rosario in questo fu fortunato perchè quell'eleganza lei non la perdette mai. Questa unione Trimboli/Mittiga unica nel paese, io ebbi la "cruda sorte" di viverla per qualche tempo nella città zanclea, sempre pensando alla nonna e facendo notare a tutti la mia fortuna e il destino, che ebbe una svolta, ma Platì molto più avanti, e ancora con una svolta si ripresentò nella forma delLa Rocca. Ed io oggi gioisco per la nonna e per la mia fortuna.



martedì 13 settembre 2011

Creste of wave - Rory Gallagher


Albert e Antonella
LA ROCCA IN SPAGNA
Antonella è stata la prima seguitrice di questo blog il suo bel logo è il primo.
La foto è stata scattata a Montalbano Elicona dove possiede una bella casetta nel centro medievale,uno scorcio lo potete vedere alle loro spalle nella foto, i suoi genitori la tengono sempre a posto e ne sono innamorati pure loro, tant'è che hanno lasciato quella del Faro per accudire a questa, ma i ricordi rimangono faroti.



venerdì 9 settembre 2011

Ebben ? ne andrò lontana - Alfredo Catalani


zia Rosina   Platì 12/09/1910 - Pescara 16/04/1997
Miss Platì 1941 - XIX dell'ex era del fascio



giovedì 8 settembre 2011

The trip - Donovan


    Un viaggio, di per sé, che giovamento ha mai potuto dare? Non modera i piaceri, non frena le passioni, non reprime l'ira, non fiacca gli indomabili impulsi dell'amore, insomma non libera l'anima da nessun male.
Non rende assennati, non dissipa l'errore, ma ci attrae temporaneamente  con qualche novità come un bambino che ammiri cose sconosciute. Rende, invece, lo spirito, già gravemente infermo, ancora più incostante, e questo agitarsi lo fa diventare più instabile e volubile. E così gli uomini abbandonano con più smania quei posti che avevano tanto smaniosamente cercato, li oltrepassano a volo e se ne vanno più velocemente di quanto erano venuti.
Lucio Anneo Seneca, op. cit


mercoledì 7 settembre 2011

Fermata d'autobus (reg. Joshua Logan - 1956)



Si sa, Certi accadimenti non fanno congrega per caso. Unite un cambio di casa a Messina, una cugina americana in vacanza e … Marilisa a Bovalino. Che succede?,  su invito della cugina io mi mollo e per una notte dormo in terra natia, compreso un bagno serotino nel mare più bello del mondo, alla faccia di Panarea.
Ma riavvolgiamo il nastro.
A seguito dello smantellamento dell’appartamento originariamente affittato da papà, causa il TRASLOCO avvenuto l’ottodicembredelmillenovecentosessantotto nella città del pescestoccoajiotta, vengo in possesso di quanto appartenuto ai miei genitori: raccolte varie di libri di chiesa della mamma, le sue immaginette votive, qualche lettera, qualche cartolina, mobili tarlati, pezzi del corredo matrimoniale e dei regali di nozze, passaggi di proprietà e successioni…soprattutto le agende che papà teneva dal 1973 al momento del suo ricovero in ospedale – quelle pagine bianche fino alla fine del 1986 hanno aperto una ferita chejettasngu per tutti i miei rimorsi nei suoi confronti -.
Anno per anno la scusa  era la contabilità familiare che vuoi per capriccio vuoi per passatempo, papà compilò minuziosamente. Sono appuntati anche gli avvenimenti importanti di quegli anni, dai “trapassi” ai ricoveri ospedalieri,alle visite sempre in ospedale ai paesani ammalati… e su tutti, per me importantissimi, annotava i suoi ritorni a Platì molto spesso per la Rocca e Roccudarocca, da dove proveniva l’olio che consumavamo. I viaggi molto dopo li poté fare in macchina, quando in casa comparvero le patenti, ma dapprima erano in treno e con le mitiche autolinee Panuzzo.
Durante queste mia lettura serale arriva Lisa dall’America, e Marilisa: “ Gino, senti, stavo pensando,   domani sono a Reggio, perché non vieni con me al ritorno per salutare la cugina, magari il giorno dopo te ne torni col primo autobus in partenza.
Dapprima mi aggrediscono i miei sensi di colpa per una negazione ma quell’idea del ritorno in autobus mi ringiovanisce. Lisa mi perdoni, il pensiero di rifare il percorso fatto molte volte per venire a Messina mi accende.
Ora le autolinee Panuzzo non esistono più, ma quel che più conta non esiste più il paesaggio,  che mi portavo dentro e, peggio, non esiste più quella tremarella che prendeva tutti quando l’autobus per arrivare a Bova Marina doveva doppiare quel capo a picco sul mare e non potendo due mezzi attraversarlo contemporaneamente in senso contrario faceva venire la pelle d’oca. E per la mamma
la crisi di vomito che subentrava, per cui partiva sempre con panni e asciugamani occorrenti per la bisogna.
Forse non esisto più io.



martedì 6 settembre 2011

L'uomo della croce (reg. Roberto Rossellini - 1943)


Il sacerdote Filippo Gliozzi morto a Natile il 19/03/1888
vi lascio immaginare quanto sono vecchie queste stampe  -ha qualcosa dello zio Ciccillo -

venerdì 2 settembre 2011

Lettere d'amore (reg. Martin Ritt - 1990)


Quando la mamma si chiamava Rina e papà Franco





Mia cara Rina
Sembra strano per manifestarti un sentimento s’amore, dover usare la penna. Io non me lo so spiegare e penso con ragione al tuo carattere che non ti vuoi spiegarti. Io son pienamente convinto che tu mi vuoi bene, ma però penso che il tuo bene non può arrivare al mio, per la ragione semplicissima, per me sono anni, dico anni, che il mio amore a dei battiti speciale per te, mentre in te sta nascendo  questo sentimento, ora è vero? Tu cara mia se ti sei accorto questo amore a me mi a assorbito, e vivo semplicemente per te. E una tua parola un tuo sorriso mi solleva e mi fa vivere in una voluttà indescrivibile. Io nei tempi passati prima che mi spiegavo, pensavo che se tu non accettavi questo amore per me non cera gusto di vivere per certo ti accorgi il periodo di fidanzamento che sarebbe, per gli altri i migliori tempi, per noi invece passano lenti, che ciò una rabbia che certe sere o i nervi  e come. Smetto perché non so se ò perduto il tempo a non potertela consegnare mentre ti mando pensieri e saluti cari accompagnati dun bacetto.
Dicendomi il tuo per sempre
Franco




Mia cara sorella
Forse, o senza forse, non ci riuscirò a scrivere su questo foglio tutto quello che ti vorrei dire perché le parole adatte a formularti gli auguri per tale circostanza mi ci trovo di più a ripeterle col cuore che con le labbra e il cuore tante cose sa più sentirle che esprimerle.
Mia cara Cata, non ti potrò accompagnare all’altare, come faranno le altre nostre sorelle, ma non per questo mi dovrai credere lontana, ché anzi ti sarò più vicina che mai. La prima visita, e la più bella, te la farò la mattina del prossimo giovedì alle ore sei: sai come? Coll’inviarti la Santa Comunione: poi durante il giorno ti seguirò col pensiero e con l’affetto. Nell’ora della cerimonia ti vedrò nel candore d’un velo, simbolo della tua anima pura, o mia buona sorella, e m’inginocchierò anch’io presso l’Ospite dei Tabernacoli per innalzare a Lui la mia preghiera implorante su te e sul tuo sposo le più elette benedizioni. La sera di quel giorno invece sarà meglio ch’io diverta ad altro il mio pensiero, per non dover pensare la casa nostra senza te: questo pensiero mi da una stretta al cuore e non voglio pensarci…
Saluti a tutti i vostri, a voi e a te sorella mia auguri di ogni bene.
Ti bacia col solito immutabile affetto la tua sorella
M.Gemma

Roma1/2/947

giovedì 1 settembre 2011

La montagna sacra (reg. Alejandro Jodorowsky - 1973)





A Polsi
La pia leggenda calabrese

Ode

Allora quando, di spineti densa
                                                  - covo selvaggio di selvagge vite -
regnava questo luogo inospitale
sola, la morte.
E dalle scorze degli acuti pini,
dai larici virenti e dai querceti
scendevan torme di silvestre ninfe,
di fauni e fate,
che qui, nel terso gorgoglio de l’acque
- sotto la fresca nostalgia de l’ombre -
  bagnavano le nere ed ondulate capigliature…
Allora appunto fu che ruppe, ansante,
tutto l’incanto d’una vecchia etade
il pio muggito d’un torello in fuga, lungo, sonante.
E con la forza di lunate corna,
- come se dentro l’iveitasse un nume –
dove le fate si posavan prima
scavò la terra.
Poi, quando apparve su la nera zolla
un Simbolo di Vita… il faticante
suo lavoro sospese e, riverente,
cadde in ginocchio.
E non è questa quella Croce apparsa,
ond’io mi spiro a favellar con lode
di quella gente che seguì le peste del pio torello?
Non è qui, forse,  dove apparve cinta
d’arcana luce, una Regina: quale
voi La vedete – e i secoli passati li tramandarono?
Una soave melodia da l’erme
cime dei monti si partì: le fate
intesero quel canto e sprofondaro tutte sottera!...
Sola regni Maria! Come l’eterna
giovinezza d’un popolo t’onora!
Come s’intreccia sulla tua divina fronte la lode!
Palpita ancora, dentro le pareti
di questa Chiesa, l’anima dei padri;
dei forti padri che la fede ardente rese felici.
E ti innalzaro nel profondo cuore
de l’Aspromonte, viride e possente,
una gentile, di bellezze onusta mite chiesetta
dove la massa dei fedeli scese
ebbra di fede, e risonaron queste
valli feconde di sonori canti soavemente.
Regina Maria! Di nostra gente orgoglio.
Ed or che intorno palpita la vita
                                                   - vita soave di speranze care –
tendi l’orecchio.
                                                        Quali clamori a Te portano questi
                                                       fili di ferro che le nevi intatte
sorvolano e Tu senti ed annuisci, Dolce Regina?
O, non è vero che fratelli tutti
ci vuol la Madre, onde ci stringe e lega
con questi fili e per sentir le preci di tutto il mondo?
Ed è per questo che le braccia tendo
a l’amplesso soave de l’Amore;
A tutti quanti non conosco ed amo
Dico: Salvete!

dalle Sacre Vette
Sac. Ernesto Gliozzi senior



nella foto scattata a Polsi, da sinistra: lo zio Ciccillo, il sac. Giuseppe Signati di San Luca, lo zio Ernesto senior, il canonico Paolo Malafarina di Gerace, l'arciprete Antonino Pelle, superiore allora di Polsi,  il canonico Don Antonio Gratteri di Gerace e lo zio Ernesto junior . Al centro lo zio Pepé (quando la classe non è acqua).
A me danno l'impressione di dei assisi sull'olimpo, non di sacerdoti, ed il loro candido messaggero.