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martedì 14 giugno 2011

Oltre il giardino (reg. Hal Ashby, 1979)



   Poetica
Ho una casa sul mare, “casetta” la chiamo.  Ma la MIA casa è nel cuore di questa montagna aspra e terribile.  I vicoli stretti che non ho mai percorso, allontanata per essere protetta da un male che io non ho mai vissuto, la cascata vigorosa e le case lungo l’argine della fiumara, protette da un muraglione alto che non è mai riuscito a cancellarne la poesia, le strade del quartiere più alto, che ho attraversato solo in processione, e quelle della parte bassa, vissute quotidianamente tra la chiesa e l’asilo, unico luogo di ritrovo della mia infanzia. Case senza giardini. E che ricchezza il mio, con quel glicine straripante che mi ha strappato l’anima, tenendola con sé. Case che si aprivano sempre con un sorriso e che, anche poverissime, avevano sempre da offrire una fetta di pane (il più buono del mondo!) con olio e zucchero, il dolce più buono che io abbia mai mangiato. Le olive nere, piccole e salate, negli anni si sono sbiadite, prendendo il colore rossastro del sangue indurito. Anche la terra ha pianto per questi trent’anni di abbandono, in cui si è cercato solo il denaro, nel bene e nel male, ma mai l’affermazione o la fama.
Il mio paese aveva solo se stesso da offrire, a tutti noi che lo abbiamo lasciato. Noi, che eravamo la sua forza e la sua gloria, lo abbiamo consegnato alle mani di chi, più debole, forse, si è abbandonato alla ricchezza facile e di chi, sgomento, non ha avuto la forza di opporsi a quanto andava accadendo.
E’ stato un paese solo e lo è ancora. I bambini, additati a vedette, oggi bevono una speranza che non ha radici. Nessuno che gli faccia amare quei luoghi dove noi abbiamo lasciato il nostro sogno. Nessuno che gli racconti più delle fate o dell’abisso.
Non interessa più a nessuno.
Siamo i cattivi. Ci comportiamo da cattivi.
Eppure l’acqua ancora scorre e quelle mani che si alzano dal fiume, a valle della cascata, non sono le mani di chi è stato travolto. Sono le mani di ancora qui vive e chiede aiuto. OGGI. Perché l’alluvione di oggi sta facendo più vittime di quella passata che, nonostante il terrore, accarezzò il paese, protetto, allora, dalla benevola rocca.
L’alluvione di oggi siamo noi, i lontani, che continuiamo a tacere davanti alle ingiurie gratuite e che mai avremo il coraggio di mollare tutto quanto abbiamo costruito fuori e ripartire da qui.  Rischiando il lavoro e la vita e forse anche l’onestà.

Ancora un gioiello di Marilisa

4 commenti:

  1. ... Calabria ultima per affluenza ai referendum: la vita che vuoi è l'unica che avrai. Forza calabresi, tiriamo fuori l'orgoglio e la dignità che ci contraddistinguono. Saluti.

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  2. Grazie Gino...
    per le emozioni che ci regali per ogni foto, ogni titolo, ogni musica e ogni video.
    Grazie Marilisa...
    con le tue preziose descrizioni e la tua viva presenza accresci in noi l'amore per le persone e i luoghi che già amiamo!

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  3. Finalmente!!!! Qualcuno esce fuori!
    Sarebbe ancora più bello se le emozioni avessero un nome.Capisco che è difficile postare i commenti, lo è anche se ci si registra, ma se anche "Anonimo" e "Infatti..." aggiungono il loro nome alla fine del commento, come ho fatto a volte anch'io, ci sentiremo tutti più vicini.
    E più forti.

    Non volevo tornare, non sapevo che sarei tornata, non sapevo che non avrei più voluto staccarmene e oggi sono felice.

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  4. Caro/a "infatti", anche essersi mostrati indifferenti su temi così importanti è un abisso che dovevamo toccare. solo così, forse, riusciremo a prendere consapevolezza di cosa siamo e di cosa, invece e purtroppo, mostriamo al mondo.
    il bicchiere, per me, è mezzo pieno!

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