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domenica 18 settembre 2016

Giglio infranto - pt. 3




DISCORSO tenuto dal Sig. GIOV. ANDREA OLIVA

“Bonus pastor animam suam dat pro ovibus suis. (S. Giovanni)

SIGNORI!
 E’ con animo affranto dal dolore e dal pianto che mi serra la gola, che mi accingo a parlare del mio compagno di studi dell’uomo dotto, del milite di Dio: dell’Arciprete ERNESTO GLIOZZI
La sua vita fu amore: amò Dio soprattutto, amò la famiglia con passione, il popolo, i suoi filiani, gli amici.
Dal gentiluomo Francesco Gliozzi e dalla Signora Donna Rosa Fera, il Rev.mo Arciprete D. Ernesto Gliozzi era nato il 1° gennaio 1884.
Memore e riconoscente, il padre, dell’amicizia che aveva contratto, nella sua gioventù, con un compagno d’armi, nelle guerre del Risorgimento, impose al bambino il nome dell’amico, Ernesto. Intelligente e proclive allo studio, fu mandato nel Seminario Vescovile di Gerace Superiore, ove primeggiò fra i suoi compagni e continuò a studiare, completandosi negli studi classici e teologici, fino alla sua consacrazione Sacerdotale, avvenuta nel 1905, appena ventunenne.
Fu scrittore e prosatore facile e perfetto; compose diversi opuscoli e articoli sui giornali; non privo di estro poetico, scrisse poesie ed anche molte dialettali in vernacolo; umoristici versi contro i viziosi tipi della società del tempo, imitando graziosamente il Parini.
Nei momenti di riposo si dedicava all’agricoltura, tanto da trasformare la sua proprietà in un ameno giardino.
Era stimato da tutti, e dal Clero era tenuto in gran conto ed apprezzato, specie dall’Arciprete Saverio Oliva, che l’aveva caro e a lui si affidava nelle sue mansioni religiose e negli affari privati, che portava a compimento con precisione.
In famiglia quantunque Sacerdote, era obbediente ed ossequiente ai suoi genitori, verso i quali mantenne un rispetto ed una devozione filiale non superata da nessuno. Ammalato il padre d’una infermità incurabile, paralizzato negli arti, divenne il suo infermiere di notte e di giorno. Adorava la madre “ Donna Rosa “, come egli la chiamava per renderle omaggio familiare ed amorosità. Era ossequiente ai consigli ed ai pareri dei suoi germani che amava con passione.
La sua vita, da quando salì all’altare del Nazareno fino a questo giorno fatale, fu un apostolato che esercitò ininterrottamente con zelo e abnegazione,, studiando e amando i suoi filiani ed il popolo tutto rispettando. Quell’amore sacro verso Dio, che tanto in lui ardea come lampada soave che accende come sole innanzi al Sole, nel sepolcro non si spegne, perché questo è inaccessibile alla gelida mano della morte, ma si fortifica, si nobilita, si purifica nei Giusti che si addormentano nel bacio del Signore, e nel cuore dei suoi familiari cresce e si perfeziona verso di lui, che per essi non è morto, ma addormentato nell’aureola della Giustizia e della Bontà celeste, che accoglie nel suo grembo i soli buoni.
L’uomo è creato per amare. Il Vero, il buono, il bello, ne attirano il cuore, l’animo la volontà. Ed il Buon Pastore fu attratto dall’Essere Infinito, che amò con tutta la sua mente, con tutto il suo cuore, che a Lui si era dedicato. E tale amore verso il Creatore, porta ad amare le sue creature, nelle quali risplende la sua immagine. Ed io infatti lo vidi nella funesta, piovosa e fredda mattinata del 28 dicembre 1908, quando la terra tremando e sussultando, sospinta dalle forze telluriche, distrussero il nostro paese e seppellì con le macerie uomini e cose, accorrere ed aiutare i feriti ed i morenti, dopo aver posto in salvo i suoi vecchi ed ammalati genitori, prestandosi anche al trasporto delle vittime dell’immane flagello. Virtù eroica d’altruismo che solo la religione di Cristo può infondere negli animi dei suoi apostoli; sacrificando la vita propria per salvare gli infelici colpiti dalla sventura.
Il pio Sacerdote, incominciò ad esercitare il suo Ministero nell’Oratorio del Rosario, e per ventun’anno tenendo ed immacolata la bianca stele del Nazareno, contribuì alla elezione del Tempio, al suo abbigliamento, alla sua decorazione incoraggiando i fedeli e i soci della confraternita a concorrervi; e ciò senza alcun compenso venale alle sue fatiche e schivando le lodi. Ma a maggiore e più grave responsabilità era destinato da Dio: il Vescovo di Gerace, che lo teneva d’occhio per la sua dottrina, pietà e virtù, lo elevò all’Arcipretura di Casignana, sede difficile, e di buon animo accettò Egli il peso della nuova missione e partì da noi lasciando un vuoto tra gli amici e conoscenti e per ben venti due anni esercitò la cura delle anime di quel paese. = E si disse, e si propagò nel raggio della Diocesi e fuori, quante lacrime di derelitti asciugò, quanta pace apportò nelle famiglie ove regnava la discordia e la lotta, quanta beneficienza elargì ai poveri, quante donne traviate dal vizio ritornarono alle virtù domestiche e religiose, quanta gioventù cattolica raccolta e inquadrata lanciò nella lotta in difesa della religione del Papa. Fu ammirabile la sua opera, illustre il suo apostolato, che la dolce e mite sua figura rendeva accessibile a tutti.
Fu suo merito ancora maggiore avere educato per la Chiesa nel domestico giardino due elette pianticelle, che ora sono alberi vigorosi, belli di fiori e di frutti, intendo dire dei suoi due nepoti Sac. Francesco e Arc. Prof. Ernesto; ed ha avuto nelle ore estreme la consolazione di vedere proni al suo origliere, di sentirli mormorare parole di pietoso conforto, di soavità quasi filiale; poteva nell’aspetto dei suoi cari nipoti rispecchiare se stesso e trovare oggetto di soddisfazione e di merito per le premure spese e le fatiche durate nel renderli leviti del Signore. Partì confortato e assicurato di lasciare il suo amato fratello Luigi e la sua sorelle alle cure affettuose dei suoi tre nipoti, educati ad alte idealità religiose e sociali. Ed io vidi all’ultimo mio incontro con l’affettuoso amico e compare la sua bianca faccia alla vigilia della sua dipartita, sul letto fra i candidi lini, circondato dai suoi familiari, dal suo fratello mesto e triste, con gli occhi arrossati dal pianto, dai suoi amati nipoti, aventi a lato le due donne, l’addolorata sorella e l’affettuosa cognata, che gli largiva le cure; e silente, con gli occhi ancora vispi e intelligenti e neri, l’incoraggiava a sopportare il dolore, che nei loro petti reprimevano e trattenevano negli occhi infuocate lacrime.
Oh! Celeste corrispondenza di umani ed amorosi sensi che Iddio ha creato nei mortali e che sta a dimostrare ancora, o mio Dio, la Tua esistenza. Ma all’alba, l’angelo della morte l’asportò in più mirabili aeri, inclinò il capo sul fragile corpo, come il Cristo sulla Croce,e spirò, trionfando ancora sulla morte che, saggio, aspettava tranquillo. La sua salma amorosamente composta, fu deposta nel sepolcro della casa; na gran Croce la sormontava e fra le mani stringeva il calice amaro della passione ed era rivestita dalla sacra pianeta sacerdotale come in atto di offrire ancora una volta all’Eterno l’ultimo sacrificio che ora per Lui non è più mistico rito ma celeste realtà fra i beati. Così passò da questo esilio provvisorio mondano alla pace celeste, eterna alla quale anelava.
Accostatevi, o compaesano, a questa tomba apertasi immaturamente, che racchiude la salma del pio e buon Arciprete Gliozzi, che rappresenta il vestibolo del Purgatorio,
“ ove l’umano spirito di purga
e di sali al Ciel diventa degno … “
                                                            (Dante – Purgatorio)

E sotto i cipressi ed i salici, agitati dai primi soffi boreali curviamo il ginocchio e preghiamo …. Ed alle preci, aggiungiamo lacrime, riponendo il fiore della riconoscenza e dell’affetto e sentiremo la Sua voce ammonitrice che dirà: “ O mio caro, che piangi sul freddo mio avello, rasciuga le lacrime … L’uomo non può morire. Io vivo e per me, negli spazi celesti, raggiò l’eterno Sole. Io son salito, son salito con Lui nella casa della Luce, sono abitatore di un mondo dove niente passa, io sono immortale! “

O Ernesto, attendici nella gloria di Dio che godi e prega per noi.

Platì, lì 25 sett. 1948

                                                                     Giov. Andrea Oliva



Nota: nella foto Giovanni Andrea Oliva che legge il testo riportato. Egli era nato da Raffaele e Pasqualina Brancatisano il 10 novembre del 1884.



sabato 17 settembre 2016

Giglio infranto - pt.2

 


Salutando la Salma del Rev.mo D. Ernesto Gliozzi

Confratelli, Compaesani,

D. Ernesto Gliozzi non è più!!
… a me non riesce, in quest’ora, intessere, un necrologio degno di Lui.
E’ troppa la commozione del mio animo, vive e dolorose sono le impressioni che erompono, tumultuando, dal mio trepido cuore!
Il mondo seguendo la sua abitudine di tutto corrompere non ha risparmiato l’idea della grandezza umana.
… è un raggio di … gloria tutta cristiana ch’io veggo riflettersi sulla fronte intemerata dell’uomo a cui rivolgiamo l’estremo VALE.
Don Ernesto Giozzi oggi Arciprete di Casignana e prima P. Spirituale del locale Oratorio del SS. Rosario.

Sessantacinque anni or sono D. Ernesto Gliozzi apriva gli occhi alla luce sotto l’incanto di questo cielo, in mezzo al verde pallido di questi ulivi e fin da fanciullo aveva impara rato ad abbandonarsi con perfetta confidenza a quelle che gli sembrassero manifestazioni della volontà divina.
E al mondo, che offrivagli un serto di rose, fiammeggianti di tutte le lusinghe che possono allettare un’anima giovanile, rispose col gesto della suprema dedizione a Dio.
Una mano pontificale si posò sulla sua testa di adolescente e – qualche fiocco di capelli recisi annunziò alla famiglia e agli amici che Ernesto era morto ormai al mondo e aveva scelto Iddio per sua eredità!
Sublime istituzione questa, per la quale il sacerdote cattolico rinunzia al diritto di vivere per sé; e i suoi pensieri, i suoi sentimenti, le sue preoccupazioni, le sue gioie e i suoi dolori cominciano ad appartenere a Dio e al popolo cristiano.
Con questi sentimenti Don Ernesto Gliozzi ascendeva l’altare di quel Dio che allietava la sua giovinezza e a questi sentimenti si mantenne fedele per tutta la sua vita.

Il ministero pastorale è la sintesi più completa della vita sacerdotale; trovarsi a contatto diretto con le anime, studiarne i bisogni, alleviarne i dolori, dissipare i dubbi, sollevarle nel momento dello sconforto, illuminarle, sorreggerle, dirigerle nel difficile cammino della vita …
Tale è stato il nostro buono e Grande Arciprete Don Ernesto Gliozzi.

Chi di noi non lo ricorda in mezzo ai suoi diletti Luigini?
Sono i virgulti della Confraternita, diceva, e passava perciò in mezzo a loro le intere giornate giocando con loro.
Chi non ricorda le quotidiane funzioni che soleva officiare all’Oratorio sempre gremito di fedeli ed in mezzo sempre ai suoi beneamati Luigini?

Vivo è in noi il ricordo del giorno in cui, per volontà del Presule, ha dovuto abbandonare la sua Chiesetta e i suoi piccoli virgulti della confraternita per andare quale Arciprete di Casignana.
Ricordo molto bene il giorno in cui si è allontanato, e ricordo di averlo visto piangere accoratamente perché abbandonava i suoi giovani i quali avevano bisogno di aiuto e di consiglio, e un forte dubbio gli rodeva la mente che per mancanza di P. Spirituale sarebbe perita la Confraternita, unica istituzione a Platì che aveva saputo resistere a tutte le tempeste.
E da lontano vigilava; si teneva informato di tutto e quando ha visto ascendere alla dignità sacerdotale il nipote Francesco figlio del fratello Luigi ha respirato a pieni polmoni e maggiormente ne gioì quando questi fu chiamato a continuare l’opera da lui iniziata.
E Don Francesco Gliozzi conoscendo ed intuendo i pensieri dell’amato zio Ernesto ha saputo meritarsi le parole di elogio in quanto ha proseguito sul cammino tracciato restaurando l’oratorio e incrementando la falange dei Luigini.
Confratelli, Compaesani,
Don Ernesto Gliozzi ci ha amati, non come sa amare il mondo ma come sa amare il sacerdote cristiano. Egli ci ha amati, e forse il suo ultimo pensiero fu per noi, per i suoi filiali.
Orbene: “ Amor che nulla amato amar perdona “  stringiamoci a questa bara in un plebiscito di affetto e di filiale pietà e la voce possente di tutto un popolo echeggi.
La luce eterna fra gli splendori dei Santi, brilli o Signore, a questa anima Pia – in eterno – in eterno!
Platì 25/9/948

                                                                    Domenico Marando
                                                                  Priore confraternita SS. Rosario

Nella foto lo stesso Priore, all'ingresso del cimitero, che legge il testo riportato.






venerdì 16 settembre 2016

Giglio infranto (reg. David Wark Griffith -1919)

Platì in lutto per la morte
di don Ernesto Gliozzi

                                                                                                               Platì 1 

Sabato 25 scorso serenamente ha chiuso la sua lunga e laboriosa giornata terrena il rev.mo arc.
don Ernesto Gliozzi.
Quale e quanto dolore abbia causato la sua dipartita, si è potuto facilmente scorgere sui volti tristi di tutti i platiesi, che chiusi in una profonda mestizia hanno visto passare a nuova vita uno dei più zelanti soldati della Chiesa di Cristo.
La bontà, la gentilezza, la carità, l’amore, la fede furono il viatico costante della sua esistenza, per cui è vivo il ricordo nel cuore di chi ebbe la gioia di vivergli accanto. Le campane di Platì hanno suonato i tocchi mesti! Tutti hanno pianto, tutti hanno sentito una stretta al cuore. Sul volto di tutti si notava un dolore che non si poteva celare, quello stesso che ha chiamato gente di tutti i paesi vicini a venire a Platì e rendere l’ultimo omaggio al più caro degli amici, dei sacerdoti.
Imponente è stata la manifestazione di cordoglio tributatagli: il corteo preceduto da numerose e belle corone e dal Clero e seguito dalle autorità civili e militari, arrivato nella Chiesa di Maria SS. Di Loreto, ha sostato per ascoltare, dopo la benedizione della bara, la parola di Giovanni Andrea Oliva e del priore Domenico Marando che a nome di tutti i cittadini hanno voluto rivolgere il loro estremo saluto alla salma. Da qui il feretro ha raggiunto l’ultima dimora. Reggevano i cordoni il cav. Fortunato Furore, Pasqualino dei Conti Oliva, sig. Giuseppe Zappia e Giovanni Andrea Oliva.
Al popolo, che nel seguire la salma, ha dimostrato il profondo dolore che ha pervaso ogni cuore e al dolore che rende inconsolabili i parenti dell’Estinto anche la famiglia de “Il Messaggero “  si associa.


IL MESSAGGERO di Roma – Sabato 2 ottobre 1948

giovedì 15 settembre 2016

Sai cosa faceva Stalin alle donne? (reg. Maurizio Liverani - 1969)


A causa delle Elezioni Politiche del 18 Aprile 1948 e per causa del Comunismo in Italia, pel trionfo della fede è uscita per la prima volta in giro Mariano la Madonna di Polsi.
Il giorno 3 Aprile 1948 sabato ore 16, la Vergine è arrivata a Platì, il giorno seguente è ripartita per Bovalino girando la diocesi di Gerace e diversi paesi della Piana.
Il giorno di venerdì 9 Luglio è arrivata nuovamente a Platì da Natile, ore 18. La domenica è stata festeggiata a Platì e lunedì 12, ore 9 è ripartita per Polsi.
Platì 12 / 7 / 948

lunedì 12 settembre 2016

Mezzogiorno ... di fifa (reg. Norman Taurog - 1956)

Dopo la caduta del fascismo e la fine della seconda guerra mondiale, il popolo italiano, con il Referendum istituzionale del 2 giugno 1946, sceglie la Repubblica  Democratica Costituzionale fondata sul lavoro e la libertà individuale, politica, religiosa e di governo.

Così mentre al Nord si ricostruisce molto (dalle abitazioni alle industrie) e si rafforzano le basi dello sviluppo industriale, al Sud molti attendono ancora i contributi sui danni provocati dal terremoto del 1908!

Pasquale (Pasqualino) Perri, Scuola e Mezzogiorno, Qualecultura editrice, Vibo Valentia 1971



MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI
Direzione Generale dei Servizi Speciali

Roma 23 AGO 1938 XVI
Al Sig. Gliozzi Luigi fu Francesco
P L A T I’
(Reggio Calabria)
OGGETTO = Sussidio terremoto =

Per i provvedimenti da adottare, a termini della legge 4 aprile 1935, n. 454, nei riguardi della pratica er concessione il sussidio terremoto, a voi intestata, occorre far pervenire a questo ministero, entro 30 giorni dalla data della presente, copia dell’atto per notar Febbo del 13 febbraio 1904, mediante il quale la proprietà del fabbricato sito in Platì, via S. Nicola, e catastato all’art. 152, è pervenuto a voi ed alla Sig.ra Gliozzi Serafina fu Francesco.

                                                                             IL MINISTRO



domenica 11 settembre 2016

Ricorda il mio nome - Dramma sulla montagna


Questa è un'istantanea di poche ore addietro. Come il precedente post della serie Ricorda il mio nome, un certificato, unico nel suo genere, redatto dallo zio Ernesto il giovane, questo è un attestato, estremo. E’ un’intera tribù, e spero che nessuno mi fraintenda, che viene riconosciuta e che si riconosce intorno ad un iperonimo, secondo la Treccani. Ed in questo momento tutta la famiglia Gliozzi è accanto al dolore dei Sergi perché ultimi abili coltivatori del fondo Sfales.

venerdì 9 settembre 2016

Vittime del peccato (reg. Emilio Fernandez - 1950)


Platì  9  Settembre 1938 – XVI°

Sig/ OLIVA PASQUALINO fu FILIPPO

P L A T I’

In merito alla richiesta fattami non posso dirvi altro che questo:
Ricordo benissimo che nel Gennaio dell’anno 1933, allorché ero Commissario Prefettizio di questo Comune, mi venne dalla R. Prefettura rimessa, con lettera di raccomandazione portante il N° 44081 Prot/ una vostra istanza diretta al Duce con la quale lamentavate di essere voi ed i vostri fratelli vittime di pressioni e di molestie contro di voi esercitate dal Sig/ Mercurio Alberto e dalla Sig/ra Lentini Rachele.
Ricordo pure che, avendo assunte le necessarie informazioni, le vostre lagnanze mi risultarono fondate e giuste le vostre apprensioni e preoccupazioni; per la qual cosa, non avendo potuto diffidare personalmente il Sig/ Mercurio, perché in quei giorni si era allontanato da Platì; incaricai il Maresciallo Delfino dei RR: CC: di sorvegliare il Mercurio e di diffidare anche la Sig/ra Lentini, onde evitarvi ulteriori noie da parte dei medesimi i quali forzosamente volevano interessarsi ed intervenire nei fatti della vostra amministrazione.
Non posso assicurarvi oggi se la risposta data alla R. Prefettura in copia nell’ufficio Comunale; ma solo posso dirvi che il vostro esposto fu ad Essa restituito con le relative informazioni richiestemi. Saluti fascisti.
f.to Francesco Perone


giovedì 8 settembre 2016

Madadayo il compleanno (reg. Akira Kurosawa - 1993)



Otto settembre
La memoria storica comune dell’8 settembre di certo non coincide con la mia storia di bambina.
La notte precedente la passavo in uno stato di dormiveglia misto di tensione e sicurezza. Non dormivo profondamente perché mi piaceva ascoltare, nella via non illuminata, il passaggio e il vociare sommesso e le cantilene votive dei pellegrini che andavano a Polsi.
Quei pellegrini che camminavano nella notte mi facevano un po’ paura e quindi mi dava sicurezza il dormire nella camera dei nonni.
A volte dormivo abbracciata a mia nonna.
Mia nonna che quel giorno festeggiava il suo compleanno.
Tutti festeggiavamo il suo compleanno.
Venivano le zie da Messina e da S Eufemia con i cugini, si cominciava a cucinare la mattina presto, a friggere melanzane e arrotolare involtini. Era l’ultima festa dell’estate nella nostra famiglia.
Nel solaio già si diffondeva il profumo delle sorbe e dei fichi d'india che avremmo consumato in inverno, le giornate non erano avvampate, l’aria era di solito più fresca e in chiesa dove andavamo per la messa mia nonna non usava più il ventaglio e non odorava la boccettina della “Violetta di Parma”


Questo è un contributo di mia sorella Maria, nella foto con lo zio Pepè, che ha alle spalle, il portone, ancora non lo sapeva, da dove sarebbe uscita Annina la sua sposa. Poche righe per un mondo di immagini che permangono nonostante una realtà evaporata. Come il paese che non è più!

mercoledì 7 settembre 2016

Fiori d'equinozio (reg. Yasujiro Ozu - 1958)


Lo so... Una foto, qualsiasi foto, forse poco c'entra con la storia del Seicento calabrese ma non resisto al bisogno di parlarne dal lato dell'umanità, di quello che una foto da e che, forse, addirittura riceve.
Un paio di giorni fa mi invitano a Platì a vedere una mostra sull'emigrazione dei platiesi. Un diluvio di foto, una quantità incalcolabile di occhi, cravatte, case, aratri, giardini, scarpe e calandrelle, benessere e malessere, vissuto qui e altrove... Calabria, Merica e Austraglia. Calau a hiumara, questo ho pensato. E' una fiumara in piena che porta a valle ricordi a migliaia sciolti nella lava della nostalgia, del rimpianto, dell'estraneità, dell'oblio, della trascuranza e del pianto. Poi mi fermo davanti a una foto. Una foto trattata per essere esposta con il tracciato di una associazione culturale che la attraversa e poi colle, cartoncino. Quella foto mi guarda, mi impressiona come fossi un vecchio rullino, mi acchiappa lo stomaco e non mi molla. Quella foto mi trasferisce come un modem emotivo dolori, speranze, illusioni, desideri, volontà. Non hanno un nome ma io le sento. E' una fiumara che cala. Cala verso di me. Nove persone e un bambino. Un'infante che si agita inconsapevole forse della rotazione planetaria che ha attorno. Sua madre mi guarda. E' lei la mediatrice, l'ambasciatore emozionale. Il suo sguardo rappresenta quello di tutti gli altri, li raccoglie li racconta. Io sento di sapere tutto di lei. Di nulla vi saprei parlare ma io tutto so. Quello sguardo non perdona un allontanamento, non tollera l'abbandono, non accetta lontananze, vuole portarmi dentro un mondo che è vivo ma è là dentro.
"Ettore... Veni... Mbivimu  'acchi cosa..." E' Mimmo che mi sveglia. Mi chiama fuori. Platì è il suo paese. Il mio è in quella foto

Il testo, mediato da Francesco di Raimondo, è di Ettore Castagna, gioviale antropologo culturale e pubblicato su Facebook il 23 agosto con il titolo Il deogramma note per un romanzo.
Tutto è accaduto il 20 agosto scorso nella sala che fu Cinema Loreto di Platì. Per parte mia restai meravigliato a scoprirlo rifotografare la foto in oggetto - quello sguardo non perdona un allontanamento, non tollera l'abbandono, non accetta lontananze - che per me è il simbolo del mio DNA. A Ettore Castagna quella sera ho voluto regalare, sotto una fioca luce, la visione del teatro di posa, e quel che rimane, dove la foto venne scattata.

Nell’alba di questi lavori la foto, con altre era stata pubblicata qui:

martedì 6 settembre 2016

Fuochi di gioia (reg. Jacques Houssin - 1938)

Mentre a Polsi esplodevano luci e rumori di tutti i generi, io scoprivo questo testo, conservato nella biblioteca Gliozzi, dove la magia della festa era ricreata con i colori vividi della scrittura.

Ma nell’occorrenza della solennità del settembre ogni contemplazione, all’arrivo, è fugata dal rimbombo dei continui spari assordanti, e dai mille rumori confusi e indistinti che salgono fin lassù, da un mare di esseri umani formicolanti in quel fondo e sotto l’ombra degli ampi castagni, mentre la lunga via serpeggiante dalla parte opposta, e proveniente da Platì e dai paesi del versante di là, si mostra all’occhio brulicante di muli carichi e di passeggeri, che scendono al Santuario come una lunga processione di formiche, la cui coda e ancor sulla cresta del monte, mentre il capo sta per arrivare al Convento, noi, all’estremo della compagnia di quest’altro lato, vediamo la testa della nostra comitiva discendente arrivare e confondersi con l’immensa folla delirante laggiù, a guisa della testa di un fiume che mette foce sulle onde di un mare fremente.

Domenico Giampaolo,Un viaggio al Santuario di Polsi in Aspromonte, prima edizione 1913, ristampa, Grafiche Marafioti, Polistena 1976