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venerdì 24 giugno 2022

Di padre in figlio [di Vittorio e Alessandro Gassman 1971]




Storia del fondo Sfalassi
(secondo don Luigi Gliozzi)
 
Per testamento di Gliozzi Arciprete Filippo venne lasciato a Gliozzi Francesco fu Domenico ed Arcuri Filippo. Per divisione fondiaria l’intiero fondo spettò a Gliozzi Francesco fu Domenico.
Per donazione fatta da Gliozzi Francesco fu Domenico ai figli Serafina, Luigi ed Ernesto atto (notaio) Febbo 21 – 4 – 1899. Per divisione atto Febbo 12 – 7 – 1904 l’intiero fondo spetta a Gliozzi Ernesto fu Francesco*. Per divisione 26 novembre 1933 atto “Petroli” Gliozzi Ernesto fu Francesco donava al nipote Gliozzi Francesco di Luigi l’intiero fondo Bianco 4 dicemmbre 1933 trascritto addì 2 dicembre … Ardore 21 maggio 1935riportato al n° del Catasto 4353 Sez C n. 624 – 325 – 626 £ 7 . 74
Per vendita notar Barillaro 4 giugno 1935 Gliozzi Francesco di Luigi vendeva a Gliozzi Luigi fu Francesco vendeva un apprezzamento di are sei limitato dallo stesso venditore tanto in presso della Strada Nazionale per £ 400 “aratoria”.
Registrato a …? Il 5 giugno 1939
Trasmesso a Reggio Cal. Il 6 giugno 1939 in apertura

*https://iloveplati.blogspot.com/2022/05/il-mio-domani-di-marina-spada-2011.html


in apertura i fedeli accolgono mons. Michele Arduino con Antonio Delfino, lo zio Ciccillo e l'arciprete Minniti


domenica 19 giugno 2022

L'istruttoria è chiusa: dimentichi [di Damiano Damiani 1971]

Don't you believe in medicine, Doctor?
Do you believe in justice, Judge?
René Claire, And Then There Were None (Ten Little Indians Went Out To Dine …), 1945


Solo io posso giudicarmi. Io so il mio passato, io so il motivo delle mie scelte, io so quello che ho dentro, io so quanto ho sofferto … io nessun altro. Oscar Wilde
Potranno tagliare tutti i fiori ma non fermeranno mai la primavera. Pablo Neruda
La cultura rende un popolo facile da guidare, ma difficile da trascinare. Facile da governare, ma impossibile a ridursi in schiavitù. Henry Brouham
Varie e molteplici sono le citazioni a cui ricorre Antonio Papalia (classe 1975), dalle Sacre Scritture a William Shakespeare ad André Gide, dentro il suo ultimo lavoro letterario e visivo: Stanze chiuse riflessioni dall’oscurità, 2000, BookSprint Edizioni*. I lettori platiesi, urbi et orbi, l’hanno ignorato preferendo i facili titoli da caffè. Un po' filosofo, un po' sognatore, fervente religioso. Dentro l’Istituzione che lo detiene, in solitudine e per necessità, corrisponde con il Cielo ed i terreni mortali da Sant’Agostino a Rutka Laskier, ad Alan Kurdi, spesso con il proprio figlio, il proprio padre. Tempo e spazio, infinito il primo, esiguo il secondo: la cella, "l'aria", la biblioteca. Dentro quest'ultima comincia la sua rinascita. “Iniziai a leggere qualche libro, o almeno tentavo,. Non capivo e non ricordavo nulla di quello, che leggevo, e allora cominciavo daccapo lo stesso libro, lo stesso capitolo, la stessa pagina, fino a quando non avevo compreso una piccola parte di quello che leggevo. Le prime volte era come se la testa dovesse scoppiarmi, ma poi, passo dopo passo quando chiudevo il libro e iniziavo a ricordare qualcosa, in qualche modo ero felice … Non mi importava cosa leggevo, anche perché non potevo avere chissà quale imbarazzo di scelta circa gli autori o le cose in genere… A arte il fatto che di autori non conoscevo alcuno, non avendo mai sino ad allora letto un libro”. A seguito dell’accanita lettura nasce l’esigenza dello studio, licenza di scuola media inferiore, diploma e studi universitari, questi ultimi non del tutto portati a termine. Da qui la consapevolezza di essere qualcuno, seppur vittima di un sistema che ignora i diritti umani. C’è da rilevare che il lavoro editoriale, su cui uno scrittore fa sempre affidamento, è a dir poco scadente essendo mancate da parte della casa editrice la revisione e una giusta presentazione, per non tacere sul lavarsi le mani in sede di responsabilità che non impegnano l’editore, lasciando all’autore le opinioni come nuove possibili sanzioni da Giudice Istruttore.


-*disponibile presso la tabaccheria di Gelsomino Barbaro a Platì.

giovedì 16 giugno 2022

Scarpe grosse [di Dino Falconi 1940]



ANTICHI COSTUMI CALABRESI
La calandreia

Platì, 31 maggio
«Undi staci “u calandreiotu?» Così mi abbordò un contadino di Natile, chiedendomi dove abitasse il venditore delle «calandreie».
La calandreia (non aggrottino le ciglia i lettori per la stranezza del termine), è, anzi era, il tipico calzare calabrese; dico «era», perché adesso e quasi del tutto caduta in disuso.
Esiste solo una esigua percentuale di fedelissimi alla foggia del secolo scorso, che la calza con disinvoltura tuttora; per essere sinceri si tratta di una fedeltà dovuta a ragioni di economia e di praticità. Infatti la calandreia si adatta benissimo alla vita dei campi per la sua resistenza e per la sua forma; dura generalmente per due o tre anni e molti che la calzano abitualmente nelle loro mansioni di coltivatori o di pastori, nei momenti di riposo, cioè durante gli «otia litteraria» della domenica, calzano scarpe normali come gli altri.
Derivata probabilmente dalle «Caligae» romane la calandreia nacque col pittoresco costume dei «massari» e si estese in un tempo successivo all’uso generale; molti dicono, invece che la calandreia era il calzare comune a tutti i costumi calabresi, e col tempo fu usata anche indipendentemente dal costume stesso.
E un’ipotesi probabile anche questa; comunque bisogna ricordare che sono esistiti vari tipi di calandreia, secondo la dignità della persona che la calzasse.
Quella del «massaro» ad esempio era costituita da un largo pezzo di cuoio, piegato ai lati e con una terminazione a punta all'estremità anteriore del piede, dove le falde del cuoio erano tenute insieme da un pezzo di filo di ferro; alcune stringhe lunghissime di pelle la tenevano aderente al piede che era fasciato da pezze di orbace o di lana grezza, attorcigliandosi lungo il polpaccio.
Tutti gli altri tipi di calandreia, sebbene abbiano conservato la stessa forma, differiscono dalla calandreia del «massaro» perché costruite in materia meno nobile del cuoio, per esempio in gomma ricavata da vecchi copertoni di ruote di automobili.
L’idea fu lanciata non molto tempo fa, subito dopo l’ultima guerra, quando la necessità costrinse ad utilizzare i residuati bellici; ma l’esperimento riuscì benissimo, perché le calandreie di gomma, si dimostrarono migliori e meno costose di quelle di cuoio, e soppiantarono del tutto queste ultime.
Un particolare curioso della calandreia è questo: che copre solo la parte anteriore del piede lasciando scoperto tutto il calcagno. Ma ad un osservatore attento non sfuggirà la grande importanza tecnica che questo particolare riveste. Per camminare agevolmente nei campi, infatti, e per correre appresso alle vacche per pendii scoscesi, occorre camminare in punta di piedi, facendo come se il calcagno non esistesse addirittura; se tutta la pianta del piede si appoggiasse sulle irregolarità del terreno, specialmente quando si corre, il corpo si strapazzerebbe moltissimo e il piede andrebbe incontro a molti incidenti.
«Undi staci “u calandreiotu?» “U calandreiotu” è uno dei pochissimi venditori di calandreie che esistono in Calabria: compra gomme di automobile vecchie e le rivende a spezzoni a quelli che ne hanno bisogno; è mio amico, e accompagnai io stesso da lui il cliente.
Dopo che questi ebbe scelto e comperato il pezzo di gomma che gli sembrò più conveniente chiesi al «calandreiotu» come se la passasse a vendere quella roba.
I tempi sono duri, mi rispose, ora tutti comprano scarpe; e mi indicò in un angolo un enorme deposito di ruote di automobili che aveva comprato dall'anno scorso e che ancora non era riuscito a vendere.
E aggiunse sospirando e guardando con dispetto un contadino che passava elegantissimo a cavallo di un muletto: Il progresso mi ha fregato!
Michele Fera
GAZZETTA DEL SUD - 1 Giugno 1955

L'immagine in apertura è di zio Peppino, u mutu i barva.



giovedì 9 giugno 2022

Il dono di Dio [di Gaston Kaboré, 1982]





UN FIORE


ASSUNZIONE AL SACERDOZIO
DEL
Signor Francesco Mittiga

 
Scientia in flat
Charitas vero aedificat
Apostolo Paolo ai Corinti
 
 Sacerdote novello,
assunto a l’ara del Signor. Te chiama
al tempio la santa
madre, che se non ami, sempre t’ama.
 
 Oggi, solenne istante,
È momento di vita esultatrice
Per Te, giovane amico:
Salve! Di Dio Ministro: a Te felice
 
 Del Vas d’elezione
Sia l’improba carriera, militante:
grazie, sempre doni
il Signor ti conceda ognor costante.
 
 Sorridano del cielo
Ai giorni tuoi le stelle, il tuo cammino
Di fiori sia interciuto
E miri di Gesù sempre al divino
 
 Labaro, che del tempo
La patina disprezza, e dei delubri,
La cupola illustrando,
I nemici di Dio sfida, colubri.
 
 Tu da la polve ai sacri
Altari ormai avviato da la mano
Vescovile di Locri
E dal padre, che a sé non tolse invano
 
 Il pane, ahi! poveretto,
Per la scola che a Te de’ chiostri sana
Cultura benedetta
Dette a la tutelare ombra di arcana
 
 Celeste, educatrice
Virtù del gran seguace d’Aquinate,
Mangeruva* profondo,
De’ due mondi al Leone degno frate,
 
 Tu, che al mio cor sei caro,
accetta, se non altro, di mia lira
malferma, ma sincera,
l’inno, che vola a Te, e a Te sospira! …
 
 Oggi sul viso brilla
del padre tuo la gioia che pur senti:
Padre che i nostri cari
Padri, a l’are devoti, tra le genti
 
 Seppe imitar, creando
Te sacerdote, a mezzo del salire
E scender le scale
Altrui, col core infranto dal soffrire …
 
 Or ti rallegra, amico:
altare, croce e calice, che insegna
son di Cristo nel mondo,
t’attendono, di Cristo anima degna.
 
 Però, sui pulvinari
Non poserai tranquillo senza il grido
De la colpa, il tuo core.
Se questo non sarà sempre a Dio fido.
 
 Sempre innocente, scevro
D’ipocrisia, come oggi puro ascende
L’altare che t’invita
A l’ostia. Che d’amore il cor t’accende.
 
 Di stelle circondata,
Col viso irradiante più del sole,
Di là de l’universo
Oggi la mano a te, senza parole,
 
 Porge sposa divina:
La tua pur stendi: affrettati: di cielo
Oggi son le tue nozze,
Coronate, di rose d’Evangelo.
 
Sebbene pur mortale
Tu sia, uffiziando, a Te davanti
Il popolo non vedi
Che si prostra? Non vedi che de’ Santi
 
 Il compito t’eleva?
Di te chi mai più nobile è su questa
Aiuola, sempre in diro?
Iddio non senti in seno in tanta festa?
 
 Chi più di Dio t’innalza?
Chi più di Dio su l’orme della Fede
A camminar t’inspira?
A convertir la gente che non crede?
 
 Guarda: darwiniana
Turba contro di Dio grida e ride
Di quelle nozze sacre:
stolta, che i sacerdoti invano irride! …
 
 di Dio col nome sprezza
questa turba, che uccise la morale,
la libertà di Cristo,
che di Roma, del mondo capitale
 
 Cattolica, le zolle
Fin profanò, le ceneri insultando,
L’urna di Pio adorata,
Onorevoli ladri pur creando …
 
 Sprezza l’alato Dio:
Il popolo rispetta: ma da questo
Mostro, che fa che l’uomo
Ora un Dio, ora fango, lungi il resto …
 
 Core astigiano e sensi
Generosi coi tuoi nemici adopra;
non cedere la schiena
a chi da l’alto in basso guarda ed opra.
 
 Il Signore ti guardi:
Come quest’ore, che oggi Ei benedice,
Passi il tempo, che vola,
E scorra sempre a Te, sempre felice.
 
   Platì, 7 Aprile 1895

 

Dottor Papalia Vincenzo


Don Francesco Mittiga era nato a Platì il 22 giugno 1872 da Nicola, sarto e da Mariantonia Gliozzi tessitrice. A detta della zia Amalia don Francesco abitava nella via Fratelli Sergi. Nella foto l’abitazione sopra la la scalinata.

*Mons. Francesco Mangeruva era nato a Sinopoli il 9 gennaio 1823. Fu ordinato sacerdote il 20 settembre 1845 e salì sulla cattedra di Gerace il 9 maggio 1872 che conservò fino alla sua morte avvenuta l’11 maggio 1905.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

venerdì 3 giugno 2022

Resurrezione - reup dieci anni dopo


Se lo zio Ciccillo mi ha impresso l’amore per la musica quello per i libri lo devo a papà Ciccillo, tutt’e due quest’anno ne avrebbero avuti 114 di anni. Queste passioni sono rimaste sopite e superate per una passione che definirei vitale: quella per il cinema che devo allo zio Peppino , u mutu i barva e a Mimmo Addabbo. Musica e lettura resurrexit per merito di due incontri che feci negli anni che si susseguirono alla maturità scolastica. A parte libri e libricini di preghiere della mamma, l’unico libro che ricordo in casa, a Platì, è Resurrezione di Lev Tolstoi – mi piace scriverlo così, né alla russa con la J che sembra un’appendice felina, né all’americana con la Y yankee -.

E’ sulla scrivania di papà, nel retrobottega, che, poi, era ancora una parte della bottega: di fronte, dove stava seduto papà, la scaffalatura conteneva le scarpe in vendita, alle spalle c'era di tutto, dai chiodi di tutte le dimensioni alle cartucce, piombo & polvere da sparo per i cacciatori.

Papà, è stato, nei tempi prima dell’entrata in casa della televisione, il lettore della famiglia -  è stato anche un ascoltatore della radio (alla sinistra della scrivania), la sua passione erano le opere liriche -; molto spesso, dopo cena, leggeva per gli adulti di casa, dapprima per il nonno, la nonna e le sorelle ancora signorine, e dopo sposato si aggiunse la mamma, ma già mancava qualche sorella andata sposa di mariti venuti da fuori. Poco prima di venir meno la zia Amalia mi ha detto che papà leggeva di tutto, eppure non superò mai la terza elementare. Qui a Messina preferiva gli editoriali del direttore della Gazzetta del Sud, il quale col suo anticomunismo alla messinese infusogli dal suo padrone/padrino/allevatore, Bonino, il re della molitura, lo faceva arrabbiare e gridare, indirizzandogli, “bestia”!

Quel titolo, Resurrezione, non l’ho scordato mai: nella copertina del libro era scritto di colore rosso, in corsivo, di traverso, da sinistra verso destra, dal basso verso l’alto, con sopra un volto dolorante d’uomo - un Cristo? -.

 

Ho aspettato anni prima di cominciare a leggere Tolstoi, e l’ho letto tutto. Devo dire che ho cominciato al momento giusto con Anna KarerinaGuerra e Pace è il libro da leggere e rileggere: del resto Cormac Mc Carthy, come ai suoi tempi Dostoevki, lo definiscono il più grande mai scritto, superiore alla Bibbia e. fidatevi, è così! Mio malgrado, quello che preferisco è I Cosacchi, una cosetta rispetto all’altro, ma per dirla con Marcel Proust: “sono le opere da niente che ci fanno addentrare nei gradi capolavori di uno scrittore”.




 

domenica 29 maggio 2022

Le pillole del farmacista [di Franz Antel, 1972]


 Il libretto da cui l'immagine era custodita da Ernesto Gliozzi il vecchio

venerdì 27 maggio 2022

Il mio domani [di Marina Spada, 2011]

 
 

L’anno del Signore 1904 il giorno 22 del mese di Febbraio in Platì’. Io Saverio Arciprete Oliva Vicario Foraneo, giusto l’editto del 16 corrente mese, della Rev.ma Curia Vescovile di Gerace per il quale sono stato delegato di accertare il valore del fondo Sfalasi costituito in Sacro Patrimonio dall’Accolito Ernesto Gliozzi, in base dell’atto di donazione già fatta dal di lui padre D. Francesco Gliozzi, mi sono portato nel fondo sudetto in compagnia di Giuseppe Mittiga fu Francesco e di Antonio Mantegna fu Francesco ambidue di questo comune sudetto esperti di campagna, i quali avendo prestato il giuramento di rito, e dopo un coscenzioso esame mi riferirono il seguente risultato: cioè_
Terra acquistabile tomolate 10     £ 2000
Olivi salme                                 7       £ 1550
Gelsi sicomi                                         £ 0800
Querce                                                  £ 0340
Peri                                                        £ 0200
Fichi                                                       £ 0100
Viti                                                          £ 0010
Case rurali                                           £ 0500
                                                          ______
                                                 Totale    £ 5500
Data lettura del presente a’ i sudetti esperti sottoscrivono il presente con me
Platì 22 febbraio 1904
Mittiga Giuseppe perito
Antonio Mantegna
Saverio Arciprete Oliva Vicario Foraneo

 

Il documento riportato, gentilmente concesso, è custodito presso:
Archivio Storico Diocesano “Mons. Vincenzo Nadile”
Diocesi di Locri – Gerace
ASDLG
 

Con la stima dei terreni dati in dote ad Ernesto Gliozzi (1883-1948) di Francesco onde costituire il suo sacro patrimonio* da esibire prima della consacrazione a ministro di Dio, l’arciprete Don Saverio Oliva (1835-1919) si rivela una persona preparata nell'esercizio delle funzioni a lui demandate, nella fattispecie di rilevatore di terreni onde attribuire un valore del tutto secolare. In questa sua stima, aiutato dai periti Giuseppe Mittiga e Antonio Mantegna, egli si rifà ai canoni classici rintracciabili nei Catasti Onciari platiesi del 1746 e 1754. Le stesse figure del rilevatore e degli apprezzatori, il giuramento prestato da questultimi derivano da quelle epiche epoche. In avvenire l'identico Sacro Patrimonio verrà riciclato in favore dello zio Ciccillo. Allo zio Ernesto il giovane nulla toccherà, essendosi nel frattempo dissolta quell'Istituzione, seppur Sacra, del tardo medioevo.

*La dote economica assegnata ad un chierico e futuro sacerdote secolare onde garantirgli una rendita e di conseguenza il mantenimento.

 



mercoledì 25 maggio 2022

Contestazione generale [di Luigi Zampa, 1969]

Cl DISTURBA UNA TV ARABA

Vi segnalo che qui a Platì (Reggio Calabria) è stata promossa una petizione popolare per far sì che la popolazione possa ricevere i programmi del secondo e terzo canale Rai. Questa è una importante necessità per un piccolo paese di montagna, dove non c’è un’edicola o un negozio qualsiasi dove si possa comprare un giornale o una rivista. Persino per la Gazzetta del Sud o il Giornale di Calabria (i due quotidiani calabresi) bisogna scendere a Bovalino, e pertanto la radio e la tv restano gli unici mezzi d’informazione del paese. E naturalmente non si tratta solamente d’informazione, ma anche di cultura. Io amo molto il mio paese e la mia gente, e voglio vederla elevata spiritualmente e culturalmente; purtroppo i mezzi a mia disposizione sono molto scarsi, per non dire che io sono poliomielitico, e quindi limitato fisicamente. Voglio, inoltre, che la mia gente prenda coscienza dei suoi diritti e non li debba vedere calpestati continuamente; che non venga sfruttata persino nella sua miseria. Chi si abbona ad una rivista ha diritto a riceverla periodicamente; cosi chi paga il canone alla Rai deve vedere tutti i programmi. Vi preghiamo di aiutarci dando diffusione a questa nostra iniziativa. Ringrazio anche a nome dei ragazzi che mi stanno aiutando nella raccolta delle firme per la Rai.
dott. Mimmo Marando
Platì (R.C.)

La petizione popolare promossa a Platì, sottolinea che tocca alla Rai (col l’impianto di un ripetitore) adempiere ai propri obblighi di rendere visibili tutti i programmi televisivi, dopo che gli abitanti del paese hanno fatto il dovere loro pagando il canone conseguente a regolare contratto di abbonamento, come tutti. I promotori segnalano poi che, “mentre il secondo e terzo canale Rai non si vedono affatto, il primo canale molto spesso, nei periodi estivi, è disturbato da una emittente araba". Se la Rai non aderisse alla richiesta, il gruppo promotore della protesta a Platì s’ impegna “a proseguire la battaglia intrapresa, in sede giudiziaria, o in ultima ipotesi a invitare tutti gli abbonati Rai-tv a disdire l’abbonamento”. Infine, segnala che “nel vicino comune cli Antonimina, per le ragioni sopra denunciate, da molti anni gli abitanti, pur ricevendo il primo canale, non pagano il canone di abbonamento Rai-tv".
Insomma, quel ripetitore Rai ci vuole. Prima che lo metta qualche televisione araba.
FAMIGLIA CRISTIANA - 7 settembre 1980

 

 

 

 

 

lunedì 23 maggio 2022

Nuove terre [di Joris Ivens - 1944]


 

Platì 11 Settembre 1883
Mi dichiaro io aqui sottoscritto aver vinduto la mia porzione dorto Al Signor D’onfilippo Agliozzi Accepreti. Limiti suoi stessi della parte superiore D’on gesofatto Forori dallaltra parti Fù Rosario Mittica fu Domenico e sono soddisfatto del valure corrispondenti  io Domenico Romeo del  Fù Antonio
Accetto come supra
Giuseppe Antonio Marando testimone
Ielasi Domenico Testemo(ne)

giovedì 19 maggio 2022

Il tempo dell'inizio [di Luigi Di Gianni - 1929]

PLATI’ – DALLE ORIGINI
ALLA PRIMA META’ DEL SECOLO (XX°)
A cura di Francesca Romeo

Sulla discendenza greca dei platiesi (pratiòti) ritengo non possano esservi dubbi. Si riscontra l’etimologia greco-classica in almeno il 50% dei vocaboli di uso corrente (rìza, basilicò, potamàta, camaròpa, stràci, limba etc.), in molti cognomi (Ceravolo, Crupi, Garreffa, Macrì, Mirarchi, Pangallo, Papalia, Tripepi), nella denominazione di molte località del territorio (Panareforo, Cromatì, Zìllastro etc.) e nello stesso nome del paese.

Nell’isola di Creta, come dimostra il particolare ingrandito della cartina qui riprodotto, esiste addirittura ancora oggi un paese denominato Platì.

Del resto, la Magna Grecia comprendeva un vastissimo territorio, anche se le vestigia del suo antico (e forse sopravvalutato) splendore si ritrovano a Locri e in genere lungo la costa "... del Jonio Mar da cui vergine nacque ... Venere ...". Non voglio certo ipotizzare che i nostri nobili ascendenti greci abbiano "fondato" Platì: è infatti poco credibile che duemila anni fa sia qui esistito alcun nucleo etnico.


La “fondazione” di Platì, nel senso di primo “insediamento urbano” avente questo nome, è avvenuta in tempi meno remoti.
Nel “Dizionario dei luoghi della Calabria” curato da Gustavo Valente (Ediz. Frama, pag.768) si legge testualmente: «...Si vuole sia stato fondato nel 1557 da Pietrantonio Spinelli per ragioni agricole. Fu feudo della stessa famiglia Spinelli, Principi di Cariati. Nel 1783 fu quasi distrutto dal terremoto.»
L’autore cita a sostegno una copiosa bibliografia.
Annoierei certamente il lettore, se riportassi in questo articolo le contorte e pedanti elucubrazioni sulle vicende e sulle liti dei membri della famiglia Spinelli, che ho scorto in pubblicazioni minori. - Mi limiterò pertanto a esaminare i dati, sicuramente attendibili, ricavati dall'autorevole “Dizionario...” di cui ho detto, e che riguardano Platì nell’arco del nostro secolo e di quello precedente.
Il mio excursus non raggiunge l’epoca attuale, ma si ferma alla prima metà del secolo; se questa rivista avrà fortuna, in un prossimo numero potrò dedicare attenzione, forse anche più accuratamente, ai tempi che stiamo vivendo.
(Per inciso, sorprende che il Valente ometta di menzionare i danni subìti dal paese durante il terremoto del 1908: furono rilevantissimi, e gravi furono le perdite di vite umane).
 
Dalla fine del settecento alla prima metà del nostro secolo, i dati riguardanti la popolazione di Platì sono riassunti nel prospetto e nei grafici che seguono:

 

Quanto alla popolazione “attiva”, di circa 2.000 unità, la relativa composizione sarebbe stata, alla fine degli anni Cinquanta, dedita in prevalenza all’agricoltura ed all’allevamento del bestiame, e in minor parte ad altre attività, come dai prospetti e dai grafici che seguono:

 


LA VITA POLITICA

La massiccia partecipazione alle competizioni elettorali nonché la miriade di partiti politici presenti sulla scena, dimostrano che i cittadini platiesi sono molto più maturi e politicamente autonomi di quanto si pensi.
I prospetti e i grafici che seguono forniscono molto efficacemente l’immagine “politica” della popolazione e l’individualità degli elettori.
Nel 1946 i cittadini elettori (di età superiore a 21 anni) erano 3.341. - Il referendum si svolse coi risultati riassunti nel prospetto e nei grafici che seguono:

 


Evito ogni commento sui risultati sopra riprodotti e lascio ai lettori di giudicare se la preferenza espressa per la monarchia sia stata indice di conservatorismo oppure di “lungimiranza” degli elettori platiesi.
Dalle vicende politiche della Nazione nell‘ultimo cinquantennio, dalla qualità e dalla personalità dei Presidenti della Repubblica succedutisi, dal recente isterismo secessionista, ognuno potrà fare oggettivamente il raffronto tra la cosiddetta “Prima Repubblica” e il preesistente regime monarchico.
 
Identico numero di elettori e di votanti per l’Assemblea Costituente, coi seguenti risultati:


Nelle consultazioni popolari dal 1946 al 1968 il numero degli elettori (cittadini di età superiore a 21 anni) è riassunto nel seguente prospetto e nel grafico relativo:


Ad esaminare in dettaglio ciascuna competizione elettorale, dato l’elevato numero di formazioni politiche partecipanti, non basterebbero le pagine di questa rivista.

Francesca Romeo
PLATI’ NOVEMBRE 1996

A tutt’oggi il testo ed il lavoro della dottoressa Francesca Romeo, apparsi sulla rivista di Mimmo Marando, rimangono di primaria importanza per quanti vogliano conoscere, studiare e scrivere, la storia di Platì. E va ad arricchire le già numerose pubblicazioni sull’argomento qui apparse.