UN FIORE
assunto a l’ara del Signor. Te chiama
al tempio la santa
madre, che se non ami, sempre t’ama.
Oggi, solenne istante,
È momento di vita esultatrice
Per Te, giovane amico:
Salve! Di Dio Ministro: a Te felice
Del Vas d’elezione
Sia l’improba carriera, militante:
grazie, sempre doni
il Signor ti conceda ognor costante.
Sorridano del cielo
Ai giorni tuoi le stelle, il tuo cammino
Di fiori sia interciuto
E miri di Gesù sempre al divino
Labaro, che del tempo
La patina disprezza, e dei delubri,
La cupola illustrando,
I nemici di Dio sfida, colubri.
Tu da la polve ai sacri
Altari ormai avviato da la mano
Vescovile di Locri
E dal padre, che a sé non tolse invano
Il pane, ahi! poveretto,
Per la scola che a Te de’ chiostri sana
Cultura benedetta
Dette a la tutelare ombra di arcana
Celeste, educatrice
Virtù del gran seguace d’Aquinate,
Mangeruva* profondo,
De’ due mondi al Leone degno frate,
Tu, che al mio cor sei caro,
accetta, se non altro, di mia lira
malferma, ma sincera,
l’inno, che vola a Te, e a Te sospira! …
Oggi sul viso brilla
del padre tuo la gioia che pur senti:
Padre che i nostri cari
Padri, a l’are devoti, tra le genti
Seppe imitar, creando
Te sacerdote, a mezzo del salire
E scender le scale
Or ti rallegra, amico:
altare, croce e calice, che insegna
son di Cristo nel mondo,
t’attendono, di Cristo anima degna.
Però, sui pulvinari
Non poserai tranquillo senza il grido
De la colpa, il tuo core.
Se questo non sarà sempre a Dio fido.
Sempre innocente, scevro
D’ipocrisia, come oggi puro ascende
L’altare che t’invita
A l’ostia. Che d’amore il cor t’accende.
Di stelle circondata,
Col viso irradiante più del sole,
Di là de l’universo
Oggi la mano a te, senza parole,
Porge sposa divina:
La tua pur stendi: affrettati: di cielo
Oggi son le tue nozze,
Coronate, di rose d’Evangelo.
Sebbene pur mortale
Tu sia, uffiziando, a Te davanti
Il popolo non vedi
Che si prostra? Non vedi che de’ Santi
Il compito t’eleva?
Di te chi mai più nobile è su questa
Aiuola, sempre in diro?
Iddio non senti in seno in tanta festa?
Chi più di Dio t’innalza?
Chi più di Dio su l’orme della Fede
A camminar t’inspira?
A convertir la gente che non crede?
Guarda: darwiniana
Turba contro di Dio grida e ride
Di quelle nozze sacre:
stolta, che i sacerdoti invano irride! …
di Dio col nome sprezza
questa turba, che uccise la morale,
la libertà di Cristo,
che di Roma, del mondo capitale
Cattolica, le zolle
Fin profanò, le ceneri insultando,
L’urna di Pio adorata,
Onorevoli ladri pur creando …
Sprezza l’alato Dio:
Il popolo rispetta: ma da questo
Mostro, che fa che l’uomo
Ora un Dio, ora fango, lungi il resto …
Core astigiano e sensi
Generosi coi tuoi nemici adopra;
non cedere la schiena
a chi da l’alto in basso guarda ed opra.
Il Signore ti guardi:
Come quest’ore, che oggi Ei benedice,
Passi il tempo, che vola,
E scorra sempre a Te, sempre felice.
Platì, 7 Aprile 1895
Dottor Papalia Vincenzo
Don Francesco Mittiga era nato a Platì il 22 giugno 1872 da Nicola, sarto e da Mariantonia Gliozzi tessitrice. A detta della zia Amalia don Francesco abitava nella via Fratelli Sergi. Nella foto l’abitazione sopra la la scalinata.
*Mons.
Francesco Mangeruva era nato a Sinopoli il 9 gennaio 1823. Fu ordinato
sacerdote il 20 settembre 1845 e salì sulla cattedra di Gerace il 9 maggio 1872
che conservò fino alla sua morte avvenuta l’11 maggio 1905.