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giovedì 9 giugno 2022

Il dono di Dio [di Gaston Kaboré, 1982]





UN FIORE


ASSUNZIONE AL SACERDOZIO
DEL
Signor Francesco Mittiga

 
Scientia in flat
Charitas vero aedificat
Apostolo Paolo ai Corinti
 
 Sacerdote novello,
assunto a l’ara del Signor. Te chiama
al tempio la santa
madre, che se non ami, sempre t’ama.
 
 Oggi, solenne istante,
È momento di vita esultatrice
Per Te, giovane amico:
Salve! Di Dio Ministro: a Te felice
 
 Del Vas d’elezione
Sia l’improba carriera, militante:
grazie, sempre doni
il Signor ti conceda ognor costante.
 
 Sorridano del cielo
Ai giorni tuoi le stelle, il tuo cammino
Di fiori sia interciuto
E miri di Gesù sempre al divino
 
 Labaro, che del tempo
La patina disprezza, e dei delubri,
La cupola illustrando,
I nemici di Dio sfida, colubri.
 
 Tu da la polve ai sacri
Altari ormai avviato da la mano
Vescovile di Locri
E dal padre, che a sé non tolse invano
 
 Il pane, ahi! poveretto,
Per la scola che a Te de’ chiostri sana
Cultura benedetta
Dette a la tutelare ombra di arcana
 
 Celeste, educatrice
Virtù del gran seguace d’Aquinate,
Mangeruva* profondo,
De’ due mondi al Leone degno frate,
 
 Tu, che al mio cor sei caro,
accetta, se non altro, di mia lira
malferma, ma sincera,
l’inno, che vola a Te, e a Te sospira! …
 
 Oggi sul viso brilla
del padre tuo la gioia che pur senti:
Padre che i nostri cari
Padri, a l’are devoti, tra le genti
 
 Seppe imitar, creando
Te sacerdote, a mezzo del salire
E scender le scale
Altrui, col core infranto dal soffrire …
 
 Or ti rallegra, amico:
altare, croce e calice, che insegna
son di Cristo nel mondo,
t’attendono, di Cristo anima degna.
 
 Però, sui pulvinari
Non poserai tranquillo senza il grido
De la colpa, il tuo core.
Se questo non sarà sempre a Dio fido.
 
 Sempre innocente, scevro
D’ipocrisia, come oggi puro ascende
L’altare che t’invita
A l’ostia. Che d’amore il cor t’accende.
 
 Di stelle circondata,
Col viso irradiante più del sole,
Di là de l’universo
Oggi la mano a te, senza parole,
 
 Porge sposa divina:
La tua pur stendi: affrettati: di cielo
Oggi son le tue nozze,
Coronate, di rose d’Evangelo.
 
Sebbene pur mortale
Tu sia, uffiziando, a Te davanti
Il popolo non vedi
Che si prostra? Non vedi che de’ Santi
 
 Il compito t’eleva?
Di te chi mai più nobile è su questa
Aiuola, sempre in diro?
Iddio non senti in seno in tanta festa?
 
 Chi più di Dio t’innalza?
Chi più di Dio su l’orme della Fede
A camminar t’inspira?
A convertir la gente che non crede?
 
 Guarda: darwiniana
Turba contro di Dio grida e ride
Di quelle nozze sacre:
stolta, che i sacerdoti invano irride! …
 
 di Dio col nome sprezza
questa turba, che uccise la morale,
la libertà di Cristo,
che di Roma, del mondo capitale
 
 Cattolica, le zolle
Fin profanò, le ceneri insultando,
L’urna di Pio adorata,
Onorevoli ladri pur creando …
 
 Sprezza l’alato Dio:
Il popolo rispetta: ma da questo
Mostro, che fa che l’uomo
Ora un Dio, ora fango, lungi il resto …
 
 Core astigiano e sensi
Generosi coi tuoi nemici adopra;
non cedere la schiena
a chi da l’alto in basso guarda ed opra.
 
 Il Signore ti guardi:
Come quest’ore, che oggi Ei benedice,
Passi il tempo, che vola,
E scorra sempre a Te, sempre felice.
 
   Platì, 7 Aprile 1895

 

Dottor Papalia Vincenzo


Don Francesco Mittiga era nato a Platì il 22 giugno 1872 da Nicola, sarto e da Mariantonia Gliozzi tessitrice. A detta della zia Amalia don Francesco abitava nella via Fratelli Sergi. Nella foto l’abitazione sopra la la scalinata.

*Mons. Francesco Mangeruva era nato a Sinopoli il 9 gennaio 1823. Fu ordinato sacerdote il 20 settembre 1845 e salì sulla cattedra di Gerace il 9 maggio 1872 che conservò fino alla sua morte avvenuta l’11 maggio 1905.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

venerdì 3 giugno 2022

Resurrezione - reup dieci anni dopo


Se lo zio Ciccillo mi ha impresso l’amore per la musica quello per i libri lo devo a papà Ciccillo, tutt’e due quest’anno ne avrebbero avuti 114 di anni. Queste passioni sono rimaste sopite e superate per una passione che definirei vitale: quella per il cinema che devo allo zio Peppino , u mutu i barva e a Mimmo Addabbo. Musica e lettura resurrexit per merito di due incontri che feci negli anni che si susseguirono alla maturità scolastica. A parte libri e libricini di preghiere della mamma, l’unico libro che ricordo in casa, a Platì, è Resurrezione di Lev Tolstoi – mi piace scriverlo così, né alla russa con la J che sembra un’appendice felina, né all’americana con la Y yankee -.

E’ sulla scrivania di papà, nel retrobottega, che, poi, era ancora una parte della bottega: di fronte, dove stava seduto papà, la scaffalatura conteneva le scarpe in vendita, alle spalle c'era di tutto, dai chiodi di tutte le dimensioni alle cartucce, piombo & polvere da sparo per i cacciatori.

Papà, è stato, nei tempi prima dell’entrata in casa della televisione, il lettore della famiglia -  è stato anche un ascoltatore della radio (alla sinistra della scrivania), la sua passione erano le opere liriche -; molto spesso, dopo cena, leggeva per gli adulti di casa, dapprima per il nonno, la nonna e le sorelle ancora signorine, e dopo sposato si aggiunse la mamma, ma già mancava qualche sorella andata sposa di mariti venuti da fuori. Poco prima di venir meno la zia Amalia mi ha detto che papà leggeva di tutto, eppure non superò mai la terza elementare. Qui a Messina preferiva gli editoriali del direttore della Gazzetta del Sud, il quale col suo anticomunismo alla messinese infusogli dal suo padrone/padrino/allevatore, Bonino, il re della molitura, lo faceva arrabbiare e gridare, indirizzandogli, “bestia”!

Quel titolo, Resurrezione, non l’ho scordato mai: nella copertina del libro era scritto di colore rosso, in corsivo, di traverso, da sinistra verso destra, dal basso verso l’alto, con sopra un volto dolorante d’uomo - un Cristo? -.

 

Ho aspettato anni prima di cominciare a leggere Tolstoi, e l’ho letto tutto. Devo dire che ho cominciato al momento giusto con Anna KarerinaGuerra e Pace è il libro da leggere e rileggere: del resto Cormac Mc Carthy, come ai suoi tempi Dostoevki, lo definiscono il più grande mai scritto, superiore alla Bibbia e. fidatevi, è così! Mio malgrado, quello che preferisco è I Cosacchi, una cosetta rispetto all’altro, ma per dirla con Marcel Proust: “sono le opere da niente che ci fanno addentrare nei gradi capolavori di uno scrittore”.




 

domenica 29 maggio 2022

Le pillole del farmacista [di Franz Antel, 1972]


 Il libretto da cui l'immagine era custodita da Ernesto Gliozzi il vecchio

venerdì 27 maggio 2022

Il mio domani [di Marina Spada, 2011]

 
 

L’anno del Signore 1904 il giorno 22 del mese di Febbraio in Platì’. Io Saverio Arciprete Oliva Vicario Foraneo, giusto l’editto del 16 corrente mese, della Rev.ma Curia Vescovile di Gerace per il quale sono stato delegato di accertare il valore del fondo Sfalasi costituito in Sacro Patrimonio dall’Accolito Ernesto Gliozzi, in base dell’atto di donazione già fatta dal di lui padre D. Francesco Gliozzi, mi sono portato nel fondo sudetto in compagnia di Giuseppe Mittiga fu Francesco e di Antonio Mantegna fu Francesco ambidue di questo comune sudetto esperti di campagna, i quali avendo prestato il giuramento di rito, e dopo un coscenzioso esame mi riferirono il seguente risultato: cioè_
Terra acquistabile tomolate 10     £ 2000
Olivi salme                                 7       £ 1550
Gelsi sicomi                                         £ 0800
Querce                                                  £ 0340
Peri                                                        £ 0200
Fichi                                                       £ 0100
Viti                                                          £ 0010
Case rurali                                           £ 0500
                                                          ______
                                                 Totale    £ 5500
Data lettura del presente a’ i sudetti esperti sottoscrivono il presente con me
Platì 22 febbraio 1904
Mittiga Giuseppe perito
Antonio Mantegna
Saverio Arciprete Oliva Vicario Foraneo

 

Il documento riportato, gentilmente concesso, è custodito presso:
Archivio Storico Diocesano “Mons. Vincenzo Nadile”
Diocesi di Locri – Gerace
ASDLG
 

Con la stima dei terreni dati in dote ad Ernesto Gliozzi (1883-1948) di Francesco onde costituire il suo sacro patrimonio* da esibire prima della consacrazione a ministro di Dio, l’arciprete Don Saverio Oliva (1835-1919) si rivela una persona preparata nell'esercizio delle funzioni a lui demandate, nella fattispecie di rilevatore di terreni onde attribuire un valore del tutto secolare. In questa sua stima, aiutato dai periti Giuseppe Mittiga e Antonio Mantegna, egli si rifà ai canoni classici rintracciabili nei Catasti Onciari platiesi del 1746 e 1754. Le stesse figure del rilevatore e degli apprezzatori, il giuramento prestato da questultimi derivano da quelle epiche epoche. In avvenire l'identico Sacro Patrimonio verrà riciclato in favore dello zio Ciccillo. Allo zio Ernesto il giovane nulla toccherà, essendosi nel frattempo dissolta quell'Istituzione, seppur Sacra, del tardo medioevo.

*La dote economica assegnata ad un chierico e futuro sacerdote secolare onde garantirgli una rendita e di conseguenza il mantenimento.

 



mercoledì 25 maggio 2022

Contestazione generale [di Luigi Zampa, 1969]

Cl DISTURBA UNA TV ARABA

Vi segnalo che qui a Platì (Reggio Calabria) è stata promossa una petizione popolare per far sì che la popolazione possa ricevere i programmi del secondo e terzo canale Rai. Questa è una importante necessità per un piccolo paese di montagna, dove non c’è un’edicola o un negozio qualsiasi dove si possa comprare un giornale o una rivista. Persino per la Gazzetta del Sud o il Giornale di Calabria (i due quotidiani calabresi) bisogna scendere a Bovalino, e pertanto la radio e la tv restano gli unici mezzi d’informazione del paese. E naturalmente non si tratta solamente d’informazione, ma anche di cultura. Io amo molto il mio paese e la mia gente, e voglio vederla elevata spiritualmente e culturalmente; purtroppo i mezzi a mia disposizione sono molto scarsi, per non dire che io sono poliomielitico, e quindi limitato fisicamente. Voglio, inoltre, che la mia gente prenda coscienza dei suoi diritti e non li debba vedere calpestati continuamente; che non venga sfruttata persino nella sua miseria. Chi si abbona ad una rivista ha diritto a riceverla periodicamente; cosi chi paga il canone alla Rai deve vedere tutti i programmi. Vi preghiamo di aiutarci dando diffusione a questa nostra iniziativa. Ringrazio anche a nome dei ragazzi che mi stanno aiutando nella raccolta delle firme per la Rai.
dott. Mimmo Marando
Platì (R.C.)

La petizione popolare promossa a Platì, sottolinea che tocca alla Rai (col l’impianto di un ripetitore) adempiere ai propri obblighi di rendere visibili tutti i programmi televisivi, dopo che gli abitanti del paese hanno fatto il dovere loro pagando il canone conseguente a regolare contratto di abbonamento, come tutti. I promotori segnalano poi che, “mentre il secondo e terzo canale Rai non si vedono affatto, il primo canale molto spesso, nei periodi estivi, è disturbato da una emittente araba". Se la Rai non aderisse alla richiesta, il gruppo promotore della protesta a Platì s’ impegna “a proseguire la battaglia intrapresa, in sede giudiziaria, o in ultima ipotesi a invitare tutti gli abbonati Rai-tv a disdire l’abbonamento”. Infine, segnala che “nel vicino comune cli Antonimina, per le ragioni sopra denunciate, da molti anni gli abitanti, pur ricevendo il primo canale, non pagano il canone di abbonamento Rai-tv".
Insomma, quel ripetitore Rai ci vuole. Prima che lo metta qualche televisione araba.
FAMIGLIA CRISTIANA - 7 settembre 1980

 

 

 

 

 

lunedì 23 maggio 2022

Nuove terre [di Joris Ivens - 1944]


 

Platì 11 Settembre 1883
Mi dichiaro io aqui sottoscritto aver vinduto la mia porzione dorto Al Signor D’onfilippo Agliozzi Accepreti. Limiti suoi stessi della parte superiore D’on gesofatto Forori dallaltra parti Fù Rosario Mittica fu Domenico e sono soddisfatto del valure corrispondenti  io Domenico Romeo del  Fù Antonio
Accetto come supra
Giuseppe Antonio Marando testimone
Ielasi Domenico Testemo(ne)

giovedì 19 maggio 2022

Il tempo dell'inizio [di Luigi Di Gianni - 1929]

PLATI’ – DALLE ORIGINI
ALLA PRIMA META’ DEL SECOLO (XX°)
A cura di Francesca Romeo

Sulla discendenza greca dei platiesi (pratiòti) ritengo non possano esservi dubbi. Si riscontra l’etimologia greco-classica in almeno il 50% dei vocaboli di uso corrente (rìza, basilicò, potamàta, camaròpa, stràci, limba etc.), in molti cognomi (Ceravolo, Crupi, Garreffa, Macrì, Mirarchi, Pangallo, Papalia, Tripepi), nella denominazione di molte località del territorio (Panareforo, Cromatì, Zìllastro etc.) e nello stesso nome del paese.

Nell’isola di Creta, come dimostra il particolare ingrandito della cartina qui riprodotto, esiste addirittura ancora oggi un paese denominato Platì.

Del resto, la Magna Grecia comprendeva un vastissimo territorio, anche se le vestigia del suo antico (e forse sopravvalutato) splendore si ritrovano a Locri e in genere lungo la costa "... del Jonio Mar da cui vergine nacque ... Venere ...". Non voglio certo ipotizzare che i nostri nobili ascendenti greci abbiano "fondato" Platì: è infatti poco credibile che duemila anni fa sia qui esistito alcun nucleo etnico.


La “fondazione” di Platì, nel senso di primo “insediamento urbano” avente questo nome, è avvenuta in tempi meno remoti.
Nel “Dizionario dei luoghi della Calabria” curato da Gustavo Valente (Ediz. Frama, pag.768) si legge testualmente: «...Si vuole sia stato fondato nel 1557 da Pietrantonio Spinelli per ragioni agricole. Fu feudo della stessa famiglia Spinelli, Principi di Cariati. Nel 1783 fu quasi distrutto dal terremoto.»
L’autore cita a sostegno una copiosa bibliografia.
Annoierei certamente il lettore, se riportassi in questo articolo le contorte e pedanti elucubrazioni sulle vicende e sulle liti dei membri della famiglia Spinelli, che ho scorto in pubblicazioni minori. - Mi limiterò pertanto a esaminare i dati, sicuramente attendibili, ricavati dall'autorevole “Dizionario...” di cui ho detto, e che riguardano Platì nell’arco del nostro secolo e di quello precedente.
Il mio excursus non raggiunge l’epoca attuale, ma si ferma alla prima metà del secolo; se questa rivista avrà fortuna, in un prossimo numero potrò dedicare attenzione, forse anche più accuratamente, ai tempi che stiamo vivendo.
(Per inciso, sorprende che il Valente ometta di menzionare i danni subìti dal paese durante il terremoto del 1908: furono rilevantissimi, e gravi furono le perdite di vite umane).
 
Dalla fine del settecento alla prima metà del nostro secolo, i dati riguardanti la popolazione di Platì sono riassunti nel prospetto e nei grafici che seguono:

 

Quanto alla popolazione “attiva”, di circa 2.000 unità, la relativa composizione sarebbe stata, alla fine degli anni Cinquanta, dedita in prevalenza all’agricoltura ed all’allevamento del bestiame, e in minor parte ad altre attività, come dai prospetti e dai grafici che seguono:

 


LA VITA POLITICA

La massiccia partecipazione alle competizioni elettorali nonché la miriade di partiti politici presenti sulla scena, dimostrano che i cittadini platiesi sono molto più maturi e politicamente autonomi di quanto si pensi.
I prospetti e i grafici che seguono forniscono molto efficacemente l’immagine “politica” della popolazione e l’individualità degli elettori.
Nel 1946 i cittadini elettori (di età superiore a 21 anni) erano 3.341. - Il referendum si svolse coi risultati riassunti nel prospetto e nei grafici che seguono:

 


Evito ogni commento sui risultati sopra riprodotti e lascio ai lettori di giudicare se la preferenza espressa per la monarchia sia stata indice di conservatorismo oppure di “lungimiranza” degli elettori platiesi.
Dalle vicende politiche della Nazione nell‘ultimo cinquantennio, dalla qualità e dalla personalità dei Presidenti della Repubblica succedutisi, dal recente isterismo secessionista, ognuno potrà fare oggettivamente il raffronto tra la cosiddetta “Prima Repubblica” e il preesistente regime monarchico.
 
Identico numero di elettori e di votanti per l’Assemblea Costituente, coi seguenti risultati:


Nelle consultazioni popolari dal 1946 al 1968 il numero degli elettori (cittadini di età superiore a 21 anni) è riassunto nel seguente prospetto e nel grafico relativo:


Ad esaminare in dettaglio ciascuna competizione elettorale, dato l’elevato numero di formazioni politiche partecipanti, non basterebbero le pagine di questa rivista.

Francesca Romeo
PLATI’ NOVEMBRE 1996

A tutt’oggi il testo ed il lavoro della dottoressa Francesca Romeo, apparsi sulla rivista di Mimmo Marando, rimangono di primaria importanza per quanti vogliano conoscere, studiare e scrivere, la storia di Platì. E va ad arricchire le già numerose pubblicazioni sull’argomento qui apparse.


 

mercoledì 18 maggio 2022

Una montagna di colori [di Luis Trenker - 1929]


Io vivendo nell’Aspromonte lo conosco molto bene. Le montagne cambiano colore in base alla stagione come gli alberi in inverno, se si va in montagna gli alberi non hanno foglie, invece se si va in primavera o in estate gli alberi sono tutti verdi e alcuni anche fioriti: Mia nonna mi ha raccontato che una volta per andare in montagna non c’era la macchina ma gli asini; gli uomini caricavano le cose sugli asini e facevano portare le cose a loro. Le donne invece portavano le cose in testa e per non farsi male si facevano le corone con le trecce. Quando arrivavano si sedevano per terra sull’erba con una tovaglia sotto o si sedevano nei tavoli di legno che c’erano tra gli alberi; poi la sera prima che facesse buio tornavano a casa. Quando andiamo in montagna io e mia sorella ci divertiamo a stare immerse in quel verde e a giocare con il pallone che non usiamo mai perché siamo troppo prese dal telefono e per questo spesso non ci accorgiamo di quello che abbiamo intorno e del bel paesaggio che abbiamo l’Aspromonte.

PISTO ELISA LUCIA
1° D
Cirella
27/05/2021
 

Il disegno di apertura è di Grillo Antonio 2° B. Illustrazione e testo partecipanti al Premio "E. Gliozzi" organizzato dall'Associazione Etno- Culturale Santa Pulinara, edizione 2021.


 

venerdì 13 maggio 2022

La signora mia zia [di Morton DaCosta - 1958]


Mittiga Sarino di Francesco
Platì 11 maggio 1955
alla zia Maria Gemma





 

Platì 4 Marzo 1971
Cara zia Gemma ti scrivo questa letterina per dirti che io vado a scuola dalla Madre Superiore e già so leggere e scrivere. Ti mando tanti bacetti il tuo
Luigi

mercoledì 11 maggio 2022

Il corpo della sposa [di Michela Occhipinti - 2019]

DIVAGAZIONI DI CASA NOSTRA
Antiche leggende calabresi
 
Platì, 19 gennaio
In un tempo molto antico quando i mulattieri facevano il nodo meglio dei migliori marinai nacque una bambina. Era minuta minuta, e aveva una gran fame, tanto che sua madre, per nutrirla, doveva fare largo uso di galattofori; la parte più piccola del suo corpo era la testa.
A furia di succhiare continuamente, dalla mattina alla sera, il labbro inferiore le si era allargato come il gozzo di un pellicano, e il labbro superiore le si era allungato spropositatamente, fino a che la sua bocca assunse la forma di un becco di tordo.
La strana conformazione della sua testa indusse i parenti a metterle il soprannome di «Testa di Jizzo».
Quando fu all'età di nove anni, la Saggia Sibilla, che abitava a Polsi, predisse alla bambina che nella sua vita avrebbero predominato due colori: il grigio e il verde.
Testa di lizzo non capì la profezia, né si preoccupò di farsela spiegare; lei, infatti, unica nel suo villaggio, disprezzava la Saggia Sibilla, venerata da tutti.
Il tempo passò, a poco a poco, e Testa di Jizzo si fece donna.
Nonostante la sua bruttezza, ci fu un uomo che la sposò. Il poveretto se ne pentì amaramente, perché la brutta sposa non lo degnava neanche di uno sguardo; anzi non lo poteva soffrire.
Un giorno la cicogna portò ai due coniugi un bambino, piccolo e grigio come un pezzo di ferro. La donna, ripensando con sospetto alla profezia della Saggia Sibilla, lo soffocò di notte, con un cuscino.
Il marito credette che il bambino fosse morto da solo, e non disse niente. L'anno dopo, però, ne nacque un altro; stavolta era verde come una foglia d'edera. La selvaggia donna non esitò a sopprimere anche lui.
Passò un altro anno e i due coniugi ebbero un terzo figlio. Questa volta, il marito, che si era insospettito, non permise alla moglie di restare sola col neonato, e così salvò quest'ultimo.
Testa di Jizzo non si diede per vinta. Quando il terzo figlio ebbe raggiunto l'età di dieci anni, lo portò con sé in montagna per abbandonarlo ai lupi, in mezzo alla neve. La Sibilla la vide mentre stava per attuare l'infame progetto e decise di salvare il piccolo.
Prese di peso la madre afferrandola dalla piccola testa, la scaraventò nei mari del Nord dove divenne un Iceberg.
E il piccolo, invece, fu salvato da un mulattiere che passava da quei paraggi e che, saputa la storia dalla Saggia Sibilla, la tramandò a noialtri.
Il resto della storia, cioè la fine che fece il piccolo non ce lo disse. Ma chi volesse saperla può andare a chiederla alla Sibilla, che, benché vecchia, tuttavia gestisce ancora, tra le grotte dell'Aspromonte, il suo ufficio informazioni.
MICHELE FERA
GAZZETTA DEL SUD, 20 gennaio 1956

Nessun tracciato per la foto in apertura.