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mercoledì 9 marzo 2022

Ninfa plebea [di Lina Wertmüller - 1996]



BOZZETTO CALABRESE

La ninfa del bosco Acone


Platì, 21 maggio
Mico si accese la pipa e aperse la bocca in atto di parlare. L'uditorio divenne attentissimo, ma Mico, imperterrito apri la bocca ancora un pò, poi la spalancò del tutto e infine la rinchiuse, tacendo. Aveva semplicemente fatto uno sbadiglio. Ciccio Donarom si stizzì e mise subito in atto il suo metodo infallibile per far parlare il vecchio. Gli diede una martellata su un ginocchio, e, in atteggiamento michelangiolesco, gli gridò- «E perché non parli?»
- «Va al diavolo!» — ribatté Mico, ma incominciò subito il suo racconto (Inutile dire che l'aveva appreso dai libri della Saggia Sibilla, di cui si vanta d'essere stato, l'ultimo
segretario).
— «La più bella ninfa del bosco di Acone era Anna. Il suo sorriso si comunicava a tutta la natura. Nella zona non si trovava più un salice piangente: quei pochi che c'erano s'erano riconfortati alla sua vista e non facevano che ridere e cantare. Fu in quel periodo che nacquero gli Ippocastani, quei bellissimi alberi s'erano fino allora chiamati «Ippobiondi», ma decisero di cambiar nome per intonarlo al colore dei capelli della ninfa. Avevano un bel da fare gli astronomi di quel tempo, per osservare le comete che navigavano nello spazio: alla vista di Anna, quegli astri si mettevano ad agitare la propria coda in segno di saluto, proprio come cagnolini affezionati..»
Qui ci parve che Mico cominciasse ad esagerare; cercammo allora di interromperlo, perché, se il racconto prendeva quella piega, chissà dove si sarebbe andati a finire.
— «Alle corte » — gli chiese a bruciapelo Ciccio Donarom, agitando il martello, — « qual è il fatto che volevi narrarre?»
Mico parve imbarazzato. Con voce più cauta ci confidò: «Quando le ninfe sparirono dai boschi, Anna promise alla natura, sua amica, che sarebbe tornata. Ebbene, voi non ci crederete, ma la ninfa, dopo tanti secoli, ha mantenuto la promessa. Me ne sono accorto iersera, quando ho visto la cometa
«H» muovere la coda in segno di saluto...»
Decisamente Mico non era in vena che di raccontar balle. Lo mandammo a quel paese in termini più che poveri, e uscimmo all'aperto.
Fuori c'era un'inondazione di sole. Guardammo instintivamente il vecchio salice piangente, in un angolo del giardino: l'albero era scosso dalla brezza e tra le sue foglie fremeva una interminabile risata d'argento.
MICHELE FERA

GAZZETTA DEL SUD, 22 maggio 1957


 

domenica 6 marzo 2022

Storia di erbe fluttuanti - dal blog alla lapide

La pratica della decontestualizzazione è abbondantemente presente nei movimenti artistici moderni da Andy Warhol a Quentin Tarantino. È benaccetto constatare che quanto in queste pagine va pubblicato possa essere decontestualizzato e ricontestualizzato in nuove espressioni o sfociando sulle lastre sepolcrali, come è accaduto con Michele Papalia senior.

“A … Michele Papalia, … biblico patriarca, saggio analfabeta vissuto in terra di Platì.  A lui e a quanti nell’operosa ombra vivono, questo umile omaggio.



mercoledì 2 marzo 2022

Chiaro di donna - Caterina

Rispondo all’Anonimo visitatore che ha chiesto notizie della Signora che appare intervistata nel video in queste pagine qualche giorno addietro*. Il volto caravaggesco della ragazza è un fermo immagine nella mia mente. Nell’ultimo mio viaggio in terra di Platì, cercando altro dentro il cimitero, ho incontrato due garbatissime signore cui ho chiesto notizie della raccoglitrice nel video. Una di loro mi assicurava che avrebbe fatto ricerche in paese e mi avrebbe fatto sapere con Michele, che era con me in quella mirata visita al camposanto. Per il vero tornando nella città dove risiedo e dove lavoro, per e su Platì, ho dimenticato incontro e ragazza del video, congetturavo di più sull’incontro con il dottor Floriani a Vibo e l’architetto Bartone a Soriano.
Un paio di giorni fa ho ricevuto una telefonata da una signora di Platì che ha preso il numero dalla pagina I Love Platì che ho messo come contatto per whatsapp. La signora, che si chiama Francesca …, mi ha riferito di averti incontrato a Platì (credo al cimitero) e che tu volevi sapere chi fosse una signora in una foto credo tratta dal filmato delle raccoglitrici di olive. Mi ha detto di riferirti che si tratta di Caterina Sergi figlia di "Roccu i Petru". Erano 7 fratelli e sorelle, molti emigrati in Australia compresa Caterina. A Platì c'è ancora una sorella che si chiama Anna”.
Il messaggio è di Rosalba Perri. Entrambi, io frenetico, ricorriamo al data base dello zio Ernesto - Gloria nel più alto dei Cieli, zio Ernesto, per aver perso inconsapevolmente il tuo tempo per noi.
Caterina Sergi “i Roccu i Petru” è la settima di dieci figli nati da Rocco e Francesca Calabria. Dodici, compresi i genitori, come lei accenna nel video. Il padre non era figlio i Petru, come è facile pensare, ma di Michele, sposò Francesca, tizzuni di lignaggio,  il 19 novembre del 1922. Petru è l’ultimo dei dieci figli, classe 1948.
Dunque grazie alla Signora Francesca, a Rosalba e Michele ma soprattutto a Caterina Sergi.
SDG

 

martedì 1 marzo 2022

Primo incontro [di H. H. Zerlett - 1936]

"Bisogna continuamente ricominciare". Luigi Meneghello



Con i superstiti amici pulinaroti ci siamo recati a Vibo, dapprima, per incontrare il dottor Gilberto Floriani, vicentino come l'autore dell'epigrafe d'apertura, direttore del SBV Sistema Bibliotecario Vibonese e, di seguito, l’architetto Francesco Bartone direttore della Biblioteca Calabrese di Soriano Calabro. Nostro biglietto da visita è stato il pane di Platì. Dire che sono incontri che segnano un passo della vita personale è poco. Sono incontri che offrono soprattutto un futuro per Platì. Se con Gilberto Floriani abbiamo parlato per lo più di libri e Platì con Francesco Bartone abbiamo conversato dell’immenso e incomparabile contributo che esercita la Biblioteca di Soriano per la Calabria. Il futuro … ricominciare!

lunedì 28 febbraio 2022

Dove eravamo rimasti [di Jonathan Demme - 2015]

“Oggi sono qui per dirvi che cosa voglio ricordare e sapere”. Pier Paolo Pasolini


mercoledì 23 febbraio 2022

Qualcosa di personale - la Scuola e il Palazzo di Giustizia



Ho visto un palazzo di giustizia con la scala da’ gradoni di granito, logori, per il transito che vi si faceva
Ho visto una scuola, con la scala parimenti dai gradoni di granito, intatta per il poco transito che vi si faceva
Quando s’invertiranno i termini, cioè la scala dei tribunali poco logora, e consumata quella delle scuole, allora può veramente dirsi che sarà trionfata la civiltà.
13 febb. 1914                           Avv.to G. Portaro

Immagine e testo contenuti nell'album personale di Ernesto Gliozzi il vecchio

Giuseppe Portaro è stato un luminare geracese, oltre che salire e scendere le scale dei palazzi di giustizia è stato autori di libri sul risorgimento calabrese. Era già apparso alla pagina:

https://iloveplati.blogspot.com/2013/05/corpo-celeste-pt3.html



giovedì 17 febbraio 2022

Chiaro di donna [di Constantin Costa-Gavras - 1979]



Frammento tratto da:
La donna che lavora inchiesta televisiva di Ugo Zatterin e Giovanni Salvi del 1959
IVa puntata, Braccianti del sud
la voce fuori campo è di Riccardo Cucciolla
il tema musicale è di Harumi Fuuki, Hajimari no michi (L'alba di un filmaker), 2014 
L'inchiesta, sebbene registicamente sia fotografata e codotta bene, la voce fuori campo, del pur grande attore Riccardo Cucciolla, è certo che non sapesse niente di Pratì come di Platì, attraverso il commento e le sue sparate, buttate lì per far sorridere, lasciano l'amaro non tanto in bocca quanto nello stomaco.
Ugo Zatterin (1920-2000), volto noto nella televisione in bianco e nero, era ancor più noto per via di Alighiero Noschese il quale parodiva gustosamente lo Zatterin.   

lunedì 14 febbraio 2022

Brigata volante [di Silvio Siano - 1946]

Corpo delle Guardie di Finanza
Luogotenenza di Bovalino Brigata volante in Siderno
 
Processo Verbale di trasferimento
di una rivendita di generi di privativa
L’anno 1883 quest’ giorno 14 del mese di Giugno Noi Sorrentino Vincenzo sotto Brigadiere delle Guardie di Finanza col seguito della Guardia Scelta Frustari Luigi giusto gli ordini ricevuto dal Sig. Comandante la Luogotenenza  ci siamo recati nel Comune di Platì Circondario di Gerace Provincia di Reggio Calabria, allo scopo di autorizzare il trasferimento dello spaccio N. 1 di questo Comune esercitato dal Sig. Gliozzi Francesco che dal locale dove attualmente trovasi passa nel corso S. Nicola al civico N. 49, essendo stato riconosciuto da noi il nuovo locale in buono stato e decente, e ciò avvenuto in nostra presenza e di ciò ne abbiamo redatto il presente verbale che viene sottoscritto da tutti gli intervenuti. Oggi stesso mese ed anno come sopra
Gli agenti di Finanza                                                    Il Ricevitore
Sorrentino Vincenzo                                                        Gliozzi Francesco
Fugaci Luigi

 

giovedì 10 febbraio 2022

L'anguilla [di Imamura Shohei - 1997]

RACCONTI CALABRESI
Per colpa di un'anguilla

Platì 17 febbraio
Raccolti in circolo vicino alla gora, appoggiati con una mano sul fondo ghiaioso del canale, e brandendo nell'altra una forchetta affilatissima, aspettavamo la preda pazientemente. Sbucò quando meno ce l'aspettavamo, una enorme anguilla che sferzava l'acqua facendola gorgogliare, nella corsa.
Passata a sorpresa, Ciccio Donarom vibrò il primo colpo; era stato sempre un ottimo tiratore, ma stavolta invece di colpire l'anguilla, colpì la mano di 'Ntoni Conio. Se ne accorse subito e ritirò prontamente la forchetta; Anche l'altro se ne dovette accorgere, però, a giudicare dall'urlo che cacciò e che disorientò la stessa anguilla, mentre a noi fece perdere la bussola.
Fummo tutti intorno al povero 'Ntoni, che agitava la mano in aria, e continuava a urlare come un bue scannato.
In quel parapiglia, l'anguilla pensò bene di filarsela verso altri lidi.
Una parte di colpa nella faccenda che seguì, l’ebbe pure lei, l’anguilla, perché invece di farsi prendere dagli altri cacciatori, appostati più a valle, avrebbe potuto filare via verso il mare.
Ecco che non sarebbe mai nata la questione che mutò in odio aperto, il leggero antagonismo che esisteva da anni tra la squadra del Nord e la squadra del Sud, (corrispondenti rispettivamente alla parte alta e alla parte bassa del paese).
Quando quelli del nord vennero a mostrarcela, tutti felici e sorridenti, la riconoscemmo subito: non capitava tutti i giorni di catturare un'anguilla di tal fatta! Provammo una fitta di rimpianto e di invidia e tacemmo.
Ma accompagnato a casa quell'animale di 'Ntoni, corremmo subito a fare valere i nostri diritti; Ciccio Donarom capo della squadra del Sud, cercò di spiegare come era andata la faccenda, e come l'anguilla spettava a noi perché avevamo speso due chili dì calce per snidarla;
Avremmo consentito, disse, anche a una spartizione dell'anguilla in parti uguali.
Giusi Toriv, comandante in capo della squadra del Nord, lo lasciò parlare e quando finì gli rise in faccia;
— «se l'anguilla vi fa gola, disse, siamo disposti a cedervela, purché a vostra volta ci cediate per un mese l'uso del «serro avvelenato»; Ma se siete venuti ad accampare diritti che non avete, potete anche risparmiare il fiato».
Questo disse, e lo disse con una tale arroganza, che davvero restammo senza fiato. Era un sopruso, una ruberia!!
Girammo dignitosamente sui tacchi, e la sera stessa, senza perder tempo, la squadra del Sud si riunì sul «serro avvelenato», il quartiere generale. Eravamo in tutto circa un centinaio, mentre quelli del Nord erano più di duecento; Nonostante tutto, decidemmo all'unanimità di dichiarare la guerra. Le ostilità avrebbero avuto inizio il giorno dopo.
Avvertimmo alcuni nordisti che passavano, che dall'indomani, chiunque avesse osato portarsi nella nostra zona, vale a dire nella bassa del paese, l'avrebbe pagata cara.
Eravamo fiduciosi soprattutto nella energia e nella decisione del nostro capo che era di gran lunga più forte del loro: Ciccio Donarom, infatti, lanciava le pietre molto più lontano di Giusi Toriv.
Per molti giorni dalla dichiarazione di guerra, quelli del Nord non si fecero vedere nella nostra zona; Né noi, osavamo fare scorribande nel Nord; ci accampavamo la sera nel nostro quartier generale, e giocavamo ispirandoci alla guerra reale, quella di cui sentivamo le notizie alla radio «Tizio — comandava il capo — vai a bombardare Milano, Torino e Genova!».
Tizio apriva le braccia, metteva fuori un rombo prolungato, e decollava con le tasche piene di sassi. (I «bombardieri» avevano l'obbligo di tenere sempre le tasche piene di sassi; Una volta uno dei più quotati subì un grave castigo: era stato mandato a bombardare alcune zone, e si era fermato in volo, per giocare alle ghiande!! Fu declassato a caccia, senza pietà).
Ma torniamo alla nostra guerra; — Dopo molte sere, finalmente il capo dei nordisti si fece vedere, tronfio e baldanzoso, nella nostra zona, in segno di sfida. Fu subito spedita una spedizione di caccia a mitragliarlo. Noialtri ci fermammo sul ciglio della collina a goderci lo spettacolo. I caccia arrivarono rombando in zona di operazioni, e aprirono il fuoco con le fionde. Ma non appena furono partiti i primi colpi, sbucarono da ogni parte torme di nordisti, armati dì un'arma insolita; enormi fasci di ortiche, coi quali colpirono a lungo le gambe indifese dei nostri caccia. Quando finalmente, arrivammo noi sul campo, non c'era più nessuno: anche i caccia, avevano pensato bene di tornarsene a casa, anziché al campo.
Non ci restò che tornarcene al quartiere a meditare sul tradimento.
Giurammo di vendicarci: loro avevano adoperato le ortiche? ebbene, noi avremmo messo in atto, qualche altro «colpo basso».
Dopo due settimane di preparativi, una sera ci avviammo in schiera verso l'alto.
Arrivammo indisturbati fino alla casa di Giusi Toriv: A un cenno del capo i bombardieri partirono velocissimi, e scagliarono il loro carico sui vetri della casa del capo avversario, e di quelle vicine.
Successe un parapiglia: la squadra del Nord si mobilitò tutt'a un tratto, e d insegui fino al serro: (noi fingevamo di scappare, ma in realtà volevamo allontanarci dall'ira dei «grandi» a cui avevamo rotto i vetri, e attirare il nemico nel nostro campo).
Giunti al serro, a voltammo, repentinamente e facemmo roteare ì nostri bastoni sulle teste avversarie; i caccia ci giravano intorno, scagliando all'impazzata con le fionde i loro pezzetti di piombo; tanta che una buona metà dei proiettili ce li ricevemmo noialtri invece degli avversari.
E quella vittoria fu per noi peggio di una sconfitta: oltre alle randellate nemiche e alla mitraglia dei nostri caccia, buscammo un'altra dose di botte (botte vere, questa volta!) dai nostri familiari che il fragore della mischia aveva richiamato a frotte sul luogo.
Intanto le famiglie dei «bombardieri» dovettero pagare le spese dei vetri rotti alle famiglie bombardate; Un nostro carro armato stava perdendo un occhio a causa di un «autogol» di un nostro caccia; E per lungo tempo, le rispettive famiglie ci vietarono le riunioni sul serro. Tutto per colpa di un'anguilla.
Michele Fera
GAZZETTA DEL SUD, 18 febbraio 1956

Il testo è riproposto con la punteggiatura originale

 


 

lunedì 7 febbraio 2022

Qualcosa di personale [di Jon Avnet - 1996]




La musica è un’altra vita nella vita, ma la vita è il vino
Platì 3 – 4 – 1921
L’astemio
Rosario ... Oliva



Essere il sacerdote un oscurantista blasfemo
a quattro venti i biechi ministri di Satana
Meschini! Ciò affermano poiché la luce
della Cristiana Religione, non è dato loro di
vedere –
Nella settimana di Passione del 1919
G. Tassoni Oliva



Nei primi anni del suo ministero il sacerdote Ernesto Gliozzi il vecchio (1883 - 1948) tenne un album con dediche autografe di amici, uomini di passaggio da Platì e sacerdoti più anziani. L'album è sicuramente unico per il paese non essendoci notizie di altri appartenuti ad autorevoli personaggi platiesi.