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mercoledì 5 maggio 2021

Preparate i fazzoletti - reup


Persone molto x bene delicate altruiste, li conosco eravamo vicini di casa e andavo spesso a casa sua sempre accoglienti brave, avevano l'unica villa che c'era a quei tempi molto bella ancora c'è, ma è disabitata, che dolore vederla in quello stato.

Commento di Maria Perre da poco apparso qui:



giovedì 29 aprile 2021

martedì 20 aprile 2021

Wedding Party - Il tintore e la bambina


02.08.1824 = Trimboli Saverio - Trimboli Anna

Erano già avanti con l‘età quando Saverio ed Anna Trimboli si recarono davanti a Domenico Oliva per convalidare il loro vincolo matrimoniale: Saverio ne portava quaranta tre, Anna due di più, quarantacinque. Saverio Antonio Bruno, bovaro, era nato il 4 dicembre 17781 da Domenico ed Elisabetta Catanzariti; Filippa Anna – 9 giugno 1779 - proveniva da Giuseppe e Antonia Callipari. La sposa era da sola, essendo i genitori deceduti entrambi, lo sposo accanto a se aveva la madre vedova. Testimoni, accanto agli ormai celebri e celebrati Filippo Tripepi e Pasquale Perri, partecipavano Domenico De Marco, forese di anni trenta quattro e Pasquale Romeo, bracciale di anni trenta sei, anch’essi già apparsi in queste pagine. In chiesa col sacerdote erano Domenico Fera ed Antonio Zappia.

 

02.09.1824 = Taliano Antonio di Giuseppe - Sergi Teresa di Giuseppe

Antonio Taliano di Giuseppe e Francesca Marrapodi era un ventenne bovaro dell’Ariella; la diciottenne Teresa Sergi di Giuseppe e Francesca Oliva invece abitava nella Strada San Pasquale. La notifica del loro matrimonio apparve sulla porta della casa Comunale domenica 8 agosto di quello stesso anno e non vi fu  alcuna opposizione. Ancora una volta il primo dei testimoni è Filippo Tripepi con lui sono schierati il suo collega vaticale Giuseppe Catanzariti, quarantenne abitante nella Strada La Fontana; i bovari, abitanti nella Strada San Nicola, Domenico Fera di anni quaranta e Giuseppe Portolesi di anni trentasei. Avendo asserito li contraenti ed i testimonj di non saper firmare sigla il solo sindaco Domenico Oliva. Col parroco in parrocchia firmano Antonio Pangallo e Don Domenico Mitttiga.

 

25.10.1824 = Mittiga Giuseppe - Mittiga Rachele

Giuseppe Mittiga di professione faceva il tintore; ventisettenne, era figlio di Rosario e Caterina Papalia. Rachelina Mittiga di anni ne aveva sedici ed era figlia del calzolaio mastru Rocco e di Giuseppa Perri. Rachele era nata il giorno di San Biagio del 1807, Giuseppe il 4 aprile del 1797. Per una volta tanto lo schieramento dei testimoni cambia: sono tutti abitanti nella Strada San Nicola, il falegname mastro Rosario Marando di anni quaranta sei; i due bracciali, con lo stesso nome e cognome, Giuseppe Trimboli di anni quarant’otto e quaranta sei; il civile Rosario Papalia di anni quaranta sei.  A firmare col sindaco sono tutti, chi col nome e cognome, chi con la +. In chiesa con il celebrante sono Domenico Morabito e il non precisato Giuseppe Mittiga.



Nella foto in apertura Rosario Mittiga, mio nonno, 1881 - 1967, mastru tra i mastri calzolai.

mercoledì 14 aprile 2021

Una colt in pugno al diavolo [di Sergio Bergonzelli - 1967]

… forse ti sta di fronte e non lo riconosci – perché sorride come un ANGELO … ma dagli in mano una colt .. ed è il DEMONIO (iscrizione posta in testa al film in questione)


IL DISERTORE

Un vento gelido di tramontana s‘infilava tra le gole dell’Agonia rendendo il paese deserto. Un tempo da lupi. Soltanto un frate cercone con la patacca di ottone dei Santuario della Madonna della Montagna si aggirava per le vie selciate trascinando una paziente mula.
Le donne si affacciavano sui mignani avvolti in lunghi scialli. Si sapeva che da qualche giorno era in giro per la raccolta dell’olio un frate dalla barba alla nazzarena. Non si era mai visto da quelle parti. Era stata un’annata piena di olive. Olive dappertutto. Da Santa Varvara al Crasto, Livia ed Arcopio. In un’otre sdrucita veniva raccolto l'olio votivo. La sera qualche donna misericordiosa portava nella stalla cibarie dove frate e mulo erano accampati. Dalle tegole ogni tanto una stilla gelida d'acqua colpiva il frate. Un frate strano. Non era petulante e querulo. Di rado ringraziava per tanta provvidenza. Frate e mula erano scesi dal Santuario lungo l’impetuoso torrente superando la stretta di San Gianni in bilico tra due tronchi di pino fasciati da giunchi. Noi dalle rocche di San Pietro tra sterminate pietraie abbellite da ginestre, tamerici ed oleandri, sino a Cirella. Già alle sette nell'ufficio postale, in un acre odore di ceralacca, la direttrice Monoriti sigillava il sacco della posta per il procacica che scendeva a piedi sino alla marina di Ardore per consegnarlo al treno per Reggio. Con due colpi di nocche delle mani sul vetro della porta, il frate si fece aprire chiedendo un obolo per la Madonna di Polsi.La direttrice una donna devota, mise una moneta nella cassetta delle elemosine e baciò la sacra immagine. La pace sia con voi — disse il frate. Si rimise il cappuccio sulla testa e sotto una fitta pioggia rimase in attesa di altri devoti.
Sono le otto precise quando da un vicolo sbuca un cavallo montato da un uomo aitante con un moschetto a tracolla su una pellegrina d’ orbace. E’ guardingo. Lega il cavallo ad un anello sul muro butterato del vecchio palazzo del principe di Carafa e si avvia nell’ufficio postale.
Chiede di ritirare alcune migliaia di lire da un libretto di risparmio ed esibisce un documento. In un baleno il frate sornione si ridesta e tira da, sotto li mantello la Colt. «Non muoverti — dice — altrimenti ti ammazzo. Sono il brigadiere Delfino».  La signorina Monoriti si fa il segno della croce e poi chiede il rimborso dell'obolo dato per la Madonna di Polsi dicendo che avrebbe provveduto ad inviarlo direttamente al Priore del Santuario. Era un disertore, autore di omicidi, rapine ed angherie d’ogni sorta. La 'ndranghita aveva già preparato il passaporto attraverso un agente marittimo di Messina per farlo espatriare in America. Era in partenza da Napoli ed atteso a Broccolino. Con le mani legate dietro la schiena ed in groppa alla mula del Santuario, il disertore fu condotto a Gerace Marina.
Lungo il tragitto i passanti assistettero ad una scena da film western. Al carcere di Gerace marina la guardia non voleva aprire, poi si convinse. Massaro Peppe in abito monacale si presentò al tenente per annunziare l’arresto. All'incredulo ufficiale fu esibita la ricevuta del carcere.
ANTONIO DELFINO

La foto in apertura, a Polsi, è di don Totò Carannante.
Una nota per i curiosi di pellicole retrò: nel film citato la canzone finale è cantata da Mino Reitano su tema del Maestro Gian Piero Reverberi, grande compositore che ha affiancato altrettanti grandi cantanti, qui riecheggiante ... scopritelo da soli da quanto segue

domenica 11 aprile 2021

Un luogo della memoria [di Enrico Grisanti - 2013]

... sfatate le storie trite, liquidati i... luoghi comuni, recuperate memorie preziose e insperate.
Alessandro Notarstefano






 

mercoledì 7 aprile 2021

Rullo di tamburi - Micheli u Giamba


Micheli u Giamba, u tamburinaru
 
Nato a Platì
E lì morì.
 
Michele Trimboli all’anagrafe registrato
Micheli u Giamba d’i paisani chiamatu.
Fici u tamburinaru comu professioni
E u tamburu u sonava cu passioni.
Era taciturnu e di pochi paroli
Educatu e  di bonu cori
sonava insiemi ad attri paisani
e ji bacchetti paria ca volunu nte so mani.
Cu Gianni u tamburinaru così chiamatu
e chi nto paisi pe sonari era nominatu
mparau e pigghiau tanti insegnamenti
e fici tesuru  di chiji suggerimenti.
C’era puru Ntoni u miricriju
Cu na botta nta grancascia dava l’avviu
e cu nattra bona mazzolata
u seguia Pascali da gnur’Agata.
A secundu li festi e li novini
Non mancavunu tamburelli ed acciarini,
Cicciu u penga era sempri prisenti,
Muguniandu sonava allegramenti.
Cu tamburi e grancascia a ritmu battenti
A picciuli e randi facivunu cuntenti.
Girandu po paisi ssi tamburinari
si portavunu appressu na murra di cotrari.
E quandu i gigantissi ndvivunu a sfilari
i ggenti si ffacciavunu nta via mi vidunu passari
e cu soni di tamburi organetti e tamburella
i portanti li ballavunu a ritmu di tarantella.
Nta ji iornati di festa ed alleggria
lu penseru jia alla Vergini Maria
cu nomu di Maronna di lu Ritu è chiamata
e comu Patruna di pajisi esti nvocata.
In via 24 maggiu, nto corsu principali
nta stati si nescia pa passijiata sirali
sa Galatti o ponti si jia e si venia
stu rettiliniu di strata si facìa.
A meta era sempri u ponti ca funtana
ti dissetavi cu l’acqua frisca asprumuntana.
C’era a movida cu signurini e giuvanotti
e cu genti nte barri aperti sinu a menzanotti.
Nta ji serati ssettati nto scaluni di Rosariu u parlinu
e quandu nta cchiji i don Mbertinu
si scialavunu i studenti universitari
u sentunu a Micheli recitari.
Lu sommu poeta
Canti da Divin Commedia
li ripetia pecchì i sapia a memoria.
È veru ca prima pregatu volìa,
ma quandu partia tuttu u cantu ripetìa.
Convolau a nozzi a tarda età
e Ricaluzza fu la sua metà.
Cu Micaluzzu meu e Ricaluzza mia
quand’era tuttu in armonia.
Quandu sentu i tamburi sonari
u me penseru vaji a chiji tamburinari
ogni vota chi passavunu davanti a casa mia
nu biccheri di vinu s’offrìa a mamma mia.
Sti ricordi ormai fannu parti du tempu passatu.
Comu puru a granita cu jiacciu culuratu
cu na grattarola a preparava l’ardurisana,
nta ji iorna di festi e di caluri era nu taccasana.
Puru Micheli u Gimba merita m’essiri ricordatu.
Amuri e cori nto sonari misi
quandu cu tamburu girava po pajisi.
Si detti spassu a tutti ji cotrari
li fici scialari e puru sognari.
Silavana Trimboli nata a Platì e residente a Caraffa del Bianco

Testo e Voce: Silvana Trimboli
Edizione: Rosalba Perri

martedì 6 aprile 2021

Un caso di coscienza [di Gianni Grimaldi - 1970]


SEGNALAZIONI DA PLATI'
Un caso veramente pietoso all’attenzione delle autorità
Un giovane affetto da una grave malattia ha bisogno di urgente 
ricovero in ospedale – Si auspica l’intervento del Prefetto
Platì 11 luglio
(MR*) - Un caso veramente pietoso è quello del nostro concittadino ventiseienne Domenico Tropeano, che è stato rimandato a casa dall'Istituto Ortopedico del Mezzogiorno di Italia di Reggio Calabria, con la diagnosi di una gravissima malattia: Una «Spondilosi rizomelica» a carattere cronico, e pervenuta a uno stadio molto avanzato.
La salvezza del povero giovane può dipendere solamente da una lunga cura a base di prednisone, cura che deve essere effettuata in apposito istituto.
Il guaio è che i genitori del ragazzo non hanno assolutamente la possibilità economica di intraprendere questa cura: sono poveri contadini che vivono alla giornata, più che mai soggetti alla «legge di ferro» che soggioga il proletariato calabrese. Prima di rassegnarsi a vedersi morire il figlio sotto gli occhi lentamente e senza speranze, il padre del malato ha rivolto al Prefetto di Reggio Calabria una domanda tendente ad ottenerne il ricovero gratuito in qualche ospedale di Reggio Calabria.
Ma nonostante l'urgenza del provvedimento, la pratica in oggetto non ha avuto esito né positivo né negativo.
Richiamiamo pertanto l’attenzione del Prefetto di Reggio sul pietosissimo caso, e speriamo che voglia ridare a un povero ragazzo di ventisei anni la speranza di vivere.
GAZZETTA DEL SUD 12  luglio 1957
* MICHELE FERA
 
"Il guaio è che i genitori del ragazzo non hanno assolutamente la possibilità economica di intraprendere questa cura: sono poveri contadini che vivono alla giornata, più che mai soggetti alla «legge di ferro» che soggioga il proletariato calabrese".
Per chi studia il passato calabrese ed, in particolare platiese, è il caso di non farsi sfuggire questa particolare riflessione. Non è trascorso molto tempo dalla catastrofe che ha sconvolto il paese e più tragici avvenimenti stanno per mettere a dura prova gli abitanti: disoccupazione, emigrazione, inedita criminalità, crollo del commercio con le zone confinanti e conseguente assenza di collegamenti ... Tuttavia, stando al data base creato dallo zio Ernesto, il signor Tropeano, superato quel momento, ha lasciato il paese, incontrando la compagna della sua vita.






giovedì 1 aprile 2021

PASSION PLAY [di J.L. Vincent - 1896]




Al momento della scansione non afferravo il significato di queste foto. Alla fine sono arrivato ad una scoperta. E’ l’addobbo, dovuto all’estro fantasioso dello zio Ciccillo, dell’altare della Chiesa del SS. Rosario per il Giovedì Santo, con relativo presepe pasquale; è una rappresentazione, quest’ultima, unica nel suo genere e forse mai ripetuta in Platì o altrove. Per riallacciarmi al quanto mai pertinente film del titolo, La recita della Passione, si tratta di una messa in scena quasi rudimentale, proprio come le prime rappresentazioni dei Lumière, in un’epoca precedente allo strapotere della televisione che porterà ai presepi viventi e alle sfilate ora carnevalesche del Venerdì Santo. 

Testo: Gino

Edizione: Rosalba

NOTA: Il supporto fotografico è un negativo 4X6 in ottimo stato di conservazione databile alla seconda metà degli anni 50'.

martedì 30 marzo 2021

Buongiorno natura [di Ermanno Olmi - 1955]

La Natura
Perre Martina
 
La natura è spesso inquinata …
Di sentire puzza, mi sono stufata
Quando bruciano l’immondizia
Fanno solitamente un’ingiustizia.
Quando non sento alcun odore strano
Esco a godermi e a dire l’amo
Io amo la natura che è una cosa bella
Infatti fa parte anche la brillante stella …
La luna, le nuvole, il sole
La rosa, l’ulivo, le viole.
Credo che la natura è stata la creazione.
Di un grande autore
Di cui non serve alcuna citazione.

PERRE MARTINA 1B
scuola media

 

 Composizione partecipante alla Prima edizione - 2017 - del Premio Letterario Ernesto Gliozzi.



 

sabato 27 marzo 2021

Stories We Tell [di Sarah Polley - 2012]




"When you're in the middle of a story, it isn't a story at all, but only a confusion, a dark roaring, a blindness, a wreckage of shattered glass and splintered wood, like a house in a whirlwind, or else a boat crushed by the icebergs or swept over the rapids, and all aboard are powerless to stop it. It's only afterwards that it becomes anything like a story at all. When you're telling it to yourself or to someone else.”

Quando sei nel bel mezzo di una storia, non è affatto una storia, ma solo una gran confusione, un oscuro ruggito, una cecità, un relitto di vetro frantumato e legno scheggiato, come una casa in una tromba d'aria, o una barca stroncata dagli iceberg o travolta dalle rapide, mentre tutte le persone a bordo non possono fermarla. È soltanto in seguito che diventa un qualcosa come un racconto del tutto. Quando lo racconti a te stesso o a qualcun altro.

 Margaret Atwood, Alias Grace (L’altra Grace), 1996

Altre volte il cinema è venuto utile per sviluppare un tema. Molto più della novellistica entra in sintonia/sinergia con queste pagine. Ora è la volta di Stories We Tell film canadese del 2012 di Sarah Polley. Sorprendente è il particolare sguardo della stessa autrice/regista, in bilico tra l’estasi e il coinvolgimento. Sarah Polley, quando l’ha girato, di anni ne aveva trenta tre ed era alla ricerca di sé stessa, del suo DNA genetico. Lo fa raccontando la storia di sua madre Diane, una donna impulsiva e poco conforme a quanto la circondava, andando a coinvolgere i propri familiari e quelli che con la madre hanno avuto contatti di lavoro. È un peccato svelare tutto il coinvolgente film, un falso documentario rivestito di finzioni, girato con mani esperte, con la struttura di un classico giallo americano: Raymond Chandler incontra James Ellroy, a dispetto di quanto quest’ultimo pensasse del primo.

Ma ora andiamo a noi e qui sarò breve anzi brevissimo. Sostituite Sara Polley con daplatìaciurrame e la madre con Platì ed i quattrocento anni e passa di storia, fermo-immagini di documenti e immagini relativi a fatti minimali e popolo, che in questo frattempo hanno percorso il paese e le rive del Ciancio diventeranno un libro: I LOVE PLATÌ!

 

In other instances, Cinema has been useful in developing a theme. It comes into tuning/synergy with these pages. And it is the case of Stories We Tell, a Canadian movie by Sarah Polley.  Hers is a striking gaze teetering from extasy to involvement. Thirty-three year old Sarah Polley was, at the time of shooting, in search of herself, of her genetic DNA. She tells her mother Diane’s story, an impulsive ad unconventional woman, and she calls in relatives and work contacts. It would be a shame to unveil the narrative of this captivating movie. It is a false documentary lined with simulations, film with expertise, using the structure of an American thriller where Raymond Chandler meets James Ellroy, no matter what le latter thought of the other.

But let us address our focus in a very short manner: replace Sara Polley wth daplatìaciurrame and her mother with Platì, then the four hundred or more years of history, still-frames of documents related to petty events and people, that have in the meantime crossed the roads of the town and the shored of river Ciancio have become a book: I Love Platì!

AL CENTRO DELLE IMMAGINI TRATTE DAL FILM DIANE E SARA POLLEY.

IL TESTO IN INGLESE E' DI ROSALBA.