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martedì 12 gennaio 2021

Lo sguardo di Ulisse - Solo nostalgia




Questa mattina mentre scansionavo questa foto - è un negativo 6 x 22 - dello zio Giuseppino mi sono commosso perché ho ritrovato il paese della mia infanzia che rivive solo nei sogni. Come potete osservare, il panorama, dalla collina antistante il Ciancio, era notevole.

Di seguito un commento di Rosa Ciampa apparso oggi qui:
Platì ccelonel cuore miricodo curando ero bambina perandare aracoglereilumacki evenutangrandi pioggia sisonoalzati ifiumi pertrnare acasa odovjgo salire sullamontagna pertrnare acasa miamamma Filomena cuandu vinnilaluvioni. Nel 50 fora optu siprtaututto puru il cimitero io avevo4anni maeralami libertà oggi incesto mondo laliberta esolorovina


lunedì 11 gennaio 2021

Un pazzo [di Alberto Carlo Lolli -1917]

 Cara Maria 


Vedi se puoi persorire a quesso pazzo u ti faci carti i vindita a te e tu u si fai dei figiuoli vedi che qua di sciarriamo cu Do Luigi e cu don Ernesto dicendo che esse vogliono u pigliano posesso vedi che se esso se non face carte non passa un altro mesi u e venduto digli u faci accossì se vuole che esso no si vieni ca se no ta casa mia non guarda più e faccio così u si mentono sopra i gernale non altro ti salutano i bambini tuoi e ti baciano ti saluta Rachele ora ti saluto io e i figliuoli e sono tua aff.ma sorella Domenica Lentini

domenica 10 gennaio 2021

Il giudice e il suo boia [di Maximilian Schell -1975]



In nome di sua Maestà
Vittorio Emanuele Secondo
per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d’Italia
La Giustizia Conciliatrice di Platì nell’udienza del giorno undici maggio 
mille ottocento settantatre ha pronunziato la seguente sentenza

Nella causa tra il Signor Don Francesco Gliozzi fu Domenico commerciante domiciliato e residente in Platì attore comparente in persona
E Giuseppe Lentini fu Arcangelo, bracciale domiciliato in Platì, contumace alla prima udienza oggi comparente
L’attore ha conchiuso per la pronta consegna di un cafiso e mezzo d’olio dovutogli o al pagamento del suo importo in lire trenta e per le spese del giudizio.
Il convenuto ha riconosciuto la sua obbligazione quale ... di Ferdinando Miceli e per debito proprio.
Atteso che la confessione giudiziale fa piena prova in giudizio contro il suo ...
Per tale motivo
Noi Francesco Oliva Giudice Conciliatore del Comune di Platì, per borgo San Nicola inferiore, deffinitivammente condanniamo il convenuto Giuseppe Lentini alla pronta consegna di un cafiso e mezzo di olio di oliva, ovvero al pagamento della somma di lire venticinque e centesimi cinquanta a favore dell’attore Don Francesco Gliozzi, ed alle spese del giudizio liquidate in lira una e centesimi novanta, fuori la spedizione della presente sentenza. Il Giudic Conciliatore firmato Francesco Oliva. Giudicato e pubblicato in Platì nella sala di udienza oggi sudetto giorno mese ed anno presenti ambo le parti
Comandiamo a tutti gli uscieri richiesti ed a chieunque spetti di porre in esecuzione la presente sentenza, al Ministero Pubblico di darvi mano, a tutti i Comandanti ed Uffiziali della forza pubblica di concorrervi con essa ed altri ove saranno legalmente richiesti.
Per ispedizione
rilasciata a richiesta dell’attore Signor Don Francesco Gliozzi oggi li due Giugno mille ottocento settantatre in Platì
Visto
Il Giudice Conciliatore
Francesco Oliva

L’anno mille ottocento settantatre, il giorno diciotto Giugno in Platì
ad istanza di Don Francesco Gliozzi, fu Domenico domiciliato in Platì, io Francesco Mittiga usciere presso la Conciliazione di Platì, ove domicilio, ho notificato la soprascritta sentenza e suo contenuto a Giuseppe Lentini fu Arcangelo, bracciale domiciliato ivi, acciò ne avesse piena coscienza e per tutti gli effetti di legge
Nello stesso tempo e col medesimo atto gli ho fatto precetto in nome del Re e della legge di pagare prontamente all’istante la somma di lire venticinque e centesimi cinquanta, oltre le spese liquidate e da liquidarsi, con diffidamento che e lassi cinque giorni si dovrà procedere al pignoramento de’ mobili
Copia della sopradetta sentenza e del presente atto debitamente collazionata e firmata l’ho lasciato nel domicilito di esso Lentini nelle mani di sua moglie
costa l’atto presente centesimi trenta
L’Usciere
+ Mittiga

giovedì 7 gennaio 2021

Sette in bella scrittura [di Vincenzo Leone -1918]



Pagella scolastica per l'anno 1946 - 1947
di Domenico - Mimmo - Diaco 
nato in Oppido Mamertino da Giuseppe e Iolanda Mittiga
Scuola elementare sita in via Duomo
Insegnante Teresa Galasso

 

mercoledì 6 gennaio 2021

Lo sguardo di Ulisse - Ricordati


I platiesi ritratti per lungo tempo sono rimasti nell'oblio. Oggi rinascono ma è difficile dar loro un secondo battesimo, anche viruale.

 Foto di Giuseppe Mittiga Medico Chirurgo 

Fino a quando esercitò la sua professione lo zio Giuseppino fu Medico Condotto e Ufficiale Sanitario di Platì.


Il brano di oggi è un testo con relativa melodia di Gino Paoli. Il Maestro, al suo solito, l'avvolgeva di fiori orchestrali.

martedì 5 gennaio 2021

Fatti Corsari - Tra Borboni e piemontesi

- Zappia d. Filippo (Mo. 9.5.1860) filius doctoris phisici d. Dominici (figlio del dottor fisico don Domenico).

Don Filippo era nato il 5 novembre del 1839 e sua madre era Donna Rachele Brancatisano. 

Questa famiglia, per merito dell'Istorosofo Papalia, si è già incontrata qui:
https://iloveplati.blogspot.com/2019/12/racconti-dalla-tomba-di-freddie.html
https://iloveplati.blogspot.com/2020/01/racconti-dalla-tomba-pt-2.html

Papalia Giuseppe (Mo. 8.8.1860) infirmatus hydropico morbo.
Lentini Rosario (Mo. 20.1.1860) di Francesco, infirmatus hydropico morbo.
Delfino Mariantonia (Mo. 15.1.1861) da Molochio.

- Lobianco Elisabetta (Mo. 22.11.1861) ruris Joiosae(ell’agro di Gioiosa).

La signora Elisabetta Lobianco proveniva da Gioiosa; il 6 febbraio 1855, all’età di diciotto anni partorì, da padre ignoto, un maschietto di nome Rosario, a presentarlo in municipio fu la levatrice Francesca Porzio. Quando morì aveva appena ventiquattro anni.

- Procopio Francesco Ant. (Mo.25.2.1861) di Vincenzo. e di Naimo Elisabetta. Da Bianco, vir Annae Sergi, ruit ex arbore (marito di Anna Sergi precipitò da un albero).

Procopio Francesco Antonio sposò Sergi Anna di Domenico e Rosa Trimboli il 24 giugno 1842 alla presenza di don Saverio Fera e don Carmelo Zappia. Francesco Antonio aveva ventidue anni ed Anna venti. 

- Iermanò Caterina (Mo.19.7.1861) di Dom. uxor di Carbone Francesco affecta hydropico morbo.

Il sei maggio 1850 in chiesa, la signora Caterina Iermanò di Domenico ed Elisabetta Treccasi all’età di anni venti aveva sposato Francesco Carbone di Rosario ed Elisabetta Staltari, che di anni ne aveva ventiquattro. Testimoni erano Giuseppe Strangio e Rosario Bartone. L’atto in municipio fu firmato da don Raffaele Lentini sindaco.

- Papalia Nicola (Mo.7.8.1861) ruris S. Euphemiae, figlio di Vincenzo, a latronibus ad hortus loco dicto Sava, spoliatus et occisus fuit (dell’agro di Santa Eufemia, in località detta Sava fu dai ladroni spogliato e ucciso).

- Macrì Domenico (M0.28.8.1861) vir di Femia Caterina, ruris Aneanae (dell’agro di Agnana)

Il signor Domenico Macrì e la sua sposa signora Femia Caterina provenivano da Agnana (RC). Il giorno del suo decesso Domenico – ortolano - aveva trenta tre anni.

- Sansalone Giuseppe (Mo.25.9.1861) urbis Rhegii (o di Gerace?) di Antonio, miles (forse caduto nel conflitto avvenuto a Platì, tra i Borboni e i soldati piemontesi, mentre faceva la sentinella sul campanile della chiesa matrice, stando rannicchiato in una campana, in un momento che si calò giù).

- Carbone Domenico (Mo.25.9.1861) alias cucinata, di Francesco e Staltari Elisabetta (forse fucilato dai soldati piemontesi, in un conflitto avvenuto a Platì con le forze Borboniche, in località detta "costa d' u  sparàtu).

- Cuscunà Michele (Mo.30.3.1861) da Gerace - marito di Violi Caterina.

Il muratore Michele Cuscunà di Domenico e De Leo Fortunata, sposò Caterina Violi di Giuseppe e Ciampa Elisabetta, in chiesa, il 29 agosto del 1838 presenti Rosario Bartone e Diego Pangallo. Due giorni prima erano davanti a Giosofatto Furore per il rito civile e con loro c’erano il barbiere Domenico Perri, il bovaro Pasquale Treccasi, il macellaio Giuseppe Zappia e il bracciale Rosario Perri. L’atto civile fu firmato solo dal padre dello sposo che sebbene calzolaio in Gerace sapeva leggere e scrivere.

 

- Taliano Domenico (Mo. 30.5.1861) di Francesco e di Cicciarello Teresa, ruit ex arbore fagi (ruzzolò da un albero di faggio).

Quando Domenico nacque, il 16 novembre 1837, il padre aveva venticinque anni mentre la madre di anni ne aveva quaranta. Al comune Donenico fu presentato il diciotto di novembre.

- Lenza d. Rosa (Mo. 1.4.1863) di d. Amato, ruris Varapodii (dell’agro di Varapodio), moglie di d. Rosario Zappia.

Lo sposo di donna Rosa Lenza, don Rosario Zappia era un doctoris phisici, la loro abitazione era situata nella strada S. Nicola; i due ebbero tre figli i cui nomi erano abbastanza inusuali in Platì: Clementina - 1.01.1813 - Leopoldo Filippo Amato - 20.08.1821 - Scipione Amato – 14 giugno 1825.

- Zappia d. Pasquale (Mo. 23.6.1863) di Carlo, clericus lector (chierico lettore).

Don Pasquale di Carlo, vaticale, e Morabito Giuseppa era nato il 10 novembre 1844

- Micò d. Carmela (Mo. 26.8.1863) di d. Davide da Casignana e d. Giuseppa Zappia.

- Empoli d. Gaetana (Mo. 29.9.1863) da S. Stefano, moglie di d. Michele Oliva.

Quando venne meno donna Gaetana aveva settantadue anni. Con don Michele Oliva, civile, ebbe in tutto sette figli. Erano domiciliati nella strada S. Nicola.

- Garreffa Caterina (Mo.9.10.1863) da Cirella, moglie di Trimboli Nicola.

Quando morì donna Caterina aveva quaranta anni e con Nicola Trimboli alias pejaru ebbe quattro figli.

^.^.^.^.^.^.^.

Notizie riportate nel V° vol. dei Libri dei morti a firma del parroco Filippo Oliva. In corsivo note di Ernesto Gliozzi il giovane, le stesse rimandano al libro di Michele Papalia Caci il brigante, 2016 – 2020. In grassetto , dove possibile, atti ripresi dai registri comunali.

Con la pubblicazione odierna terminano i fatti corsari estratti da Ernesto Gliozzi il giovane dai Libri dei morti della parrocchia S. S. Mariae Lauretanae di Platì

 




domenica 3 gennaio 2021

La storia dei tredici [di Carmine Gallone -1917]




Il totocalcio a Platì 

Platì, 3 aprile
(M. F.) - In questa settimana, nel nostro centro si è registrata la più eccezionale somma di giocate al totocalcio.
La cosa è dovuta alla fortuna di alcuni platiesi che nella settimana scorsa hanno vinto un “tredici” e due “dodici” con un unico sistema. Una folla immensa di persone è sostata a lungo davanti alla locale ricevitoria, nel pomeriggio di domenica nella vana speranza che la dea bendata volesse sostare ancora una volta nel nostro centro.
MICHELE FERA
GAZZETTA DEL SUD, 4 aprile 1957


Un tredici a Platì 

Platì, 19 aprile
(M. F.) - In questa settimana la fortuna ha favorito molti nostri concittadini facendo loro realizzare un tredici e diversi dodici; il tredici è stato realizzato da alcuni “sistemisti”. Uno dei dodici è stato realizzato dai numerosissimi giocatori di un unico “sistema”, i quali hanno in tal modo intascato la considerevole somma di lire... centododici ciascuno!
MICHELE FERA
GAZZETTA DEL SUD, 20 aprile 1957



L’unica ricevitoria che ricordo è quella di papà, nel bar  - nella foto d'apertura il suo ingresso - sito la via XXIV maggio, ed il corso Umberto. I suoi attrezzi erano un righello di latta per dividere la schedina in due parti di cui la prima, detta figlia, rimaneva al giocatore. Usava anche una spugna bagnata d’acqua per inumidire le dita ma anche per bagnare il bollo, come le sigarette e gli alcolici era un prodotto del Monopolio dello Stato, apposto nella parte superiore della schedina che attestava il gioco. Il maggior numero di schedine venivano giocate nel pomeriggio di sabato e se non ricordo male la domenica mattina fino a mezzogiorno. 


martedì 29 dicembre 2020

Speriamo bene [di Camillo Mastro5 -1945]

Poesia


O miei Genitori,
Vi porti il nuovo anno
salute e tesori,
senz’ombra d’affanno;
vi porti le gioie
più pure e serene,
centuplichi il bene
che fate per me!
 
 


Buon Anno e Buon Natale a tutti! 
a chi soffre, perché non soffra più! 
a chi è malato, perché guarisca! 
a chi è cattivo, perché diventi buono!
Immagini e testo tratti da:
IL CIANCIO PLATI'  Anno I  N. 1  ottobre-dicembre 1980

lunedì 28 dicembre 2020

La educación prohibida [di German Doin - 2012]

Para aprender, compartir y accionar colectivamente.



Con la pubblicazione del racconto inedito Nonna Peppina, termina il tributo per il ventennale della scomparsa di Pasqualino Perri, educatore e scrittore platiese. A convalidare il tributo giunge inaspettata la scoperta di un documentario argentino, La educacion proibita, che molto ha in comune con il suo premiato studio Scuola e Mezzogiorno. Quasi tutte le tesi affrontate da Pasqualino Perri in quel libro rivivono per immagini nel documentario sebbene da una prospettiva ispanoamericana e di cui si riportano alcuni frammenti.

Se stai cercando risultati diversi, non fare sempre la stessa cosa. Albert Einstein

Il nostro problema nel comprendere la scuola dell'obbligo nasce da un fatto inopportuno: il danno che fa da una prospettiva umana, è una risorsa dal punto di vista del sistema. John Taylor Gatto

Non seguire me, segui i bambini. Maria Montessori

Studiare non è un atto di consumare idee, ma di crearle e ricrearle. Paulo Freire

Pasqualino Perri continua e continuerà ad essere misconosciuto dalla comunità in cui è nato, dalla regione che ha amato e dalla stessa Scuola per cui ha vissuto. E l’orizzonte non è roseo né per la Scuola dell’obbligo, né per gli insegnanti, nè per gli allievi, dalle primarie alla scuola secondaria di secondo grado.




martedì 22 dicembre 2020

The Grandmother [di David Lynch -1970] a short story in streaming

Le verità contenute in Nonna Peppina sono due: quella relativa al paese di Palì (Platì) e quella che riguarda personalmente Palì (Pasqualino Perri). Pino Perri 


 NONNA PEPPINA

racconto inedito di Pasqualino Perri

Era sabato e in casa c’era aria di festa: sveglia antelucana, odori di sapone, talco, ferro da stiro, e lucido di scarpe; seguivano al via vai, il «fai presto che debbo entrare io», lo «sbrigati altrimenti fai tardi», il «dove sono le mie scarpe».
Palì era triste perché quella festa non gli apparteneva. Il giorno prima aveva pianto perché gli era stato detto che non poteva partecipare alla sfilata. – Solo i grandi! Tu sei troppo piccolo; quando sarai figlio della lupa…
Sulla piazza, gli altoparlanti gracchiavano già inni e canti. Cata, Giusa, Rosi, vestiti di bianco e nero, erano sulla strada quando arrivò nonna Peppina.
Le andò incontro:
         - Nonna, voglio stare con te!
         Con il suo viso sempre sorridente, lo prese in braccio: - Andiamo sulla terrazza. La sfilata stava per cominciare: bandiere nere, tamburi, gagliardetti, cappelli luccicanti, fucili, baionette.
         - Sembrano i morti della notte del primo venerdì di novembre, solo che i beati morti sono più seri dei vivi!
         Quella frase lo incuriosì a tal punto che subito le chiese il significato. Non rispose, come del resto era il suo solito. Ritornò alla carica. Solo dopo una settimana soddisfece la sua curiosità:
         - Il primo venerdì di ogni novembre, a mezzanotte, tutti i morti del nostro cimitero escono in processione per il paese e, alle due, dopo aver percorso tutte le strade s’incontrano al centro della piazza, formano una gran croce per poi scomparire. Ognuno può affacciarsi alla propria finestra e rivedere, per qualche minuto, i suoi cari. È così che rivedo, ogni anno, mio marito, mio figlio, i miei genitori e tutti coloro che ora sono nel regno verità. Non si può parlare con loro perché non vedono e non sentono. Qualche lacrima scorreva sui solchi del suo viso.
         - Perché non mi fai vedere nonno e zio? Io di loro non ho paura.
         Questa volta gli rispose senza esitazione:
         - Solo i vecchi possono vederli, i bambini e i giovani, anche se si affacciano al balcone, non possono vederli; quando sarai vecchio li vedrai.
         In quel momento Palì avrebbe dato chissà che cosa per diventare vecchio.
         Lei continuò:
         - L’incontro con i morti mi dà la possibilità di ricordare tutto il mio passato è farlo rivivere in me come presente.
         Non capiva il significato di quest’ultima frase e le chiedeva spiegazioni, ma lei:
         - Quando sarai vecchio, capirai, capirai, capirai! Ora pensa ad andare a “maistra” da donna Bice.
         Fu così che Palì venne a sapere che, dopo tante raccomandazioni di persone importanti (parroco, levatrice, medico e sacrestano), donna Bice lo accettava tra i suoi discepoli.
         Donna Bice “teneva” l’unico “asilo” del paese, frequentato dai figli delle famiglie che contavano. Andare da donna Bice era privilegio di pochi e, perciò, prestigio sociale.
         Il suo metodo era semplice: la calza, per maschi e femmine, fiabe e favole popolari, preghiere, catechismo; dentro una stanzetta, quattro per quattro, circa trenta bambini.
L’aria, in estate e in inverno, “profumava” di odori umani, di olio d’oliva, aglio e cipolla, pecorino, frittata, soppressata. I cestini, con le loro forme e i loro contenuti “graduavano” la realtà sociale dei frequentanti. I più “ordinati” venivano sempre additati come esempio e, diventavano, di conseguenza, antipatici agli altri.
         Chi non andava a “maistra” da donna Bice trascorreva le sue giornate, d’estate e d’inverno, nelle strade e le “rughe” pullulavano di piedi scalzi e di piccoli visi neri o bianchi, a seconda della zona del paese.
         All’ “Ariella”, la parte alta aggrappata alla roccia che difende il paese dall’impeto del torrente, tutti biondi e con occhi celesti; nella parte bassa, “la Figureja”, bruni, levantini, con marcati tratti greci, arabi, albanesi, saraceni.
         Due mondi distinti. Due realtà storiche che testimoniano le vicende umane di un passato/presente costrette a vivere la storia sempre come oggetto.
         I loro giochi preferiti: birilli, trottola, cerchio, quattro cantoni, fionda e… la guerra continua tra le due zone. Guai a chi si permetteva di oltrepassare i confini.
         Spesso i “capi” organizzavano progetti d’invasione dopo profondi studi. Ogni tentativo diventava una vera e propria guerra. Dalla guerra-gioco a quella sociale: i matrimoni tra le due zone erano una rarità che veniva additata come qualcosa di profano, come scandalo davanti agli uomini e davanti a Dio.
         La Pasqua, quell’anno, cadeva l’ultimo giorno di marzo.
         Nonna Peppina lo portò a visitare i Santi-Sepolcri, alla processione del Venerdì Santo e al Calvario: quel monte alto come un gigante, che nasconde il paese alla vista dei forestieri e chiude gli orizzonti marini ai suoi abitanti. Destava sempre un senso di mistero: d’inverno, le tre grandi croci si piegavano al vento, d’estate, si stampavano sul cielo azzurro.
         Palì, finalmente, andava al Calvario e non avvertiva la fatica, perché non solo era la sua prima giornata trascorsa interamente con la nonna, ma aveva conosciuto, tutto il paese.
         - Sei stanco? Disse nonna Peppina. – Ti prendo in braccio. – No! – Sei contento? Ti piace la processione al Calvario? Quando arriveremo in cima potrai vedere il paese dall’alto e saprai perché i briganti l’hanno costruito in questa valle. Per noi di Panduri il vostro paese è la terra dei briganti, maledetta da un vescovo.
         - Dov’è Panduri?
         - Al di là del Calvario. Da Panduri si vede il punto dove si uniscono il cielo e il mare. Qualche giorno ti porterò con me e da casa mia potrai guardare lontano lontano e vedere tutti i paesi della marina. Quando sarai grande, anche tu prenderai la corriera: uscirai da questa valle maledetta e conoscerai tanti posti belli e tante città. Ma prima devi imparare a leggere e a scrivere, perché tutti quelli che sanno leggere e scrivere possono andare in giro senza la paura di perdersi; in settimana andrai da donna Bice, dopo, a scuola, andrai a Roma.
         Il sole, il cielo, gli alberi, le rondini, i giochi dei bambini, il fruscio della pialla, il tintinnio del martello sull’incudine, il canto romantico del barbiere, l’odore degli eucalipti e delle acacie, i passi svelti delle donne vestite di nero, il campanello delle mandrie di pecore e di capre, l’odore del pesce stocco, il dondolio dei carri, i richiami delle mamme, gli sguardi diffidenti dei vecchi, il ritmo dei telai, i panni stesi ai balconi come bandiera, la lenta melodia dell’armonica a bocca del vecchio garibaldino cieco, le bestemmie di Rocco il calzolaio, il parlare ieratico dei vecchi massari, il rumore della fiumara. Mattina d’aprile.
         Fu sua sorella Cata che ebbe l’onore, quella mattina, di accompagnarlo, dopo che suo padre lo passò in rassegna dalla testa ai piedi, facendogli le ultime raccomandazioni.
Palì si sentiva al centro dell’universo ed era felice non perché, finalmente, poteva uscire di casa ogni giorno o perché poteva vantarsi, con gli altri, di “andare” da donna Bice.
         Avvertiva, forse, dentro di sé, che iniziava a percorrere il lungo viale che lo avrebbe portato alla vecchiaia, al tempo in cui avrebbe potuto vedere, il primo venerdì di novembre, a mezzanotte, la processione dei morti.



Nota a cura di Rosalba:
Il giorno 31 maggio 1883, Giuseppe Caruso, mugnaio, registrò la nascita della sua seconda figlia, Giuseppa Caruso nata da sua moglie, Maria Strangio, nella loro casa di via Pandore a Careri. I legami di Giuseppe con Platì erano forti: lui vi era cresciuto anche se nato a Sant’Eufemia, a Platì vivevano i suoi genitori Antonino e Caterina Marafioti insieme alle due sorelle. Infatti, Giuseppa fu battezzata a Platì, ma visse a Careri fino al matrimonio con Francesco Miceli il 13 dicembre 1906. Francesco, di Platì, aveva dieci anni più di lei, era vedovo ed aveva un figlio. Francesco era macellaio e abitava in via San Pasquale. Giuseppa, detta Peppina, visse in quella casa fino alla sua morte avvenuta il 16 ottobre del 1977, quando mancavano due mesi al suo 95o compleanno. Dal 1907 al 1929 Peppina generò nove figli: Rosa (1907), Antonino (1909), Maria (1911), Domenico (1914), Cristina (1916), Cristina (1918), Luigi (1921), Pasquale (1924), Caterina (1929). Perse tre dei figli: la prima Cristina di Spagnola, Luigi a seguito delle bruciature causate dalla calce viva in cui era entrato a recuperare un giocattolo, e la seconda Cristina tragicamente scomparsa nel 1970 a seguito di un incidente stradale. Rimase vedova nel 1937. Quasi novantenne viaggiò da sola per andare a trovare la figlia Maria a Massena (NY). Quando morì aveva 24 nipoti e quindici pronipoti.

La foto è del giorno della sua partenza per gli Stati Uniti scattata all'aeroporto. Con lei sono la prima figlia, Rosa, e l'ultima, Caterina (Cata). 
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And the bells are ringing out
For Christmas day
Shane MacGowan/Jem Finer

In streaming - va di moda - è l'unico modo per trascorrere con voi questo Natale e ve lo offrono Rosalba, Pino e Gino.

E' anche il primo Natale senza il Maestro. In quello che segue chi ha l'orecchio sensibile può scorgervi qualcosa di lui.