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venerdì 4 settembre 2020

Il Vento e il Leone [di John Milius 2012]

Guardati di Platì, l’anticu dissi - 
ca mbischi cu la strada comu passi



DIVAGAZIONI DI CASA NOSTRA
Storia e leggenda
sulle origini di Platì
Il paese sarebbe sorto appena 5 secoli fa
 Platì, 17 aprile
Controverse sono le notizie tramandateci circa le origini di Platì; si sa solo, ma con una certa approssimazione, che nacque non molto tempo fa; appena cinque secoli. Chi lo dice? I famosi e folkloristici «vecchi».
Bisogna credere a quello che dicono i vecchi. Una volta uno di questi mi disse che per guarire la febbre di malaria bisogna portare il malato in campagna, e pronunciare una formula: «Frevi frevi maliditta - ccà ti pigghiu, ccà ti dassu, ccà ti pigghiu quandu passu». E io ci ho creduto: un mattino di dicembre, feci alzare dal letto il mio amico Ciccio Donarom*, che aveva la malaria (sebbene si fosse in dicembre!) e lo portai in campagna a recitargli la formula: la febbre di malaria gli passò istantaneamente: e gli venne la polmonite.
Ma chiedo scusa della disgressione e torno alle origini di Platì. Una vecchia composizione poetica, di un poeta molto saggio, ma anonimo, cosi parlava della fondazione di Platì:
«Carlu Spinelli  fundau stu paisi - e sarapozza mu nd' avìa annorbatu - ammenzu a ddui hiumari e rocchi mpisi - é malu fatu e malu situatu. – Lu ventu non ti lassa li cammisi - e non ti dassa no' pigghiari hiatu! Guardati di Platì, l’anticu dissi - ca mbischi cu la strada comu passi».
Chi era Carlo Spinelli? Chi dice che sia stato un cosentino, chi, dice che sia stato catanzarese.
O cosentino o catanzarese sarà stato di certo, e lo dimostra la abbondanza di cognomi: «Catanzariti», «Cosenza» che ci sono nel paese. Un pò toccato sarà stato pure, perché se no, non andava a piazzare il paese in una località così infelice.
Crediamo opportuno menzionare un’ultima teoria sulla fondazione di Platì quella, un pò fantasiosa, secondo la quale, quando il Signore andava in giro a seminare i paesi, colpito dalla bellezza del panorama che si godeva nella nostra zona, scelse accuratamente un grosso seme dalla bisaccia, e lo piantò per terra, ai piedi dell’Aspromonte.
La leggenda, lo ripetiamo, è abbastanza fantasiosa, ma spiega pienamente la particolare intelligenza di cui è dotato il popolo platiese. Ed è preferibile, comunque, a quella secondo la quale Platì sarebbe sorto da nugoli di fuorilegge che eressero nella zona il loro covo. Questa teoria è smentita dalla realtà del nostro tempo.
Nei famosi «racconti d'Aspromonte», lo scrittore Francesco Perri, mentre narra le origini dei vari paesi vicini al nostro, dimentica di parlare anche dell'origine di Platì: ci fa un grosso torto, ignorandoci. Da noi, infatti venne secondo una leggenda più recente, il completamento delle avventure di Gesù e dei discepoli nella Calabria. La leggenda è stata già narrata su un quotidiano romano, da un nostro caro concittadino: G.* Spadaro.
Dice, in sostanza, che al tempo in cui Gesù girava coi discepoli per la Calabria, dopo essersi fermato a Bovalino (sempre secondo la leggenda narrata dal Perri), e avere condannato il paese a stare per sempre senza acqua potabile, dopo essersi fermato a Benestare e avervi benedetto tutti gli alberi di fico, e dopo essersi fermato a Careri e averlo condannato alla miseria, dopo questi giri passò pure da Platì. Arrivato che era notte (qui comincia la leggenda narrata dallo Spadaro), in un vicolo buio, San Pietro cadde e si ruppe la testa. A tastoni, e imprecando sotto voce, San Pietro trovò l’uscio di una casupola e bussò dicendo: «Per favore, fateci lume!». Dal di dentro una voce rispose: «Nemmeno da parlarne; ho solo una lucerna a olio: se esco fuori il vento la spegne, e resto al buio del tutto. Imparate a camminare di notte!!»
A quest’uscita, pare che Pietro abbia perso la pazienza e abbia risposto «vento e buio non mancheranno mai da questo paese!!» E fu profeta perché in effetti, un po' di vento a Platì, non manca mai e in pieno anno 1956 la luce elettrica non funziona ancora.
A questa leggenda dunque bisogna credere ciecamente. Essa ha solo il torto, in fondo in fondo, di contraddire alla storia che vuole Platì vecchio di appena cinque secoli.
Ma in queste cose si sa che è difficile raggiungere un accordo: chi la vuole cotta, chi la vuole cruda, chi la vuole salata, e chi senza sale. Così, allo scrivente, piacerebbe che fosse attendibile la leggenda secondo la quale fondatore di fu un certo Leone Fera, in un'epoca molto lontana: circa duemila anni addietro.
Questo Leone Fera era, a quanto dice la leggenda, un uomo astutissimo; riuscì a espropriare un grosso tesoro al diavolo, e con esso fondo il paese. Sarà vero? I soliti Vecchi lo affermano ciecamente. Ma il tesoro, dove sarà andato a finire?
MICHELE FERA
Testo e foto: GAZZETTA DEL SUD, 18 aprile 1956   

* Donarom … sa tanto di Marando.
Gianni.

Il titolo di oggi, sebbene di un regista di mezza tacca, centra bene il tema svolto da Michele avvocato Fera



venerdì 28 agosto 2020

La fine è nota [di Cristina Comencini - 1993]

O that a man might know
The end of this dayes businesse, ere it come:
But it sufficeth, that the day will end,
And then the end is knowne.
William Shakespeare (1564-1616)


Platì 22 Giugno 1897

Stimatissimo Sig. Domenico
Scordo – Reggio Calabria

La presente vi sarà data dall’amico D. Peppe Zappia fu Filippo, il quale verrà da voi per riceversi la somma vi ho regato darmi a mutuo e vi si darà la cambiale firmata da questo mio nepote D. Filippo Oliva fu ( …?) Filippo ed avallata da Amico Don Peppe Zappia e questa vi servirà di garenzia per la sudetta somma di sedicimila.
Sono a servirvi e vi ossequio
Vostro aff.mo Amico
Francesco Oliva fu Arcangelo

Documento conservato nell’archivio di Luigi Gliozzi fu Francesco

NOTA - La missiva sopra riportata è la testimonianza della decadenza della più importante famiglia platiese. Al contempo è anche la certificazione degli ultimi atti dell’uomo il cui potere alle volte superò quello del padre Arcangelo, anche in crudeltà. Quello che seguirà è la scellerata lotta fra i contendenti, interni ed esterni la dinastia Oliva, alcuni già citati nella lettera. Misera sarà la fine di uno stemma il cui potere rimpiazzò la famiglia Spinelli (e qui ricorro oltre che a Shakespeare a Samuel Barber). La storia del Casato Oliva è ancora da redigere e i documenti non mancano, quello che manca ancora è chi li svelerà, sebbene queste pagine abbiano cercato di compensare a tale mancanza.

giovedì 27 agosto 2020

The Entertainer - Unplugged in Platì






Ettore Castagna
Platì, 19 agosto 2020 
presso Asilo dell'A.N.I.M.I.
via San Pasquale

lunedì 24 agosto 2020

Prova di memoria [di Marcello Aliprandi - 1994]

Pasqualino Perri
1934 - 2000

Un fremito di orgoglio sta scuotendo i promotori di quello che sarà un evento che non prevede sequel: il Pasqualino Perri Memorial Day. Gli organizzatori lavorano senza concedersi soste malgrado l’estate non conceda rinfreschi di sorta. Soltanto un momento dell’evento si è riusciti ad estorcere, la sfida all'ultima rima fra i giovani poeti platiesi. Data e luogo saranno comunicati non appena i promotori scioglieranno i dubbi fra chi dovrà sedere al tavolo dei non pochi invitati.

venerdì 21 agosto 2020

The Entertainer [di Tony Richardson - 1960]

Days of speed and slow-time Mondays
A hot summer’s day and sticky black tarmac.
I say that’s entertainment
That’s entertainment
Paul Weller


Ettore Castagna è senza ombra di dubbio un One Man Show: legge, suona, canta, affabula. L’incontro con i platiesi è stato per lui proficuo dal punto di vista del calore umano come da quello delle vendite della sua ultima opera, la cui presentazione l’ha portato ancora una volta in Platì. Il suo reading è anche stato supportato da rumori, suoni e musiche che contribuiscono al coinvolgimento dello spettatore, da quello avvezzo alla lettura come dall’occasionale passante. Chitarra, zampogna, marranzano, flauto i suoi compagni di viaggio senza tralasciare la ridotta illuminazione, la sminuita amplificazione unplugged e lo striminzito supporto digitale.  Compagni occasionali per la riuscita della giornata sono stati, oltre il solito ronzio catalitico, una fresca venticata discesa dall’aria du ventu e un’estemporanea performance di Cicciu Musitano, alias fascista in origine, bonificato in u ccinciu. Last but no least il teatro dove l’evento si è realizzato: l’Asilo creato nei primi anni 50 del secolo della bomba atomica per interesse dell’A.N.I.M.I. nella sua figura principale, Umberto Zanotti Bianco. Entrare in quell’incubatrice infantile dove monache vestite di nero luttuoso allevavano bambini di tutto il ceto sociale platiese è stato un mancamento dell’anima e della memoria: il refettorio/dormitorio, la fila di rubinetti del bagno per i piccoli, le aule, il corridoio percorso dalla zia Annina per andare sposa allo zio Pepè, la cappella dove avevano officiato lo zio Ciccillo e lo zio Ernesto. Per tutto questo: GRAZIE ETTORE!

A causa della ciurramica sosta forzata ho dovuto optare per un'immagine d'altri tempi. Le foto della serata verranno in seguito, confidando nella vostra pazienza.

lunedì 17 agosto 2020

Immagini del Vecchio Mondo [di Dusan Hanák - 1972]



L' Associazione Entoculturale "Santa Pulinara" di Platì
presenta

Della Grecìa perduta
il nuovo libro 
di Ettore Castagna
edito da Rubettino 

presso
la Scuola Materna
voluta da Umberto Zanotti Bianco
in via San Pasquale
ore 21,30


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Un mondo fatto di fiumare, sole cocente, spiagge e canneti, ripidi pendii, esseri umani ma anche spiriti benigni e maligni, greggi e formaggi. Protagonista è l’Aspromonte grecanico ed i suoi paesi: nel villaggio al centro della vicenda si possono riconoscere tratti di Africo o Roghudi, ma anche di Platì o di Canolo. È la Calabria della civiltà pastorale che è sempre cruda e crudele come i suoi governanti, siano essi spagnoli o francesi, che si ricordano dell’esistenza degli agglomerati umani solo nella repressione mentre la Storia distrugge le vite di alcuni protagonisti o passa sopra la testa di altri senza conseguenze sulla loro vita quotidiana. E poi: l’italiano misto al greco di Calabria e al calabrese; le leggende; la Chiesa primitiva o anch’essa potere opprimente; la solidarietà e l’ostilità; la musica degli strumenti e dei telai. Tutto questo e tanto altro troverete in questi due libri da leggere uno dietro l’altro. Sanno di Calabria e di Mediterraneo (di cui ricordano gli scrittori come Ben Jelloun), descrivono una possibile realtà seicentesca e favoleggiano di misteriosi esseri ancestrali, “utilizzano numerosi elementi antropologici” ma “anche molte invenzioni e ucronie” *. Sono:
Del Sangue e del Vino” e “Della Grecìa perduta” di Ettore Castagna, ed. Rubettino.

* - in corsivo le parole dello stesso autore.
  - confesso di aver dovuto cercare ucronia sul vocabolario Treccani:
ucronìa s. f. [dal fr. uchronie (voce coniata dal filosofo Charles Renouvier nel 1876), der., con u- di utopie «utopia», dal gr. χρόνος «tempo, periodo di tempo»], raro. – Sostituzione di avvenimenti immaginari a quelli reali di un determinato periodo o fatto storico (per es., la situazione europea se Napoleone avesse vinto a Waterloo).
Testo e foto: Rosalba Perri





Immagini del Vecchio Mondo (in slovacco Obrazy starého sveta) è un più che originale documentario di un regista poco conosciuto: Dusan Hanák, semplici storie con al centro contadine e contadini anziani usciti da un mondo già arcaico all'epoca della sua realizzazione. Vedendolo la mente è andata subito ad Ettore Castagna. 

In apertura la Rocca del Drako nei pressi di Roghudi.
Si ringrazia la Diocesi di Locri-Gerace per la gentile collaborazione.

sabato 8 agosto 2020

The Master [di Paul Thomas Anderson - 2012]

Rosario Barbaro
1910 - 1955

Hi Rosalba, I have read the post about Italian tailors in Adelaide https://iloveplati.blogspot.com/2019/05/il-filo-nascosto-phantom-thread-di-paul.html
Rosario Barbaro is also worthy of a mention. He immigrated to Australia before the war (1939). He was a tailor in Griffith NSW. He left behind in Platì his wife Maria and four children. He was interned as a Prisoner of War and during his time in the camps made suits for the Australian officers*.  He later moved to Adelaide, brought his family out to Australia in and opened a shop in Melbourne Street, North Adelaide. He was much respected as a tailor and made suits for dignitaries, judges, lawyers, and parliamentarians as well as members of Italian community. I also believe he may have trained Joe Ielasi in the craft. Joe respected him and often told us what a remarkable tailor Rosario was. Many people who had suits made by him would say he was like an artist because his suits were so perfectly made and fitted that they seemed painted on the client.
Rosario had a beautiful singing voice and sang in the choir at St Laurence Church at North Adelaide. He also belonged to the Brotherhood of St Laurence a group that did a lot of charity work in the community.
Maria, Rosario’s wife, often told what a generous person he was. One day he saw a man walk pass the shop that looked poor and destitute. It could well be he had noticed this man before, but this day Rosario invited him in the shop, and he dressed him from top to toe in new clothes and a suit. He called his wife Maria in the shop and she said “Well done, but there is a problem: what about his shoes? He has no shoes!” That was no problem to Rosario got a pair of his own shoes and gave them to the man. In another occasion he gave food to a distressed neighbour, Mr Marcano, who had recently migrated and did not know that at the time shops were closed on weekends. They became very good friends.
He died at the age of 45 in 1955 due to health issues and left behind his wife with four young children which were born here in South Australia, the youngest being a year old, and the four older siblings who were born in Italy and had married
Kind Regards
Lisa Barca**

* – in fact he spent only 4 months in the camp as he was released on parole probably thanks to his ability in tailoring.
** - Lisa is the niece of Rosario’s wife Maria and is married to a grandchild of Rosario.


Ciao Rosalba, ho letto il post sui sarti italiani ad Adelaide.
Sarebbe degno di menzione anche Rosario Barbaro. Emigrò in Australia prima della guerra (1939). Si stabilì a Griffith nel NSW dove esercitò il mestiere di sarto. Aveva lasciato a Platì la moglie Maria e quattro figli. Fu internato come prigioniero di guerra ed in quel periodo cucì abiti per gli ufficiali australiani*. Si stabilì poi ad Adelaide dove richiamò la famiglia e aprì un negozio in Melbourne Street a North Adelaide. Era molto rispettato come sarto e confezionò abiti per dignitari, giudici, avvocati e parlamentari come pure per i membri della comunità italiana. Credo sia stato il maestro di Joe Ielasi nell’arte della sartoria. Joe ne parlava sempre con rispetto dicendo che era stato un sarto eccezionale. Molti di coloro che si erano rivolti a lui per un abito dicevano che era un come un artista perché i suoi completi erano fatti così bene da sembrare dipinti addosso al cliente.
Rosario aveva una bella voce intonata e cantava nel coro della Chiesa di San Lorenzo in North Adelaide. Faceva anche parte della Confraternita di San Lorenzo che si occupava di beneficenza.
Sua moglie Maria raccontava spesso di quanto fosse generoso. Un giorno vide un uomo dall’aspetto miserevole passare davanti al suo negozio. È probabile che lo avesse notato in precedenza, ma quel giorno lo invitò ad entrare in negozio e lo rivestì da capo a piedi. Chiamò la moglie che gli disse: “Ben fatto, ma c’è un problema: e le scarpe? Non ha scarpe!” E Rosario ne prese un paio delle proprie per darle all’uomo. In un’altra occasione rifornì di cibo un vicino, il Sig. Marcano, che era arrivato da poco e non sapeva che i negozi a quel tempo erano chiusi nei fine settimana. Diventarono ottimi amici.
Morì all’età di 45 anni nel 1955 a causa di problemi di salute lasciando la moglie, quattro bambini piccoli, l’ultimo di appena un anno, ed i quattro maggiori nati in Italia e già sposati.
Tanti saluti
Lisa Barca**

* – in effetti Rosario rimase nel campo di internamento solo quattro mesi, fu rilasciato sulla parola forse proprio grazie alla sua arte di sarto.
** - La moglie di Rosario è zia di Lisa, mentre Rosario è il nonno di suo marito.


giovedì 6 agosto 2020

SULL'ONORE NOSTRO

IL PRIMO ROMANZO DI MICHELE PAPALIA


Progetto grafico a cura di Maurizio de Marco, Città del Sole edizioni

mercoledì 5 agosto 2020

La roccia incantata [di Giulio Morelli -1949]

I’m that mountain peak up high. Bonnie "Prince" Billy




SEMBRA UN GIGANTESCO MONUMENTO A GIUSEPPE GARIBALDI
IL MASSICCIO DI PIETRA-KAPPA
SULLA CRESTA D’ASPROMONTE
Intorno a questa strana suggestiva roccia si sono intessute in ogni epoca svariate leggende

Platì, 5 gennaio
Sull'estremo tratto della cresta selvosa d'Aspromonte si eleva contro il cielo il massiccio di Pietra - Kappa. La roccia erompendo gigantesca dalla selvaggia asimmetria dei nostri monti crea una nota caratteristica al paesaggio; sembra un gigantesco monumento scolpito dal tempo a Giuseppe Garibaldi. Infatti, vista da val-
le la roccia presenta stranamente e nitidamente il profilo dell'eroe dormente.
 Forse per la stranezza della posizione topografica intorno a questa roccia si intesserono in ogni epoca le più svariate leggende, alcune delle quali sono narrate dal Perri in Racconti d'Aspromonte>>. Immaginosa ed
arguta, schietta espressione del classico «Humour» della nostra gente - è quella che si riferisce alla sua origine:
Era il tempo in cui Gesù e i suoi discepoli vagavano per la Calabria; - sebbene la storia non lo dica, Gesù venne anche in Calabria - (vedi opera citata del Perri). Una sera, ai piedi di un colle, il Divino Maestro propose alla comitiva di fare la salita portando addosso una pietra ciascuno; i discepoli accettarono di buon grado; ma San Pietro bofonchiò alquanto obbedì a modo suo: mentre gli altri arrancavano per l'erta sotto il peso di grosse pietre, lui li seguì allegra-mente con in tasca un sassolino non più grande di una nocciola;
Quando furono in cima alla salita, il Signore benedisse le pietre tramutandole in pane fragrante: inutile dire che S. Pietro dovette accontentarsi di un panino microscopico. Ma la lezione gli giovò:
L’indomani a un tratto Gesù rivolse ai discepoli lo stesso invito del giorno prima: S. Pietro, senza farselo dire due volte, abbrancò un macigno pesantissimo, se lo mise sulle spalle e arrancò dietro i suoi compagni sudando e sbuffando. Quando furono arrivati a destinazione posò il masso a terra e aspettò pregustando enormi fette di pane.
Figurarsi come rimase quando Gesù non solo non benedisse le pietre, ma invitò i discepoli a sederci sopra!!
Rimase tanto male che espresse al Maestro un desiderio: che quella pietra non si muovesse più dal luogo dove lui l’aveva posta. E il Signore l'accontentò: a un suo cenno la pietra si mise a gonfiare e gonfiò tanto  da assumere le proporzioni che ha tuttora.
E- continua la leggenda narrata dal Perri - San Pietro, quando divenne custode del Paradiso utilizzo la pietra chiudendovi dentro Malco, (il soldato che aveva schiaffeggiato Gesù nel Sinedrio) e condannandolo a schiaffeggiare in eterno le pareti della roccia;
A qualcuno sembrerà strana questa leggenda, non foss'altro che per lo strano ruolo assegnato a S. Pietro; ma per noi calabresi e normale guardar S. Pietro sotto questo suo aspetto. E può ben saperlo chi ha letto l’opera citata del Perri.
Secondo un'altra leggenda la roccia fu messa lì dal Padreterno per otturar il buco attraverso il quale, il «Faccibestia» (Lucifero in Calabria ha questo efficacissimo nome) fu spedito nell’inferno. Rimase però una fessura: a cui corrisponde nella roccia una grotta: La cosiddetta «Calara del Faccibestia». Questa era in origine un antro pauroso che nessuno mai s'era rischiato esplorare; ora però l’interno è in parte franato e nel vasto ingresso si rifugiano volentieri nelle tempeste i pastori unici abitatori della montagna.
Secondo altra leggenda ancora l’origine della grotta fu un’altra: Una volta ai piedi di Pietra Kappa il «Faccibestia» custodiva un tesoro: chiunque avesse voluto impadronirsene doveva prendere l'oro rimanendo all’impiedi: nel caso che si fosse piegato perdeva il viaggio e la vita;
Molti fecero questa fine; finché un giorno, un certo Leone Fera (che si dice sia stato il fondatore di Platì) non decise di tentare l’impresa: procuratosi un paio di scarpe larghissime s’incamminò alla volta di Pietra Kappa; arrivato a destinazione le infilò e guardando in faccia il Diavolo allungo prima un piede poi un altro dentro il mucchio dell’oro. Le monete scivolarono dentro le scarpe e le riempirono; Leone Fera se ne tornò fischiettando a casa e Lucifero per la rabbia d’essere stato fregato se ne tornò nell'inferno dimenticando la porta aperta.
Molte altre leggende si raccontano, che prendono lo spunto da queste; a scriverle tutte ci sarebbe da farne un libro. E gli antichi vi credettero ciecamente: la drammatica solitudine di Platì nei secoli passati era necessariamente popolata di fantasmi.
Oggi invece qualche moderno preferisce arrampicarsi ogni anno sulla sommità della roccia che è coperta da uno strato di terra e seminarvi il grano; ma chissà che a volte nella paurosa solitudine della montagna non tenda l’orecchio terrorizzato e non oda, soffocati dall'urlo del vento, gli schiaffi che il povero Malco somministra instancabile alla Roccia.
Michele Fera
GAZZETTA DEL SUD 6 gennaio 1955

Gli scatti d'apertura sono di Salvatore Carannante