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domenica 10 novembre 2019

Le tre sorelle [di Irving Rapper,1942]


TRE RUDERI CALABRESI

Come stemma del malgoverno della Calabria meriterebbero di essere posti tre ruderi: malgoverno non solo politico ma anche amministrativo, che suscita cattedrali nel deserto, e magari il deserto invece è una oasi meravigliosa, come la piana di Gioia Tauro, dove prima vengono irrorati miliardi sacrosanti per l’agricoltura e l’irrigazione, e poi si distrugge tutto per una acciaieria, dove ogni posto di lavoro supererà di gran lunga il milione, risultando in più di una capacità di occupazione assai modesta appetto alla spesa faraonica e al bisogno della regione. In questo caso le cattedrali c’erano già, nel senso di chiese abbaziali, in parte crollate per i terremoti, ma non così completamente da non potere essere salvate in quei residui che erano rimasti in piedi e che, per la storia e per l’arte, costituiscono avanzi preziosissimi, forse i più antichi della nuova contea normanna, poi regno, di Roberto il Guiscardo e di Ruggero I.

giovedì 7 novembre 2019

In attesa di una desiderata vostra [di Raffaello Matarazzo, 1950]





Gentilissimo Rev Padre Ernesto     Yoogali 17 Luglio 2001
Con molto piacere vengo corrispondere alla vostra cara desiderata lettera. La quale sono rimasta molto contenta di sapere vostre notizie. Sono contenta che Domenico Spagnolo vi ha portato i nostri notizie. Me veramente a lui non lo potuto vederlo ma ho visto sua moglie. Comunque sono contenta che vi ha portato la mia lettera. Come pure vi ha detto la mia situazione. Vi dico che sofro con i dolori artriti né ho avuto 3 operazione, le due ginocchi nel gallone. Ma con laiuto del Signore vado avastanza bene. Vi dico che vado aiutare al villaggio scalambrinno per aiutare i malati. Come pure devo aiutare la mamma. E i miei figli. Me tengo due figli femmine la grande si chiama Giulia e tiene due figli uno maschio e una femmina che hanno letà la femmina ha 23 anni e il maschio ha 21 anno- E laltra si chiama Diana e tiene due bambine femmine. Una di 3 anni e si chiama Helania e laltra di un anno e si chiama Laura. E mi danno lavoro pure lori. Ma abasta che stanno bene. Sento quanto mi dite della perdita dei vostri cari cè dispiaciuto tanto. Mà dobiamo farci coragio perché la nostra vita non è per questo mondo. Pure noi habiamo perso. Ma beati coloro che sono col Signore Mia madre ancora va abastanza bene. Vi ricorda sempre. Ancora tiene i sentiment buoni. Ma tiene tanti mali mà ancora vada avanti. Vi saluta tanto e vi auguramo lunga vita anche a voi. E di salutate tanto avostra sorella Amalia. Che la ricordiamo sempre nelle nostre preghiere. Come pure voi speramo che pregate per noi. Mi salutate Domenico Spagnolo. Di qui vi salutano tutti della mia famiglia. Mè vi saluto con tanto affetto. E vi saluta pure Giao Catanzariti. E sono la vostra consorella
Francesca Musolino
Scusate il mio malo scritto. E attendiamo vostre buone notizie. Ciao ciao

Yoogali è una piccola città dentro una più grande, Griffith nel Nuovo Galles del Sud. E’ residenza di molti immigrati calabresi che in quella zona si occupavano e si occupano di agricoltura. Quando la Signora Musolino spedì la lettera di cui sopra l’ufficio postale di Yoogali era stato dismesso da dieci anni. Il clima molto simile a quello della provincia di Reggio Calabria consente di impiantare vigneti e agrumeti.

mercoledì 6 novembre 2019

Col ferro e col fuoco [di Fernando Cerchio, 1962]


L’INDUSTRIA SIDERURGICA
DELLE SERRE CALABRE

Boschi (carbone), acque (forza motrice), miniere (ferro) sono gli elementi della TRINITA’ materiale delle ferriere delle Serre calabre.
«La ferriera di Mongiana, fondata durante il regno di Ferdinando IV di Borbone, è l'ultimo episodio di una attività fusiva, che in Calabria ha origini antichissime - fonderie fenicie - di cui restano numerose tracce nel territorio compreso tra Stilo e Serra San Bruno (...). La storia delle miniere e dei primi rudimentali forni (data) fin dal lontano 1094, anno in cui Ruggero Guiscardo il Normanno cede al Santo Brunone i proventi delle miniere di ferro e dei forni fusori esistenti nel circondario di Stilo e Arena. La 'Mongiana' è una filiazione delle amiche «Ferriere del bosco e del demanio di Stilo» delle quali (...) si distacca nella seconda metà del secolo XVIII. L'enorme fabbisogno di combustibile rendeva le ferriere industrie nomadi all'inseguimento di boschi da carbonizzare (...) «che non disponendo di trasporto adeguati a quel fabbisogno›› metteva le bocche dei foni in cammino alla ricerca di nuovi pascoli da divorare. Nel 1771, distrutto il bosco stilense, i forni giungono in località Cima, al centro di foltissime selve, (...) alla confluenza del Ninfo con l'Alaro (...) a circa mille metri d'altitudine, a cavallo tra Jonio e Tirreno dove è minore la distanza tra i due mari». Località all'incirca equidistante rispetto ai porti d’imbarco per cui, per il versante tirrenico, assicura maggiore celerità di comunicazione con la capitale, l’utilizzazione del porto di Pizzo.

martedì 5 novembre 2019

L'onorata società [di Riccardo Pazzaglia,1961]

ELEZIONI POLITICHE DEL 1948
Il voto in Provincia di Reggio Calabria



PLATI': Democrazia Cristiana 1514, Blocco Popolari, 464, Qualunquisti 23, MSI, 21

VOCE DELLA CALABRIA, Anno VI, n. 103 - sabato 1 maggio 1948

lunedì 4 novembre 2019

Il giardino delle parole [di Makoto Shinkai, 2013]



Dizionario Onomastico, Prontuario filologico-geografico di Platì
a cura di GERHARD ROHLFS

ARMACIA, gr. ermakia
BAGGIANA, vanitosa
MBUMBULA, orciuolo a collo stretto,
BRIVERA, erica, franc. bruyère
BUFFA, rospo
CALAMONA, canneto
CALIMERA, buon giorno, CALISPERA, buona sera
CARCARA, fornace di calce
CARCARAZZA, gazza
CARERI, arabo hareri, tessitore
CODESPOTI, CODISPOTI greco padrone di casa
CUCCUVELLA, civetta
CURATULU, fattore
CURCURACI, cicoria selvatica
CUSTURERI, sarto, franc, costurier
FACCIOLU, FACCIOLA, uomo falso
FERA, delfino
FERLA, ferula
FILESA, luogo scosceso, frana, franc. falaise
FOTIA, greco, fuoco
GANGALE, mascella
GARREFFA, avena selvatica
GIAMBA, punta, località sopra San Luca, ctr. S. Eufemia d’Aspr.
GURNALI, fossa acqua stagnante
GRADA, schiena
GRINGIA, smorfia
GRAMULU, melo selvatico
GURNA                , pozza d’acqua
ILICI, elce
JAZZU, stalla
JUMENTA, cavalla
LENZA, striscia di terreno largo
MARVIZZU, tordo
MAMMINA, levatrice
MANCA, destra
MANCUSU, esposto a bacio
MARRUGGIU, manico di scure
MARU, povero
MAZZAPICA, ammazza ghiandaia
MICELI, lucciole
MITADERI, mezzadro, fr. Metayer
MITTICA, monte nei pressi di Capo Spartivento, 1188 Stephanus Mitticas in un diploma di Oppido, toponimo in Epiro e nel Peloponneso
MORABITO, arabo, uomo pio, eremita
NACA, greco, culla
NATILE,  greco terreno solatio
PAIECI- PLATEROTI - PRETIOTI (di Platì), creduti stolidi, qualificati come quelli di jarretu o di retrumarina
PANDURI, greco, la fertile
PANGALLO, greco, bellissimo
PAPALIA, greco, Prete Elia, antico cognome in CZ
PERRI, cognome, Basilicos Perre 1273 Reggio
PETRA CAPPA, sec XII Petra Cauca, greco, coppa, dimora di asceti sec. IX e X
PICA, ghiandaia
PIMINORO, greco poimonarion, mandra
PIROMALLI, greco, dai capelli rossi
STAZZU, ovile, terreno a pascolo
STICCHIU, nudo
STIGGHIUSU, capriccioso
SUCAMELI, caprifoglio
TRIPEPI, greco, degno di Dio
VARACALLI, ctr. Benestare
VUCCERI, macellaio, franc, boucher
ZUMPANO, antico cognome in Cosenza

GERHARD ROHLFS, Dizionario Toponomastico e Onomastico della Calabria, Prontuario filologico-geografico della Calabria, Longo Editore, Ravenna 1974

EXTRA
PILLARI, i cafoni delle zone interne, in PINO ARLACCHI, MAFIA, CONTADINI E LATIFONDO NELLA CALABRIA TRADIZIONALE


domenica 3 novembre 2019

This Must Be the Place [di Paolo Sorrentino, 2011]



DIZIONARIO TOPONOMASTICO E PRONTUARIO FILOLOGICO-GEOGRAFICO DI PLATI’ (RC)
a cura di GERHARD ROHLFS


ACONA- ACUNI, bassura di terreno con acqua,
AGLIASTRETTI, macchie di ogliastri
AGONIA, GONIA, angolo
ARGIATA, terreno per orzo
ARIA FUNDA, aria profonda
ARZANELLA(O), ARZANEJU
BARROSA
CRAMATIA, CROMATI’, GRAMATI’, GROMATI’, ctr., fonte, promontorio, Platì
GELSINICOLA
GIOPPU
GRAPPIDARA, pero selvatico
HAMAROPUSU
ILICIUSU, pieno d’elci
JERMANO’
LACCHI
LATRIZIU
LENZA LARGA
LIGNUMUSU
LUSCRI’
LUTRI’
MARCATU
MATRUPOLITI, greco della cattedrale
MIGALI
MIFALI
MISAFUMARI, in mezzo alla fiumara, in mezzo ai monti
MISAVVRICU
NAFRARA, alloro
PANAREFURU
PANDEFORO
PARDIZZI
PERCIARE, bucare, francese percer
PIETRACASCIA,
PRACHE
RUSCULI, rusco, pungitopo
SCURZUNELLA
SENOLI
SERRO SANT’ANDREA
SERRO VENTO
SIBIO (SIVIO)
SPALASSI, ovvero Sfales, Salis
STINCARELLO
STINCO
STRACOZZA, tartaruga
STRINGARU
TOPA
TOPPA
ULIVARITU,
ZERVO’ (Piani), greco, mancino
ZILLASTRO, greco, agrifoglio
ZIMBELLI
ZOJARI

GERHARD ROHLFS, Dizionario Toponomastico e Onomastico della Calabria, Prontuario filologico-geografico della Calabria, Longo Editore, Ravenna 1974


giovedì 31 ottobre 2019

Marjorie Prime - un ologramma

a proposito di ologrammi:
è papà o è Volonté?


mercoledì 30 ottobre 2019

I morti non muoiono [di Jim Jarmusch, 2019]




Frank Zappia
3835 N° 52 st
U.S.A. 53216

Genti.ma Signorina
Amalia Gliozzi via fratelli
Sergi Platì Provincia Reggio
Calabria
Italy

Milwaukee 10-8-1970

Mia Carissima Amalia e tutti la famiglia spero che questa mia presenti vi trovera beni, mi a scritto mia sorella e mia mamma e mi diceva che vostra cara mamma è cessata di viveri e di questo siamo assai dispiaciuti tutta la mia famiglia e pure i miei parenti tutti, ma con la morti no si può fare nienti bisogna averi
Coraggio, perché voi aveti fatto tutto quello che meglio aveti potuto, perciò ora che prega essa per voi tutti,noi sempri vi pensamo e parlamo da voi, che no ci possiamo vedere più con questi lontananzi, almeno siati stati tutti i sorelli assiemi e cosi Iolandina a pure un altro coraggio che a vista anche essa alla vostra cara e desiderata mamma Serafina mi ha portato i vostre notizie no la mi aveva detto che vostra mamma no la conosciuta vi prego che fate coraggio perché no si può fare nienti e bisogna averi pacenza perché la vita è un passaggio per tutti no vado più a lungo salutamo a donna Rosina e famiglia a donna Caterinuzza e famiglia alla monaca a don Peppino e famiglia, vi salutano i miei cognati nipoti e zii, salutano a don Ciccillo, a donna Ernesto e lo salute Giovanni Mimì e Fina io e Ciccio qualche volta vieni a platì salutamo a voi e Pina vi baciamo caramenti e sono Bettina che sempri vi penza con affetto saluti da noi tutti a
                                                                          Iolandina e famiglia

Per molto tempo Milwaukee fu sinonimo di Violent Femmes:

martedì 29 ottobre 2019

Marjorie Prime [di Michael Almereyda, 2017]

Sic transit vana et brevis gloria mundi.
et qae originem suam traxit ex alto.
non fluxa sed aeternam.
et qaue sanctorum est gloria divina
semper crescit eundo

Così passa, vana e breve, la gloria del mondo;
ma quella che trae origine dall’alto,
 immutabile ed eterna,
la gloria divina dei santi
sempre va crescendo.
Antonio Vivaldi, Ostro picta, armata spina RV642


Riprendo oggi un tema lamentato recentemente su queste pagine sulla memoria e la relativa fruizione sul terreno ad essa deputato come può esserlo il cimitero, dove sempre più si privatizzano gli accessi. Il motivo è scaturito dalla visione di un lungometraggio di recente produzione: Marjorie Prime (2017) di Michael Almereyda. Vi è anche l’avvicinarsi della ricorrenza rituale della commemorazione dei defunti.

 “So che se mi permetti di visitarti, ti vedrò con i ricordi così come con gli occhi”.

Il film in un forma fantascientifica narra di un prossimo futuro nel quale una straordinaria tecnologia olografica permette ai vivi di poter (illusoriamente) conversare con coloro che ormai non ci sono più e che sopravvivono solo in forma di ricordi audiovisi. Tutti i membri della famiglia diventeranno essi stessi proiezioni di un passato perennemente immutabile. Marjorie Prime concentra il proprio intero fulcro narrativo sul tema della persistenza della memoria – e sul rischio del relativo deterioramento a causa della revisione operata dal passare del tempo. Da questo punto di vista qualcosa già era stato fatto da Stanley Kubrick e Andrej Tarkovskij. La stessa presenza di spazi chiusi ai margini dell’oceano era stato visto in Solaris del 1972 dove il protagonista ricreava l’ologramma della moglie scomparsa. Oggi qualcosa è cambiato anche perché la fruizione della memoria è ricreata virtualmente da pagine come queste e attraverso la persistente pubblicazione di volti e figure sulla rete che possono essere prese come ologrammi. Il guaio è che molti editori si limitano alla sola pubblicazione senza un corrispettivo coinvolgimento letterario se non in forma di faccina sorridente o di un mi piace di rito preconfezionati. Nel film, oops nel file, citato, un'avveniristica trenodìa da consigliare al Capossela nazionale, invece, grazie alla sua eccellente drammaturgia, si riflette compiutamente sulla memoria, sull’elaborazione del lutto, sull’assenza. Del resto continuiamo a parlare con quelli che ci mancano, i morti non muoiono, tanto per citare un file appena uscito.
In corsivo è quanto ho rubato

L'odierna pubblicazione è dedicata a Paolo, vajana, Trimboli.


lunedì 28 ottobre 2019

The Frame [Il telaio, di Jamin Winans, 2014]

In an Autumn day of mid-April, 1953, a mother and her four youngest girls arrived in Australia. Her husband had migrated in 1949 followed by their six older children, therefore the family was reunited. Her name was Francesca Perre née  Papalia, born in 1909. Her husband was Francesco Perre, born in 1906, first cousin with my grand-father. They came from a long line of shepherds in the Aspromonte mountains. Going back up to the end of 1600s in the family tree, all the men were registered as shepherds in official documents. Francesco’s father, Domenico, and my great-grandfather, Pasquale, were brothers but the latter decided to change activity and was a muleteer first, then had one of those small village shops that sold bulk wine. The families were close knitted, however, and in fact one of Francesco’s younger sisters grew up in my grandfather’s home. She encountered a tragic end in Australia and was greatly missed by my aunts and uncles.


Being men and woman who made their living on farming and stock-raising, however, the Perres had a lot of know-how in their hands and from shepherds they turned into farming. Our Francesca Perre had another know-how she missed pursuing and that was spinning and weaving. The tools for spinning were not difficult to make, but weaving required a loom and she did not have one. Undaunted, she summoned up some relatives of hers, known as “lignu duru” or “hard wood” (all families had nicknames back in the village), who were good carpenters. She told them she wanted to have a loom built, but they objected that, although they were familiar with it, they did not exactly know the proportion of the various pieces and how to assemble them. “Not to worry, I’ll tell you” and that she did, supervising the making of the loom. The clacking sound of the loom could then be heard at her home

In the 70s she sold it to the South Australian Weavers Association. Some research needs to be done to see who is holding it now.

Thanks to Mimma, Francesco with his wife Rosa, Anna with her husband and Lisa (four of Francesca and Francesco’s children) for having me for lunch in Adelaide, making me feel at home with the Perre’s and telling me this story.
Text & photo: ROSALBA

In un giorno d’autunno di metà aprile (siamo nell’altro emisfero) 1953, una madre e le sue quattro figlie minori sbarcarono in Australia. Era stata preceduta nel 1949 dal marito seguito poi dai sei figli maggiori. La famiglia quindi si riunì. I coniugi erano Francesca Papalia, classe 1909, e suo marito Francesco Perre, classe 1906, primo cugino di mio nonno. Discendevano da una lunga stirpe di pastori fra le montagne dell’Aspromonte. Risalendo sino ai documenti di fine ‘600, gli uomini della famiglia sono sempre indicati come pecorai. Il padre di Francesco, Domenico, ed il mio bisnonno Pasquale erano fratelli ma quest’ultimo decise di lasciare l’attività di famiglia e diventare prima mulattiere, poi aprì una rivendita di vino sfuso. Le famiglie erano comunque molto unite tanto che una delle sorelle minori di Francesco crebbe a casa di mio nonno. Andò incontro ad una tragica fine proprio in Australia e i miei zii e zie la piansero a lungo.
Essendo uomini e donne che vivevano di agricoltura e pastorizia, comunque, i Perre avevano più mestieri per le mani e da pastori si fecero agricoltori (o “farmisti” come dicono i nostri in Australia). La nostra Francesca possedeva la conoscenza di un altro mestiere che le mancava poter esercitare: la filatura e la tessitura. Gli attrezzi per la filatura non erano difficili da reperire, ma per la tessitura era necessario un telaio e lei non l’aveva. Senza lasciarsi scoraggiare, Francesca si rivolse a dei suoi parenti, soprannominati “lignu duru” che erano bravi falegnami. Disse loro che dovevano costruirle un telaio. Loro obiettarono dicendo che benché sapessero come, più o meno, era fatto un telaio, non erano a conoscenza delle proporzioni dei vari pezzi e dell’assemblaggio.  “Non vi preoccupate, ve lo dico io” rispose e lo fece supervisionando il loro lavoro. Il tipico “clack-clack” del telaio da quel giorno si poteva sentire nella sua casa.
Negli anni ’70 vendette il telaio ad una Associazione di Tessitori dell’Australia Meridionale. Sarebbe interessante sapere chi lo possiede adesso.

Un grazie a Mimma, Francesco con sua moglie Rosa Zappia, Anna con suo marito e Lisa (quattro dei figli di Francesca e Francesco) per avermi invitato a pranzo, avermi fatto sentire parte della grande famiglia dei Perre ed avermi raccontato questa storia.