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giovedì 21 febbraio 2019

...Più forte ragazzi [di Giuseppe Colizzi,1972]



Quando ero ragazzo per giocare ci riunivamo nel grande atrio del portone degli Oliva. Ovviamente la combriccola variava ma i più presenti erano i fratelli padroni di casa: Ciccillo era il figlio più grande e il capo della squadra. Poi c'erano Pippo, Pasqualino, Aurelio e Mario. I fratelli Pino e Lillo Barbaro figlio di Rocco. La loro casa era dall'altra parte della piazza mercato, dove c'era una fontana di ghisa, tipica del posto e del tempo. Poi c'era Savo fratello di don Geso, che al tempo era già sacerdote a San Luca. Alle nostre marachelle raramente c'erano i due Oliva più piccoli Aurelio e Mario e, a volte si aggregavano occasionali a seconda del tempo e di ciò che facevamo, Mimmo Addabbo e don Ciccio Marando, più grande di noi, personaggio unico, grande mangiatore, grande stazza e spiccato senso della battuta, spesso, ironica. Quando stava con noi ci deliziava con le sue battute. Ricordo che aveva grande paura del mare e quando gli chiedemmo perché, lui rispose in dialetto: ca sa nneghi non ndai crizzi u ti acchiappi.  Trai negozi della piazza mercato c’erano: il salone di barbiere di Peppe il Carrino, mio cugino figlio della zia Cata Romeo, sorella di mamma, e a fianco la macelleria di mastro Geso Virgara, di fronte, all'angolo, c'era la farmacia degli Spadaro. Ma i giochi che occupavano il nostro tempo erano altri. Quando pioveva nel centro della via si formavano corsi d'acqua (jimmiri), che si formavano all'Ariella e scendevano verso la chiesa del Rosario. Qui Ciccillo Oliva ci "coordinava" per andare a trovare tutto il ferro vecchio che restava per la strada, a pioggia finita. Il ferro vecchi veniva venduto ad un tale che veniva da un paese vicino con un furgoncino ape e lo pagava 5-10 lire al chilo. I soldi li mettevamo in un "caruseiu" (salvadanaio) e quando si raggiungevano le cento lire compravamo i "formaggini" di cioccolata Ferrero. Ma la cosa che più ci divertiva era la raccolta del grano che, alla mietitura restava ai margini dei campi falciati. Questo grano poi lo portavamo al negozio del Negus alias mastro Peppino Marando e lo permutavamo in "calia" ceci e fave brustolini. Si misuravano con i recipienti che allora usavano i pastori per mungere le capre, porta a porta, e vendere il latte. Misurini da mezzo a da un litro. Un misurino di grano raccolto e ceduto, stesso misurino di calia ricevuto. Lo stesso facevamo a fine autunno quando c'era la raccolta delle olive. Al sabato o la domenica andavamo a recuperare le olive abbandonate ai margini dell'uliveto e, con lo stesso sistema barattavamo le olive con i ceci e fave brustoliti. La calia veniva consumata i pomeriggi che organizzavamo il teatro nell'atrio del portone di palazzo Oliva. Qui c'erano i magazzini con le derrate alimentari delle proprietà terriere dei padroni di casa. In uno di questi magazzini vuoto tentavamo di organizzare le recite di pezzi di canzoni che sentivamo cantare dei cantastorie che dai paesi vicini venivano per girare il paese e vendere dei biglietti della fortuna, estratti dal becco del pappagallo che portavano in una gabbia e, all'occorrenza attraverso un pertugio il volatile tirava i biglietti disposti in un contenitore attaccato alla gabbia. Le storie cantate si riferivano a fatti di cronaca del tempo. Ricordo quella del bandito Musolino, del bandito Giuliano e simili. Quindi preparavamo un palco e il sipario con indumenti e simili smessi dalle nostre famiglie. Questo nostro hobby ci divertiva tanto anche perché cercavamo di attrarre qualche nostra compagna di scuola che, all'insaputa sua, era la nostra fidanzata. Comunque tutte le preparazioni finivano con grandi insuccessi ma noi per mesi insistevamo nell'organizzare palchi, sipari e insuccessi. Giochi semplici e ingenui ma che creavano aggregazione, allegria, amicizie che ancora adesso ravvivano i nostri ricordi e tengono il forte legame che abbiamo con la nostra terra. Donde, terroni con vanto.
Attilio Caruso




mercoledì 20 febbraio 2019

Il ricco e il povero [di Wolfgang Schleif, 1956]




Racconto
Il vecchio e i frutti

C’era una volta, mi raccontò mio nonno, un povero vecchio che non possedendo niente si nutriva di ciò che trovava a terra.
Un giorno un uomo che stava bene gli regalò un sacco pieno di bucce. L’uomo povero gli sorrise e se ne andò con il sacco, lo svuotò lo lavò e lo riempì di frutti bellissimi e lo restituì all’anziano ricco.
L’anziano ricco nel vedere tutto ciò gli disse: “Perché mi hai donato questi frutti bellissimi se io ti ho dato solo bucce”, e l’anziano povero rispose: “Ogni persona da ciò che ha nel cuore”.
Grillo Antonio Pio  IV B

NOTA
I lavori presentati dai giovanissimi concorrenti la Seconda Edizione del Premio Letterario "E. G." non sono rientrati nel quadro delle aspettative degli organizzatori. Questi ultimi hanno ricavato materie su cui riflettere ma essenziale rimane il contributo di maestri e insegnanti onde ricavare migliori prodotti. In mezzo alla delusione qualche sorpresa è venuta alla luce, come questo piccolo gioiello di Antonio Pio Grillo. E non bisogna essere dei cervelloni, professori in pedagogia o psicanalisi per entrale nelle righe, se non nell’intimo, del racconto per cogliervi la morale che il giovanissimo scrittore ci invia. Peccato, perché il nostro Grillo almeno una segnalazione la meritava nel computo dei premiandi.


lunedì 18 febbraio 2019

Alla luce del sole [di Roberto Faenza, 2005]



Si certifica da me qui sotto scritto sindaco dello Comune di Platì che il Cherico Accolito D. Filippo Gliozzi figlio di D. Giuseppe di questo suddetto Comune appartiene a famiglia bastantemente ristretta di finanze a poter costituire un sacro Patrimonio ne’ sensi dell’ultimo concordato.
Si certifica ancora che la popolazione di questo comune è di duemila duecento ottantanove individui; Che in questo numero son compresi nove novi Sacerdoti de’ quali cinque qui dimorano, trovandosi il resto assente chi per cure affidate chi per affari proprii.
Si certifica in fine che il predetto Accolito Sig. Gliozzi dimostra abilità e talento tale a poter ascendere agli ordini sacri e che perciò in quanto alla sua morale non osterebbe.
Platì 27 Gennaio 1847
Il Sindaco
Francesco Oliva


Si certifica da me qui sotto scritto Arciprete di questo Comune di Platì, qualmente mi costa che il Cherico Accolito D. Filippo Gliozzi figlio di D. Giuseppe di questo suddetto Comune, appartiene a famiglia bastantemente ristretta di finanze a poter costituire un sacro Patrimonio ne’ sensi dell’ultimo concordato= Che questa popolazione è composta di duemila duecento ottanta nove individui, che il numero di Sacerdoti di questo Clero è di nove, de’ quali quattro sono assenti, cioè D. Domenico Fera Arciprete, e Superiore nel Santuario di Polsi, D. Antonio Oliva Vicario Generale in Rossano, D. Arcangelo Zappia Economo Subalterno nel Villaggio di S. Nicola, e D. Rosario Oliva commorante (?) in Palmi per affari di famiglia, per cui rimangono in patria cinque compreso anche me sotto scritto.
Certifico in fine che il predetto Accolito Sig. Gliozzi dimostra un abilità sufficiente per ascendere agli ordini sacri, e niente osta intorno alla di lui morale essendo di buoni costumi.
Platì 28 Gennaio 1847
Francesco Arciprete Oliva Vic. Foraneo

NOTA
In quel 1847 a Platì il potere secolare e quello temporale coincidevano per via della Casata dominante; i documenti di oggi ci illustrano anche chiaramente sulla demografia del paese sia spirituale che terrena. Nonché sui contributi che il paese dava per l'edificazione morale delle anime in altri territori. Del resto l'Arciprete Francesco Oliva appare abbastanza di frequente in queste pagine e noi gli rendiamo la gratitudine che merita.

I documenti riportati, e gentilmente concessi, sono custoditi presso:
Archivio Storico Diocesano “Mons. Vincenzo Nadile”
Diocesi di Locri – Gerace
ASDLG

domenica 17 febbraio 2019

La fratellanza [di Martin Ritt, 1968]

Di quando ero piccola e stavo al mio paese non ricordo i ricchi o quelli che erano meno ricchi, ma ho in testa i proprietari terrieri, e chi, di questi ultimi, coltivava i terreni. Li coltivavano con tutta la passione che era in loro, come fossero terreni di loro pertinenza.  Soldi in giro non si vedevano, c'era la fratellanza e lo scambio dei prodotti; i signori davano al contadino le terre e in cambio avevano un terzo del prodotto. E questo era quello che faceva un mio zio, Antonio Scarfò. La signora Fera aveva dato a questo mio zio in gestione un pezzo di proprietà che si chiamava “a cabeia bella“. Non era lontano dal paese e mia cugina - sua figlia - mi portava spesso con lei. Partivamo dal paese lei, con una cofana in testa col cibo per il papà ed io che le trottolavo dietro, spesso prendendo la rincorsa per starle al passo. Le mie gambette non erano come le sue e lei andava; non si girava mai per vedere se c'ero oppure no, e tanto meno mi diceva mai: sei stanca? vuoi venire in braccio? – no - ma andavo volentieri, il posto mi piaceva assai. Era una grande proprietà con la casa circondata da muri; fuori nell'aia le galline, il maiale, una pecora e una capra e anche un cavallino; un carretto, i covoni del grano e poi pentole e pentolini col mangiare delle bestie. Era bravo mio zio, un gran lavoratore; c'era di tutto perfino i carciofi, ma guai a chi toccava le primizie, erano per la signora che lui rispettava molto.

Testo e foto sono di PAOLA VIOLI

giovedì 14 febbraio 2019

Communio [di Aldo Molinari, 1915]


La Candelora è trascorsa e con essa l'annuale ricordo di colui che queste pagine ha ispirato e in parte redatto.

mercoledì 13 febbraio 2019

Fatti corsari - veleni, pugnali & curiosità



-Riganò Carolina (Mo.9.7.1876/48) di Giuseppe e di Rachele Como.
-Trimboli Pasquale (Mo.26.9.1876/69) di Saverio e Iermanò Maria, in località Romena fu morso da un serpente velenoso.
-Virgara Anna (Mo.15.11.1876/75) da S. Cristina, moglie di Miceli Antonio.
-Gliozzi Filippo (Mo.4.3.1877/9) di Francesco e d. Rosa Fera, di 1 anno.
-Fera mf Francesca (Mo.15.4.1877/17) di Michele e di Nirta Candida, di anni 80, nubile.
-Sergi Giuseppe (Mo.2.11.1877/33) di Franc. e Strangio Caterina, vir di Anna Favone, ferito da pugnale.
-Collufio Domenico (Mo.26.11.1877/36) di Gius. marito di Papalia Michelina, da Tresilico, diocesi di Oppido.
-Perre Maria (Mo.28.11.1877/38) di Antonio e Cristarella Francesca, moglie di Pisto Pietro, da S. Nicola dei Canali.
-Lobianco Domenico (Mo.7.12.1877/41) di Franc. e Pristia Elisabetta da Gioiosa.
-Papalia d. Rosario (Mo.10.7.1878/37) sacerdote, figlio di d. Francesco e d.Teresa Frascà.
-Versaci Vittoria (Mo.10.7.1878/38) di Vincenzo, da Bagnara, ved. di Demarte Domenico.
-Scarfò Vincenzo (Mo.19.8.1878/42) di Giorgio, da Portigliola, cadde dal tetto della casa.
-Marando Domenico (Mo.11.1.1879/2) di Antonio e di Chirico Anna, muto dalla nascita.
-Oliva d. Rosa(Mo.7.3.1879/7) di d. Michele e di d. Gaetana Empoli.
-Gliozzi d. Rachele(Mo.9.3.1879/8) di d. Giuseppe e d. Filippa Codespoti, età anni 50 c.
Spagnolo Rachele (Mo.29.3.1879/12) di Giuseppe moglie di Rinaldo Giuseppe (curiosità: due recenti sacrestani: Rinaldo Pasquale e Spagnolo Domenico)

Molti nomi della lista hanno trovato posto precedentemente in queste pagine.

giovedì 7 febbraio 2019

All of Me - Frank Sinatra



 Here I go 
My dad Antonio Pirelli was born 12/12/1912 to Rosa Pirelli (née Trimboli). My grandfather was from  Amelia his name was Eugenio Pirelli. Mum was the youngest of nine children, she was born Giuseppina Mittiga on Nov 28 1914.  Her parents were Giuseppe and Elizabetta Mittiga (née Calabria). Her siblings were: Rosario, Annuzza, Domenico, Catarina, Ciccio, Maria, Rocco, Agostino. My father was an only child. Dad worked in the post office in Platì, his uncle was the post master general in Rome and we were supposed to go and live there, but when mum’s dad died one of her brothers (Rocco) took mum and her mother to Algiers and dad went there shortly after. They were married in Algiers. I don’t know how long they stayed there, but I know that dad was called to go to war, WW2. He was in the cavalry, he actually saw Hitler and Mussolini (he told me this). He was in Naples in the service in 1939 and was standing three feet away from them. In 1949 we emigrated to Australia where mum’s family had already started going, most of them ended up there except uncle Dominic who died in Platì and one of her sisters, Maria, who came to America. Maria married Antonio Zappia they had two children: Dominick and Giuseppe (Joe). Joe died in a car accident at the age of 17 (1948). By the way Ginette was born Nov 14 1949 and Norma Jan 18 1954. I do remember our trip to Australia. It was a nightmare, the name of the ship was Ugolino Vivaldi, a cargo ship. I can remember always being sick, never saw mum since she was always in the infirmary; the food was hideous, I ate boiled eggs for one month. Now about us in 1966 my cousin Dominick, Maria’s son (my cousin) came to Australia, I came back with him for a vacation and we ended up getting married. My life in America was very lonely at times, I came from a big family and at age 23 I felt like an orphan. We had three children MaryJo, Alessandra and Antonio. My husband was a liquor salesman, when my children started going to Uni, I got a job working as a floral designer. My husband was a Korean veteran, died Sept 19th, 2015 at 85. I do remember my few years in Platì and I wouldn’t give up those memories for anything. Every time I see a picture of “pignolata” I can still smell the things my grandmother and mum used to make. When I was 36 we built a house on the golf course and I started playing tennis, it came very easy to me. I played every minute I could, sometimes 5, 6 hrs a day, joined a team where we played competitive and in five years we went to state and won, (surprise). We were one win away from going to Flushing Meadow, NY. If I may brag, I never lost a match.  In 1980 the Pistons traded Bob Lanier to the Milwaukee Bucks. The Bucks had a membership at the country club where we lived, so we got to meet Bob a few other players (they played with Dominick) and the coaches, Dominick bought them over the house one day and from then on we became good friends especially Bob who just about lived at our house. When he wasn’t playing basketball, he would pick me up and we would go to a tennis club and play doubles with another couple. His favorite thing to eat was “pumadoro insalta platiotu” style. He would come over just for that. I loved going to the games: we had front row seats center court, and I got to see all the best players from over the last 40 yrs. My husband used to play in a golf tournament for "Boys Town" of Italy. Every year all the rich Italians (Mafia) used to come to Milwaukee and they would always have a celebrity or an actor or famous athletes, so I got to meet a lot of them: Frank Sinatra, Joe Di Maggio, Joe Pantoliano, Chaz Palminteri, Rocky Marciano,Tony Darrow, Bobby Rydel, Al Martino, Paul Sorvino, Tony Lo Bianco. I can’t remember them all, it’s been a while since I used to go. That’s about all I know. Hope I helped a little. I know my older sisters knows a lot more than me. Ciao Flora


martedì 5 febbraio 2019

Bird on a Wire - Leonard Cohen


I have tried in my way to be free.
Leonard Cohen


"Era scritto nelle stelle o nel gran libro del destino o comunque si voglia dire. Il destino solo volle così. Oggi … come tutto mi sembra accaduto in un momento".
Il sole di Napoli risplendeva più che mai. Lì fuori dalla Darsena niente era mutato da quel giorno che aveva varcato la soglia per esservi rinchiuso. Ora la stessa soglia gli era alle spalle e lui stava in faccia alla via che lo avrebbe portato lontano da quei muraglioni, da quel mare udibile in modo particolare di notte. Un mare senza catene come catene non ne portavano le onde, libere di infrangersi dove più le divertiva.
"Sono felice, pensava. Ma no ... non sono felice! Vivevo in un paesino che si chiama Platì, o come noi lo indichiamo Pratì, laggiù in Calabria e lì facevo il pecoraio per conto dei Signori, padroni di tutto perfino delle nostre vite. Giovanissimo avevo preso moglie ed erano nati i figli, Anna per prima. Il destino. Da che sono qui Anna è andata sposa ad un altro pecoraio e Cata s’è l’è portata via quella maledetta filanda che ne ammazza più del veleno per topi. Giuru ca s’ arrivu a Pratì …"

NOTE
- La foto appartiene agli eredi Mimì “Colonnello” Fera. Quel corso d’acqua oggi non è più come nell'immagine, persiste nell'immaginario di chi è fuori. Se guardate bene c’è un secchio, una donna e la base della Rocca visti dal centro del ponte.
- Il testo è tutto rubato ai vecchi film americani in prima persona come pure a Raymond Chandler. Sarebbe bello, anche, scrivere di Platì come William Faulkner scriveva dei luoghi dove era cresciuto. Cantarlo alla maniera di Leonard Cohen.

lunedì 4 febbraio 2019

Ricorda il mio nome - Angelo [di Ernst Lubitsch,1937]


 Perre Marisa 
1986 - 2018

Noi habiamo qualcuno di speciale in
cielo che in passato ci è stata sempre
accanto ed ora è diventata il
nostro angelo custode.
MAMMA TI
VOGLIO BENE
Maria


domenica 3 febbraio 2019

Un bicchiere di troppo [di Giorgio Ferroni, 1947]


Lavativu

Quandu Piroci ancora si stavìa
Ragiunandu davanti a lu biccheri
Ntisi jiavanti ad Angelamaria
Chi volìa erba pe setti sumeri
Lu spinci ntisi puru chi dicìa
Dde mu ndi libira di chisti mugghieri!
Ca non è megghiu mu restu cattivu
Non mu mi sentu diri “Lavativu?!
Ti dissi “lavativu” e si fitentu
Ripetiva la figghia i Don Nicola
Piroci chi la ntisi fu cuntentu
E non chiamatu, vorzi la parola
“O lavativu, senti, statti attentu
Nommu ti pensi ca tratti ca mola
A me soru tu sa chi si nda diri?
Ca sunni perzi setti mila liri
A chistu, lavativu s’offendiu
La spincina  curriu – paria ca figghia
La monaca di supra s’arrindiu
E forzi s’arrindiu pe maravigghia
Ma donna Marantonia fughiju
Cu l’ali aperti chi paria na nigghia
Don Nicola a stu puntu vinni a rangu
Dicendu dui o tri voti “E kijetta sangu!”
Ernesto Gliozzi il Vecchio