Pasqualino Papalia
30 maggio1973 - 03 gennaio 1993
” Nel camposanto del mio paese
uno scolaretto morto nei primi anni del
secolo se ne sia in piedi vestito d'una marinara di pietra.
Quando lo vidi la prima volta
avevo i suoi stessi anni decisi di essergli amico, di giocarci in sogno la
notte. Per qualche tempo mi riuscì, poi
cominciai a sognare me stesso, da solo, in piedi sul medesimo piedistallo, col
medesimo volume sigillato sotto l’ascella.
Allora con spavento capii che
quel libro era la vita - non vita di entrambi e che nessuno lo avrebbe aperto .
(Da Gesualdo Bufalino, scrittore siciliano)
Carissimo Pasqualino
la gita di fine anno l’abbiamo
anticipata. Un viaggio mesto e
silenzioso, senza la tua presenza allegra e scanzonata, ponderata e piena di
vita. Un pellegrinaggio amaro come l'amaro miele, in questo tuo paese dove dai
fianchi rovinosi dell'Aspromonte in una gelida mattina di gennaio, sgorgano polle
d'acqua che sono stille di lacrime senza fine.
Ci siamo tutti. Alla partenza i
professori hanno fatto l'appello.
Per te nessuno ha risposto
"assente" perché sei "presente", in ogni istante nei
nostri cuori, nei pensieri, negli affetti e nelle memorie che ci portiamo
addosso lungo il difficile ed effimero sentiero
della vita.
Tu eri l’ambasciatore delle
nostre istanze, problemi, richieste che nascono ma non trovano mai soluzioni in
una comunità scolastica emarginata ed avevi trovato nel Preside, tuo
conterraneo, un fratello con cui parlavi gestualmente ed in dialetto, che poi -
come dice il Manzoni - è la vera lingua, la lingua dei poveri.
La tua bontà d'animo, il tuo
altruismo, il tuo servizio per un’umanità
sofferente che si affida al prossimo per lenire pene e ferite. La
raccolta per gli ammalati di distrofia muscolare.
Ognuno aveva svuotato le tasche in una sorta di gara di solidarietà senza fine, in una scuola popolata da ragazzi
d'Aspromonte e non a caso intestata a Corrado Alvaro.
Caro Pasqualino,
Con la tua morte a scuola
siamo raccolti come “ stormo di rondini
che seguono la guida nel loro volo triangolare “.
Ed il tuo paese tutto qui
riunito.
“ Il paese abbandonato – scrive Alvaro – intorno si sfascia
rapidamente, le piazze e le strade deserte sono amplificate dai meandri che si
aprono nelle case crollanti, di dove hanno portato sia le porte e le finestre,
con polverio minuti. Tutto è divenuto bianco come se i respiri e le parole
trascorse fossero raggelati e incanutiti nell’aria.
La chiesa è spalancata, l’altare
disadorno, e qui il muro che si sfalda è pieno di dramma: sembra che qui sia un
perpetuo Venerdì Santo; quando si manomettono gli altari e se ne abbattono le
suppellettili “.
Ma la tua morte è
resurrezione. La croce di Cristo è gemmata con il gesto di tuo padre che ha
voluto affidare a chi soffre il sorriso dei tuoi occhi e la bontà del tuo
cuore. Ed il vecchio cuore di Platì che torna nuovamente a pulsare in un paese
non spento ma vivo, sempre incudine mai martello.
Si, tuo padre!
Quel volto livellato da
ragazzo, dal vento, dal gelo di queste montagne e poi dalle sofferenze di una giustizia ingiusta. Le sentenze – diceva Leonardo Sciascia – sono scritte dal popolo, tra le mura,
nella piazza del paese, agorà di ogni vicenda umana.
E poi, caro Pasqualino, tua
madre!
“ Comu si comporta Pasqualino ? “
Ed i professori: Bene.
Questa povera donna, novella
Niobe che tiene aggrappata i figli al grembo per strapparli alla morte.
Una morte ingrata.
Caro Pasqualino, giovedì
riprenderanno e lezioni. Sul tuo banco accanto alla lavagna deporremo un cespo
di fiori. Fiori di campo che spuntano come i bucaneve dalla terra gelata.
E' primavera, caro Pasqualino
il ritorno alla vita.
Addio!
VITTORIA PISCIONERI
a nome della Scuola
Platì, lì 5 gennaio 1993
Istituto Professionale di Stato
per i Servizi Commerciali “ Corrado Alvaro “ Bovalino In
Memoria di Pasquale Papalia